Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 22 agosto 2015

UN FUNERALE DI STATO

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Il servizio funebre, in perfetto stile mafioso, riservato a Roma al “re” del clan dei Casamonica è stato un’esemplare e inequivocabile dimostrazione dell’intreccio indissolubile fra Stato, gerarchie cattoliche e criminalità organizzata. Dove finisce l’uno? Dove inizia l’altra?  In realtà, non vi è soluzione di continuità.
Dopo il grottesco show, con tanto di elicottero e orchestrina, Ministro dell’Interno e Prefetto, autorità comunali e capi dei vigili urbani hanno dato il via alla più vergognosa fiera dell’ipocrisia: il Ministro "non sapeva", il Prefetto "non sapeva", il Sindaco di Roma "non sapeva", e via mentendo. 
Possibile che questi signori che spiano la vita di milioni di onesti lavoratori, che bastonano gli operai in lotta, che sfrattano la povera gente, che vietano le manifestazioni e gli scioperi, non sapessero nulla del funerale organizzato da una banda che dovrebbero tenere sotto stretto controllo? 
Senza dubbio sapevano (la piazza era presidiata dalla mattina), ma non hanno fatto nulla per il semplice motivo che la criminalità organizzata è funzionale al mantenimento del potere borghese. E’ per così dire un’articolazione “illegale” dell’apparato che ci opprime, perfettamente integrata nei meccanismi dell’oligarchia finanziaria, che gode di coperture ed è utilizzata come manovalanza per servizi “particolari”.  
Le vicende di Mafia Capitale, Expo, Mose, etc., hanno messo in luce il legame intrinseco fra potere politico, economico e criminalità, rafforzatosi con le politiche neoliberiste.
Allo stesso modo, la Chiesa accoglie volentieri fra le sue braccia i delinquenti e i mafiosi, benedicendoli e vendendo le indulgenze. Una pratica quanto mai utile per risanare le casse prosciugate dagli scandali.
Invitiamo i lavoratori, le donne e i giovani romani a dare la risposta che si meritano a questi signori, scendendo nelle strade per rispondere all’oltraggio perpetrato da Stato-Chiesa-Mafia.
Sviluppiamo la protesta e l’organizzazione operaia e popolare. Per cambiare le cose ci vuole un movimento di massa rivoluzionario diretto dal proletariato per il tramite del suo Partito comunista.

Solo con la rivoluzione e il socialismo faremo piazza pulita degli sfruttatori, dei corrotti e dei criminali!

Quale destino per l'Ospedale di Anagni e la sanità provinciale in attesa del nuovo manager asl

IL COMITATO SALVIAMO L’OSPEDALE DI ANAGNI

Lunedì 10 agosto 2015, nella  sede  di Anagni  Viva, alle ore  18.00, si sono incontrati alcuni  componenti del Comitato Salviamo  l’ Ospedale di Anagni  e l’ Assessore  alla  salute  dott. Fabio  Roiati, per un aggiornamento sulla  situazione sanitaria di Anagni e, più in generale, del territorio e per mettere a punto le iniziative adeguate, in vista dell’ arrivo del  nuovo Dirigente  ASL  che  sostituirà la  dott. Mastrobuono, destinata ad altri incarichi.
Anzitutto è stata  sottolineata l’ insufficienza dell’ informazione sulle prestazioni e i servizi  erogati nella  nostra struttura che, nonostante la sistematica spoliazione  avvenuta negli ultimi quattro anni, si è riusciti a  conservare e, in qualche  caso, a  recuperare: Punto di primo intervento, Nefrologia-dialisi, ambulatori di angiologia, neurologia, nefrologia, urologia, cardiologia, chirurgia generale, pneumologia, laboratorio analisi, servizio di radiologia  e di fisioterapia. Poche  cose , ma è bene che  si  sappia che c’è un’ assistenza   ancora  possibile che non va sottovalutata.
E’ stato quindi deciso un atteggiamento determinato  nel  chiedere alla  dirigenza ASL  l’ applicazione, senza  incertezze e rinvii, di quanto sottoscritto ufficialmente  nell’ Atto Aziendale  approvato  nel dicembre dello scorso anno, che deve  essere  attivato e reso operativo. Questo rappresenta un punto di partenza per un successivo e ulteriore potenziamento dell’offerta sanitaria del nostro presidio
 Tale atto prevede tra l'altro: chirurgia  -  day surgery  - diagnostica digitalizzata e, in prospettiva,  centri  screening  e analoghe   forme di  medicina  preventiva e, soprattutto, potenziamento del punto di primo intervento.
In questa  azione  di rivendicazione di una sanità di base, ineliminabile, è del tutto evidente  l’ importanza  e la necessità di un  forte impegno delle  amministrazioni e  dei Sindaci a sostegno di tali richieste.
Pertanto, rivolgiamo al Sindaco Bassetta l’invito alla ripresa del  dialogo con i sindaci dei paesi  limitrofi che si erano dimostrati  sensibili  alla  problematicità della  situazione  sanitaria. Il loro impegno politico è, come si può capire, indispensabile.
La  fattività delle richieste  che  verranno avanzate al nuovo dirigente  ASL  trova una   valida  conferma nella  recente  vicenda dell’ Ospedale di Acquapendente, cittadina del  viterbese, che  ha  ottenuto un notevole rafforzamento con l’ultimo atto aziendale  con la previsione di 20 posti letto di Medicina Generale, una UOS di Anestesia, trasformando il PPI in un effettivo Pronto Soccorso, una UOS di Chirurgia e sala operatoria che garantisce interventi chirurgici in Day surgery e One day surgery, Diagnostica per Immagini con telemedicina e teleassistenza e Alta Specializzazione per il Laboratorio Analisi. Tutto questo anche in forza della applicazione  della   normativa  ministeriale  che riconosce la  necessità  della  struttura sanitaria in un’ area  disagiata.
Anagni  non  soffre di  disagi  nella rete di comunicazioni, ma, oltre a scontare  fortissime  criticità sotto il profilo del degrado ambientale e delle  patologie  da  inquinamento, (siamo confermati  tra  i Siti di Importanza  Nazionale “ SIN “ ) proprio  per essere  al centro di un  nodo stradale  importante, con traffico molto intenso,  rappresenta un punto di riferimento nelle  situazioni di urgenza  per incidenti e non può essere  priva  dei  servizi di  emergenza.
Si ritiene, quindi,  molto opportuno programmare  un  incontro politico con i Sindaci, con il Presidente  della  provincia, con il Prefetto per preparare quello immediatamente  successivo  con il nuovo dirigente  ASL, non appena  si sarà insediato.
Si  dovrà, in seguito, incontrare il presidente  Zingaretti e  il Ministro Lorenzin per un chiarimento definitivo del progetto di razionalizzazione e di distribuzione dei servizi in questa  che sembra essere una provincia  dimenticata.
All’ attuazione  dell’ atto aziendale e all’ esercizio del ruolo dei Sindaci, dovrà necessariamente  seguire  la  mobilitazione  di cittadini, non rassegnati alla  situazione  esistente, ma  decisi a  recuperare  certezze nel Diritto alla  salute che non può essere  loro confiscato.  
Sarà compito delle associazioni continuare a raccogliere le criticità vissute dai cittadini della nostra provincia e sensibilizzare la nuova direzione aziendale ad adottare i provvedimenti conseguenti.

