Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 5 febbraio 2011

LE SQUADRE DELLA MORTE ISRAELIANE PRONTE A INFILTRARE LE PROTESTE EGIZIANE ?

di Silverio Di Castro



L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha offerto al proprio omologo nel governo egiziano, Omar Suleiman, che è anche il capo dei servizi egiziani, di inviare squadre della morte, i gruppi degli assassini sionisti professionisti che indossano abiti civili arabi, conosciuti anche come “mistaaravim”, a infiltrare i dimostranti in Egitto per uccidere i capi dell’opposizione e il movimento rivoluzionario che partecipa alle proteste contro il regime dittatoriale di Hosni Mubarak e dei suoi criminali


Il giornale ebraico israeliano “Maariv” ha rivelato ieri che funzionari di alto livello dell’ufficio di Benjamin Netanyahu hanno avuto nei giorni scorsi una serie di telefonate con Suleiman e lo hanno edotto sulla urgente necessità di un coordinamento della “sicurezza” su diverse questioni tra Israele e l’Egitto. Il giornale ha aggiunto che la prevenzione delle armi di contrabbando attraverso i tunnel tra il confine dell’Egitto e quello della Striscia di Gaza è stata solo una delle questioni, tra le altre, che i funzionari hanno discusso.

AGGIORNAMENTO (5.03.2011 - h 6.40): A SEGUITO, "APPLICATO IL PIANO ISRAELIANO PER ANNIENTARE LA RESISTENZA EGIZIANA"

L’agenzia Quds Press, citando fonti israeliane, ha detto che lo stato sionista ebraico ha offerto al Generale Omar Suleiman, ora nominato dal dittatore Mubarak “vice-Presidente della Repubblica di Egitto”, di mettere “tutte le risorse potenziali” a sua disposizione “per proteggere il regime in Egitto”, inclusa l’attuazione di “operazioni specifiche per prevenire la rivoluzione popolare”, e gli ha chiesto di lavorare insieme per impedire quelle che hanno chiamato “le armi di contrabbando alla Striscia di Gaza”.

Quds Press ha aggiunto che un funzionario dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rivelato che loro avevano chiamato Suleiman domenica 30 gennaio 2011 per esprimere la loro preoccupazione sulla situazione in Egitto, offrendogli le risorse dei servizi israeliani al fine di attuare operazioni speciali per porre fine alle proteste.

La fonte israeliana ha aggiunto che Netanyahu e Suleiman hanno discusso dei possibili modi per mettere in sicurezza il “confine” dell’Egitto con l’entità ebraico-sionista. Il primo ministro israeliano ha offerto a Suleiman di mettere le risorse dell’entità sionista a sua disposizione se lui riteneva che il proprio regime era in pericolo.

D’altro lato, rappresentanti del governo americano hanno chiamato diverse volte funzionari egiziani per discutere la questione delle preoccupazioni israeliane per la sicurezza nei confini comuni della penisola del Sinai. Dopo tali chiamate, l’Egitto ha riposizionato migliaia di soldati nella penisola del Sinai per proteggere la cosiddetta “sicurezza” israeliana con il consenso di Israele, per rafforzare la sicurezza di fronte alle proteste che chiedono la caduta del Presidente egiziano Hosni Mubarak, che si sono diffuse in tutto l’Egitto.

Secondo il trattato di pace tra Egitto e Israele siglato nel 1979, il Sinai è un’area demilitarizzata. Ma lo “stato” ebraico chiede che l’Egitto dispieghi le sue forze nella regione ogni qualvolta ci sia bisogno di proteggere l’entità sionista. Nel 2005, quando Israele ritirò le sue forze da Gaza, l’Egitto dispiegò le sue forze nel Sinai, per la prima volta dopo la firma del cosiddetto “trattato di pace”, per proteggere il confine tra Gaza e l’Egitto.

La Cancelliera tedesca Angela Merkel, accompagnata da più della metà del suo governo, arrivata oggi 1 febbraio 2011 in Israele per discutere la questione della sicurezza israeliana e dei desiderata di Israele per ogni nuovo governo che potrebbe venire dichiarato in Egitto alla luce della rivoluzione egiziana contro l’attuale regime, ha dichiarato che “il mondo deve costringere” l’Egitto a continuare a tener fede al decrepito “trattato di pace” siglato nel 1979. l’ex ambasciatore americano in Egitto, Frank Wisner, è tornato al Cairo per incontrare alti funzionari egiziani e per discutere la questione della sicurezza israeliana e delle sue richieste, e della possibilità di un trasferimento di poteri in Egitto in favore di un regime pro-Stati Uniti e pro-Israele sulla scia di una crisi che attanaglia l’Egitto da una settimana.

Oggi, oltre 8 milioni di manifestanti hanno dimostrato in piazza Tahir al Cairo, e in altre città contro il Presidente Mubarak e il suo regime. I dimostranti hanno chiesto a Mubarak di abbandonare il potere, di “andarsene”, di “andare all’inferno”, e di lasciare il paese per permettere l’inizio di una nuova era di democrazia in Medio Oriente. Hanno cantato “la nazione vuole giustiziare il presidente” e hanno impiccato un fantoccio come simbolo di Mubarak in piazza Tahir. Nello stesso tempo, in diverse centinaia di migliaia hanno manifestato a Alessandria, Suez, Mansoura, Damnhour, Arish, Tanta, e a El-Mahalla el-Kubra contro Mubarak. Le richieste dei manifestanti sono le stesse: che Mubarak abbandoni il potere e se ne vada.      

Il golpe e la disinformazione totale di.....Napolitano

 a cura di Luciano Granieri






Le Ultime Parole Famose  o anche Napolitano è un ignorante?


Dal sito del quirinale:


"Non sussistono le condizioni per procedere all'emanazione del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale"

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in relazione al preannunciato invio, ai fini della emanazione ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, del testo del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nella seduta di ieri sera, come risulta dal relativo comunicato, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in cui rileva che non sussistono le condizioni per procedere alla richiesta emanazione, non essendosi con tutta evidenza perfezionato il procedimento per l'esercizio della delega previsto dai commi 3 e 4 dall'art. 2 della legge n. 42 del 2009 che sanciscono l'obbligo di rendere comunicazioni alle Camere prima di una possibile approvazione definitiva del decreto in difformità dagli orientamenti parlamentari. Pertanto, il Capo dello Stato ha comunicato al Presidente del Consiglio di non poter ricevere, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza, il decreto approvato ieri dal Governo.

Questo il testo della lettera:

"Mi è stato preannunciato l'invio, ai fini della emanazione ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, del testo del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri nella seduta di ieri sera, come risulta dal relativo comunicato.
Devo subito rilevare che non sussistono le condizioni per procedere alla richiesta emanazione, non essendosi con tutta evidenza perfezionato il procedimento per l'esercizio della delega previsto dall'art. 2, commi 3 e 4, della legge n. 42 del 2009: sono pertanto costretto a non ricevere il decreto approvato dal Governo, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza.

