Dopo
il grande successo delle primarie del centro sinistra proviamo ad individuare vincitori
e vinti
Chi
vince.
Vince
il Partito Democratico,
porta a casa qualcosa come 8 milioni di euro,
forse più, spillati agli elettori con la storia della partecipazione democratica. Il risalto mediatico, con TV e giornali
sequestrati per settimane impegnati a
palare dell’evento, ha fornito al
Partito Democratico un vantaggio elettorale quasi incolmabile. Sarà veramente
molto difficile soccombere alla prossime elezioni, per quanto ai riformisti
l’operazione sia riuscita molto bene in passato. La kermesse delle primarie, inoltre, ha messo
in un angolo le già disastrate armate berlusconiane, incapaci ,quanto goffe, nel provare a mettere in piedi un qualcosa che solo
vagamente somigliasse ad un evento di partecipazione democratica.
Vince
Pierluigi Bersani,
lo
dicono i numeri. Inoltre la
legittimazione popolare del voto, gli lascia mano libera per percorrere le
tanto agognate vie delle alleanze pericolose. Lo sciagurato patto con Casini ormai
non potrà più essere ostacolato, né qualsiasi altra concessione all’agenda
Monti. Con buona pace degli insegnanti andrà avanti la demolizione della scuola
pubblica, con buona pace dei lavoratori andrà avanti il processo di annientamento del contratto
collettivo nazionale. Ce lo chiede l’Europa. Inoltre, è notizia dell’ultima ora,
il segretario pare possa incassare il supporto post elettorale delle liste arancioni di De Magistris , mentre
già ha l’incondizionato appoggio dei Comunisti Italiani e di alcuni pezzi della
CGIL . La copertura a sinistra è assicurata .
Vince Matteo Renzi,
perdere
le primarie al ballottaggio, con una differenza
esigua dal segretario , consente all’ex rottamatore, sindaco di Firenze, di
sedersi sulla riva del fiume ad aspettare
il cadavere di Bersani e di quel che resta della sua nomenklatura .
Mettere la faccia sui provvedimenti che il prossimo governo dovrà adottare per rispettare i trattati
europei e la spending review, sarà quanto meno impopolare. Il prossimo
presidente del consiglio dovrà fronteggiare un conflitto sociale sempre
crescente dove l’aiuto anestetizzante dei sindacati amici sarà sempre meno
efficace e dove le colpe saranno tutte
politiche senza l’alibi dei tecnici. E quando Bersani, probabile prossimo
premier, avrà la faccia abbondantemente sfregiata dalla responsabilità di avere
a sua volta affamato il popolo, Matteo Renzi, forte di un peso politico solido basato sul consenso
costruito in queste primarie , potrà
accrescere ulteriormente il suo carisma speculando sui prossimi inevitabili fallimenti del suo segretario e sarà pronto a compiere l’opera di
rottamazione. Il prossimo leader del Pd
sarà indiscutibilmente lui, senza se,
senza ma e senza primarie, acclamato da
una base logorata e stanca di vedere sempre le stesse facce. Il
tutto con un ulteriore slittamento verso destra del futuro Pd.
Vince
Nichi Vendola,
il
governatore della regione Puglia, ha ottenuto un risultato elettorale ideale.
Da un lato, non dover partecipare al ballottaggio, o ancora peggio vincerlo,
gli consente di non venire a patti con le sue contraddizioni. Diventare premier
avrebbe significato rispettare ciò che è riportato sulla carta di intenti “Italia
bene comune”: l’adesione ai trattai
europei e la digestione pesante di un possibile
accordo post voto con i centristi, due condizioni che Vendola ha sempre
rifiutato. Dall’altro il comunque consistente pacchetto di consensi gli
consente di trattare sotto banco il suo
aiuto, pare ormai certo a Bersani, in cambio di posti che contano nel futuro
governo e di far rientrare Sinistra Ecologia e Libertà in Parlamento.
Vincono
Laura Puppato e Bruno Tabacci.
La visibilità
mediatica potrà sicuramente aiutare gli aneli deboli della catena delle
primarie. La Puppato vede aumentare
notevolmente la sua autorevolezza nel
consiglio regionale del Veneto, gettando le basi per una prossima candidatura
alla Regione. Per Tabacci il ruolo di
ambasciatore del Pd verso L’Udc è praticamente già scritto.
Chi
perde.
Perdono
i quattro milioni di elettori,
che mossi da un invidiabile senso civico sono andati a votare e hanno pure
speso dei denari che non dovrebbero servire per esercitare il diritto della
partecipazione democratica. Hanno perso
sia quegli elettori che tutte le centinaia di migliaia di volontari che si sono sacrificati per garantire il successo
delle primarie. Perché, indipendentemente
da quale sia il pronunciamento dei gazebo è il presidente della Repubblica a nominare il
Presidente del consiglio su proposta del
Parlamento è dunque possibile che l’eletto dal popolo
delle primarie pur vincendo le elezioni ,per ragioni contingenti ( ce lo chiede l’Europa) possa non diventare il capo del governo. L’esercizio della scelta
democratica ha un senso se si svolge in
un contesto democratico, condizione che oggi manca del tutto . La sovranità
popolare è sovvertita dal regime del
capitale finanziario che detta l’agenda a chiunque rivesta l’incarico di capo
del governo. Dunque che il popolo delle primarie decreti la vittoria di Renzi piuttosto
che di Bersani, la strada programmatica è già tracciata rendendo inutile la pur
mirabile abnegazione di chi si è messo in fila ai gazebo. E’ vero, è lo stesso
ragionamento che Grillo ha proposto in termini molto più volgari, ma…
perde
anche Grillo.
Infatti
se per il leader del Movimento 5 stelle
è tutto già scritto, che senso ha presentarsi alle elezioni? Non sarà che sotto sotto anche i grillini vogliono inzuppare il pane nel mare magnum di
privilegi che l’elezione al Parlamento assicura anche dai banchi del’opposizione ? Magari dimezzandosi
lo stipendio, ma lasciando intatto tutto l’armamentario di rimborsi spese, indennità varie e compagnia cantando.
Perdono
i lavoratori,
i
quali nel frastuono mediatico provocato dalla primarie si sono visti scippare definitivamente,
nell’indifferenza generale, i diritti sanciti dal contratto collettivo
nazionale sul lavoro . Con la complicità dei soliti noti, sindacati servi dei
padroni Cisl Uil, è stato firmato l’accordo
sulla produttività. L’ennesimo patto scellerato fra padroni, governo dei
banchieri e servi dei padroni, in cui
gli aumenti salariali, l’orario di lavoro, le mansioni e la video vigilanza sono a totale
discrezione dei padroni, svincolati dal rispettare il contratto collettivo
nazionale. Dopo il decreto Sacconi, questo provvedimento segna la fine della
contrattazione collettiva nazionale. Su tale sfregio e sul fatto gravissimo che
la CGIL , il sindacato con il maggior numero di iscritti, non abbia firmato
segnando uno strappo senza precedenti con gli altri sindacati, i vincitori
delle primarie non hanno detto una parola.
Insomma dietro tutto sto’ casino
delle primarie rimane la solita morale che a perdere sono come al solito i cittadini. E ciò avverrà fino a quando non crescerà e si svilupperà un vero movimento antiliberista e
anticapitalista in grado di rappresentare i perdenti, capace di condurre al controllo democratico quel
99% della popolazione che fatica ad arrivare alla fine del mese.
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