U palummero

Severo Lutrario


IL PALOMBARO LUNGO


 Matera, scavata in un millennio nella pietra non presenta nelle due “caldere” dei sassi “barisano” e “caveoso”, sorgenti d'acqua.
Ogni casa liberata e scaturita dalla pietra, aveva i suoi pluviali di raccolta dell'acqua piovana.

All'inizio del sedicesimo secolo, quando la città al contrario, la città dell'architettura in negativo che creava i vuoti, era fiorente e la vita piacevole come è tornata ad essere oggi; quando nella pietra abitavano popolo e signori.

Prima che l'equilibrio sociale ed ambientale si rompesse.
Prima che il Regno d'Italia assegnasse ai galantuomini – per censo, naturalmente – le terre demaniali ed anche quelle confiscate al clero, rendendo contadini e piccoli artigiani miserabili.
Prima, insomma, che si realizzassero le bolge infernali che ha disceso Carlo Levi, sollevando il sudario sulle condizioni del popolo meridionale.

All'inizio del sedicesimo secolo i materani hanno iniziato la costruzione della loro cattedrale, che non è quella dedicata alla Madonna della Bruna e a Sant'Eustacchio, quella che spicca sul bordo comune dei due sassi.

E' un'altra ed è una costruzione in negativo, realizzata cioè togliendo materia e non affastellandola.

E' sotto piazza Vittorio Veneto, nel cuore pulsante della vita cittadina, riportata alla luce da poco più di vent'anni, dopo quasi un secolo di damnatio memoriae che ne aveva cancellato ogni traccia.

Una cattedrale che ha richiesto tre secoli di lavoro a colpi di piccone e con l'uso sapiente di una malta a base di cocci di ceramica tritati, necessaria a compensare la porosità del tufo svardato, un'arenaria di origine marina.
Una cattedrale che ha richiesto il lavoro di generazioni e generazioni di materani, che ha una profondità di sedici metri ed una capacita di cinquemila metri cubi.

E' il Palombaro lungo, una cisterna di raccolta delle acque piovane e delle acque sorgive del piano, con un sistema di canalizzazioni per l'immissione dell'acqua e per il decantamento del “troppo pieno” in modo che nulla si sprecasse..

A Matera ce ne sono altri quattro di palombari (u palummero in dialetto, ma sempre dal latino palumbarius, cioé colui che si immerge per giungere alla meta), più piccoli, e questo è detto “lungo” perché sulla superficie dove oggi c'è la fontana di piazza Vittorio Veneto si aprivano sei pozzetti con cui sei donne – che l'incombenza era a loro riservata – potevano calare in conteporanea i propri secchi per rifornirsi del necessario chiacchierando.

Tre secoli di lavoro per completare una meravigliosa cattedrale dell'acqua, in cui ciascuno contribuiva col suo lavoro alla sua realizzazione e a cui ciascuno faceva ricorso per le proprie necessità, senza dover chiedere il permesso ad alcuno e senza che alcuno chiedesse il soldo.

Il Palombaro lungo, come gli altri palombari di Matera, non erano né dell'autorità civile,né di quella religiosa (anche se l'arcivescovado ebbe un ruolo propulsivo nella realizzazione dell'opera).

Il Palombaro lungo era un bene comune, come l'acqua preziosa che dispensava.

Come ha fatto questo paese a finire nelle mani di Renzi e nel cappio di Acea?

venerdì 21 agosto 2015

Batteristi

 a cura di Luciano Granieri


Stasera Jazz, di Arrigo Polillo è  il libro da cui è tratto il brano che segue.   Pubblicato  per Mondadori nel 1978, Stasera jazz  è un opera molto particolare in cui Arrigo Polillo descrive i  jazzisti - che ha avuto modo di frequentare durante la sua lunga carriera di cantore della musica afroamericana  -  mettendone  in risalto  l’indole umana, le debolezze, le virtù, tralasciando gli aspetti prettamente tecnici del musicista. Ne scaturisce una pubblicazione molto originale che può apprezzare chiunque, anche chi non è addentro alle cose jazzistiche. Arrigo Polillo è stato uno dei massimi esperti di jazz italiani. Giornalista, scrittore, organizzatore di festival jazz tra cui quello di Sanremo (1956-1965) primo del genere in Europa.  Storico direttore capo della rivista “Musica jazz”, Polillo ha collaborato con molte altre testate. Ma l’attività più importante di Arrigo  è stata quella di divulgatore. Autore di molti libri sul jazz, fra cui un’imponente enciclopedia del jazz (edizioni Messaggerie Musicali)    scritta in collaborazione con Giancarlo Testoni, Giuseppe Barazzetta,  Roberto Ley di e  PinoMaffei. Ogni appassionato di jazz non può prescindere dai suoi libri, anche se diversi  giudizi su alcuni musicisti possono non essere condivisi. 


I grandi della batteria.

Arrigo Polillo

Max Roach ed Elvin Jones: ciascuno di loro ha dei buonissimi titoli per essere considerato il miglior batterista che il jazz abbia espresso. Si preferisce l’uno o l’altro a seconda dei gusti. Meglio: delle concezioni estetiche. I fatto  è che i due sono diversissimi , nono solo come percussionisti , ma anche, e prima ancora come uomini. Max ha l’aspetto professorale (e infatti ha insegnato per qualche anno musica in un’università del Massachussetts, ad Amherst) ed è uomo quanto mai razionale, posato e gentile, oltre che politicamente consapevole e seriamente impegnato. Elvin è tutto istinto: ha l’aspetto (e i muscoli) di un lottatore professionista, e si avventa sui tamburi e sui piatti come una belva. Quando fa entrare in vibrazione le pelli e i piatti è come se li integrasse nel proprio particolare sistema muscolare e nervoso: diventa  tutt’uno con loro, diventa un animale da percussione.
Max è venuto molte volte in Italia, quasi sempre alla testa dei sui complessini, ed è sempre stato molto apprezzato. Tuttavia lo spettacolo più importante lo diede nel 1964, quando arrivò al teatro dell’Arte di Milano per presentare insieme alla moglie, la cantante Abbey Lincon, quella che resta la sua opera più significativa: la Freedom Now Suite. Si era allora nel pieno della lotta per la conquista dei diritti civili in  America  e Max vi partecipava attivamente. Aveva anche interrotto un importante concerto a New York, presentandosi  sul palcoscenico per inalberare  un cartello con la scritta “Freedom Now” .
Di certi problemi, tuttavia non parlava molto , per lo meno allora. Ne parlava invece la sua bellissima moglie , la cui intelligenza, la cui chiarezza di idee, la cui personalità hanno lasciato su di me un’impressione molto viva. Forse sbaglio ma mi è rimasta la sensazione che dietro all’impegno politico di Roach ci fosse l’ispirazione  della battagliera consorte: sta di fatto che prima di incontrarla , Max non aveva mai dimostrato di avere un particolare interesse per la politica, ivi compresa quella che riguardava da vicino i rapporti tra le razze.
Fra un concerto e l’altro Abbey mi tracciò un quadro, evidentemente tutt’altro che lieto, della situazione interrazziale negli Stati Uniti, sulla cui evoluzione non era per nulla ottimista. “Non credete a quello che si legge sui giornali, le cose vanno peggio che mai” , mi disse ad un certo punto. Per lei i difficili rapporti tra la minoranza negra e la classe dominante bianca, spiegano anche lo status del jazz. “ Non lo tengono in considerazione  solo perché è stato inventato  da noi” , mi disse con decisione, meravigliandosi molto dello scetticismo  che io dimostravo a riguardo.
Max e Abbey si sono in seguito separati, e non si può dire che lei abbia continuato con successo la sua carriera di cantante, visto che, nonostante le sue indiscutibili doti, non ha inciso dopo di allora alcun disco, e non ha continuato neppure la carriera cinematografica, che pure aveva intrapreso, ottenendo subito la parte  della protagonista in un film che purtroppo in Italia non è stato distribuito. Max invece ha continuato la sua carriera con successo, per lo meno su base internazionale; in patria (forse anche per via delle sue prese di posizione politiche) ha avuto sempre la vita difficile, tanto da essere costretto a dedicarsi all’insegnamento per integrare i propri guadagni.
Pensa che l’ultimo disco che mi hanno offerto di fare” mi ha detto in una recente occasione “avrebbe dovuto contenere le canzoni dei Beatles! Ora sto pensando di produrre da me i miei dischi”





