"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Partecipazione numerosa e dibattito intenso alla Tavola rotonda, indettadal Coordinamento provinciale della sanità, svoltasi
ieri,venerdì 5 giugno, presso la Casa del volontariato del Capoluogo.
Dopo la relazione introduttiva del dott. Giovanni Magnante e
gli interventi dei consiglieri regionali Abbruzzese, Santori, Tortosa e
Barillari, il ricco e qualificato dibattito che ha visto protagonisti
dirigenti sindacali, rappresentanti di
associazioni e cittadini ha evidenziato lo stato pietoso di una organizzazione
sanitaria che marcia velocemente verso la disintegrazione.
Data il grave e pesante peggioramento della situazione è
stata sottolineata l’urgenza della ripresa dell’iniziativa politica e dell’avvio
di un confronto con il Presidente Zingaretti, anche in vista della valutazione
dell’operato della manager della ASL dopo 18 mesi dall’incarico assunto
all’inizio del 2014.
A tale proposito è stata decisa la costituzione di un gruppo di lavoro regionale con i
quattro consiglieri ed una delegazione del Coordinamento, aperto al contributo ed
alla partecipazione di consiglieri regionali di altri gruppi, per
l’eleborazione di un percorso comune e di proposte da portare all’attenzione
del Presidente Zingaretti. La prima
riunione si terrà verso la fine del mese di giugno.
Si è svolto ieri 5 giugno 2015, presso la Casa del
Volontariato di Frosinone, un incontro sullo stato della sanità in Ciociaria a
pochi mesi dall’approvazione dell’atto aziendale e a quasi un anno e mezzo dall’insediamento
del direttore generale D.ssa Isabella Mastrobuono.
Il dibattito, una sorta di
tavola rotonda organizzata dal coordinamento provinciale per la sanità di
Frosinone, ha ospitato gli interventi dei consiglieri regionali che nella VII
commissione sanitaria regionale e nel Consiglio hanno sostenuto le istanze del
coordinamento contro un atto programmatico penalizzante per la sanità pubblica
provinciale.
Mario Abruzzese (FI) Fabrizio Santori, (gruppo misto ma di
provenienza “La destra”) Oscar Tortosa
(Psi) Davide Barillari, (M5S) e il deputato Luca Frusone (M5S) hanno discusso insieme ai convenuti, membri
del coordinamento, ma anche sindacati ed altre associazioni, le prossime
strategie da seguire per tentare di restituire al territorio ciociaro una
sanità pubblica dignitosa. Piano d'azione quanto mai necessario a seguito delle
continue privazioni operate dall’attuale
management che, in nome di una riorganizzazione maggiormente orientata alla
sanità territoriale, ancora tutta da costruire, ha ridotto servizi e prestazioni erogate dai presidi principali:
Frosnone-Alatri, Cassino, Sora.
Prima di proseguire nell’articolo, voglio
scusarmi con i consiglieri Santori e
Tortosa per la mancanza dei loro interventi nel video dell’evento. Un
problema tecnico (forse dovrei decidermi a cambiare la mia vecchia videocamera
a dischetti) mi ha impedito di trasferire il girato che li riguarda sul
computer. Riporterò nel prosieguo dell’articolo il contenuto el loro argometnare.
Fra i consiglieri convenuti, il solo Mario Abruzzese è espressione della provincia di Frosinone, gli
altri sono stati tutte eletti al di fuori del nostro territorio. La domanda sul
perché gli atri consiglieri eletti nella
Provincia, Buschini, Bianchi e Fardelli fossero
assenti ha avuto una risposta scontata: la loro totale adesione alla politica di spoliazione sanitaria della Mastrobuono e del
suo mandante Zingaretti.
Al netto delle scontate affermazioni relative alla
sanità priva di colore politico, al fare squadra (mi pare di averla già sentita
fra le mura del Palazzo provinciale) i consiglieri hanno condiviso il percorso
del coordinamento. Un’ azione combinata basata, da un lato, sulla protesta e le
manifestazioni di piazza, dall’altro su azioni legali (ricorsi al tar) e sulla
puntuale sconfessione, supportata da
apposita documentazione, delle menzogne che il management diffonde presso la
comunità per confermare come tutto proceda a meraviglia.
In vero Tortosa e Santori, si sono
leggermente discostati dal coro. Tortosa, essendo l’unico esponente della
maggioranza, ha richiamato il suo
Presidente ad una maggiore attenzione verso la sanità pubblica ciociara. Ha
usato il nostro blog (bontà sua) per rivolgere un appello a Zingaretti affinchè
cambi completamente il programma lacrime e sangue destinato al sistema sanitario
provinciale. Si è poi detto sicuro che lo stesso Zingaretti, dall’alto della
sua sensibilità sociale e politica, capirà quanto sia sbagliato l’attuale piano
e si adopererà al più presto cambiare le
cose. Non possiamo che apprezzare la fiducia dell’esponente socialista nella lungimiranza del
presidente Zingaretti, ma non ne condividiamo le ottimistiche previsioni.
Diverso il discorsi per Santori, il quale, contravvenendo alla regola per cui
quando si discetta sulla sanità le ideologie sono bandite, ha orgogliosamente rivendicato
il suo “essere di destra”. Caspita!
