Luciano Granieri
E’ difficile immaginare che la città di Frosinone possa
assurgere a modello di qualche cosa, considerato quanto il comune occupi sempre
gli ultimi posti nella classifica fra le città in cui si vive meglio, e i primi
per in relazione al degrado ambientale.
Eppure il Comune di Frosinone può essere considerato un modello, rispetto alla
sua piena adesione ai dettami liberisti. Riconosciamolo, Frosinone è la città neoliberista per autonomasia, è un fulgido
esempio in questo senso.
Le due dinamiche fondanti le pratiche liberiste, in relazione all’amministrazione
degli enti locali, ossia la costante ed invasiva cessione di spazi, beni e servizi pubblici ai privati, e il
trasferimento di un enorme quanto in quantificabile debito privato sulle spalle della collettività, cioè la trasformazione
del debito privato in debito pubblico, sono state, e sono tutt’ora, ben
presenti nell’amministrazione cittadina. Dinamiche favorite, quando non imposte, da leggi
nazionale e finanche dai trattati europei.
Il Saccheggio di Frosinone
Procediamo con ordine. La pratica
del saccheggio di spazi pubblici da parte dei grandi interessi fondiari è stata
sempre condizionante nel governo della città. Frosinone è stata precorritrice
in questo senso . La storia del “P.R.G.
Frusino 52” sulla manipolazione,
negli anni ’60,di piani regolatori non approvati dal Ministero dei Lavori
pubblici, ma comunque messi in atto, per
favorire la messa a disposizione di ampi
insediamenti alle lobby fondiarie della zona, a discapito della vivibilità dei
cittadini, è più o meno nota.
Ma è nel 1992 che la pratica illegale di infrangere i piani
regolatori diventa legale. I grandi
fondi d’investimento privati scoprono che speculare sulle aeree pubbliche è
fonte di enormi profitti (nel 2010, ad esempio tale pratica consentirà ai grandi fondi immobiliari di
realizzare utili per 70 miliardi di
dollari) . La speculazione consiste nell’ acquisire terreni destinati ad uso agricolo, dal valore esiguo,
per poi trasformarne la destinazione
d’utilizzo in aeree edificabili. Un
semplice adempimento burocratico che
però attribuisce a quei terreni, acquisiti con pochi soldi, un valore di molto
superiore consentendo a chi li acquista di accumulare enormi profitti. Il tutto
autorizzato, non più dall’ente comunale, ma direttamente dal ministero. Il governo centrale, dunque, si arroga il
diritto di imporre ai comuni i cambi di destinazione d’uso, superando la
pianificazione urbanistica locale.
Si spiega così il proliferare di mega
insediamenti residenziali in aree
rurali. Frosinone da questo punto di vista costituisce un fulgido esempio . Nel
1998, irrompe la pratica dell’edilizia contrattata. I municipi, in alternativa alla riscossione degli oneri
di urbanizzazione, possono chiedere, in
cambio della cessione a privati di aree
edificabili, opere compensative: ad esempio la costruzione di un parcheggio, piuttosto
che la sistemazione di una piazza.
Con l’introduzione del patto di stabilità
interna , imposto ai Comuni dal Fiscal Compact, su cui torneremo fra breve,
ogni mezzo euro dovrà essere destinato al rientro del debito, ecco dunque che
per ogni necessità urbanistica il ricorso all’edilizia contrattata sarà l’unico
strumento praticabile con la cessione ai
privati di ampi spazi di aree pubbliche su cui costruire palazzi, in cambio di
un loro impegno alla sistemazione di un cavalcavia.
Frosinone si conferma
leader in questa metodologia. Nel
rapporto Ispra sul consumo di suolo, nel 2018
il Capoluogo primeggia con un
aumento del 29% d’insediamenti abitativi
industriali per area definita , rispetto
alla media provinciale che è del 7%.
Il Debito Privato diventa Pubblico.
Anche in merito alla
trasformazione del debito privato in pubblico Frosinone è un modello. Le varie amministrazioni comunali che si
sono succedute, dagli anni ’70 in poi,
non hanno mai preteso il saldo degli oneri di urbanizzazione dei terreni
concessi ai privati per costruire i loro
mega insediamenti residenziali, in barba ad ogni programmazione urbanistica,
nonostante l’art.10 della legge 28/01/1977 ne prescrivesse le modalità di
discussione.
I padroni fondiari della città hanno saccheggiato ampie porzione
di aeree pubbliche a proprio piacimento senza pagare al comune nemmeno un
centesimo di quanto dovuto per legge.
Nella prima consiliatura del sindaco Marzi, la consigliera comunale
Gudrun Seidelmeier, finalmente si rese conto di quanto ciò togliesse risorse al
Comune , tanto da richiedere, attraverso una delibera datata 18 settembre 2000,
una commissione d’inchiesta che facesse luce sull’entità del debito prodotto
dalla mancata corresponsione degli oneri urbanistici da parte dei privati
, e avviasse procedure di immediata
riscossione almeno per gli anni 1992, 1997/1998. Un’iniziativa che non ebbe mai
seguito, tanto che i padroni costruttori continuarono ad evadere gli onori
concessori almeno fino alla fine del 2012. Già il 2012, anno cruciale.