Elvin Jones  capitò nello stesso Teatro del’Arte  nello stesso periodo. Faceva parte del quartetto di John Coltrane. Penso che Elvin abbia creato molti problemi a Coltrane, considerato che era costantemente ubriaco. A un certo punto, dovette persino essere sostituito nel quartetto da Roy Hayens, per sottoporsi a una lunga cura disintossicante da non so quale droga. Coltrane però lo lasciava fare, sia perché era tutt’altro che un caporchestra autoritario, sia perché Elvin dopotutto, riusciva sempre a suonare splendidamente . Solo una volta, per quanto mi riguarda, fece cilecca: nel 1968, durante uno dei festival del jazz organizzati  da me e da Maffei al Lirico. Era arrivato assieme ad altri batteristi di fama: Max Roach, Sunny Murray e Art Blakey, i quali avrebbero dovuto animare, con lui, un intero concerto, sia suonando uno dopo l’altro in una di quelle “battle of drums” che tanto piacevano al pubblico americano (lo spettacolo veniva importato così com’era) , sia esibendosi coi propri complessi. Avevano con sé il proprio gruppo  sia Elvin Jones che Art Blakey, che presentava allora per la prima volta in Italia, i suoi nuovi Jazz Messengers.  Fu un concerto disgraziatissimo, che si preannunciò come tale fin da prima che cominciasse. Il pubblico stava infatti ancora prendendo posto in teatro quando Sunny Murray mi comunicò che non avrebbe potuto suonare data la piccolezza della batteria  che gli avevamo messo a disposizione. (Lui è effettivamente di statura imponente, tanto che faceva uno strano effetto vederlo seduto accanto ad una batteria. Però le batterie  sono tutte pressappoco di misura uguale, e sarebbe  stato impossibile trovarne una su misura per lui..) La verità era – così mi dissero altri membri della troupe – che nel confronto con gli altri due batteristi , Sunny Murray faceva invariabilmente una figuraccia, e si era stancato. Si rassegnò a farne una anche quella sera dopo che io gli ebbi comunicato che avrei fatto a meno dei suoi servigi e anche che non gli avrei corrisposto il compenso. “I’m happy now” , sono felice adesso, mi disse allora, dopo cinque minuti senza spiegarmi la ragione del suo repentino mutamento di umore. Quando suonò con quella sua “non tecnica” mi fece stare in apprensione: al mio fianco, Max Roach scuoteva la testa borbottando qualcosa di non precisamente lusinghiero a proposito di quel che vedeva e sentiva.
La figura che fece Elvin Jones fu molto peggiore, ad ogni modo. Quando venne il turno del suo quartetto (al sax tenore c’era Joe Farrell) non riuscì minimamente a suonare. Andava al centro del palcoscenico, dove era piazzata la batteria, dava qualche maldestro colpo sui tamburi e sui piatti, e poi tornava tra le quinte. Quel fiasco di vino che gli avevo visto sempre in mano, fin dal momento dell’arrivo a Milano, aveva fatto il suo effetto, evidentemente.  Ancora mi domando come all’aeroporto  lo abbiano lasciato passare per ripartire , il giorno dopo: la situazione infatti non era cambiata neppure dopo che Elvin ci ebbe dormito sopra. Poi anche Elvin tornò. Si comportò quasi sempre bene; ne fece di tutti i colori soltanto a Pescara, nel 1975, e sempre per la stessa ragione. Date le sue preoccupanti condizioni di salute, quella volta fu ricoverato in ospedale. Io lo venni a sapere dal suo agente olandese mentre mi trovavo a Montreaux, per assistere al Festival del Jazz. Sentendo certe notizie mi vennero i brividi, visto che Elvin avrebbe dovuto suonare col suo quintetto anche per me, a Verona, qualche giorno dopo. Poi tutto si aggiustò. Il nostro uomo fece indigestione di acqua minerale e si rimise in piedi. A Verona era come nuovo.

Mi sono sempre domandato come facciano i musicisti di jazz a superare certe crisi e a suonare. Quasi sempre, almeno.

Nel video che segue   Elvin Jones è il batterista del quartetto di John Coltrane.

Stabilire quale sia stato o quale sia il migliore batterista di jazz, così come il migliore musicista per ogni strumento è operazione  che ha sempre animato gli appassionati. Autorevoli riviste specializzate come “Down Beat” ogni anno stilano le classifiche, per determinare i migliori strumentisti ma inevitabilmente, le graduatorie vengono contestate e discusse . La storia del jazz è piena di musicisti straordinari. Personalmente non so dire se Max Roach sia stato migliore di Elvin Jones.  Elvin Jones, insieme con Tony Williams e Jack De Johnette sono i drummer che preferisco. Ma il panorama jazzistico attuale fortunatamente non manca di batteristi eccezionali, il giovanissimo   Justine Faulkner distintosi nel quartetto di Branford Marsalis ne è un esempio. Ma io non disdegnerei neanche il signore qui sotto, Mr. Ralph Peterson
Good  Vibrations

Luciano Granieri



Potenziamento occupazionale dello stabilimento Sanofi: i conti non tornano

Oreste della posta

Segretario provinciale pcdi Frosinone

Il 3 agosto scorso presso il Ministero dello Sviluppo Economico si è firmato un Contratto di Sviluppo per ampliare e potenziare lo stabilimento Sanofi di Anagni fra l’azienda farmaceutica e Invitalia nel quadro dell’Accordo di Programma Anagni-Frosinone e che consentirà 60 nuovi posti di lavoro. Pochi a fronte dei circa 120.000 disoccupati di questa provincia, ma meglio di niente.
Ai comunisti di questo territorio, dalla lettura dei documenti fino ad ora disponibili, sorgono alcuni interrogativi.
Il primo riguarda la diversità delle cifre, da un parte quelle del documento istruttorio del novembre 2014 e dall'altra quelle dell'agosto 2015. Quali sono vere?
- Infatti a fronte di impegni finanziari che sfiorano i 64 milioni di euro (tabella del novembre '14) c'è un incremento di occupazione di 60 unità. Un posto di lavoro viene a costare 1.060.881 di euro circa;

- Nei comunicati e dichiarazioni post  3 agosto si legge che gli impegni finanziari sono di 47,3 milioni che sempre 60 unità di occupazione producono ad una cifra pro capite inferiore, ma sicuramente non piccola di 788.333 euro.
E’ opportuno capire e noi vorremmo capirci.