Infatti mi risulta che il testo è diverso da quello originariamente approvato dal Governo e trasmesso alla Conferenza unificata e alle Camere ai sensi e per gli effetti delle disposizioni richiamate ed è identico alla proposta di parere favorevole condizionato formulata dal Presidente della Commissione bicamerale: proposta che è stata respinta dalla stessa Commissione ai sensi delle norme stabilite dai Regolamenti parlamentari allorché su di una proposta si registri parità di voti e dello stesso art. 7, comma 1, del Regolamento interno della Commissione bicamerale. Né tale pronunciamento può evidentemente assimilarsi ad una mancanza di parere. Su quel testo la Commissione bilancio della Camera ha successivamente deliberato all'unanimità di non esprimersi proprio perché lo ha considerato "superato" per gli stessi motivi. Infine il Governo deve ottemperare all'obbligo previsto dall'ultimo periodo del comma 4 dell'art. 2 della legge delega di esporre sia alle Camere sia alla Conferenza unificata le ragioni per le quali ha ritenuto di procedere in difformità dai suindicati orientamenti parlamentari e senza aver conseguito l'intesa nella stessa Conferenza, come risulta dal verbale in data 28 ottobre 2010.

Tanto premesso sul piano strettamente procedimentale, sento il dovere di richiamare l'attenzione del Governo sulla necessità di un pieno coinvolgimento del Parlamento, delle Regioni e degli Enti locali nel complesso procedimento di attuazione del federalismo fiscale. La rilevanza e delicatezza delle conseguenze che ne deriveranno sull'impiego delle risorse pubbliche e in particolare sull'assetto definitivo del sistema delle autonomie delineato dal nuovo titolo V° della Costituzione suggerisce infatti un clima di larga condivisione, così come si è del resto verificato in occasione della approvazione della legge n. 42 del 2009 e della emanazione dei tre precedenti decreti delegati. E di ciò ho avuto modo di dare più volte pubblicamente atto, ritenendolo il metodo più corretto ed utile per l'attuazione di una così importante riforma costituzionale. Se in questo caso non c'è stata condivisione sul piano sostanziale, più che opportuno resta evitare una rottura anche sul piano procedimentale, per violazione di puntuali disposizioni della legge.

Né posso sottacere che non giova ad un corretto svolgimento dei rapporti istituzionali la convocazione straordinaria di una riunione del Governo senza la fissazione dell'ordine del giorno e senza averne preventivamente informato il Presidente della Repubblica, tanto meno consultandolo sull'intendimento di procedere all'approvazione definitiva del decreto legislativo.

Sono certo che ella comprenderà lo spirito che anima queste mie osservazioni e considerazioni".

venerdì 4 febbraio 2011

Il diritto e il rovescio di una mobilitazione

di Ida Dominijanni da "il manifesto" del 4 febbraio.



A proposito della manifestazione  del 13 febbraio  dove  saranno in   piazza  tutte le donne che non si identificano con l’immagine femminile emergente  dalle ultime vicende berlusconiane, riportiamo l’articolo che Ida Dominijanni ha scritto su “il manifesto” di oggi . Nell’intervento sono riportate  opinioni di donne intellettuali, politicamente impegnate,  attive nei movimenti femministi, anche contrarie alla manifestazione e al conseguente appello. Riteniamo utile pubblicare questo contributo in modo da fornire uno spettro di opinioni ampio tale da indurre riflessioni più approfondite  nel merito.
La Redazione.



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 Sciarpe e coccarde bianche a Montecitorio sui banchi dell’opposizioine , mentre un’aula senza dignità respinge al mittente , con l’ennesima maggioranza risicata e blindata, la richiesta della procura di Milano . Quel bianco delle coccarde e delle sciarpe , già usato nella manifestazione del 29 a Milano, è un segno di lutto: il lutto per la dignità della donna offesa e ferita dal Berlusconi-gate. Si potrebbe legittimamente esibire, la contrario come un segno di festa: senza le parole  e l’esplosione di alcune donne – da Veronica Lario in poi, inutile rifare l’elenco – e di altre donne che fin da subito le hanno sostenute, il Berlusconi-gate non sarebbe mai scoppiato. Senza il “tradimento” e il racconto di alcuni testimoni, l’inchiesta di Ilda Bocassini – che è una donna- e dei magistrati di Milano non starebbe in piedi. E dunque è proprio la dignità delle donne la vittima numero uno del Berlusconi-gate?  E’ proprio alla vittimizzazione delle donne che il discorso sulle donne deve ineluttabilmente portare?  Sono le due domande principali su cui ruota il dibattito femminista sulla mobilitazione femminile del 13 prossimo, promossa dai media mainstream con gran dispendio di testimonial e spot – siamo pur sempre dentro la cultura dell’immagine anche quando ci si mobilita contro l’immagine  dominante del corpo femminile – ma poco riguardo alle articolazioni del discorso. Che bisogna dunque andare a scovare in rete, nei siti e nelle testate su cui il tanto deprecato “silenzio delle donne” non c’è mai stato: “mai state zitte” ricorda ingenere.it . Cominciamo dunque dalla questione della dignità violata : è solo o in primo luogo, quella delle donne? Eppure al centro del teatro di Arcore c’è una messinscena della virilità che prima delle donne offende, o dovrebbe, gli uomini “Ragazze che si vendono, e fa rabbia- scrive Anna Bravo, storica e femminista storica, su  http://www.donnealtri.it -; ma soprattutto uomini che solo grazie al denaro e al potere dispongono del loro corpo, le gratificano con regali comprati all’ingrosso. Eppure, mentre noi ci preoccupiamo della dignità femminile, nessun uomo ha sentito il bisogno di difendere quella del genere maschile. Certo il modello Berlusconiano è così povero e violento che per un uomo di buona volontà può essere difficile vederlo come una ferita inferta anche alla propria identità. Ma come mai la vergogna provata da tanti di voi riguarda l’essere italiani, e non l’essere uomini italiani?”.  Come mai tanti uomini (di sinistra) si precipitano in piazza a difendere la dignità delle donne, senza interrogarsi sulla loro? Tanta premura ha un vago sapore di strumentalità . “Il femminismo aveva insegnato a  non strumentalizzare le donne – scrivono sullo stesso sito Franca Chiaromonte e Letizia Paolozzi- . Succede invece che le ragazze di Arcore siano ‘usate’ per mandare via l’attuale presidente  del consiglio. Giusto obbiettivo ma che dovrebbe trovare altre gambe da quelle diciottenni per realizzarsi”. Analogamente Lea Melandri, su “Gli Altri” : “ Finché lo sdegno non si estende a tutti gli aspetti del privilegio e della violenza maschili, dovrebbe venire il sospetto che delle donne ci si preoccupi quasi sempre solo quando servono”. Di più: “l’oscillazione ambigua fra sdegno e voyeurismo” che caratterizza la campagna mediatica  antiberlusconiana aggiunge Melandri, mostra che quella stessa dignità rivendicata per le donne non viene accordata alle giovani frequentatrici di Arcore, trattate come merce tanto dal sultano quanto da chi gli si oppone , e ridotte sbrigativamente a “vittime” o “puttane” senza alcuna seria interrogazione sulla loro scelta, più o meno libera, più o meno asservita, di prestarsi a quel gioco. Ragioni analoghe che spingono Luisa Mauro, in un breve testo pubblicato su http://www.libreriadelledonne.it/, a non firmare l’appello “Ora basta”: “Non lo firmo per due ragioni principali. Per cominciare sono molto critica  verso la separazione fatta da Concita De Gregorio (nell’articolo di presentazione dell’appello, in  http://www.unita.it/  ndr) fra quelle che  non si prostituiscono , alle quali lei  si rivolge, e quelle che si prostituiscono , escluse da ogni considerazione. Io sono impegnata politicamente epr la libertà femminile e lotto contro ciò che la ostacola: la ostacolano gli uomini che usano i loro soldi per ridurre il corpo femminile a merce; ma le donne che vanno a questo mercato hanno una soggettività che non mettono in vendita e perciò vanno prese in considerazione, altrimenti dalla politica si scade nel  moralismo. In secondo luogo, l’indignazione contro la miseria sessuale di uomini al potere deve venire in primo luogo da uomini loro vicini, se hanno il senso della decenza, anzi doveva venire al primo scandalo e non è avvenuta, chissà perché. Ricorrere alle donne è un espediente di vecchio stampo, quando si assegnava alle donne un ruolo convenzionale, ora per la pace, ora per l’infanzia” , e oggi “di truppe ausiliarie di una politica inefficace”.

