Partiamo da alcuni dati per commentare la manifestazione dei precari che sabato 9 aprile hanno invaso le piazze di tutt’italia, da Roma a Napoli da Milano a Torino passando da Firenze e Bologna . I precari in Italia sono 3.941.400 , il 56% è occupato nelle regioni del centro sud (1.336.329) solo al sud).Complessivamente sono aumentati del 4% dal 2008 anno di inizio presunto della crisi fino al 2010. Se a questo si aggiunge che la disoccupazione è aumentata all’8,1% , dato che non contempla chi si è stancato di cercare lavoro e dunque non risulta inscritto alle liste di collocamento, emerge un quadro che mostra un pezzo molto grande della nostra società vittima non di lavoro precario ma di una vita precaria. Considerando che le tutele sociali non offrono protezioni per la generazione che sta fra i 35-50 anni, considerando che i tagli all’istruzione pubblica tolgono a scuola e università la loro funzione peculiare di assicurare ai giovani un futuro dignitoso, ecco che il destino di una vita precaria comprende in pieno almeno due generazioni e in futuro se non cambia qualcosa sarà sempre peggio. E’ per modificare questo quadro a tinte fosche che i precari sono scesi nelle piazze di tutt’Italia. A Roma circa ventimila persone hanno inscenato una street parade qui, un flashmob li, per dire che “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”. Guardando la varietà di giovani e meno giovani che, stufi di recitare la parte delle comparse rivendicavano un posto attivo nella società ci si rendeva conto di quanto grande sia il campo delle attività in cui la precarietà del lavoro la fa da padrona, dal lavoro manuale al terziario ai servizi . Stragisti al grido di “Basta allo stragismo di stato” , studenti della sapienza con gli scudo dei book bloc, ricercatori universitari, addetti della Rai fra cui i lavoratori di Radio tre, lavoratori dello spettacolo, artisti, operatori culturali, insegnanti, e molte altre categorie rivendicavano il diritto di uscire dalla loro disperazione esistenziale. “C’è la crisi, non ci sono i soldi” questa è la solita solfa di chi detiene i mezzi di produzione e finanziari. E’ una balla colossale i soldi ci sono eccome, solo che sono sempre di meno i soggetti che li possiedono. Se chi ha i soldi li investisse in attività nuove, nel lavoro finalizzato alla produzione di mezzi e servizi diversi, utili ad un mondo sempre più soffocato dallo smog di milioni e milioni di vetture , violentato dalle radiazioni nucleari, con un disperato bisogno di basare la propria sopravvivenza non più sul consumo indiscriminato, e sullo sfruttamento forsennato delle risorse naturali, forse le competenze intellettuali e professionali che oggi sono nettamente sotto impiegate o per nulla impiegate potrebbero tornare al centro della questione lavoro, assicurarsi e assicurare alla collettività un tipo di vita diverso sicuramente non precario. Quella di sabato scorso non è che la prima tappa di altri eventi che verranno programmati in futuro per affermare che è tutto il sistema capitalista da abbattere per far rinascere un mondo nuovo. Un’altro mondo non solo deve essere possibile, ma E’ ORMAI NECESSARIO.
Brani:
O cara moglie: Cisco
Fischia il vento, intro: Modena City Ramblers
Cosmopoli: GANG
Foto: Matteo "Dievel" Oi
Editing Luc Girello
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