La seconda questione è di ordine un po' diverso ma forse più importante, almeno sul piano etico. Siamo di fronte a cifre assai esigue, certo non da rifiutare, ma che sicuramente richiedono una gestione particolare.
I comunisti credono che prima di ogni altra iniziativa vada assicurata trasparenza delle decisioni che si andranno ad assumere sin da settembre.
Chiediamo che l’intera platea dei disoccupati frusinati sappia in quali sedi si decide, chi decide e soprattutto con quali criteri ci si accinge decidere? E, soprattutto vogliamo sapere come verrà assegnato il 25% (cioè appena 15 lavoratori) che si dice previsto nella voce solidarietà verso gli ex-Videocon che con le loro lotte conquistarono l’Accordo di Programma ed il diritto alla riassunzione.
Fare arbitrio e terribili ingiustizie è assolutamente facile. Forse qualcuno già si è venduto questi posti. Se questo avvenisse sarebbe un colpo mortale alla credibilità delle sedi dove si decide, istituzionali e non, e alla fiducia di superare questa crisi.
Finite le ferie si dovrebbe passare alla fase operativa. Saremo vigili su ogni passaggio.

giovedì 20 agosto 2015

Fare e spostarsi: la politica del neo-liberalismo e della migrazione

Preety Kaur

I fiori comprati in una visita a un supermercato locale, il caffè, il grano, sono economici e buoni. La confezione graziosa nasconde il sudore e le lagrime che ci sono volute per produrla. Il codice a barre non rivela i nomi dei bambini e degli adulti che hanno lavorato in fabbriche simili a prigioni o in aziende agricole, guadagnando appena il necessario per dar da mangiare a loro stessi e alle loro famiglie.
In un’epoca in cui i climatologi ci pregano di ridurre le emissioni di anidride carbonica, perché i fiori nei nostri supermercati locali arrivano dal Kenya? Coloro che fanno crescere, che colgono, confezionano, trasportano, immagazzinano i fiori non ricevono neanche il salario minimo, e tuttavia gli amministratori delegati e i grandi azionisti dei supermercati  poltriscono  su yacht da un milione di dollari su mari color smeraldo.
Questo è il neo-liberalismo, l’economia del “libero mercato”, dove fare, vendere e consumare vengono calcolati in numeri. Le persone che lavorano per produrre, vengono ignorate. C’è libera circolazione di merci, non di persone. In base all’Accordo Nord Americano per il libero scambio (NAFTA), i messicani fabbricano le merci, gli statunitensi e i canadesi le consumano, mentre una piccola minoranza ne ricava un profitto. I politici statunitensi e coloro che fanno affari che divinizzano l’accordo, cercano di tenere in Messico coloro che fanno le merci, lontani dalla vista.
Ma che succederebbe se i lavoratori decidessero di dire “basta”? Che cosa accadrebbe se decidessero di voler vivere nei continenti più ricchi? Decenni di politiche neo-liberali hanno rovinato i paesi, conflitti imperiali hanno costretto molti a cambiare nazione e dittatori autoritari ne hanno cacciati via altri.
La gente rischia la vita per lasciare le case, le loro comunità; i luoghi vengono devastati dal neoliberalismo, dall’autoritarismo e dai conflitti, Viaggiano su barche instabili senza salvagenti, anche se non sanno nuotare. Salgono su montagne e colline, nella speranza di trovare un rifugio sicuro.
Invece di contestare le politiche che costringo le persone a lasciare le loro case, gli organi di stampa tentano sfacciatamente di incitare all’odio. Mettiamoci insieme e odiamo gli immigrati che fuggono dall’indigenza, dalla persecuzione, o da entrambe. Cioè, proprio gli immigrati le cui famiglie ora estraggono dalle miniere i materiali per   le batterie dei nostri iPhone, che cuciono il nostro prossimo vestito o che lavorano con materiali cancerogeni che formeranno la scheda elettronica del nostro prossimo computer portatile.
Recenti rapporti dei media europei descrivono le persone che fuggono dalla povertà, dai conflitti e dalla possibile tortura, come “sciami” che creano una “giungla” a Calais, Francia. Mentre gli immigrati occidentali bianchi all’estero sono considerati “espatriati”  che esplorano una cultura diversa per una volta, coloro che provengono dal sud globale per cercare una vita migliore o la protezione dalle persecuzioni, vengono derisi.
La crisi dei migranti è considerata impattante in modo sproporzionato sugli stati europei, anche se paesi come il Libano, il Pakistan o l’Etiopia spesso accettano il maggior numero di immigrati. I tabloid e i media convenzionali ripetono senza vergogna cifre non corrette sul numero di persone che cercano asilo in Europa e che rivendicano benefici.
Tuttavia, malgrado questo, ci sono state delle meravigliose dimostrazioni di solidarietà, dall’isola greca di Lesbo dove molte persone del luogo accolgono e appoggiano i siriani e gli afgani che cercano asilo, alle proteste per far chiudere i disumani centri di detenzione per immigrati e ai furgoni per la solidarietà che si spostano con cibo, abiti, giochi e articoli sanitari da Londra a Calais. L’associazione Biciclette senza Confini progetta di portare più biciclette possibile da Londra a Calais e lasciarle lì ai migranti dando loro miglior accesso al minimo indispensabile e  ai servizi di  consulenza che sono  attualmente a oltre un’ora di cammino.
La lotta pe i diritti dei migranti è intrinsecamente legata alla lotta per un mondo migliore, dove le libertà  di movimenti e di dignità sono apprezzate e non possono essere comprate o vendute.