SU TUTTI I TRENI RIDATECI I POSTI DI 3ª CLASSE

di Vito Nicola De Russis, di Camminacittà









Nel    1956: dai treni con carrozze di 1ª - 2ª  e 3ª classe venne eliminata la 3ª classe.
Oggi, in realtà, sono i treni “di 3ª classe” (o di 2ª, o di 1ª) che consolidano le disuguaglianze e non rispettano il diritto alla dignità della persona umana.
Ridiamo vita all’art. 3 della Costituzione: rimettiamo le carrozze di 3ª classe in tutti i treni.

“Poveri pendolari. Non bastava la sporcizia, la mancanza di puntualità, il sovraffollamento – sostengono gli esperti dell'Associazione Assoutenti, in un articolo pubblicato su"il fatto quotidiano" del 26 gennaio dal titolo "Fs, il ritardo ora è denaro" [1]..... Il meccanismo di pagamento delle regioni incentiva i treni locali a rallentare ancora: ogni minuto in più può costare alle casse regionali un aggravio di spesa di quasi 80mila euro”. Perchè, ci spiegano gli esperti, “tra i parametri usati per calcolare il prezzo che le Regioni devono corrispondere a Trenitalia (Fs) per i treni locali, il fattore tempo è diventato determinante. Più tempo ci vuole per percorrere una linea, più il prezzo sale.”
Nei treni fermi in stazione che non ripartono subito, c’è sempre il viaggiatore che chiede: ”Perchè non partiamo?” E, c’è sempre, un altro viaggiatore che risponde: “Perchè ci deve sorpassare un altro treno”.
Questa circostanza, prevista e programmata dal gestore:
̶         per i viaggiatori del treno fermo (“di 3ª classe”) è un sonoro ed arrogante schiaffo alla loro dignità, uguaglianza, diritti e libertà sferrato dal gestore della ferrovia e pagato dalle regioni;
̶         per i viaggiatori del treno che sorpassa (dio 2ª classe) è una lezione di cultura alla “disuguaglianza per educare alla incivile convivenza” impartita dal gestore della ferrovia (il cui costo è già compreso nella tariffa).
Occorre un intervento immediato.
Sostiene il presidente della “Federazione italiana diritti del pedone e salvaguardia dell’ambiente – Camminacittà”, Vito Nicola De Russis, che “E’ compito della Repubblica  rimuovere gli ostacoli ....... – art. 3 della Costituzione – ...... che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini ed anche, come in questo caso, la dignità ed i diritti delle persone che viaggiano su quei treni di 3ª classe”.
Sul “Che fare?”. La risposta è contenuta nella seguente ricetta prescritta da Camminacittà (è semplice ed è praticabile in tempi rapidi, “se c’è l’adeguata volontà politica”) :
1)            Dotare tutti i treni di vetture di 1ª, 2ª e 3ª classe;
         2)  Stabilire la ripartizione della capacità dei treni: non meno del  40% “di  3ª classe”; non meno del     30% di  2ª classe; non più del  20%  di 1ª classe;
3)            Stabilire la tariffa della 3ª classe:  riduzione del 30% del prezzo finale del biglietto di 2ª classe;
4)            Rinumerare le carrozze per il servizio di 3ª classe”:  coprire, con la lettera “C” (o la cifra "3"), le lettere esistenti “A” e/o “B” (o le cifre esistenti "1" e/o "2"); (ovvero, compiere l’operazione inversa a quella eseguita nel 1956);
5)            Tempo necessario : quantificabile  in  ore;
6)            Costo. Non essendoci “Laboratori”, “Centro studi”, “Consulenze”, “Gare” e quant’altro, il costo sarà irrisorio.
Auspica, Camminacittà, che su questa legittima e civile richiesta di rispetto della Carta Costituzionale ci siano poche parole e concrete azioni per far dimenticare l’attuale malessere vissuto dai cittadini.

Ufficio stampa di Camminacittà
Cell. 3393484370

giovedì 3 febbraio 2011

CHE SUCCEDE NEL LAZIO DOPO LE “RIFORME” GELMINI?

da Federazione della Sinistra Regione Lazio





Iniziativa promossa dal TAVOLO REGIONALE DEL LAZIO PER LA DIFESA DELLA SCUOLA STATALE
Mercoledì 9 febbraio – ore 16 - ITIS “Galileo Galilei” Via Conte Verde, 51 (aula seminterrato)


Programma
Relazione introduttiva – LOREDANA FRALEONE
Comunicazioni
Il (ri)dimensionamento della rete scolastica del Lazio – ANNA FEDELI
Effetti delle “riforme” su scuole ed università del Lazio:
Primo ciclo – RENATA PULEO
Scuola secondaria di II grado – ANNA ANGELUCCI
Università – ANTONELLO CIERVO
Precariato – FRANCESCO CORI
Esternalizzazione delle mansioni ATA – NADIA CIARDIELLO
il diritto allo studio nel lazio
Tagli nel sostegno ai portatori d’handicap – TESTIMONIANZA GENITORI
La scuola degli ultimi – LORETTA SCANNAVINI
I taglia alle risorse nel comune di roma (scheda)
Ambiente scuola – LORENZO PARLATI
Bilanci scolastici – CLAUDIO STAMEGNA
Attività alternative all’insegnamento della religione cattolica - ANTONIA SANI
Interventi
Conclusioni – SIMONETTA SALACONE

sono stati invitati

I dirigenti scolastici, i presidenti dei consigli d’istituto, dei consigli di circolo, associazioni, coordinamenti e comitati, sindacati, movimenti, rappresentanti politici e sociali
IL TAVOLO REGIONALE DEL LAZIO PER LA DIFESA DELLA SCUOLA STATALE si è costituito nel giugno 2010
Attualmente è composto da:
Federazione della Sinistra, IdV, Sel, FLC-Cgil, Unicobas Scuola, CISP Scuola della Repubblica, CRIDES, ADIS, giovani Comuniste/i, UDS, Rete studenti medi roma, CPS, Coordinamento dei lavoratori studenti e genitori delle scuole secondarie di roma, USB, Ass. ASSUR, Coordinamento “Non rubateci il futuro”, Alternativa-Lab.Cult, CgD