Fino ad allora, malgrado il fardello costituito da una tale posizione creditoria
verso i privati mai assolta, un minimo di servizi sociali e di valorizzazioni
della città poteva essere assicurata attraverso disavanzi di bilancio e il ricorso a finanziamenti presso la Cassa
Depositi e Prestiti che assicurava agli enti locali prestiti a tassi
d’interessi esigui, proprio per consentire loro di disporre di fondi utili alla
manutenzione e salvaguardia del patrimonio pubblico.
Lo stesso sindaco Michele Marini al governo della città fra il 2007 e il 2012 riuscì
ad ottenere un prestito da CdP per sistemare il museo archeologico e
l’antistante piazza, per costruire un sito sportivo da destinare ai disabili,
per progettare il parco delle Fontanelle. Sappiamo poi come una parte di quei soldi sia stata destinata dall’attuale
sindaco Nicola Ottaviani alla costruzione dello
stadio, o meglio al finanziamento parziale di un’opera di proprietà di un
privato (Il presidente del Frosinone Stirpe) lasciando il museo, la struttura
per disabili ed il parco al proprio destino. Chiaramente uno stadio offre
maggiore consenso di una struttura per disabili.
Ma nel 2012 la Troika (Unione Europea, Banca Centrale
Europea, Fondo Monetario Internazionale) impone ai Paesi dell’Unione il Fiscal Compact, ovvero il
pareggio di bilancio. Ogni Stato, e gli enti pubblici in esso compreso, non possono
più finanziare a debito la loro attività
sociale. Tale norma, addirittura, è messa in Costituzione (art.81) con il voto
unanime di tutti, dal centro sinistra al centro destra (lega compresa). Non
solo, ma tutti, Stato ed enti pubblici che presentano una situazione debitoria
pregressa, dovranno pianificare un piano di rientro da realizzarsi attraverso lo
smantellamento dello stato sociale, l’aumento di tasse e tariffe , la cessione di servizi e beni pubblici ai
privati.
Non è possibile per un comune
occuparsi direttamente delle attività utili ai cittadini, queste devono essere
cedute a privati a meno che il comune stesso non costituisca una Spa, con
capitale interamente proprio, in società con altri enti o ditte
private, con conseguenze rilevanti anche sulla richiesta
di prestiti che saranno concessi con tassi d’interesse di mercato come accade
per ogni Spa, annullando le agevolazioni a cui un ente pubblico può accedere .
E’ il tracollo per il Comune di Frosinone,
chiamato a rientrare dei debiti prodotti dalla mancata corresponsione degli
oneri di urbanizzazione da parte dei privati, attraverso un piano di
devastazione sociale fatto di tagli ai servizi, licenziamenti di coloro che li
erogano, aumento alla massima aliquota
di tutte le tariffe, cessione di beni a
quegli stessi privati che hanno prodotto il dissesto.
All’alba della formalizzazione di questo tracollo,
viene eletto a sindaco Nicola Ottaviani. La Corte dei Conti certifica che il
Comune di Frosinone deve rientrare di un ammanco di 14.676.000 euro. Si compie così la trasformazione di un debito privato in un sanguinoso
debito pubblico.
Il piano di rientro genera altro debito....a carico dei cittadini.
Il sindaco Ottaviani
può scegliere la procedura del dissesto in base alla quale per 5 anni è la
Corte dei Conti a governare la città avviando contestualmente un’indagine sugli
amministratori che hanno prodotto il debito, perseguendoli ,in caso di
accertata colpevolezza, con l’interdizione dai pubblici uffici e l’obbligo di
restituire di tasca propria il mal tolto. Sarebbe l’annientamento di un’intera
classe politica ed in particolare coinvolgerebbe gli esponenti della precedente
maggioranza, poi diventata opposizione all’elezione di Ottaviani, responsabili
del buco.
Oppure concordare un piano di rientro decennale con i giudici
contabili in base al quale il sindaco s’impegna ad amministrare pianificando
azioni risanatrici da macelleria sociale,
che partono dalla realizzazione di
avanzi di bilancio milionari (più tasse, meno servizi) fino ad
una corretta analisi dei debiti
fuori bilancio e ad una riqualificazione dei
crediti di dubbia esigibilità che, se non più ottenibili ,devono sparire
dalle analisi previsionali come voci
attive.Una caratteristica rilevante di questa seconda opzione è che non
vengono avviate indagini per cercare gli eventuali colpevoli degli ammanchi.