Parassitismo e corruzione nei sindacati borghesi e riformisti

 


Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Alcuni giorni fa un ex dirigente della CISL ha denunciato gli stipendi e le pensioni da nababbi dei capi del suo sindacato, che sfiorano i 300.000 euro all’anno, mentre gli operai fanno la fame.
Furlan, la segretaria generale CISL, ha gettato olio sulle onde promettendo ipocritamente un cambio di rotta, nuove regole, ecc. Intanto all’ex dirigente è arrivato il provvedimento di espulsione.
Diciamo subito che situazioni simili coinvolgono anche dirigenti e burocrati di altri sindacati borghesi e riformisti, come la CGIL e la UIL. Anche se l’ammontare dello stipendio è minore – perché ripartito su più burocrati – la sostanza è la stessa.  
Non siamo quindi di fronte a semplici episodi di malaffare, che possono essere risolti tramite qualche riforma interna o con controlli più rigidi. E non si tratta solo di un ladrocinio nei confronti degli iscritti. Il fenomeno dei superstipendi dei boss sindacali è più ampio ed ha una precisa causa economica.
Scrive Lenin: “Gli opportunisti rappresentano oggettivamente una parte della piccola borghesia e di alcuni strati della classe operaia, comprati con i mezzi del sovrapprofitto imperialistico, e trasformati in cani di guardia del capitalismo, in corruttori del movimento operaio” (Lenin, L’imperialismo e la scissione del socialismo).
E ancora: “In tutti i paesi avanzati vediamo la corruzione, la venalità, il passaggio nel campo della borghesia dei capi della classe operaia e dei suoi strati superiori, corrotti con le elemosine della borghesia che da a questi capi “posticini redditizi” e a questi strati le briciole dei suoi profitti, facendo ricadere il peso del lavoro più penoso e peggio retribuito sugli operai immigrati e arretrati, e aumentando i privilegi dell’”aristocrazia della classe operaia” in confronto alla massa”. (Lenin, Come la borghesia si serve dei rinnegati).
La compravendita e la corruzione sistematica sono praticate con ampiezza nei paesi imperialisti e trovano la loro manifestazione più chiara nell’ideologia e nella pratica dei quadri dirigenti dei sindacati borghesi e riformisti, veicoli diretti dell’influenza borghese sul proletariato e migliori sostegni del regime capitalistico.
La classe dominante mantiene e pone al suo servizio i capi delle centrali sindacali perché deve mantenere il controllo sulla classe operaia, dividere e intralciare lo sviluppo della sua lotta (vedi la recente esperienza del Jobs Act), impedire la formazione della sua coscienza rivoluzionaria. Ciò è inevitabile in un paese imperialista come l’Italia.
Per questo motivo parole come “moralità”, “trasparenza”, etc. sono solo le “normali” frottole con cui i vertici sindacali opportunisti cercano di ingannare gli operai.
Come nei partiti borghesi e riformisti, così nei sindacati borghesi e riformisti, non esiste uno strato superiore che non sia alimentato con una parte del bottino imperialista. Questa specie di sindacati, come dimostrano i fatti, si è integrata interamente nell’organismo economico e statale capitalistico diventando una sua appendice, sempre più simile ad un’azienda di servizi che a un sindacato dei lavoratori.
Perciò dobbiamo smascherare e combattere senza pietà i privilegi e l’attività dei capi riformisti e collaborazionisti, senza lasciare loro campo libero negli organismi di massa. Lo scopo non è certo quello di correggere o ammansire questi “cani di guardia dell’imperialismo”, ma di aprire la via a un vero sindacato rivoluzionario e di classe.
Dall’inevitabilità della lotta del proletariato contro la borghesia e i collaborazionisti deriva l’assoluta necessità che il proletariato abbia un proprio Partito, indipendente, rivoluzionario e rigorosamente classista. In questa impresa si devono impegnare i migliori elementi della classe operaia. Uniamoci, organizziamoci, lottiamo per farla finita con un sistema putrido, per l’alternativa di potere!

mercoledì 19 agosto 2015

CITTA' ASSEDIATE DALL'ESERCITO TURCO

Congresso Nazionale del Kurdistan KNK

L’esercito turco assedia e attacca province e villaggi curdi.
Con la conclusione del processo di pace da parte di Erdogan il 24 luglio, è in corso una nuova guerra totale contro i curdi. Da quella data le montagne, i villaggi e la geografia curdi sono stati quotidianamente sotto attacco e bombardamenti. Per quasi una settimana le forze speciali turche, sostenute dall’esercito, hanno dichiarato lo stato di emergenza nelle città curde e stanno facendo esecuzioni extragiudiziali nella regione.
Di recente in distretti come Varto, Semdinli, Farqin, Yuksekova, Nusaybin e Lice è stato dichiarato uno stato di emergenza, sono stati presi di mira civili, sono stati bombardati luoghi di lavoro e incendiate case. Non stanno permettendo che coloro che sono stati uccisi in questi attacchi vengano sepolti e che i feriti vengano curati. Tutte le entrate e le uscite di queste città e province sono chiuse, mentre le forze di sicurezza terrorizzano la gente nelle regioni che sono state isolate dal resto del paese. Le principali forniture di energia e di acqua di queste città sono state deliberatamente interrotte.
La gente che vive in questi luoghi è molto preoccupata e dice che sta affrontando la minaccia di un massacro. Fino ad ora viene riferito che sono stati uccisi diversi civili, ma secondo fonti locali il numero dei morti è molto più elevato di quanto viene riferito dallo stato. L’esercito turco ha anche assediato le zone rurali che circondano questi distretti e sta bombardando pesantemente nei villaggi, questi bombardamenti sono tuttora in corso.
La principale ragione dietro a questi attacchi e a queste uccisioni extragiudiziali di civili sta nel fatto che il presidente turco Erdogan ha dato poteri illimitati alle forze di sicurezza. Questo è un altro segno dell’ostilità dell’AKP nei confronti del popolo curdo. Attaccando il popolo curdo, il governo turco e il presidente Erdogan stanno moralmente e concretamente sostenendo ISIS.
• Chiediamo all’opinione pubblica internazionale di opporsi a questa guerra condotta dal presidente turco Erdogan.
• Chiediamo all’UE e agli stati membri, agli USA e all’ONU di rompere il loro silenzio sulla minaccia di massacro contro i curdi in Turchia.
• Chiediamo ai media internazionali di interessarsi della questione che una rilevanza significativa nella lotta contro ISIS nella regione.

