La via maestra è il documento
appello lanciato da Lorenza Carlassarre, don Luigi Ciotti, Maurizio Landini,
Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky in occasione dell'assemblea pubblica
fortemente partecipata e molto combattiva svoltasi l'8 settembre a Roma.
L'obiettivo è quello di far crescere nel paese e nei diversi territori una
forte e crescente mobilitazione popolare che sventi ogni tentativo di colpire
la Costituzione, annullandone il contenuto innovativo e straordinariamente
moderno. Il primo appuntamento è stato fissato per il 12 ottobre a Roma in una
grande manifestazione popolare in cui far confluire i diversi movimenti , le
espressioni della società civile, delle organizzazioni sindacali e della
politica che si riconoscono nella necessità di operare una svolta per uscire
dalla crisi sulla via della costruzione di una società più giusta e solidale.
La lotta per l'applicazione della Costituzione - sostiene il documento – è
"innanzitutto la promozione di un'idea di società", "un
programma per un futuro da costruire in Italia e in Europa" intorno al
quale occorre unire tutte le forze disponibili.
Ecco il testo integrale del documento
«1. Di fronte alle miserie, alle ambizioni
personali e alle rivalità di gruppi spacciate per affari di Stato, invitiamo i
cittadini a non farsi distrarre. Li invitiamo a interrogarsi sui grandi
problemi della nostra società e a riscoprire la politica e la sua bussola: la
Costituzione. La dignità delle persone, la giustizia sociale e la solidarietà
verso i deboli e gli emarginati, la legalità e l’abolizione dei privilegi,
l’equità nella distribuzione dei pesi e dei sacrifici imposti dalla crisi
economica, la speranza di libertà, lavoro e cultura per le giovani generazioni,
la giustizia e la democrazia in Europa, la pace: questo sta nella Costituzione.
La difesa della Costituzione non è uno stanco richiamo a un testo scritto tanti
anni fa. Non è un assurdo atteggiamento conservatore, superato dai tempi. Non
abbiamo forse, oggi più che mai, nella vita d’ogni giorno di tante persone,
bisogno di dignità, legalità, giustizia, libertà? Non abbiamo bisogno di
politica orientata alla Costituzione? Non abbiamo bisogno d’una profonda
rigenerazione bonificante nel nome dei principi e della partecipazione
democratica ch’essa sancisce?
Invece, si è fatta strada, non per caso e non
innocentemente, l’idea che questa Costituzione sia superata; che essa impedisca
l’ammodernamento del nostro Paese; che i diritti individuali e collettivi siano
un freno allo sviluppo economico; che la solidarietà sia parola vuota; che i
drammi e la disperazione di individui e famiglie siano un prezzo inevitabile da
pagare; che la partecipazione politica e il Parlamento siano ostacoli; che il
governo debba essere solo efficienza della politica economica al servizio degli
investitori; che la vera costituzione sia, dunque, un’altra: sia il Diktat dei
mercati al quale tutto il resto deve subordinarsi. In una parola: s’è fatta
strada l’idea che la democrazia abbia fatto il suo tempo e che si sia ormai in
un tempo post-democratico: il tempo della sostituzione del governo della
“tecnica” economico-finanziaria al governo della “politica” democratica. Così,
si spiegano le “ineludibili riforme” – come sono state definite –, ineludibili
per passare da una costituzione all’altra.
La difesa della Costituzione è dunque
innanzitutto la promozione di un’idea di società, divergente da quella di
coloro che hanno operato finora tacitamente per svuotarla e, ora, operano per
manometterla formalmente. È un impegno, al tempo stesso, culturale e politico
che richiede sia messa in chiaro la natura della posta in gioco e che si
riuniscano quante più forze è possibile raggiungere e mobilitare. Non è la
difesa d’un passato che non può ritornare, ma un programma per un futuro da
costruire in Italia e in Europa.