Ci si è aperto un mondo. Abbiamo voluto
indagare su quale tipo di destra fosse , liberale, o sociale. “La seconda che
hai detto” è stata la risposta buttata li molto en passant. Ci è scappato di
obbiettare che quella destra, nel quale
il consigliere, oggi nel gruppo misto, orgogliosamente si riconosce, è stata la
prima causa dello sfascio sanitario attraverso l’allegra gestione del condottiero Storace. Santori non ha raccolto,
o forse non ha capito, anche se la nostra amica Enrica Segneri (M5S di Frosinone) dal fondo della sala ha inteso molto bene
ciò che avevamo detto e ha rilanciato inascoltata. Non abbiamo insistito più di
tanto perché si sa: non bisogna rivangare il passato, è necessario fare squadra etc. etc.(A proposito. Il “FARE
SQUADRA” di questi signori mi suona come lo “STAI SERENO” di Renzi).
Al di la di ogni considerazione emerge ancora
una volta l’assenza del Pd affianco dei cittadini e la sua potente presenza in
appoggio ai poteri forti che proprio i cittadini
depredano . Il caso della sanità è emblematico, ma anche la gestione del
servizio idrico con il supino prodigarsi verso Acea è esempio concreto.
Il
connubio fra i democrat ciociari e il sindaco podestà Ottaviani, (di centro destra),
è una delle più devastanti sciagure che possa abbattersi su una comunità, ma
questa è un’altra storia...... Facciamo squadra per favore.
Le (non) risposte dell'assessore Refrigeri al Question Time del 3 Giugno 2015 sulla legge 5/2014
Nella seduta del Consiglio Regionale del 3 Giugno, l'assessore Refrigeri è intervenuto brevemente all'interrogazione a risposta immediata sugli adempimenti attesi per la legge regionale 5/2014 avente ad oggetto "Tutela, governo e gestione pubblica delle acque".
Nella sua risposta l'assessore promette un "rapido intervento nell'arco di una settimana" per mettere in sicurezza la Legge 5/2014 di fronte all'impugnativa governativa, per poi passare "rapidamente" ad una legge che individui gli ambiti di bacino idrografico e alla Carta regionale del servizio idrico integrato. Obblighi questi che si sarebbero dovuti espletare entro sei mesi dalla promulgazione della legge in questione, proposta dai comitati e da 54 Consigli Comunali e approvata all'unanimità nel marzo del 2014.
Il problema è che esattamente gli stessi impegni l'On. Refrigeri li aveva presi il 12 marzo, e ribaditi il 20 aprile scorso, incontrando una delegazione del coordinamento regionale acqua pubblica, promettendo "rapidi interventi entro le prossime settimane".
E' evidente che l'assessore ha problemi con la relatività ristretta, la sua percezione di settimana corrisponde in realtà a mesi.
A questo punto la domanda sorge spontanea: quanto durano le settimane di Refrigeri?
In questo momento storico non agire con rapidità, rispettando gli impegni presi, equivale ad essere complice di una privatizzazione che minaccia la sua avanzata anche nella nostra Regione.
Una Regione che aveva invece intrapreso la strada della gestione pubblica dell'acqua, aprendo, con la legge 5, alla partecipazione delle comunità locali. Una partecipazione preziosa anche per esercitare un "controllo da basso", che contrasti quelle commistioni mafiose che, come dimostrano gli arresti di oggi, hanno esteso i propri tentacoli anche alla Pisana.
Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
La controriforma Giannini della scuola è un tassello della trasformazione reazionaria dello Stato e della società borghese. La sua logica di fondo è evidente: ulteriore massacro della scuola pubblica a vantaggio delle scuole private e un’istruzione sempre più subalterna agli interessi delle imprese capitalistiche.
Il DDL, con il suo decantato “collegamento scuola-lavoro”, la limitazione dei diritti e delle libertà conquistate a caro prezzo, punta a fare della scuola un apparato all’esclusivo servizio della classe dominante per formare una forza-lavoro ancora più sfruttata, precaria e ricattabile.
Una scuola-azienda con dei presidi-manager in una Repubblica presidenzialista autoritaria ad esclusivo servizio dei monopoli finanziari: ecco il disegno reazionario del governo Renzi e di chi lo appoggia, in primo luogo il PD.
La mobilitazione messa in campo da insegnanti e studenti è stata compatta e determinata. In milioni hanno rigettato la sua controriforma neoliberista e autoritaria della scuola, i quiz, e sfiduciato nelle piazze il governo Renzi. Bisogna proseguirla!
La lotta contro la “Buona scuola” dimostra che questo governo oligarchico ha il proprio tallone d’Achille nei movimenti di lotta e di protesta sociale. Per questo ha compiuto una parziale retromarcia, con qualche concessione per cercare di dividere il fronte di lotta.
Contro il disegno governativo occorre partecipare in massa al blocco degli scrutini e alle mobilitazioni di piazza del 5 giugno, rivendicando e lottando per il ritiro della controriforma Renzi/Giannini, la difesa ed il rilancio della scuola pubblica, l’assunzione stabile di tutti i precari.
Per far saltare la riforma è necessario evitare l’isolamento del movimento di lotta della scuola, schierandolo a fianco della più generale lotta contro l’offensiva capitalista e governativa.
L’attacco di Renzi alla scuola pubblica è parte di un disegno reazionario che investe l’intera società. Dunque, è necessaria una risposta decisa e complessiva: lo sciopero generale politico di tutti i lavoratori contro il governo Renzi e i suoi progetti antipopolari, da costruire e realizzare unitariamente!