INVITO ALLE DONNE ITALIANE A PARTECIPARE AD UNA GIORNATA NAZIONALE DI MOBILITAZIONE DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011

da una segnalazione di  Patrizia Monti 
Se non ora, quando?
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.
Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150esimo dell’unità d’Italia - hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.
Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.
Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.

L’APPUNTAMENTO E’  PER IL 13 FEBBRAIO IN OGNI GRANDE CITTA’ ITALIANA

Per le adesioni e informazioni l’indirizzo mail è
(si accede da gmail con la password martadelatour, se si vogliono leggere le adesioni)

Ecco di seguito dove firmare


Dopo la Tunisia, la guerra civile in Egitto

di Riccardo Bocchese -Lega Internazionale dei lavoratori - Lit



Dopo la Tunisia sono i giovani e i lavoratori egiziani a ribellarsi, a scendere in piazza e dentro agli immensi cortei appaiono, sventolando, anche le bandiere rosse con falce e martello.
Iniziata con la “giornata della collera” del 25 gennaio, maturata e indetta dopo che un uomo (evocando la Tunisia) si era appiccato il fuoco lo scorso 17 gennaio, seguito da altri due il giorno successivo e da un quarto il giorno 19, la rivoluzione egiziana, dopo quattro giorni di guerriglia in tutte le maggiori città del paese, conta centinaia di morti, un migliaio di feriti e oltre mille arrestati.
Nelle scorse settimane la preoccupazione principale di tutti gli analisti borghesi  è stata quella del pericolo che l’esempio della Tunisia potesse arrivare in Egitto, paese che insieme a Israele e Arabia Saudita forma una sorta di triangolo che dovrebbe avere la funzione di garantire il controllo dell’imperialismo in tutto il medio oriente. Tale preoccupazione si è  avverata.
I cambiamenti si susseguono a velocità vertiginosa: imprenditori e «personalità influenti» vicine al regime egiziano lasciano il Paese con aerei privati. Il presidente egiziano Hosni Mubarak, in un intervento trasmesso in diretta tv, annuncia di aver ordinato "al governo di dimettersi" e che un nuovo esecutivo sarà varato sabato. La sera di sabato 29 gennaio, invece, arriva la notizia che moglie e figli di Mubarak sono scappati volando a Londra.

L’ombra degli interessi economici occidentali
Mubarak, come Ben Ali in Tunisia, è stato un fedele servitore degli interessi economici occidentali. Da un cablogramma pubblicato da Wikileaks  nel marzo 2009, emerge che Washington fornisce a Il Cairo 1,3 miliardi di dollari annuali per consentire all’Egitto l’acquisto di armi ed equipaggiamento militare Usa. Il prezzo equo per il mantenimento della pace con Israele, si legge nel dispaccio. Nonostante l'alleanza con Mubarak gli Stati Uniti hanno finanziato a più riprese il movimento di opposizione democratica in Egitto. Un altro cablogramma dell’ambasciata Usa a Il Cairo rivela che “Pur appoggiando il governo alleato del presidente Mubarak, gli Usa sostengono dal 2008 un cambio di regime in senso democratico”. L'agenzia Usa per lo sviluppo internazionale (Usaid), secondo i 'cable', avrebbe previsto di finanziare con 66,5 milioni di dollari per il 2008 e 75 milioni per il 2009 i programmi egiziani per la democrazia e il buon governo, secondo una nota dell'ambasciata Usa al Cairo del dicembre 2007. Diventa fondamentale per il movimento in piazza riuscire ad emanciparsi, oltre che dal governo fantoccio, anche da chi lo finanzia.
Internet e i social network
L’Egitto conta i quasi 80 milioni di abitanti ed il 40% della popolazione vive largamente al di sotto dei limiti di povertà (appena 2.400 dollari l’anno pro-capite) . Il 70 per cento della popolazione è sotto i 30 anni. La crescita economica (il Pil è visto in rialzo del 5,4%) tocca solo le classi più vicine al presidente, lasciando le masse popolari in condizioni di povertà. Nei mesi di novembre e dicembre i rincari dei generi alimentari sono stati del 17,1 e del 17,2% e la disoccupazione galoppa come l'inflazione: la frustrazione giovanile e l’assenza di prospettive è  generalizzata. La diffusione della collera e della protesta è partita anche sui social network, dove si è raccolta l'adesione di quasi 100 mila simpatizzanti. Facebook e Twitter, a un certo punto oscurati, hanno informato i partecipanti sui luoghi veri della protesta e la gente si è, quindi, riversata nelle piazze del Cairo. Infine le fiamme dello scontento sono divampate in diverse città del Paese. Mubarak ha provato a staccare la spina della rivolta staccando la spina a cellulari e internet ma inutilmente, la rivoluzione era ormai scoppiata.
Pane e lavoro 
Con slogan urlati con rabbia e  proteste scritte su migliaia di cartelloni i dimostranti hanno chiarito i motivi della collera: "Giornata di rivolta contro la tortura, contro la povertà, contro la corruzione e la disoccupazione". Soprattutto giornata di collera contro l' "eterno presidente", Hosni Mubarak, 82 anni, da quasi 30 al potere attraverso cinque controverse tornate elettorali e che a settembre intendeva nuovamente presentarsi alle elezioni, o candidare il  figlio Gamal.
Leggendo la stampa occidentale, l’uomo su cui sta puntando l’imperialismo atterrito è El Baradei, ex alto papavero dell’Onu. Potrebbe svolgere un ruolo già sperimentato in altre occasioni: proporsi come l’alternativa affinché nulla realmente cambi. Non sarà una soluzione di facciata come quella rappresentata da El Baradei a risolvere i problemi del popolo egiziano.

