Caro presidente Nicola Zingaretti,
mi chiamo Iaba
Scego sono una scrittrice figlia di somali
e nata in Italia. Sono una della cosiddetta seconda generazione. Una
donna che si sente orgogliosamente somala, italiana, romana e mogadisciana.
Le scrivo perché l’
11 agosto 2012, ad Affile, un piccolo
comune in provincia di Roma, è stato
inaugurato un “sacrario” militare al gerarca fascista Rodolfo Graziani. Il
monumento è stato finanziato con un finanziamento di 130 mila euro erogati dalla Regione Lazio ed originariamente diretti
ad un fondo per il completamento del
parco di Radimonte.
Rodolfo Graziani, come sa, fu fra i più feroci
gerarchi che i fascismo abbia mai avuto. Si
macchiò di crimini di guerra inenarrabili in Cirenaica ed Etiopia; basta
ricordare la strage di diaconi di Debra
Libanos e l’uso indiscriminato durante la guerra coloniale del ’36 di gas
proibiti dalle convenzioni internazionali.
Dopo la fin del
secondo conflitto mondiale, l’imperatore di Etiopia Hailè Selassiè, chiese a
gran voce che Rodolfo Graziani fosse inserito nella lista dei criminali di
guerra. La commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra
lo collocò naturalmente al primo posto.
Il monumento Rodolfo Graziani è quindi un paradosso
tragico, una macchia per
la nostra democrazia , un’offesa per la nostra Costituzione nata dalla lotta antifascista.
In questi giorni, i
neo parlamentari, Kyenge, Ghizzoni e
Beni hanno depositato un’interpellanza affinchè il Governo si pronunci
sulla questione Affile.
In qualche modo,
legandomi ala loro iniziativa chiedo a
Lei, presidente Zingaretti, un impegno concreto contro questo monumento della
vergogna . Non solo parole ma fatti (demolizione e/o riconversione del
monumento) che possano far risplendere un sole di democrazia in questa Italia
che si sta avviando a celebrare il 68° anniversario del 25° aprile.
Mio nonno è stato
interprete di Rodolfo Graziani negli anni ’30. Ha dovuto tradurre quei crimini
ed io da nipote non ho mai vissuto bene
questa eredità. Mio nonno era suddito coloniale, subalterno, costretto a
tradurre, suo malgrado, l’orrore. Oggi nel 2013, io sua nipote, ho un altro
destino, per fortuna. Per me e per tutti le chiedo un impegno serio su questa
questione cruciale di
democrazia.
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