Fermare Renzi è possibile. Così come è possibile e doveroso lottare per nuovo modo di produzione fondato sulla proprietà sociale dei mezzi di produzione, al fine di assicurare a tutti i membri della società i mezzi di sussistenza e alle loro capacità il libero sviluppo.
Solo il socialismo garantirà non solo l’istruzione pubblica, gratuita e obbligatoria fino alla maggiore età, senza selezioni restrittive, ma anche un’educazione complessiva armonica, scientifica e polivalente, che darà a ogni giovane, a ogni lavoratore i mezzi e le opportunità educative per il suo sviluppo. L’istruzione non sarà più orientata a produrre forza-lavoro a basso costo e fidelizzata per i padroni, ma a formare membri della società capaci, responsabili e liberi dall’eredità dell’ideologia borghese e dagli interventi della Chiesa nel campo dell’educazione.
Non può sfuggire l'importanza che ha, per avanzare nella prospettiva della trasformazione sociale, la formazione di un autentico Partito comunista, che dia orientamento politico e chiarezza ideologica di fronte a tanta dispersione e confusione.
Chiamiamo perciò gli intellettuali onesti e i giovani rivoluzionari a separarsi definitivamente dall’opportunismo e dal riformismo e a unirsi alla nostra attività!
Giungono notizie inquietanti dal comune capoluogo. Piuttosto che preoccuparsi di bloccare il "Furto dei contatori" (di proprietà degli utenti) ordinato da ACEA contro coloro che giustamente hanno reclamato, di fronte alle illegittimità che si celano dietro le bollette da usura e sospeso il pagamento, il Sindaco di Frosinone fa "orecchie da mercante"? Invece di preoccuparsi di stoppare, una volta per tutte le azioni scellerate di non meglio identificati "commandos" che spadroneggiano nel territorio, emettendo doverosamente una ordinanza sindacale contro i distacchi illegittimi, come hanno fatto altri sindaci avveduti è a tutt'altre faccende affaccendato? Perché il Sindaco del Comune al vertice della classifica italiana delle perdite idriche vuole salvare a tutti i costi l'artefice di questo strepitoso risultato? Come mai nonostante tutti gli indicatori della gestione idrica nel Comune di Frosinone sono pessimi e il rapporto costi benefici nettamente penalizzante, piuttosto che dare il ben servito al GESTORE si vuole ancora consentire il sodalizio con ACEA? Tra i Sindaci che nell'ultimo periodo hanno permesso ad ACEA di trasformarsi nell'ESATTORE del popolo Ciociaro quello di Frosinone occupa indubbiamente un posto in prima fila. Questo manifesto servirà a rinfrescargli la memoria. Come promesso è arrivato il momento di presentare i dati clamorosi che riguardano il Comune di Frosinone. Adesso i Cittadini di Frosinone e dell'intera provincia sanno cosa si cela dietro questo scandalo...Non ci sono più alibi...Adesso tocca alla magistratura ordinaria e quella contabile..ma allo stesso tempo è ora che i cittadini esercitino fino in fondo la propria sovranità. Del resto la stagione delle lamentele e dei reclami, contro vessazioni di ogni tipo, sta inesorabilmente lasciando il posto ai prodromi di una vera e propria rivolta.
Sui giornali di oggi, con tre giorni di ritardo e imboscato di soppiatto nelle pagine interne, si legge di un crimine odioso. A Roma, tre giorni fa, in Piazza Tuscolo, una squadraccia di quattro fascisti ha prima individuato, poi braccato, infine massacrato un operaio rumeno casualmente incontrato di primo mattino in un bar, amputandogli col coltello due falangi della mano. Il tutto al grido:” bastardo rumeno, tornatene al tuo paese o ti ammazziamo”.
Immaginiamo per un momento lo stesso scenario ma capovolto: “ quattro rumeni ( o quattro rom) inseguono un italiano e gli amputano la mano, in quanto italiano”. Simile notizia avrebbe guadagnato le prime pagine della grande stampa, riempito telegiornali, occupato tutti i talk schow, diventando brodo di coltura dei peggiori veleni xenofobi, e arma elettorale di tutte le canaglie alla Salvini e della loro propaganda spazzatura.
Ma simile episodio come sappiamo, è del tutto inverosimile, a differenza di quello realmente accaduto. E di quelli che normalmente accadono e accadranno- spesso sottaciuti- sulla scia dell'isteria collettiva xenofoba.
Questo semplice raffronto misura una volta di più la natura della società borghese. Non solo lo squallore dei fascisti e del leghismo lepenista. Ma anche l'infinita ipocrisia di una “democrazia” che seleziona le notizie in base all'ascolto di mercato ( audience significa vendite, pubblicità, profitti). E che anche per questo concima il terreno ideale per la demagogia reazionaria dei fascisti.
E' l'ennesima riprova che l'antifascismo conseguente o è anticapitalista o non è.
Denunciamo pubblicamamente che nel comune di
Frosinone diversi cittadini stanno subendo da parte del gestore Acea Ato 5 il
distacco del servizio di acqua potabile presso la loro utenza domestica. La
gravità palese di lasciare delle persone letteralmente a secco, senza poter
usufruire di un bene vitale ed essenziale alla propria salute ed igene, è
aggravata dal fatto che questi cittadini avevano legittimamente contestato le
fatture del gestore e che dunque il distacco è stato usato da questo ultimo
come un mezzo violento ed estorsivo per risolvere a proprio favore la
controversia.