La rivoluzione non è sufficiente, serve il partito rivoluzionario
I bisogni di pane, pace e lavoro  che i popoli di diversi Paesi, dalla Grecia alla Tunisia, dall’ Albania all’Egitto, stanno pretendendo attraverso rivolte e rivoluzioni, possono trovare risposta  solo con l'estensione della rivoluzione, nella cacciata di tutti i governi dichiarati o camuffati  dell’imperialismo, e nella creazione di un vero governo a favore del popolo, un governo operaio e contadino che espropri senza indennizzo sia le industrie dei capitalisti indigeni e stranieri, sia gli enormi latifondi che costringono alla fame milioni di persone.
Quello che sta succedendo nel mondo svela con chiarezza che il capitalismo non ha nulla da offrire alla stragrande maggioranza dell’umanità se non povertà, disoccupazione, fame e guerre.
La costruzione di un partito comunista rivoluzionario in Egitto, come nel resto del mondo, diventa, ogni ora che passa, sempre più necessaria affinché la rivoluzione non cada nelle mani della reazione.




mercoledì 2 febbraio 2011

Comunicato di Unire le lotte – Area Classista Usb

Apprendiamo con stupore che l’Esecutivo Nazionale di Usb ha mandato alle strutture territoriali del nostro sindacato il seguente comunicato:



A TUTTE LE STRUTTURE USB
Da alcuni mesi circola nel web e nelle mailing liste dell’USB una fantomatica “area classista u.s.b.” che si dice essere nata all’interno dell’organizzazione. A parte il fatto che dietro questa fantomatica area si celano soggetti appartenenti ad un partito politico nato da una scissione di una scissione del PRC di alcuni anni fa, il PdAC, e che non fanno mistero di questa loro appartenenza, a parte il fatto che costantemente intervengono “da partito” nelle questioni interne all’USB oggi si è arrivati a produrre un vero e proprio falso. E’ circolato infatti un comunicato su carta intestata USB e firmato “area classista USB” con cui si annuncia all’universo mondo l’adesione della USB allo “sciopero generale”(sic!!!!) del 28 gennaio. E’ evidente che non è più assolutamente tollerabile che girino tali falsi su carta intestata USB. L’organizzazione, nelle sedi deputate, sarà chiamata quanto prima a prendere i necessari provvedimenti per evitare in futuro che soggetti assolutamente non autorizzati si spaccino per corrente, area o qualsiasi altra cosa e producano documenti apocrifi.
27 Gennaio 2011
Esecutivo nazionale USB

Ci troviamo quindi costretti a precisare che:


1) Non è vero che Unire le lotte – Area Classista Usb è, come si lascia intendere, un’area del PdAC. In occasione dell’assemblea del 31 ottobre che ha dato vita alla nostra area erano presenti compagni e compagne di varie organizzazioni politiche, nonché molti attivisti sindacali senza appartenenza politica. Inoltre, l’area si sta allargando, incontrando l’appoggio di lavoratori che ritengono importanti le questioni che sono state poste, ad esempio la necessità di partecipare agli scioperi e alle lotte insieme con i lavoratori iscritti ad altri sindacati, o le importanti questioni della democrazia e della trasparenza all’interno di Usb.


2) In ogni caso, ci sembra strumentale che si critichi l’appartenenza di alcuni di noi a organizzazioni politiche quando da sempre in qualsiasi sindacato militano anche attivisti di formazioni politiche. Ad è esempio è noto (anche se forse ne viene fatto mistero dagli interessati) che la maggioranza dei membri dell’Esecutivo Usb appartengono proprio a un’organizzazione politica, la Rete dei Comunisti e che, inoltre, alcuni dirigenti nazionali appartengono all’organizzazione politica dei “disobbedienti” (centri sociali del Nord Est, New Global Project: tra l’altro versano le trattenute sindacali dei lavoratori in un conto corrente che non è quello di Usb nazionale).


3) Unire le lotte non è una “fantomatica” area, ma è una legittima area nata all’interno del nostro sindacato con un’assemblea il 31 ottobre 2010, le cui risultanze sono pubbliche (si veda il sito www.sindacatodiclasse.org) e sono state inviate anche all’Esecutivo Nazionale con richiesta di pubblicazione sul sito nazionale di Usb: richiesta che non ha mai avuto risposta.


4) Ci stupisce che l’Esecutivo ritenga che per costituire un’area nel sindacato sia necessaria un’autorizzazione. Queste formule rivelano una concezione davvero strana della democrazia interna (persino un sindacato concertativo come la Cgil da sempre vede al suo interno la presenza di aree di minoranza).


5) L’adesione della nostra area allo sciopero del 28 gennaio è un atto legittimo. Ricordiamo che non solo Unire le lotte – Area Classista Usb, ma anche alcune strutture nazionali e territoriali, così come tanti attivisti del nostro sindacato, hanno deciso di aderire allo sciopero del 28 gennaio. Riteniamo, viceversa, che sia arretrata e controproducente la decisione dell’Esecutivo nazionale di non trasformare il 28 gennaio in un grande sciopero generale di tutte le categorie, come, ad esempio, è stato fatto da altri sindacati di base, permettendo così a tutti i lavoratori di scioperare al fianco degli operai metalmeccanici.
Come lavoratori e lavoratrici di Usb rivendichiamo l’esistenza di aree interne in Usb che portano contributi diversi da quelli proposti dal gruppo dirigente centrale. Continueremo, nonostante tutto, a lavorare nei territori per la costruzione del sindacato Usb e per il suo radicamento. Rivendichiamo, infine, per Usb la reale capacità, come vuole il suo nome, di farsi connettore e propagatore delle lotte dei lavoratori.
Il Coordinamento Nazionale di Unire le lotte - Area Classista Usb 
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Per  la cronaca  riproponiamo il filmato della manifestazione di Cassino dove la sezione USB della Fiat di Piedimonte  era presente. In un momento cruciale come quello attuale in cui l'offensiva liberista promossa dai padroni e rilanciata dal governo sta  portando un'attacco senza precedenti ai diritti e alla dignità dei lavoratori, ci sembra delittuoso condizionare la partecipazione  agli scioperi e alle manifestazioni in base alle sigle che tali mobilitazioni organizzano   . PER VINCERE UNA LOTTA DI CLASSE ORMAI QUASI PERSA SERVE LA MOBILITAZIONE UNITARIA DI TUTTI!!!!
Luciano Granieri.


Colleferro :Caso Fadda

da Rete per la Tutela della Valle del Sacco.





