Circolo PRC “M. De Sanctis”
Il sistema sanitario
italiano che finora è stato invidiato da buona parte del resto del mondo
rischia di diventare un sistema che fa acqua da tutte le parti. Chiusure di
Ospedali, riduzione di posti letto, accorpamenti e spostamenti di reparto. Gli
ospedali rimasti attivi sono intasati da interminabili code ai Pronti Soccorso,
reparti sempre più affollati, tempi di attesa per esami diagnostici sempre più
lunghi. Il risparmio ricavato dalle controriforme dove è andato a finire? Il
personale recuperato dagli ospedali chiusi? Per riparare alla carenza del
personale si chiede agli stessi di fare tantissime ore di straordinario
appesantendo il carico di lavoro a discapito della qualità del servizio. A Pontecorvo
il Pronto Soccorso è passato da 24H a 12H. Occorre invertire la rotta a partire
da una razionalizzazione delle spese e di uniformazione degli standard
qualitativa e dei costi nelle varie regioni. In Europa la media della spesa
sanitaria è del 9% rispetto al PIL , in Italia è del 7,1%. Quindi non è vero
che spendiamo più degli altri paesi semmai il contrario. Occorre invece andare
a colpire il clientelismo, le infiltrazioni mafiose, corruzione e
approssimativismo amministrativo invece di subire tagli lineari. Perché non si
dice che l’Eurispes ha calcolato che la riduzione di un solo 10% degli
incidenti sul lavoro comporterebbe un risparmio di 4,4 miliardi? E che un
omologo risparmio potrebbe essere ottenuto tutelando l’ambiente e la sicurezza
dei lavoratori e dei cittadini (Ilva docet), attraverso la diminuzione
delle spese derivanti dalle cure necessarie alle malattie da inquinanti
atmosferici (spese che ci vedono classificati fra i primi in Europa). Perché
non si riconosce che questo risultato potrebbe essere ottenuto semplicemente
incrementando il numero di ispettori a disposizione dei Dipartimenti di
prevenzione.
E a proposito di sprechi, che dire degli innumerevoli primariati inutili che ci
sono in Italia? Nel Lazio sono 1600! Degli accreditamenti e delle convenzioni
fasulle che contribuirono a far dilapidare, nella stessa regione, alla giunta
Storace oltre 10 miliardi, inaugurando lo spaventoso disavanzo della regione
più in rosso d’Italia; dei prezzi manicomialmente diversi dei presidi medici nelle
varie regioni; del fatto che si spende un miliardo l’anno solo per la
prescrizione degli inibitori dell’acidità gastrica; dei costi pazzeschi della
medicina difensiva e cioè di quegli esami inutili prescritti dai medici
esclusivamente per tutelarsi da eventuali azioni legali. Ma ancora come si fa a
non tener conto dei 15 miliardi spesi per i cacciabombardieri F 35 e dei 60
miliardi che ogni anno vanno persi in corruzione. E’ chiaro che l’elenco
potrebbe allungarsi all’infinito e che quindi esiste la possibilitàbattraverso
una razionalizzazione nemmeno troppo sofisticata delle spese inutili dannose e
persino anticostituzionali, di ottenere straordinari risparmi.
Ma l’attacco al servizio
sanitario nazionale parte da lontano. al totale fallimento di quel processo di
aziendalizzazione della sanità che con i decreti 501, 517 e 229 negli anni
Novanta fecero a pezzi la splendida riforma 833 del 1978. L’insieme di questi
decreti trasformò la salute in merce, impose le regole del marketing e
dell’impresa, quelle della politica clientelare e della corruzione. Le
aziende sanitarie sono state trasformate in monarchie assolute dove i direttori
generali venivano nominati direttamente dalla politica e ad essa rimanevano
legati a catena. Qualsiasi controllo democratico dal basso veniva cancellato.