Uno scooter per lavorare

Franca Dumano

Molti di voi, essendo miei amici, hanno conosciuto Hamdan nei suoi vari viaggi in Italia e sono venuti a contatto con la sua voglia di vivere e di migliorare la condizione dei disabili. Per gli altri,sperando di farvelo conoscerlo un giorno, rinvio alla presentazione del progetto. Il percorso di cure mediche e riabilitazione intrapreso in Italia non è purtroppo arrivato al termine sperato, per difficoltà burocratiche, economiche e di vario genere. Ora Hamdan è in Palestina e il suo obiettivo immediato è l'indipendenza economica. Non vivere più di speranze e aiuti vari, ma diventare indipendente economicamente, attraverso il turismo responsabile. Quest'attività gli permette inoltre di sensibilizzare i turisti sulle condizioni di vita dei disabili e dei palestinesi nei campi.
In basso c'è il link del progetto a cui vi chiedo gentilmente di contribuire. Diffondete il più possibile fra i vostri contatti. Grazie
Hamdan Jewei è palestinese, ha 32 anni e soffre dalla nascita di una grave disabilità, con malformazione di entrambi gli arti inferiori. Vive a Betlemme con la famiglia, in un alloggio presso il campo profughi di Al Doha.
A causa della sua disabilità , ha sofferto molto: è stato in un istituto per disabili dalla nascita fino a 3 anni e poi rinchiuso in una stanza fino all’età di 11 anni.
Se non si raggiungesse la cifra necessaria all'acquisto dello scooter assistito devolveremo egualmente la somma ad Hamdan per le sue necessità di cura e sostentamento.
Grazie ad una eccezionale voglia di vivere e di comunicare, è riuscito ad uscire dall’isolamento e a costruire una rete internazionale di rapporti; collabora con molte associazioni e lotta per l’affermazione dei diritti dei disabili nel suo Paese e nel mondo. Attualmente Hamdan collabora come guida in un progetto di turismo alternativo presso vari campi profughi ( Aida, Deisha) e Gerico mostrando le condizioni di vita dei palestinesi. Nel paese i disabili non hanno alcuna assistenza e la loro condizione - aggravata dal conflitto e dall’occupazione - pesa sui magri bilanci delle famiglie. Hamdan cammina con difficoltà con le stampelle e avrebbe bisogno di acquistare uno scooter assistito per disabili: questo è l’obiettivo della nostra raccolta fondi.
Siamo disponibili e ben felici di fornire maggiori informazioni a chiunque sia interessato così come accoglieremo con piacere ogni suggerimento costruttivo.

martedì 18 agosto 2015

Quando la notizia non fa notizia

Luciano Granieri


Discutiamo d’informazione. Il cane che morde il padrone non è una notizia, il padrone che morde il cane è una notizia. Allo stesso modo, un tifoso che paga l’abbonamento per la  squadra di calcio del cuore non è una notizia.  Mi pare del tutto normale che chi voglia assistere a tutte la partite della compagine della propria città corrisponda il prezzo stabilito per il settore dello stadio da cui deciderà di ammirare le gesta dei suoi beniamini.  

Se ciò è vero pongo una domanda ai mezzi d’informazione della nostra città. Il fatto che il sindaco Ottaviani abbia pagato l’abbonamento per assistere a tutte le partite del Frosinone è una notizia? Cioè si può paragonare al cane che morde il padrone o, viceversa al padrone che morde il cane? Il dubbio che si sia spacciata per grande notizia   un evento  assolutamente  normale, quindi un’ informazione del tutto priva di interesse per la collettività, è legittimo. A meno che diffondere l’assoluta normalità di un sindaco che si paga l’abbonamento alla squadra di calcio non sia atto di pura piaggeria, o   cassa di risonanza per fini di consenso,  da parte degli organi d’informazione locali un tantino asserviti .  

Questo purtroppo ci sta.  Ma la faccenda può essere considerata da un altro punto di vista. In un sistema in cui istituzioni e amministratori locali  vivono di privilegi, come l’ottenimento dell’abbonamento della squadra di calcio gratuitamente, la valenza dell’informazione   viene completamente rovesciata. Diventa  cioè una    notizia il fatto che un sindaco abbia pagato per comprare  il suo abbonamento, anziché ottenere il privilegio di assistere alle partite gratis. E’ indubbio che le èlite di Frosinone campino di privilegi. 

Lo stesso sindaco, pur pagandosi lo stadio, ha esercitato il privilegio di licenziare i lavoratori della Multiservizi per assolvere  ad impegni elettorali.  Ha ottenuto il privilegio di fare affari con la più grande famiglia di muratori della città, cedendo loro, senza colpo ferire, un’area che contiene importanti reperti archeologici, pronta ad essere seppellita definitivamente sotto 35 mila metri cubi di cemento.  Ha avuto il privilegio di sprecare denaro pubblico per organizzare eventi artistici a lui graditi penalizzando altre manifestazioni ormai storicamente consolidate, come  il cinema all’aperto o la festa “cantine aperte” nel quartiere Giardino.  Questi ed altri privilegio  si è "acchittato" il sindaco Ottaviani, altro che l’abbonamento gratis. 

Forse  è su questi aspetti che una informazione un po’ meno asservita dovrebbe soffermarsi e non sul gesto eroico, ma del tutto normale , dell’acquisto dell’abbonamento da parte del sindaco. Francamente penso che ai cittadini di Frosinone, il pagamento dell’abbonamento da parte del primo cittadini  interessi poco. Penso che la collettività potrebbe essere maggiormente interessata a sapere la disponibilità dei  servizi ed il loro costo. Un sindaco che si paga l’abbonamento allo stadio, ma favorisce la speculazione edilizia , non muove un dito per limitare la disoccupazione, ma anzi contribuisce ad aumentarla, taglia i servizi in modo pesante , non è esattamente un’amministratore da osannare. Spero che le altre testate locali lo capiscano in fretta e smettano di fare da cassa di risonanza ad un amministratore che fa finta di rinunciare a certi  privilegi e sfrutta la risonanza mediatica di un atto del tutto normale. Proviamo a fare un’informazione seria, vi prego. 

lunedì 17 agosto 2015

Orrori dalla Turchia

Michele Rabà






















Ekin Van, the Kurdish PKK comrade that Turkish soldiers have tortured, killed, and let naked on the street. Now the Erdogan genocide government wants to arrest those who have show your corpse photos, not those who did yiu this. I AM SHOWING THIS PHOTO. ASK ME TO BE GOT IN A TURKISH PRISON ERDOGAN. MAYBE A GOVERNMENT SO EAGER TO PLEASE NETHANIYAU THE RIPPER WOULD SAY YES
FAREWELL COMRADE! I HOPE TO MEET YOU ONE DAY. NOW HAVE A REST QUIET: THIS WORLD MANAGED BY FULL OF SHIT MALES DID NOT DESERVE YOU.

 Ekin Van la compagna del PKK  che i soldati turchi hanno torturato ucciso e lasciato il corpo nudo in mezzo alla strada. Ora il governo genocida di Erdogan vuole arrestare che ha diffuso la foto del tuo cadavere e non chi tu ha fatto questo. Io sto diffondendo questa foto. Chiedi che Erdogan possa essere sbattuto in una prigione turca. Forse un governo così ansioso di far piacere allo squartatore Nethaniyau dirà di si.

BELLA CIAO COMPAGNA! SPERO DI INCONTRARTI UN GIORNO. ORA RIPOSA TRANQUILLA, CHE' QUESTO MONDO DI MASCHI DI MERDA NON TI MERITAVA.