Retuvasa preannuncia esposto sui fatti avvenuti in località
         “Casa Ripi” a Colleferro
               ed esprime le sue valutazioni sulla vicenda

Ancor prima che i fatti in questione fossero di dominio pubblico, Retuvasa stava già raccogliendo elementi probatori su quanto si configura come una delicatissima vicenda ambientale e sociale. Gli stessi che, valutata ogni implicazione ambientale e tecnico-legale, metterà a disposizione della Procura di Velletri tra qualche giorno.
Nel frattempo, è ormai opportuno anche per la nostra associazione esprimere valutazioni sul caso.
In primo luogo, l’incredibile vicenda di cui solo alcuni stralci sono giunti ai media, solleva alcuni inquietanti interrogativi, che possono configurare gravi ipotesi di reato.
Per anni, pecore destinate all’alimentazione umana potrebbero aver pascolato in terreni quantomeno prossimi a siti industriali verosimilmente ad alta contaminazione. Per anni, la carne di questi animali potrebbe essere entrata nel ciclo alimentare, eludendo i controlli veterinari previsti entro l’azienda e nei macelli.
Nell’attesa della definitiva chiarezza sui fatti in questione, il condizionale è d’obbligo, ma l’angoscia pure. L’angoscia di tanti cittadini che si stanno interrogando su dove siano finiti quei prodotti contaminati. E dire questo non significa creare allarmismi, ma guardare in faccia la realtà.
D’altra parte, riteniamo che sia fuorviante estendere indiscriminatamente i contorni del caso.
Pur stigmatizzando un atteggiamento che ci sembra prevalentemente negazionista nel sindaco di Colleferro (la sua linea sarà comunque più chiara nel corso del consiglio comunale straordinario che ha opportunamente convocato per domani), dobbiamo una volta tanto riconoscere che su un punto ha perfettamente ragione. Ha ragione nell’insistere che non c’è alcun legame diretto e oggettivo tra l’inquinamento di “Casa Ripi” e quello legato all’emergenza da beta-HCH del fiume Sacco.
Sembra che i terreni in cui hanno pascolato gli animali del Sig. Raimondo Fadda siano quantomeno contigui a un nucleo che rappresenta un’estensione del Comprensorio industriale da Valle verso la zona denominata 3C – Centro prove e collaudi. Il sig. Fadda abita in loco a circa 100 mt. dall’ingresso del 3C. Certo è importante verificare l’eventuale impatto della presunta contaminazione sulle falde acquifere in tale area, ma con il Sacco non pare esserci alcun collegamento.
Non si può dunque valutare l’efficacia o meno della bonifica della Valle del Sacco sulla base di quanto ora si scopre ad alcuni chilometri di distanza dal fiume. Diversi con ogni probabilità gli inquinanti in gioco. Diversa la dimensione del fenomeno, circoscritto e puntuale nel caso in questione, diffuso, in quanto degradante da Colleferro a Falvaterra, per il beta-HCH.
Legittimo casomai chiedersi se le criticità della Valle del Sacco si possano risolvere solo risanando il Fiume Sacco dal beta-HCH, questione che abbiamo noi stessi sollevato più volte.
Ma la confusione non fa bene a nessuno. E nostro avviso, rischia di fare soprattutto il gioco di chi vuole screditare l’agrozootecnia in blocco per promuovere in sua vece progetti industriali, edilizi e infrastrutturali ad alto impatto ambientale e ad alto consumo di suolo. Un copione visto più volte, anche nella Valle del Sacco.
Vogliamo invece difendere la credibilità di migliaia di aziende agricole sane e ipercontrollate, e in questo siamo vicini a quanto espresso dal presidente della Confederazione Italiana Agricoltura di Frosinone, Mario Mancini. Ma come egli stesso nota, al di là di un caso come il presente, dai contorni che hanno dell’incredibile, la guardia va tenuta altissima nei confronti di altre potenziali “zone grigie” che sfuggono ad ogni controllo. E non solo a Colleferro.
A nostro avviso poi gli “effetti di sistema” non vanno ricercati verso il Sacco, ma in un’altra direzione, quella della mancata caratterizzazione delle aree del comprensorio industriale di Colleferro.
Paradossalmente, mentre il Sito di Interesse Nazionale della Valle del Sacco è in base ai dati Ispra 2008 il più esteso d'Italia, insieme a quello sardo del Sulcis Iglesiente Guspinese, non si dispone ancora di una caratterizzazione del comprensorio industriale di Colleferro, la “madre” dei distretti industriali che nel corso di decenni hanno progressivamente inquinato la terra, le acque e l’aria della Valle del Sacco. Manca ancora per le secretazioni delle aree produttive di rilevanza militare, in vigore ai sensi del Decreto Regio dell’11 Luglio 1941 n. 1161, “Norme relative al segreto militare. Ma basta leggere qualche passo del Libro bianco del FULC del 1977, ormai storico ma incredibilmente attuale, per rendersi conto che un piano di bonifica integrale del nostro comprensorio dovrebbe prevedere una rigorosa ricostruzione storica degli eventi che si sono succeduti nel tempo su questi terreni, dando voce anche al personale che vi lavorava e che all’epoca, per paura di perdere il posto di lavoro, doveva tacere. In Appendice riportiamo un esempio evidente di quanto affermiamo.
Ecco dunque che possiamo essere d’accordo su un altro punto con il nostro sindaco: la radice di tutti i mali risale agli anni ’60. Ma al momento non ci sembra che egli abbia una leonina e lucida determinazione nel trarre le debite e strutturali conseguenze di questa sua affermazione.

Colleferro, 02.02.11

Appendice dal Libro Bianco del FULC, "Indagine sull'ambiente di lavoro alla SNIA di Colleferro", a cura del Consiglio di Fabbrica, Federazione Unitaria dei Lavoratori Chimici Provinciali di Roma - CNR Reparto Ambiente del TBM, 1977.

Pag. 34: (riguardo alla sezione chimica dell'anidride ftalica) “Le peci che si raccolgono dal fondo della prima torre vengono scaricate a mano ogni mattina e infustate in recipienti sporchi di altre sostanze di natura sconosciuta che al momento del travaso reagiscono violentemente. I fusti sono inviati al "campo spazzatura" [zona industriale di Colleferro, direzione Artena] dove sono bruciati insieme agli altri residui di lavorazione […]”. 

martedì 1 febbraio 2011

Chiediamo ad Obama di dire "NO" agli insediamenti

Dear Luciano,
The recent release by Al Jazeera and the Guardian of some 16,000 documents related to nearly 20 years of Israeli-Palestinian peace negotiations sadly substantiates what Jewish Voice for Peace has said publicly for years- that the U.S. is not the neutral broker it claims to be.

The United States' unconditional support for Israel has helped to perpetuate the occupation by promoting endless negotiations that have enabled Israel to expand settlements while claiming to work towards peace.

Israel's lack of interest in ending the occupation and being a partner to peace
is now nakedly revealed in documents which show its reaction to he Palestinian Authority's unprecedented concessions, shocking because they far exceed the requirements of international law. Israel offered an intransigent 'no' to every concession, with the U.S. looking on in approval.
There is a chance, however, for the Obama Administration to differentiate itself from the ineffectual American actions revealed in the leaked documents.

Palestinians and their supporters have put forth a key resolution on the Israel-Palestine conflict that is now before the UN Security Council. Largely echoing stated U.S. policy, the resolution embraces negotiations, endorses the creation of a Palestinian state, and demands an immediate halt to Israeli settlement construction in the West Bank and East Jerusalem. But even though the resolution echoes U.S. policy, President Obama is under heavy pressure to veto the UN resolution from forces in Washington who want to protect the Israeli occupation.
Will you join Jewish Voice for Peace and Just Foreign Policy in urging President Obama to support the UN resolution condemning Israeli settlement activity in the West Bank and East Jerusalem?