I cittadini che in questi termini subiscono un
distacco possono e devono denunciare il gestore all’autorità penale per
interruzione di pubblico servizio ed esercizio arbitrario delle proprie
ragioni, e contestualmaente chiedere al proprio sindaco di ordinare al gestore
il riallaccio immediato nelle 24 ore.
Il sindaco Ottaviani dovrebbe essere d’accordo non
solo in quanto garante della pubblica sicurezza nel suo comune ma anche perché firmatario
di quel Documento sulla gestione del servizio idrico, sottoscritto da 49
sindaci durante la Conferenza dei sindaci del 09/03/2015, in cui si richiedeva
la sospensione delle attività di distacco e di assicurare la fornitura minima
di acqua, documento che nei contenuti è stato fatto proprio anche dal consiglio
comunale modificando quella proposta di delibera popolare per la risoluzione
del contratto per colpa del gestore.
Il sindaco, invece, non è intervenuto a tutela dei
suoi cittadini e non ha ordinando il riallaccio immediato al gestore dopo la
richiesta formale da parte di quei cittadini che hanno subito il distacco.
Se il sindaco non interviene il cittadino (seguendo
la procedura di cui sopra e comunicando la cosa al sindaco) è leggitimato a ripristinare
il servizio idrico in quanto il suo comportamento è assolutamente proporzionato
all’offesa subita.
Ottime notizie sul fronte dell’occupazione. L’Istat (non il
governativo ministero del lavoro) registra ad aprile un aumento del numero degli occupati di
159mila unità rispetto al mese di marzo.
Il tasso di disoccupazione scende dello 0,2 %, l’occupazione aumenta dell’ 1,2%. Ribadiamo
sono dati Istat, non le stime propagandistiche dei cortigiani renziani , dunque
degne del massimo credito.
Personalmente non posso che salutare con favore
questi dati. La notizia della creazione di un solo posto di lavoro in più va
presa con entusiasmo. “Merito del jobs act” twittano le truppe cammellate di
regime, Capo in testa. Anche l’Ocse “l’organizzazione per la cooperazione
economia e lo sviluppo” avanza l’ipotesi che la riforma del lavoro di Renzi
possa aver avuto un ruolo determinante sulla crescita dell’occupazione. E’ immaginabile
che il risparmio fiscale di 8mila euro
per ogni assunto concesso alle aziende, secondo
il contratto a tutele crescenti, possa essere stato un fattore determinante per l’aumento dell’occupazione,
o quantomeno per la trasformazione di contratti precari, in rapporti di lavoro ancora "precari", ma con una denominazione
diversa (tutele crescenti).
A mio avviso la differenza fra un lavoro precario e
un’occupazione a tempo indeterminato riguarda le tutele sul licenziamento, sul salario, sull’orario di
lavoro che caratterizza la seconda forma . Ebbene l’abolizione dell’art.18 , la
normativa sul demansionamento , introdotte nel jobs act, non
rendono diverso il contratto a tutele crescenti da un normale rapporto a
termine che pone sotto ricatto il lavoratore. Dunque la prima menzogna che va
smascherata è che il contratto a tutele crescenti NON E’ un contratto a tempo indeterminato. Per cui l’essenza del jobs act si riduce
alla semplice regalia di 8mila euro per precario alle aziende che decidono di
imbarcare altra schiavitù o di trasformare i lavoratori già nell'organico in nuovi schiavi.
Però se l’occupazione
aumenta, pur in presenza della spoliazione del Re, in questi tempi di magra, c’è
poco da fare gli schizzinosi. Non per fare il gufo, ma vorrei ricordare che all’indomani
dell’approvazione del jobs act, gli stessi padroni, Marchionne in testa, ebbero
a precisare che, pur apprezzando l’omaggio fiscale governativo, non avrebbero
aumentato il proprio organico nemmeno di mezzo schiavo, se non ci fosse stato
il minimo cenno di ripresa. Ripresa che, grazie alla marea di liquidità immessa
nel sistema da Draghi, al crollo del prezzo del petrolio, e alla svalutazione
dell’euro, si sta flebilmente concretizzando. Da qui la minima inversione di
tendenza in positivo sull’occupazione.
Il jobs act dunque non c’entra nulla. E’
l’ennesima prebenda che un governo al soldo del capitale elargisce ai suoi
mandanti. Ma chi paga? Questa è la novità vera. Per la prima volta
dopo il ’95 uno sgravio inerente le politiche del lavoro, in questo caso a
tutto vantaggio delle aziende, non è a carico dell’Inps ma della fiscalità
generale. E la fiscalità generale per il 75% è finanziata da pensionati e lavoratori
dipendenti. Al netto dunque delle
stronzate governative sulla rilevanza del jobs act in relazione alle recenti dinamiche di debole
aumento occupazionale, la politica renziana sul lavoro è l’ennesimo atto di una strategia, in corso da trent’anni, finalizzata al trasferimento di risorse economiche dai
salari ai profitti. Molti governi di centro destra e seducenti riformisti, dal
1984, con la legge Scotti sulla riduzione del costo del lavoro, si sono cimentati
in questo percorso e oggi siamo alle battute finali.
