Messa così l’affermazione è forte e degna di
tutto il risentimento possibile, ma questa si inserisce in un post in cui
Grillo riadattando le parole del brano di Guccini “Dio è morto” argomenta che il “25 aprile è morto” dopo l’inciucio
fra Letta, Berlusconi e Napolitano, dopo
tutta una serie di eventi che hanno contraddistinto le ultime vicende
politiche, non ultimo la rielezione a presidente della Repubblica di Giorgio
Napolitano, in luogo del giurista costituzionalista
Stefano Rodotà.
Di conseguenza i riti di
celebrazione che hanno animato le piazze di molte città nella giornata di giovedì
sono stati definiti falsi e ruffiani. In questa
ottica il discorso cambia notevolmente. Beppe Grillo denuncia nel suo
intervento il fango che i politicanti hanno gettato con il loro comportamento
sul profondo significato del 25 aprile. Grillo non è contro la celebrazione
della liberazione, ma anzi denuncia lo
scempio che gli inciucisti hanno inferto
sullo spirito e sul significato dell’evento.
Resta da capire come mai al comico genovese interessi tanto
difendere la memoria di un accadimento che ha segnato la sconfitta dei fascisti
del primo millennio, progenitori di quei fascisti del terzo millennio da lui così
apprezzati. Rimangono altresì poco chiare le ragioni per cui prima si bolla l’antifascismo
come vecchio ciarpame fuori moda e poi
si difende la celebrazione del giorno in
cui questo ha trionfato sul fascismo. Ma tutto ciò, è noto, fa parte della pochezza culturale e della
completa mancanza di un progetto politico ancorato saldamente a radici storiche
definite. Tutte peculiarità tipiche del
Movimento 5 Stelle. Non è questo aspetto però che mi
interessa.
Voglio invece sottolineare come i riformisti difensori della libertà
hanno immediatamente bacchettato Grillo bollandolo come fascista indegno, incapace di capire il profondo significato del
25 aprile, travisando completamente il senso di quanto scritto dal capo dei 5
stelle. E poi siamo sicuri che i sedicenti radical chic riformisti siano nella
posizione di accusare qualcuno di aver tradito lo spirito del 25 aprile? Siamo
sicuri che i radical chic riformisti non si trovino nella ben nota posizione di
quel bue che dice cornuto all’asino?
In
una intervista rilasciata ieri a Repubblica, Stefano Rodotà identifica il 25 aprile come la data che segna la conclusione di un
processo ampiamente sentito e condiviso in
base al quale il popolo italiano ha
conquistato la libertà . Tale processo si è dispiegato unendo lotta armata,
coscienza culturale e istituzionale ed ha condotto alla definizione dell’identità
democratica del Paese, identità
antifascista inscritta nella
Costituzione . Dunque il 25 aprile segna la data di nascita della nostra identità
democratica certificata dalla Costituzione. Denigrando il 25 aprile automaticamente
si nega valore alla Costituzione . Il ragionamento sacrosanto di
Rodotà può essere tranquillamente
rovesciato, per cui attentando ai valori costituzionali automaticamente si
delegittima il significato del 25 aprile.
Quanto accaduto nel corso
del romanzo Quirinale che ha portato Giorgio Napolitano al secondo mandato di
Presidente della Repubblica è stata una sequela di atti profondamente
anticostituzionali. Il presidente della Repubblica ha in primo luogo il compito
di garantire il rispetto della Costituzione. Sappiamo benissimo quanti strappi Napolitano
abbia inferto alla Costituzione nel suo primo mandato.
Ne ricordo solo alcuni: il mancato scioglimento delle camere in presenza
di una maggioranza dissolta , la formazione arbitraria di un governo privo
di legittimazione elettorale, per non parlare del sordido tentativo di
rallentare indagini delicate relative alla trattativa fra Stato e mafia , la
firma di tante altre leggi palesemente incostituzionali volte a garantire l’immunità
del solito noto, la benevola stigmatizzazione di un atto gravissimo quale l’occupazione
da parte di un movimento politico del
tribunale di Milano mentre erano in
corso procedimenti a carico del proprio
capo e il contemporaneo richiamo ai
giudici affinchè sospendessero i
processi per concedere al suddetto leader, concussore, puttaniere ed evasore, inquisito in tali procedimenti, di concorrere
alla formazione del governo, la
concessione della grazia ad un membro di servizi segreti stranieri macchiatosi
del grave reato di concorso in rapimento di un rifugiato politico entro i
confini nazionali, quindi in territorio straniero.
E’ perciò del tutto evidente
che chi ha votato per un candidato il
quale già aveva dato prova di insipienza
nel tutelare la Carta costituzionale ha commesso un atto palesemente contrario alla
costituzione stessa e per di più ciò è
avvenuto in una delle funzioni istituzionali più importanti quale le elezioni
del Presidente della Repubblica. Inoltre non è stata fornita una spiegazione
esauriente sulle ragioni del rifiuto ad eleggere Stefano Rodotà. Una
personalità che invece aveva dato prove inconfutabili di essere profondo
conoscitore della Costituzione e dello spirito che aveva mosso i padri
costituenti. Dunque i vari Errani,
Zoggia, Fiano ed altri grandi elettori dei Pd prima di accusare Grillo riflettano se il loro operato palesemente contrario al
dispositivo costituzionale , decisivo per l’elezione di Giorgio Napolitano, non sia
stato profondamente lesivo dello spirito del 25 aprile. Hanno fatto più danni questi signori alla ricorrenza
della liberazione che non le quattro cazzate sparate da Grillo.
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