Prominent former diplomats, including Ambassador Thomas Pickering and Ambassador James Dobbins, have written to President Obama, urging him to instruct our Ambassador to the United Nations to vote yes on this initiative, noting that it echoes U.S. policy.[1]


But sixteen Senators, led by New York Democrat Kirsten Gillibrand, have urged Secretary of State Clinton to veto the resolution.[2]

It's not an immutable law of the universe that the U.S. has to veto UN resolutions critical of Israeli settlement activity in the West Bank and East Jerusalem. Indeed, last year, the U.S. promised the Palestinians to "consider allowing UN Security Council condemnation of any significant new Israeli settlement activity," the Guardian reported. [3]

U.S. policy is at a cross-roads.

If the U.S. vetoes the UN resolution, it will signal implicit American support for illegal, Jewish-only settlements. Such support would be a departure from longstanding stated U.S. policy and would encourage accelerated settlement construction. A U.S. veto would also embolden the most reactionary forces in Israel, which have been escalating their efforts to silence Israeli dissent against the occupation.

This is a historic opportunity for President Obama to show leadership and back up the words of his speech in Cairo with deeds. Urge President Obama to support the UN resolution condemning Israeli settlement construction in the West Bank and East Jerusalem.

Thank you for all you do to help bring about a change in U.S. policy,

Cecilie Surasky, Deputy Director
Sydney Levy, Director of Campaigns
Jewish Voice for Peace

References:

1. "Pickering, Hills, Sullivan, Beinart, Dobbins, More Ask Obama Administration to Support UN Resolution Condemning Illegal Israeli Settlements," Steve Clemons, The Washington Note, Wednesday, Jan 19 2011,
http://www.thewashingtonnote.com/archives/2011/01/pickering_hills/
2. "UN Resolution on Israeli Settlements Puts Obama in a Diplomatic Bind," Tony Karon Thursday, Jan. 20, 2011
http://www.time.com/time/world/article/0,8599,2043326,00.html
3. "U.S. gives Abbas private assurances over Israeli settlements: Americans consider withholding veto protecting Israel at UN if building goes ahead at Ramat Shlomo," Rory McCarthy, Guardian, Thursday 29 April 2010, 
http://www.guardian.co.uk/world/2010/apr/29/israel-settlement-building-peace-talks



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Le recenti rivelazioni di Al Jazera e The Guardian di circa 16000 documenti relativi a gli ultimi venti anni di negoziati di pace fra Israeliani e Palestinesi,  tristemente confermano  ciò che Jewish Voice for Peace ha sostenuto pubblicamente per anni- cioè che gli Stati Uniti non sono stati gli intermediari di così neutrali come loro hanno dichiarato di essere. Il sostegno incondizionato degli Stati Uniti a Israele ha contribuito a perpetuare l’occupazione attraverso la promozione di interminabili  negoziati che hanno consentito a Israele di espandere gli insediamenti. La mancanza di interesse di Israele nel porre fine all’occupazione e di diventare realmente partner di pace è ormai palesemente rivelata in documenti che dimostrano reazioni senza precedenti alle concessioni all’Autorità Palestinesi. Reazioni scioccanti che   superano di grano lunga le leggi del diritto internazionale. Israele ha  sempre risposto con intransigenti “NO”  ad ogni concessione con gli Stati Uniti ad  approvare consenzienti.
Esiste una possibilità, ovviamente per l’amministrazione di Obama per differenziarsi  dalle inefficaci azioni americane rivelate nei documenti trapelati. I Palestinesi e i loro sostenitori hanno presentato una mozione chiave sul conflitto Israelo-Palestinese , che ora è all’esame del consiglio di sicurezza dell’ONU. La risoluzione rispecchiando l’attuale politica americana, promuove  i negoziati, appoggia la creazione di uno Stato Palestinese ed esige la cessazione immediata della costruzione degli insediamenti israeliani in Cisgiordania e Gerusalemme Est. Ma anche in presenza di questa nuova politica americana, il presidente Obama sta subendo una forte pressione dalle forze che a Washinghton vogliono proteggere l’occupazione israeliane, affinchè ponga il veto alla risoluzione. Volete unirvi a Jewish Voice for Peace e a Just Foreign Policy nel sollecitare il presidente Obama a sostenere la risoluzione ONU che condanna l’attività israeliana nel costruire insediamenti nella West Bank e a Gerusalemme Est?  Autorevoli ex diplomatici come gli ambasciatori Thomas Pickering e James Dobbins hanno scritto al presidente Obama, chiedendogli di istruire il nostro ambasciatore alle Nazioni Unite affinchè voti  a favore della risoluzione perchè rispecchia la nuova politica americana. Ma sedici senatori guidati dal democratico di New York Kristen Gillibrand hanno esortato il segretario di stato Clinton a porre il veto alla risoluzione. Non è un’immutabile legge dell’universo che gli Stati Uniti debbano porre il veto su risoluzioni critiche verso l’attivita israeliana nel costruire insediamenti nella West Bank e a Gerusalemme Est. Infatti l’anno scorso gli Stati Uniti promisero ai Palestinesi “di concedere  al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di condannare   qualsiasi significativa nuova attività degli israeliani nel costruire insediamenti” come riportato da “The Guardian”  .

La politica americana è a un bivio.

Questa è un’opportunità storica per il presidente Obama per mostrare  la sua leadership e confermare con i fatti le parole del discorso che tenne al Cairo. Sollecitiamo il presidente Obama ad appoggiare la risoluzione dell’ONU che condanna la costruzione di insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Grazie per tutto ciò che potrete fare per portare un cambiamento nella politica americana 

Per firmare l'appello è necessario cliccare sulle frasi del testo in inglese scritte in rosso

lunedì 31 gennaio 2011

Dove c'è Barilla c'è amianto!