Ma tornando all’incipit di questo intervento,
cosa importa tutto ciò di fronte all’aumento dell’occupazione? Importa. Infatti
la favorevole congiuntura economica determinata dalla diminuzione del prezzo
del petrolio e dall’euro debole,
forse avrebbe ugualmente prodotto un
aumento dell’occupazione senza ulteriori regalie dei contribuenti a soggetti
che fanno profitti anche attraverso l’evasione fiscale.
E poi, scusate la
crudezza, ma la protervia, l’ignoranza, la cialtroneria di Renzi e dei suoi
cortigiani, merita la puntuale sconfessione delle menzogne che, grazie ad
uffici stampa da regime, vengono diffusi sui media mainstream asserviti. E’falso che il
jobs act incrementa l’occupazione, non è vero che il decreto Buona Scuola
migliora l’istruzione pubblica, è falso che la legge elettorale e la riforma
del Senato, aumentano la qualità
istituzionale del paese.
Questi signori vanno smascherati, vanno sbugiardati
sistematicamente. Urge un comitato di liberazione nazionale contro la menzogna.
L’odierna bugia al potere sta facendo
più danni di quanto abbia fatto il
precedente ventennio arcoriano, perché è
scagliata con inaudita crudeltà, più delle cortigianerie del bunga bunga,
contro la gente comune. Ieri la volgare la gnocca e i patetici guitti, oggi le finte, perfide, supine sophisticated ladies e i servi strateghi pronti
a morire per il capo senza neanche far ridere. Lotta dura contro il Pd di Renzi
dunque ne va della nostra sopravvivenza.
Ultimamente abbiamo ricevuto svariate critiche da parte di compagni che individualmente o come gruppi, ci hanno fatto pervenire il proprio disappunto in modo più o meno severo, in merito ad alcune scelte editoriali comparse nel nostro ultimo catalogo.
Tali critiche sono state prese in seria considerazione in una recente riunione di redazione e pertanto comunichiamo ai lettori quanto segue:
1) Riteniamo che l'antifascismo sia un valore centrale, irrinunciabile e di piena, urgente, attualità. Rifiutiamo qualsiasi tesi di superamento della dicotomia tra fascismo e antifascismo che porta con se l'idea del superamento di quella tra capitale e lavoro, destra e sinistra e, in ultima analisi, anche l'opposizione all'imperialismo risulterebbe in questo modo svuotata di senso.
2) Rifiutiamo decisamente qualsiasi ipotesi politica che in nome di un malinteso e distorto "antimperialismo" promuova convergenze o addirittura alleanze tattiche con settori provenienti dall'ambito fascista in qualsiasi sua declinazione, e, a maggior ragione, se contigui alle deliranti idee delle destre "sociali".
Compagni che prendono questa strada dimenticano purtroppo l'indissolubile legame tra il fascismo e il capitalismo, e dunque, l'imperialismo. Non ci può essere alcun accordo "antimperialista" con ambienti che, seppur mascherati, hanno sempre goduto delle generose elargizioni da parte di quell'imperialismo che dicono di combattere, e una tale ipotesi avrebbe come conseguenza la necessaria rinuncia a essere al fianco delle classi oppresse di ogni paese.
3) Sappiamo che i testi che assumono alcune categorie analitiche derivate dalle analisi di Costanzo Preve o di alcuni suoi epigoni, costituiscono la “base teorica” di soggetti coi quali non abbiamo, né vogliamo avere, nulla a che fare.
Riteniamo dunque che tali tesi non dovrebbero più avere spazio tra le nostre pubblicazioni.
I redattori della casa editrice Zambon:
Anna Bellini
Lucio Bilangione
Adriana Chiaia
Alessandro Pagani
P.S.
Adriana Chiaia, purtroppo assente dalla riunione di redazione per seri problemi di salute, assidua collaboratrice della casa editrice Zambon da più di dieci anni con saggi e traduzioni, curatrice della collana Le radici del futuro, dichiara di condividere pienamente il comunicato della redazione italiana in quanto esso riassume sinteticamente le ragioni della lotta che da più di un anno conduce sulle nuove tendenze della casa editrice. Lo ha fatto con noti scritti come Non siamo un ghetto o con proposte costruttive di riorganizzazione della casa editrice, sostenendo la necessità di una collegialità delle redazioni tedesca e italiana, nella scelta degli autori e nella valutazione delle opere presentate (come si verifica in ogni seria casa editrice) e inoltre pazientemente dimostrando la erroneità di alcuni paragoni storici con cui l’editore sostiene le sue posizioni (Togliatti nella cosiddetta svolta di Salerno non si alleò con la monarchia e Badoglio, ma convinse il comitato antifascista dei vari partiti esistenti in Italia meridionale a entrare in un governo che era l’unico governo italiano riconosciuto internazionalmente, URSS compresa, rimandando ogni decisione istituzionale sullo stato italiano alla conclusione della lotta armata partigiana che si svolgeva al nord). Purtroppo tutte le ragioni suddette, tenacemente e pazientemente espresse, si sono scontrate con la più assoluta sordità dell’editore.
La redazione italiana continuerà all’interno della casa editrice la sua lotta, certa che un numero sempre maggiore di lettori pensanti e dotati di senso critico condividerà il suo punto di vista. Anche perché il terreno reale delle lotte che l’intero movimento antifascista conduce quotidianamente contro i rigurgiti fascisti (Forza Nuova, Casa Pound, ecc.), anche se camuffati da improbabili populismi, dimostra concretamente la impraticabilità dell’alleanza fascismo-antifascismo.