Ottaviani sceglie questa procedura nota
con il nome di Piano di Equilibrio
Economico e Finanziario. E’ una
scelta perfetta per le sue mire. Da un lato gli consente comunque di governare
la città, dall’altro di tenere in pugno i membri dell’opposizione graziati,
per merito suo, da un’eventuale indagine
della Corte dei Conti . Inoltre il ricorso a tagli, cessione dell’intera città
al privato, vero core business della giunta Ottaviani, è più che giustificato dal Piano di Riequilibrio
Economico e Finanziario, tanto che ci troviamo da quest’anno fino al 2022 a
realizzare avanzi di bilancio per circa 6 milioni di euro, con una non ben
precisata prospettiva su cosa ancora si dovrà tagliare.
Ma in pieno spirito
neoliberista, il “Nostro” riesce a ricavare, nell’ambito della procedura di
rientro, spazi per alimentare il suo
consenso, costruendosi un enorme tappeto fatto di feste, fiere, parchi
scintillanti, passioni viventi , sotto cui nascondere l’immondizia sociale e
culturale prodotta.
Come? Non lo sappiamo. Possiamo solo ipotizzarlo.
Intanto non si ha contezza della qualificazione dei debiti fuori bilancio, poi, nel 2015, a seguito di
una norma voluta dal governo Renzi che costringeva i comuni all’accertamento
straordinario dei crediti di dubbia esigibilità, emergeva come il Comune di
Frosinone denunciasse crediti non più riscuotibili per 27.720.000 di euro che
puntualmente, però, finivano a bilancio come poste attive, non sollecitando obiezioni da parte della
Corte dei Conti e consentendo le spese folli per i circenses
a discapito del panem.
Per il ripianamento di quei quasi 28 milioni di euro,
è stato strutturato un piano di rientro che graverà sui cittadini in
termini di ulteriori tagli per 940 mila euro l’anno. Non sappiamo chi abbia
prodotto questo debito e per quali finalità
, una cosa è certa, questi soldi non sono stati usati per scopi utili
alla collettività anche se la stessa collettività li dovrà ripagare.
Il
pericolo concreto è che nel 2022, alla scadenza
del Piano di Riequilibrio Economico e Finanziario e alla scadenza del
mandato di Ottaviani, l’esame
sull’avvenuto rientro del debito da parte della Corte dei Conti sarà negativo. Ciò significherà che il Comune
di Frosinone andrà direttamente in procedura di dissesto e che a governare la
città per 5 anni sarà direttamente il commissario dei giudici contabili. Dopo
dieci anni di provvedimenti lacrime e sangue potrebbe aspettarci
un ulteriore quinquennio di devastazione sociale, mentre i pochi soliti
noti hanno continuato e continueranno ad arricchirsi sulle spalle dei
cittadini.
Che fare?
Come se ne viene fuori?
Sarà molti difficile e impegnativo. Non basterà scagliarsi contro
l’amministrazione Ottaviani che ha semplicemente accelerato , incattivito e messo
a sistema un processo già avviato dagli
altri sindaci, bisognerà riprendersi la
città che ci è stata rubata, perché noi cittadini siamo i veri proprietari di
Frosinone.
Sarà necessario anteporre gli interessi della collettività diffusa ai
saccheggi delle lobby finanziarie ed immobiliari, di conseguenza,
infischiarsene dei dettami del patto di stabilità interna che, in nome di una aggiustamento strutturale finanziario,
lede i diritti fondamentali della
popolazione: dall’abitazione, al lavoro, all’educazione, alla tutela ambientale,
alla salute.
Anzi potrebbe proprio
partire dai municipi una lotta contro i vari piani di stabilità, fiscal compact , austerity che affamano i cittadini e arricchiscono banchieri e speculatori a tutti i livelli,
locali ,nazionali, internazionali.
Che i debiti privati siano pagati dai
privati, perché è criminale vessare i
comuni con continui tagli ai servizi sociali mettendo la scusa del debito pubblico elevato, infatti
solo l’1,8% del debito pubblico è
a causato dai comuni, il resto è la replica in grande scala di ciò che è
accaduto a Frosinone, ossia un gigantesco trasferimento del debito privato
sulla spalle dei cittadini.
Riprendiamoci il Comune dunque. Come? Cominciamo a rivendicare le seguenti azioni:
A)
Audit del debito della finanza locale
B)
Bilancio Partecipativo
C)
Produzione di una carta dei beni
comuni urbani
D)
Riappropriazione di beni comuni e
servizi pubblici come istituzioni
sociali della comunità territoriale.
E)
Avvio di pratiche per una nuova
economia sociale territoriale.
F)
Espansione delle forme di democrazia
partecipata dal basso e di autogoverno sociale.
Facciamolo da adesso prima che sia troppo tardi.
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note bibliografiche:
Le mani sulla città di Paolo Berdini e Daniele Nalbone (edizioni Alegre)
Dacci oggi il nostro debito quotidiano di Marco Bersani (edizione Derive Approdi)
La grande truffa quarant'anni di anarchia edilizia nel comune di Frosinone di Augusto Bartoli (pubblicazione indipendente)