Il foraggiamento dell’impresa privata e l’esternalizzazione dei servizi,
piuttosto che l’eccezione, divenivano la norma. La sanità territoriale
distrutta e l’attenzione rivolta (male) solo agli ospedali. In pochi anni oltre
35 miliardi di tagli e 45 mila posti letto in meno. Per arrivare al fatidico
rapporto di 3, 7 posti letto ogni 1000 abitanti, quando questo rapporto è di
5 nella media europea. Insomma un mix perverso di iperliberismo,
clientelismo politico e corruzione da anni sta ammazzando la Sanità pubblica.
Ma se ci limitassimo a questa analisi non faremmo ancora un buon servizio alla
causa di una vera e propria rinascita del SSN. Occorre ritrovare lo spazio
politico per gridare ad alta voce le cose urgenti da fare a partire da
1) Attingere ai principi di una
Sanità pubblica universalistica e solidale. Dire basta alla devastazione dei
tagli lineari. Ridurre i tickets (9 milioni e mezzo di persone hanno smesso di
curarsi perché non arrivano a sostenerne il costo).
2) Invertire la logica dell’aziendalizzazione che ha portato alla rovina il SSN. Liberare le aziende sanitarie dalle logiche politicistiche. Combattere il dilagare della corruzione e delle infiltrazioni mafiose.
3) Istituire un albo nazionale a cui attingere per la nomina dei direttori generali. Sottoporre a controllo pubblico l’accreditamento delle strutture private. Centralizzare e rendere vincolanti i tariffari.
4) Rivedere una visione della sanità centrata esclusivamente sull’ospedale. Sviluppare l’Assistenza domiciliare in alternativa ai ricoveri evitabili. Riportare il fondo per la non autosufficienza a 500 milioni e prevederne un progressivo incremento a 1.500 milioni.
5) Rilanciare la Sanità territoriale (prevenzione, cure primarie e riabilitazione) e l’integrazione socio-sanitaria. Arrestare il taglio dei posti letto, adeguandone il numero agli standard europei. Abbattere le liste di attesa, introducendo il principio dell’appropriatezza prescrittiva e limitando la pratica dell’intramoenia.
6) Rifondare fin dalla formazione universitaria la figura del medico, affermando una cultura unitaria che avversi le divisioni più esasperate del sapere e del fare, e riconosca la centralità dell’uomo e della donna nella loro indivisibile complessità.
Non resta che dare gambe a queste proposte per tenere lontane le mani di chi da destra e da sinistra vuole affossare la Sanità pubblica a partire dal governo regionale per fissare i livelli minimi di assistenza sanitaria.
2) Invertire la logica dell’aziendalizzazione che ha portato alla rovina il SSN. Liberare le aziende sanitarie dalle logiche politicistiche. Combattere il dilagare della corruzione e delle infiltrazioni mafiose.
3) Istituire un albo nazionale a cui attingere per la nomina dei direttori generali. Sottoporre a controllo pubblico l’accreditamento delle strutture private. Centralizzare e rendere vincolanti i tariffari.
4) Rivedere una visione della sanità centrata esclusivamente sull’ospedale. Sviluppare l’Assistenza domiciliare in alternativa ai ricoveri evitabili. Riportare il fondo per la non autosufficienza a 500 milioni e prevederne un progressivo incremento a 1.500 milioni.
5) Rilanciare la Sanità territoriale (prevenzione, cure primarie e riabilitazione) e l’integrazione socio-sanitaria. Arrestare il taglio dei posti letto, adeguandone il numero agli standard europei. Abbattere le liste di attesa, introducendo il principio dell’appropriatezza prescrittiva e limitando la pratica dell’intramoenia.
6) Rifondare fin dalla formazione universitaria la figura del medico, affermando una cultura unitaria che avversi le divisioni più esasperate del sapere e del fare, e riconosca la centralità dell’uomo e della donna nella loro indivisibile complessità.
Non resta che dare gambe a queste proposte per tenere lontane le mani di chi da destra e da sinistra vuole affossare la Sanità pubblica a partire dal governo regionale per fissare i livelli minimi di assistenza sanitaria.
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