La candidatura di Gianni Querqui ed il risultato conseguito dallo stesso, mostrano due dati politici chiari ed inequivocabili.
Il primo, che i circa 2600 elettori di Luigi Compagnoni, hanno optato per la conservazione delle cose allo stato attuale, mentre i restanti elettori HANNO VOTATO IL CAMBIAMENTO!
Il secondo dato, da non sottovalutare, è quello che evidenzia come le primarie del gennaio scorso, vinte da Luigi Compagnoni, siano state una vera e propria farsa, dove i brogli segnalati prima da Antonio Zaccini e successivamente dallo stesso Gianni Querqui, si sono rilevati fondati
Il candidato Luigi Compagnoni, infatti, che proprio dalla presunta “vittoria” delle elezioni primarie, avrebbe dovuto attirare su di sé gran parte dell’elettorato, al contrario ha portato il centro sinistra ad un risultato senza precedenti storici!
Perfino Stefano Gizzi, nel 1994, prese più consensi di Luigi Compagnoni al primo turno elettorale e per di più, con una sola lista!
Complici di questa disfatta, sono i suoi principali sponsor: l’ex Sindaco Antonio Ciotoli e l’ex assessore e Presidente del consiglio comunale, Antonello Ciotoli. Entrambi, come ricorderete, senza avvisare preventivamente il consiglio comunale e la popolazione di Ceccano, parteciparono ad una conferenza dei servizi, tenutasi a Roma il 27/01/2012, dove il Comune di Ceccano rilasciò nulla osta favorevole, per autorizzare un’azienda con sede in loco, la Viscolube Srl, a lavorare sostanze cancerogene e pericolosissime per la salute umana!
Il Partito Democratico, infine, è sprofondato in termini di consensi, scendendo sotto la quota dei 1000 voti. Ha evitato il peggio, soltanto grazie a Giulio Conti, nei confronti del quale, si era scatenata una guerra fratricida interna, senza precedenti, che comunque non gli ha impedito di sancire nuovamente la sua leadership.
Un conto che ora lo stesso Conti, presenterà salatissimo ai suoi, alla coalizione, ed in primis, all’architetto Luigi Compagnoni!
Aspettava il voto giocando alla playstation. Credeva che anche le regionali fossero una partita virtuale. Una finzione, che per lui è preferibile alla realtà vera perché manipolabile, con poco sforzo. E invece, tra il virtuale e le cose testarde, continua ad esistere una differenza. Quella che distingue la mistica del “solo con me si vince” da una vittoria reale, ottenuta nelle urne.
Giocava una partita in apparenza senza competitori (Forza Italia scomparsa: con 950 mila voti in sette regioni, poco più di quanto incassò nella sola Campania nelle precedenti regionali), e invece lo statista di Rignano ha fallito. La sua ideologia ufficiale, la costruzione con un’insopportabile dose mediatica di un ottimismo fasullo e a buon mercato, crolla d’incanto. L’astensione di metà degli aventi diritto urla a tutti che le battutine, gli annunci e i siparietti cozzano contro il disagio reale delle persone. Il non voto è per questo il principale nodo politico, il sensore di una caduta degli equilibri politico-istituzionali che potrebbe avere degli esiti sorprendenti. Il sociologo Fausto Anderlini parla di un “astensionismo ideologico”, come scelta esplicita, e di consapevole rottura, contro quella che viene percepita come la mutazione genetica del Pd.
La scommessa che con “l’antipolitica buona” di Renzi sarebbe stata disarcionata ogni “antipolitica cattiva” è stata persa, e in malo modo. L’antipolitica di governo tira la volata a manifestazioni ancor più radicali di indignazione. Il voto antisistema (di Lega e M5S, un po’ sbrigativamente accomunati dagli analisti), che nelle politiche del 2013 superava di 300 mila voti il Pd, e che nel 2014 era sceso sotto di quasi due milioni e mezzo rispetto al Pd, oggi torna al livello del 2013, con quasi mezzo milione di consensi in più nei confronti del Pd acciaccato.
Il M5S penetra in ogni pezzetto di territorio. Assente nelle precedenti regionali (tranne che in Campania e in Veneto: in tutto 97.197 voti), il M5S si consolida ovunque. Quelle amministrative non sono le consultazioni più congeniali per il movimento, e però accumula buone fette di sostegno, variabile tra il 15 e il 20 per cento. Con oltre 1 milione e 300 mila voti, il M5S è il secondo partito, pur cedendo 700 mila voti rispetto alle europee dello scorso anno.
E anche il dialetto brutale della Lega esce dalla Padania e ingrossa i consensi ovunque cresca il pregiudizio. Significativo è il dato pugliese, con la lista di Salvini che si aggiudica circa 40 mila voti. Nelle tre regioni rosse dell’Italia centrale, il Carroccio prende 340 mila voti. Considerando anche le schede andate alla lista Zaia, la Lega si attesta su un milione e 100 mila voti, cioè sul dato delle regionali del 2010 (e il doppio delle europee del 2014).
Per il Pd il discorso è complesso. Tra il trionfale ingaggio di truppe di parlamentari (provenienti da Sel, da Scelta Civica, da Foza Italia) e il voto reale c’è un abisso. Al neotrasformismo, che miete proseliti continui in aula (sovente in nome di sua maestà il vitalizio), non corrisponde un’espansione tra gli elettori. Con un corpaccio parlamentare in estensione, il Pd subisce una vistosa cura dimagrante nelle cabine elettorali.