2. Eppure, per quanto si sia fatto per
espungerla dal discorso politico ufficiale, nel quale la si evocava solo per la
volontà di cambiarla, la Costituzione in questi anni è stata ben viva. Oggi, ci
accorgiamo dell’attualità di quell’articolo 1 della Costituzione che pone il
lavoro alla base, a fondamento della democrazia: un articolo a lungo svalutato
o sbeffeggiato come espressione di vuota ideologia. Oggi, riscopriamo il valore
dell’uguaglianza, come esigenza di giustizia e forza di coesione sociale,
secondo la proclamazione dell’art. 3 della Costituzione: un articolo a lungo
considerato un’anticaglia e sostituito dall’elogio della disuguaglianza e
dell’illimitata competizione nella scala sociale. Oggi, la dignità della
persona e l’inviolabilità dei suoi diritti fondamentali, proclamate dall’art. 2
della Costituzione, rappresentano la difesa contro la mercificazione della vita
degli esseri umani, secondo le “naturali” leggi del mercato. Oggi, il dovere
tributario e l’equità fiscale, secondo il criterio della progressività alla
partecipazione alle spese pubbliche, proclamato dall’art. 53 della
Costituzione, si dimostra essere un caposaldo essenziale d’ogni possibile
legame di cittadinanza, dopo tanti anni di tolleranza, se non addirittura di
giustificazione ed elogio, dell’evasione fiscale. Ecco, con qualche esempio,
che cosa è l’idea di società giusta che la Costituzione ci indica.
Negli ultimi anni, la difesa di diritti
essenziali, come quelli alla gestione dei beni comuni, alla garanzia dei
diritti sindacali, alla protezione della maternità, all’autodeterminazione
delle persone nei momenti critici dell’esistenza, è avvenuta in nome della
Costituzione, più nelle aule dei tribunali che in quelle parlamentari; più
nelle mobilitazioni popolari che nelle iniziative legislative e di governo.
Anzi, possiamo costatare che la Costituzione, quanto più la si è ignorata in
alto, tanto più è divenuta punto di riferimento di tante persone, movimenti,
associazioni nella società civile. Tra i più giovani, i discorsi di politica
suonano sempre più freddi; i discorsi di Costituzione, sempre più caldi, come
bene sanno coloro che frequentano le aule scolastiche. Nel nome della
Costituzione, ci si accorge che è possibile parlare e intendersi politicamente
in un senso più ampio, più elevato e lungimirante di quanto non si faccia
abitualmente nel linguaggio della politica d’ogni giorno.
In breve: mentre lo spazio pubblico ufficiale
si perdeva in un gioco di potere sempre più insensato e si svuotava di senso
costituzionale, ad esso è venuto affiancandosi uno spazio pubblico informale
più largo, occupato da forze spontanee. Strade e piazze hanno offerto straordinarie
opportunità d’incontro e di riconoscimento reciproco. Devono continuare ad
esserlo, perché lì la novità politica ha assunto forza e capacità di
comunicazione; lì si sono superati, per qualche momento, l’isolamento e la
solitudine; lì si è immaginata una società diversa. Lì, la parola della
Costituzione è risuonata del tutto naturalmente.
3. C’è dunque una grande forza politica e
civile, latente nella nostra società. La sua caratteristica è stata, finora la
sua dispersione in tanti rivoli e momenti che non ha consentito di farsi valere
come avrebbe potuto, sulle politiche ufficiali. Si pone oggi con urgenza, tanto
maggiore quanto più procede il tentativo di cambiare la Costituzione in senso
meramente efficientistico-aziendalistico (il presidenzialismo è la punta
dell’iceberg!), l’esigenza di raccogliere, coordinare e potenziare il bisogno e
la volontà di Costituzione che sono diffusi, consapevolmente e, spesso,
inconsapevolmente, nel nostro Paese, alle prese con la crisi politica ed
economica e con la devastazione sociale che ne consegue.
Anche noi abbiamo le nostre “ineludibili riforme”. Ma, sono quelle che servono per attuare la Costituzione, non per cambiarla.»
Anche noi abbiamo le nostre “ineludibili riforme”. Ma, sono quelle che servono per attuare la Costituzione, non per cambiarla.»
Nessun commento:
Posta un commento