di Helene Benedetti




E' più facile e veloce bonificare uno stabilimento di 9,58 ettari pieno di amianto o tappare la bocca ad un giornalista scomodo corrompendo Aruba per fargli chiudere il sito?
Per la Barilla evidentemente la seconda ipotesi è stata più conveniente. Forse pensavano che tappando la bocca ad un giornalista non ci sarebbe mai stata una cassa di risonanza e qui si sbagliavano di grosso perché adesso metteremo in moto la macchina del fango. La nota holding Barilla, produttrice di deliziose merendine, pasta, fette biscottate, snack, pani morbidi, sfoglie e merende varie, ha uno stabilimento a San Nicola di Melfi, in Basilicata. Lo stabilimento è pieno di amianto, ha il tetto fatto di eternit nonostante la legge 257 del 27 marzo 1992 che obbliga alla bonifica. Con tutti i soldi che ha la Barilla, invece di bonificare lo  stabilimento, preferisce pagare costose pubblicità che presentano le merendine più sane e belle d'Italia. Il problema dell'eternit è che a lungo andare, si sfibra dando origine a piccolissime scaglie invisibili all'occhio umano. I frammenti volatili, possono, una volta respirati, provocare tumori alle vie respiratorie anche a distanza di anni. In questo stabilimento lavorano oltre 500 persone per un totale di 65 mila tonnellate annue di prodotto alimentare smistato nel nostro Belpaese. Buone le Nastrine vero? Quello è l'unico stabilimento che le produce, quindi se avete mangiato le Nastrine in vita vostra, sappiate che provenivano da uno stabilimento con tetto in eternit e con moltissime probabilità, il tetto vecchio del 1987, sta già facendo svolazzare le piccolissime scaglie di amianto.
Queste non sono mie inchieste, sono inchieste del giornalista Gianni Lannes, un giornalista con la schiena dritta che lavorava per La Stampa. Il suo lavoro è stato bloccato da mazzette e intimidazioni, quindi ha deciso di continuare aprendo un sito tutto suo, un sito libero dove
pubblicare le sue inchieste: http://www.italiaterranostra.it/ Mi sono occupata spesso di divulgare i contenuti del sito di Lannes,  perché provo una grande stima per il suo lavoro, perché ci conosciamo un pochettino e perché ci siamo sentiti spesso per motivi di  ''divulgazione'' Negli ultimi tempi ho trovato il suo sito "spento", pensavo che forse lo stavano spostando, o stavano facendo modifiche. Ho aspettato, forse troppo. Questa mattina mi sono decisa a prendere il telefono e a chiamarlo; una persona sotto scorta non può sparire per tutto questo tempo, e con amara sorpresa, ho saputo che il sito è stato rimosso illegalmente. Qui sotto le parole di Gianni Lannes: ''La Barilla dei noti fratelli delega il professor avvocato Vincenzo Mariconda con studio a Milano per il lavoro sporco. Invece di rimuovere l'amianto fuorilegge (legge 257/1992) che imbottisce lo stabilimento di merendine e biscotti a San Nicola di Melfi in Lucania, tentano illegalmente di far cancellare il sito del giornale online ITALIA TERRA NOSTRA. Invece di denunciare alla magistratura per l'eventuale reato di
diffamazione a mezzo stampa, tutto da dimostrare o citarci in giudizio in sede civile per un risarcimento danni, chiedono ad Aruba di oscurarci. Questa è la democrazia di chi è socio degli Anda-Buhrle (dall'anno 1979), noti soggetti trafficanti a livello internazionale di armi e ordigni. Se si tiene ad una voce libera è il momento di agire nel solco della legalità per rivendicare concretamente il diritto alla libertà di espressione. Tra l'altro sul caso sono state presentate diverse interrogazioni ancora senza risposta dal governo Berlusconi”.

BOICOTTIAMO LA BARILLA. SOS: pubblicate sul web e diffondete le inchieste
di ITN sull'amianto alla Barilla di San Nicola di Melfi. Intanto quest'articolo girerà il web in lungo e in largo, mi occuperò personalmente con tutte le mie forze di divulgarlo quanto più riuscirò
tramite amici, blogger, resistenti, Agende Rosse, siti e testate giornalistiche.
Non è una minaccia, è un avviso. Consiglio alla Barilla di bonificare al più presto perché Gianni Lannes non è solo, e nemmeno io sono sola. La rete fa rete, e sulla Barilla c'è ancora talmente tanto da dire che l'unico modo per tappare le bocche è quello di mettersi in regola!

Buona colazione a tutti.





Congresso ANPI della Provincia di Frosinone

da ANPI   della Provincia di Frosinone





Frosinone, 31/01/2011


 Si è svolto ieri 30 Gennaio 2011, come programmato, il Primo Congresso ANPI della Provincia di Frosinone (fondativo).
La presenza registrata è stata superiore alle aspettative, sia per numero che per qualità e pluralità. Erano presenti, fra gli altri, diverse associazioni e organizzazioni democratiche del territorio, da esponenti della CGIL e della FIOM a LIBERA, dall’Associazione Peppino Impastato di Cassino al Centro dei Diritti e della solidarietà, alla Bottega del Commercio Equo e Solidale di Cassino, dai segretari locali dei partiti e delle associazioni della sinistra ai segretari provinciali di alcuni di essi.
Lo spessore del dibattito è stato assai elevato, ha toccato i molteplici punti critici della situazione democratica e sociale italiana con sguardi molto intensi al quadro internazionale. Si sono susseguiti per tutta la giornata ben 19 interventi, nessuno formale o fuori tema, tutti invece molto attenti nell’analisi e soprattutto nella proposta. Fra i numerosi cittadini che hanno sottoscritto la tessera dell’ANPI del 2011 nel corso del Congresso (oltre 50, di ogni età, di tutte le sensibilità democratiche, di diversa professione e collocazione sociale, uomini e donne, iscritti o non iscritti a partiti o associazioni democratiche), un Sindaco, quadri ed esponenti di spicco del mondo sindacale, intellettuali, lavoratori, studenti. Molti sono stati i messaggi di adesione e di augurio di persone impossibilitate a partecipare per problemi di salute o di lavoro; ringraziamo tutti e avremo modo di confrontarci con loro in altre occasioni di lavoro.
Al termine dei lavori, sono stati approvati i documenti congressuali ed è stato eletto il Consiglio provinciale, di cui fanno parte quattro donne, il Presidente ed il Segretario provinciale. Tutte le votazioni si sono concluse con risultato unanime.
Dopo anni di impegno sul territorio al fianco delle realtà più sensibili, dopo decine di interventi nelle scuole, conferenze, celebrazioni, feste del 25 Aprile, l’ANPI si è data una organizzazione che dovrà fare in modo che la sua presenza sul territorio sia non occasionale ma programmata, a partire dalla ricerca di ogni sinergia possibile con le Istituzioni, con le scuole di ogni ordine, con le parti più sensibili ed avanzate della società.
Abbiamo preso atto che, nonostante il ritornello demoralizzato del “tutto va male”, la società esprime oggi come sempre energie vive, valide, tenaci. L’ANPI vuole mettersi al lavoro con esse, per la comune battaglia civile e democratica di difesa e avanzamento dei diritti costituzionali.
Un grazie particolare va all’Associazione Partigiani Cristiani, per l’attenzione riservata al nostro Congresso. Con gli antifascisti cristiani e con le loro organizzazioni desideriamo avere i più fraterni e proficui rapporti di collaborazione, di impegno, di prospettiva. L’ANPI di Frosinone è a disposizione di ogni iniziativa in tal senso attivata sul territorio, e si impegna fin d’ora a promuovere essa stessa iniziative cui chiamerà le Associazioni sorelle.
La soddisfazione di tutti coloro che hanno lavorato a questo Congresso è il giusto premio per il loro impegno, ma è anche lo stimolo a guardare sempre più in alto, sempre più avanti, in questa lotta dura, difficile ma essenziale.
                              

Giovanni Morsillo                                                                                                                            
 (Presidente Provinciale ANPI)