Raccoglie, nelle sette regioni in cui si è rinnovato il consiglio, 2 milioni e 130 mila preferenze, con un crollo rispetto alle europee dello scorso anno, quando riportò 4.336.691 voti (sfondando anche nell’ostile nord est, ora terra dell’umiliante prestazione della candidata renziana, capace di incamerare un arduo record negativo). Il dato di oggi è inferiore di mezzo milione di voti rispetto a quello del 2010 e di un milione e 100 mila rispetto alle ultime politiche. Una sconfitta strategica piuttosto evidente. La perdita di un elettorato di sinistra non viene compensata da una capacità espansiva nelle praterie abbandonate della destra. Si conferma perciò il trend discendete, già annunciato lo scorso anno con le elezioni regionali in Emilia Romagna.
Renzi, per quanto campione dell’occasionalismo politico, cioè delle virate improvvise a dispetto di qualsiasi coerenza programmatica e ideale, non ha più la possibilità di invertire la rotta. Il suo abbraccio con Marchionne, l’assalto al sindacato, ai professori, al pubblico impiego sono delle scelte irreversibili. Il grande mondo antico della sinistra sociale e politica non si sente rappresentato dal partito della nazione e ricerca altre strade, senza alcuna indulgenza sul lamento renziano intorno al masochismo della sinistra perdente (il voto di ieri gli dà il benvenuto all’esclusivo club).
Il Pd prima vara l’Italicum, per imporre un regime bipartitico artificiale, senza più bisogno della fatica di una coalizione. E poi si lamenta che la frantumazione ha fatto perdere la Liguria. La vocazione maggioritaria del Pd, con il mito dell’uomo solo al comando, deve abituarsi a convivere con altre offerte elettorali che marciano in autonomia e anche in conflitto. In Liguria si conferma che uno spazio a sinistra di Renzi (a ridosso del 10 per cento) è possibile solo dove interviene nei giochi una componente ben riconoscibile della minoranza Pd, altrimenti le altre sigle mostrano segni di sofferenza (tranne che in Toscana).
Non è da escludere che nella minoranza Pd maturi la stessa tattica usata dalla componente centrista ai tempi di Bersani. Allora gran parte del moderatismo abbandonò il partito “neosocialdemocratico” andando dietro le mosse di Rutelli, Lanzillotta (rientrata appena decapitata la direzione bersaniana anche grazie alla costruzione di Scelta civica) mentre Renzi decise di restare, per condurre una battaglia interna al partito che percepì come “scalabile”.
Sabotare dal di dentro il disegno neomoderato del governo della narrazione, e insieme costruire altri percorsi politici e sociali al di fuori del Pd, tanto per ricambiare il trattamento ricevuto in passato dai centristi, potrebbe essere una efficace divisione dei compiti. Il Renzi silente, che evita di ammettere la sconfitta e vola in Afghanistan, è la migliore conferma che, dopo il voto, il re è nudo. I colpi hanno lasciato il segno. Ora però che la lezione del voto lo ha reso politicamente vulnerabile non bisogna più mollare la presa.
Domani è il 2 giugno 2015. Non è uno scoop, basta guardare
il calendario. Senonchè il 2 giugno di 69 anni fa pare sia
stato indetto un referendum per il quale l’Italia sia assurta al rango di
Repubblica Democratica, licenziando definitivamente il regime monarchico. Pare,
inoltre, che per la prima volta a
pronunciarsi sulla questione siano state coinvolte anche le donne, alle quali, mai prima di allora, era stato consentito di votare.
C’è da festeggiare? Secondo
le ordinanze prefettizie si. Non sia andrà
a scuola e gli uffici pubblici rimarranno chiusi. Ovviamente la grande
distribuzione se ne fotte di queste quisquilie. Cosa vuoi che sia un passaggio storico così
importante di fronte alla possibilità di vendere un etto di mortadella in più o
di schiavizzare un po’ di disgraziati che pur di tirare avanti sono disponibili
a sacrificare al capitale la loro vita, 24 ore su 24, natale a pasqua compresi? Alla faccia della
Repubblica fondata sul lavoro e non sullo sfruttamento.
Siamo sicuri che la fondamentale portata democratica del referendum
di 69 anni fa, così storicamente importante,
sia giunta fino a noi intatta? Quanto già scritto sulla faccenda degli ipermercati aperti
potrebbe far nascere dei dubbi. E riflettendo con più attenzione i dubbi si trasformano
in inoppugnabili contraddizioni.
Cominciamo dell’istituzione del referendum, un esercizio di democrazia sublime in cui il
cittadino è chiamato direttamente a decidere su alcuni aspetti della propria vita sociale. Ha
senso celebrare tale avanzamento democratico quando nel 2011, una sacrosanta prescrizione
referendaria sull’assoluto divieto di realizzare profitti dalla gestione
privata di beni necessari alla vita come l’acqua, è stata completamente
disattesa dagli organi legislativi?
E
ancora. Ha senso festeggiare un evento fondamentale, come il passaggio da una
sovranità monarchica ad una sovranità popolare, quando nello scorso fine
settimana, in concomitanza di elezioni regionali e comunali, espressione di una
valenza democratica di prossimità, la metà dei cittadini ha deciso di non
esercitare quel diritto di scelta conferitogli dagli eventi accaduti il 2
giugno di 69 anni fa? E’ democrazia quella
che lascia il 50% della popolazione priva di rappresentanza?