A proposito di EKIN WAN, combattente del PKK torturata, uccisa da agenti dello stato turco che poi ne hanno abbandonato il corpo nudo in una strada a Varto nella provincia di Muş le YDK scrivono in un comunicato: 
"NON SIAMO SPAVENTATE:
PERCHE' SAPPIAMO CHE QUESTO STATO E' ASSASSINO.
LO SAPPIAMO DAI VILLAGGI CHE HA EVACUATO E DALLE DONNE IMPRIGIONATE CHE HA UCCISO.
PERCHE' SAPPIAMO CHE QUESTO STATO E' STUPRATORE, LO SAPPIAMO DAI SENI TORTURATI DELLE DONNE, DAI TENTATIVI DI FIACCARE ATTRAVERSO LO STUPRO LA LORO VOLONTA', DALLE DONNE IMPRIGIONATE E TORTURATE IN CARCERE. 
LO SAPPIAMO DALLE VOSTRE SPORCHE GUERRE INGIUSTE CHE. NON DEL NOSTRO CORPO CI FANNO VERGOGNARE, MA SEMMAI DELLA NOSTRA UMANITA'.
LO SAPPIAMO DA SHENGAL E DA KOBANȆ
E' CHIARO CHE QUESTA VOSTRA MISOGINIA NASCE DALLA PAURA CHE AVETE DELLE DONNE CHE LOTTANO SULLE BARRICATE, NELLE PRIGIONI E SUI MONTI. 
NOI NON ABBIAMO PAURA DI VOI E NON CI VERGOGNIAMO DEL NOSTRO CORPO"
(dal comunicato dell'YDK)


Leva calcistica del '25

Luciano Granieri


Nella settimana in cui inizia il  massimo campionato di calcio, voglio proporvi la storia del primo straniero    che in assoluto ha  scaldato i cuori della tifoseria romanista. 


Premessa. Il  tifo del sottoscritto per i giallorossi è noto a chi frequenta il blog. Ma quest’anno  per me, come per molti altri cittadini  frusinati, appassionati di calcio e tifosi delle maggiori formazioni   di serie A, si pone il dilemma: sostenere la propria squadra del cuore o tifare Frosinone?  Fino all’anno scorso il problema non esisteva.  Oggi, con i Canarini in serie A, qualche dubbio potrebbe sorgere. Ebbene, fuori da ogni ipocrisia, io continuo a tifare Roma. Proverei  immenso piacere   se  il Frosinone potesse  raggiungere quanto prima la salvezza, o se qualche risultato positivo dei gialloazzurri (una vittoria sulla Juve ad esempio)  potesse favorire la Roma nel raggiungimento del suo obbiettivo, ma quest’anno, come gli altri del resto,  per me esiste solo la Roma. Vi do però un consiglio. Per chiarirvi le idee su  questo dilemma  interpellate  i supporter juventini locali. Loro l’esperienza di confrontarsi con il Frosinone nello stesso torneo l’hanno già maturata,  era il campionato di serie B stagione 2006-2007. Chiedete dunque a qualche juventino  frusinate lui saprà dirvi se in quel  memorabile campionato preferì  i colori locali a quelli della Vecchia Signora. Fine Premessa.

Torniamo al nostro straniero:  “Il Polacco”, così era soprannominato. Quando lui calcava i campi di calcio Zibì Boniek doveva ancora nascere, probabilmente  neanche il padre di Zibì era ancora al mondo. La vicenda  infatti  risale ai primi decenni del secolo scorso, probabilmente il 1925. Qualcuno, più attento ed esperto della storia della Roma, potrebbe obbiettare: L’AS Roma è stata fondata il 22 luglio 1927 come faceva, dunque, il Polacco a vestire già due anni prima i colori giallorossi?   Infatti non era la Roma, anzi a dir la verità neanche il Polacco era Polacco, ma   romano verace. 

  Non sono impazzito, procediamo con ordine. 

Nei primi anni del secolo scorso il campionato italiano non era organizzato come oggi. Dal 1913 le contendenti  erano raggruppate in due gironi. Quello del nord,  che raccoglieva solo squadre del triangolo Liguria-Piemonte-Lombardia,  con qualche partecipazione di compagini venete ed emiliane, e quello del centro- sud dove militavano tutte le squadre romane e laziali. Le vincitrici di ogni girone  disputavano la finale  per lo scudetto. La storia di queste finali era sempre segnata. Le squadre del nord, forti di una maggiore disponibilità  economica,  potevano disporre dei migliori calciatori, e quindi fare un sol boccone della finalista suddista. 

Per altro il panorama calcistico di Roma e del Lazio era molto frastagliato. Allora i prodotti del pur ricco vivaio locale erano dispersi in una marea di squadre. Se ne contavano almeno dodici, Lazio compresa. Fu così che i presidenti di tre compagini , la Fortitudo, il Roman e l’Alba,  nel 1927, per tentare di costruire una squadra che potesse competere con le potenze del nord decisero di unire le loro forze in un’unica società. Nacque così l’As Roma. Il nostro Polacco fu valente mediano e ala sinistra proprio dell’Alba costola della costituenda As Roma.  Giocò insieme a calciatori, eccellenti  come Lo Prete e Ziroli, quest’ultimo fece poi parte della rosa della prima Roma composta dai migliori giocatori provenienti dalla Fortitudo, dal Roman e dall’Alba.  

Walter Ferranti era il nome del Polacco, nato a Roma il 21 dicembre del 1911.  Fu nominato Polacco ad  honorem. Allora  ogni  squadra del nord sfoggiava  calciatori  stranieri nelle sue fila, l’Alba non avendo la stessa disponibilità economica e non volendo sfigurare, decise che il suo straniero diventasse  Ferranti soprannominato “Polacco”. E’  stato di fatto il primo straniero della Roma.  

Ma il Polacco più che come calciatore  ebbe successo come straordinario   musicista. Walter Ferranti infatti fra il 1932 ed il 1939 fu il pianista di una delle più grandi orchestre jazz dell’epoca,  quella del sassofonista  Sesto Carlini. Una formazione in cui militarono i migliori jazzisti in circolazione, italiani ma anche inglesi ed americani,  come il trombonista Herbert  Flemming , il trombettista Len C. Hughes, o il sassofonista, italo americano di Boston, Mario Gulizia.  

L’orchestra imperversò in tutta Italia nei club e nei teatri più esclusivi  fra Sanremo Venezia e Roma, in particolare. Si esibì   anche in Europa, con Ferranti sempre solido protagonista al pianoforte. La particolarità dell’orchestra di Sesto Carlini consisteva  nel fatto  che superava  le prescrizioni proibizioniste emesse del fascismo. Nessuno  dei musicisti aveva la tessera del partito fascista e, nonostante un decreto del 1935 vietasse di offrire lavoro agli stranieri, americani, inglesi furono costantemente presenti nella formazione. Come dire il jazz oltre le ottuse barriere del regime. Alla fine del 1938  presso il campo Littorio di  Sanremo l’orchestra di Sesto Carlini  disputò un match di football contro l’orchestra argentina di Salvador Pizzarro. Non ci fu storia  e il Polacco fece cose memorabili.

domenica 16 agosto 2015

La battaglia su facebook

Pietro Milazzo Milazzo


E' davvero inquietante come, mentre gli snob ipertutto di una certa finta sinistra salottiera, si auto compiacciono della propria sottile ironia e presunta intelligenza, standosene a cazzeggiare fra loro, autoreferenziali e totalmente avulsi dal sentire comune, si fa strada una SPAVENTOSA.CANEA, frutto di ignoranza e di analfabetismo di ritorno, per alcuni, di MALAFEDE e CINISMO politico, per altri, fatta di RAZZISMO, di INTOLLERANZA, di PREGIUDIZIO.Facebook e' piena di post deliranti, a cui pochi rispondono.

