Raccontare la storia dalla parte dei vinti non sempre è facile. Non sempre risulta accettabile. E sempre cade nell’indifferenza dei poteri forti e di quelli comunicativi.
Raccontare la cronaca dalla parte dei vinti è sempre difficile, quasi impossibile, sicuramente sempre contraddittoria, perché contraddittoria è la realtà e sfalsata è l’azione spazio-temporale. I vinti possono raccontare la loro vicenda a partire dalle emozioni, dalle immediate e vicine azioni che forse non sono sufficienti a ritessere la vicenda nel complesso.
I vinti però raccontano storie vere, piene di sudore, di lotta, volute, testardamente inseguite e dai connotati forti; storie dignitose, come dignità e ascolto dovrebbe avere ogni storia che vede la necessità e la forza di essere raccontata come quelle, appunto, di tutti i vinti della storia.
E’ la storia di una Tenda e di tutti coloro che l’hanno fatta vivere che si erge a baluardo della dignità di centinaia di persone, del lavoro, del salario, dei servizi pubblici; che vede protagonisti tanti che forse fino al giorno prima pensavano che la questione dei diritti non li sfiorasse, che non li riguardasse e poi invece sono assurti a primi difensori di quella parte di civiltà che si chiama convivenza e democrazia.
La tenda che al 431° giorno si è trovata travolta da due fatti clamorosi accaduti nelle stesse ore, negli stessi concitati minuti durante un incontro regionale. Fatti difficile da gestire, forse non ancora compresi appieno: il riconoscimento delle ragioni della difesa del posto di lavoro occupato per 17 anni e poi sottratto e la decisione che i servizi pubblici debbano essere tali anche nelle forme di gestione.
Una presa di coscienza non completa perché i vinti in quanto tali hanno sempre titubanza che la giustizia possa prevalere a loro favore. Eppure una giustizia lenta, però puntigliosa, precisa che ripercorre le tappe dei drammatici giorni di marzo e aprile 2013, riconosce che il diritto, le regole, le procedure in questo dannato paese Italia sono ancora vigenti e tutelate. Un torto, denunciato fin dall’inizio, sia dal punto di vista politico e sociale ma anche amministrativo e umano che non riusciva ad essere ascoltato, riconosciuto. La testardaggine di una azione sindacale, di una di lotta, di una comunicativa, unita ad una giurisdizionale, contestualmente, hanno reso possibile tale risultato.
Un risultato che ha ancor più risalto davanti al riconoscimento delle amministrazioni, della necessità di virare verso la società pubblica piuttosto che verso lo spacchettamento dei servizi ed il regalo alle cooperative sociali di tipo B.
Certo è solo un nuovo passo che ne contempla altri. Ma adesso la palla deve essere giocata in fretta dalle Amministrazioni, di quelle che hanno sfidato il diritto, di quelle che non si sono preoccupate della vita di diverse centinaia di cittadini e cittadine, di aver trattato con indifferenza e superficialità gli eventi e le “grida di scandalo”, per non essere completamente travolte.
Altre ragioni dovranno essere chiarite. A cominciare dalle denunce per l’occupazione del tetto del Comune di Frosinone che vedono lavoratori dover rispondere di accuse legate invece, molto più semplicemente alla difesa del diritto al lavoro, quel diritto sancito al primo punto nella nostra bistrattata Costituzione. I vinti attendono. Ora il tempo e il vento della giustizia giocano a loro favore.
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