Forse, come titolava un bel film di I. BERGMAN si stanno schiudendo "le Uova del serpente",ed e', ormai, troppo tardi.
Abbiamo sprecato troppo tempo, abbiamo abbandonato il territorio e la dimensione comunitaria. abbiamo lasciato che il senso comune venisse forgiato dallo stupidario televisivo e dalle cazzate consumistiche ed, ora, sembriamo incapaci, attoniti, come inebetiti da questa TURBA vociante. 
Dobbiamo reagire COLLETTIVAMENTE.Non basta la resistenza accanita di pochi.
SVEGLIATEVI e date battaglia. Anche su questo strumento, assai importante.

video di Daniele Sepe.

Grecia, verso la costituzione politica del fronte del NO

presentazione di Stathis Kouvelakis, da Europe Solidaire Sans Frontières, traduzione diGigi Viglino    fonte:http://anticapitalista.org/
Gli sviluppi ad Atene sono drammatici e il loro ritmo si accelera. Il Parlamento ha votato il terzo Memorandum concordato tra il governo Syriza e le “istituzioni” europee, con la nuova procedura rapida di un «dibattito» di un solo giorno (e notte…). I parlamentari della Piattaforma di Sinistra di Syriza avevano già annunciato che avrebbero votato no, e il numero degli altri parlamentari di Syriza che hanno fatto lo stesso è cresciuto. Tra l’altro ha votato no anche Yanis Varoufakis. Zoe Konstantopoulou, la presidente del Parlamento greco, attualmente sta conducendo una disperata battaglia perché siano rispettate le procedure per un minimo dibattito parlamentare. Il suo atteggiamento ha scatenato un attacco forsennato dei media che ora è apertamente sostenuto da membri del governo e da parlamentari sostenitori del governo Syriza.
Un altro importante sviluppo è l’appello per la mobilitazione popolare e la costituzione in tutto il paese di comitati popolari contro il Memorandum, lanciato oggi dai capi della Piattaforma di Sinistra di Syriza (Panagiotis Lafazanis della Corrente di Sinistra e Antonis Ntavanellos di DEA/Red Network), e da dirigenti di altre undici organizzazioni della Sinistra radicale greca. Due di queste (ARAN e ARAS) sono tra le componenti fondatrici di Antarsya. Questo è considerato il primo passo pubblico verso la costituzione di un nuovo fronte politico che raggrupperà un ampio arco di forze della Sinistra radicale che si oppone al nuovo Memorandum e alla svolta di 180 gradi del governo Syriza.
Il Memorandum è stato votato da una larga maggioranza in Parlamento, grazie al sostegno dei partiti di centro-destra e destra, che tuttavia faranno pagare presto a Tsipras il prezzo del loro sostegno negandogli la fiducia, e imponendo così la convocazione di nuove elezioni ravvicinate dall’esito incerto. Ma lo stesso Tsipras punta a impedire che l’opposizione di sinistra alla sua politica, che sta emergendo, abbia il tempo di organizzarsi, sperando che tenere le elezioni prima che l’impatto concreto delle nuove misure di austerità cominci a mordere gli consenta di mantenere il consenso che oggi avrebbe secondo i sondaggi (anche in Grecia tutt’altro che sicuri). In ogni caso, queste elezioni saranno la prima verifica per il nuovo fronte antiausterità che si sta cristallizzando attorno alla Piattaforma di Sinistra. I prossimi giorni saranno cruciali.
Di seguito, il testo dell’appello firmato dai dirigenti delle 13 organizzazioni della Sinistra Radicale greca.

No al nuovo Memorandum: un appello per la mobilitazione e la lotta in tutto il paese

I sottoscritti, che rappresentano un ampio arco di forze e organizzazioni, respingono il nuovo terzo Memorandum sottoposto oggi al Parlamento e fanno appello a grandi lotte unitarie per rovesciare tutti i Memorandum e imporre un nuovo orientamento progressista per il paese.
La firma di un nuovo Memorandum, da parte di un governo che era stato eletto per abolire i due precedenti, è un enorme disastro per il popolo greco e la democrazia. Il nuovo Memorandum significa ancor più austerità, ulteriore restrizione dei diritti dei cittadini e la continuazione del regime di tutela del paese. Il nuovo memorandum è il rovesciamento totale del mandato del popolo greco, che nel referendum del 5 luglio ha respinto nella loro interezza le politiche neoliberiste di austerità e di dipendenza neocoloniale.
Nei cinque anni scorsi, il popolo si è opposto in tutti i modi possibili alla paura e al ricatto, e ha lottato per una Grecia indipendente, giusta, ricostruita, democratica e sovrana. Come quelli precedenti, questo Memorandum deve incontrare la più ampia resistenza militante, di una società coesa e determinata. Continueremo sulla via del 5 luglio fino alla fine, fino al rovesciamento delle politiche dei Memorandum, con un progetto alternativo per il domani, per la democrazia e la giustizia sociale in Grecia.
La lotta contro il nuovo Memorandum comincia ora, con la mobilitazione del popolo in tutti gli angoli del paese. Per sviluppare e vincere questa lotta, è necessario costruire organizzazione popolare a tutti i livelli e in tutte le aree sociali.
Facciamo appello alla costituzione di un ampio movimento politico e sociale nazionale e alla creazione di comitati di lotta contro il nuovo Memorandum, contro l’austerità e contro la messa sotto tutela del paese. Questo sarà un movimento unitario che sosterrà le aspirazioni del popolo alla democrazie a alla giustizia sociale.

La lotta che ha portato al trionfo del NO del 5 luglio continua e vincerà!

13 agosto 2015
Panagiotis Lafazanis (Piattaforma di sinistra-Corrente di sinistra)
Alekos Vernardakis (Communist Renewal)
Nikos Galanis (Leftwing Intervention)
Dimitris Kavouras (Communist Organization Reconstruction) (1)
Kaltsonis Dimitris (Association Yannis Kordatos) (1)
Panagiotis Mantas (DIKKI – Socialist Left) (2)
Anthonis Ntavanelos (Piattaforma di sinistra–DEA)
Andreas Pagiatsos (Xekinima, sezione greca del CWI)
Spyros Sakellaropoulos (ARAN – Left Recomposition)
Dimitris Sarafianos (ARAS – Leftwing Anticapitalist Regroupment)
Maria Souani (Workers Struggle) (3)
Themis Tzimas (Former member of PASOK National Council)
Lambros Heetas (Initiative of the 1000)
Note
  1. Communist Organization Reconstruction e Association Yanis Kordatos sono raggruppamenti di ex attivisti del KKE (PC greco)
  2. Workers Struggle è una rete di attivisti che sono ancora in maggioranza membri del KKE
  3. DIKKI –Socialist Left è un raggruppamento di ex attivisti del PASOK che faceva parte della coalizione Syriza