Ed infine, ha senso festeggiare questa
ricorrenza con parate militari ed esibizioni di aerei da combattimento, quando
a seguito di quel 2 giugno è nata una Costituzione in cui all’art.11 si afferma
che l’Italia ripudia la guerra? Una
delle tante obiezioni a quest’ultimo assunto riguarda il senso di appartenenza
alla Patria i cui confini devono essere
difesi (dall’attacco di chi?).
Ma anziché ammirare le frecce tricolori o i
carri armati, non da più senso di appartenenza alla comunità evitare di evadere
le tasse, in modo da assicurare a tutti i “compatrioti” servizi sociali
efficienti? Non ci si sentirebbe più Italiani
se la scuola pubblica riuscisse a trasmettere quei valori storico culturali,
fondamento della nostra identità e sensibilità umana?
E’ appagante festeggiare
il 2 giugno svendendo la fonte della nostra storia sociale e culturale (la scuola pubblica) alla
multinazionale di turno? Scusata ma personalmente trovo il 2 giugno una data
fausta per ciò che storicamente si è determinato, ma notevolmente infausta per
come ipocritamente oggi quella ricorrenza è festeggiata. Comunque buon 2 giugno
a tutti.
ANPI provinciale - Partito comunista d'Italia - Sinistra ecologia e libertà - Partito della rifondazione comunista Se - Federazione giovani socialisti - Movimento "5 stelle" - Assoc. Oltre l’Occidente - Comitato di lotta per il lavoro - Confederazione Cobas - Comitato "Salviamo la Costituzione"
La rete NO WAR provinciale, coordinamento tra organizzazioni sensibii ai temi della pace e della convivenza tra popoli, si oppone alle guerre, che umiliano e devastano culture, storie e civiltà.
La guerra imperversa ormai dalla Somalia all’Iraq, dalla Siria al Sud Sudan, dal Califfato Islamico(ISIS) al Califfato di Boko Haram (Nigeria), dal Mali all’Afghanistan, dal Sudan (la guerra contro il popolo Nuba) alla Palestina, dal Centrafrica al Libano. La Libia sta sprofondando in una paurosa guerra civile di tutti contro tutti, come sta avvenendo nello Yemen. L’Ucraina sta precipitando in una carneficina che potrebbe portare l’Europa in guerra contro la Russia. E’ già ritornata la Guerra Fredda fra Russia e i paesi del Patto NATO che persegue una politica di espansione militare che va dall’Ucraina alla Georgia.
A livello mondiale infatti oggi si spendono quasi cinque miliardi di dollari al giorno in armi. Solo in Italia spendiamo 70 milioni di euro al giorno in armi, senza contare i 15 miliardi di euro stanziati per gli F-35 e 5,4 miliardi per una quindicina di navi militari. Ma ancora più grave è il ritorno trionfale delle armi atomiche. Gli USA spenderanno nei prossimi anni 750 miliardi di dollari per ‘modernizzare’ il loro arsenale atomico.
In questo scenario la Rete si adopera per richiamare tutte e tutti ad una attenta riflessione, che nel nostro paese comincia con il considerare imprescindibile una chiara ed invalicabile lettura ed applicazione dell'art.11 della Costituzione italiana e una strettissima osservanza della legge n.185 del 1990 (modificata), relativa al commercio, esportazione e transito delle armi.
La Rete si impegna a tenere un tavolo di confronto che sarà il punto di incontro della Rete, allargato a realtà, gruppi e coordinamenti già presenti sul territorio ma non ancora raggiunti, che sappiano dialogare, partendo da posizioni e sensibilità anche molto lontane le une dalle altre, su tematiche di ampio respiro.
Tra le iniziative promosse dalla Rete, domani 2 giugno ‘15 h.17,30 Frosinone l.go Turriziani si terrà l’incontro “ 2 giugno 1946 La Repubblica sconfigge la guerra… 2015 le spese militari preparano nuove guerre” a cui partecipaeranno Luca Frusone Deputato Movimento 5 Stelle, Commissione Difesa e Maurizio Musolino, Segreteria nazionale Partito comunista d'Italia.
L’incontro tratterà in maniera puntuale sulla questione delle armi, anche grazie all’intervento di Frusone: "Interverrò domani ad un interessante dibattito pubblico organizzato dalla Rete no war Frosinone incentrato su diversi argomenti inerenti il comparto Difesa. Parlerò dei nuovi documenti che il Parlamento si appresta ad esaminare, come il Libro Bianco che definisce per i prossimi 15 anni il ruolo e le caratteristiche della Difesa italiana e il documento pluriennale programmatico che, al contrario di quanto si dice, riporta un notevole aumento delle spese per armamenti come gli F35 e altri sistemi d'arma. Si parlerà delle bugie dette in 2 anni sul tema della spesa per la difesa e il finto sforzo del governo verso il disarmo. Invito tutta la cittadinanza a partecipare."
In un incontro seminariale, svoltosi presso Sala Santa Maria in Aquiro, del Senato della Repubblica, il 28 maggio 2015, sono stati evidenziati molti punti che presentano criticità sotto il profilo costituzionale.
Si è svolto a Roma presso la Sala Santa Maria in Aquiro, del Senato della Repubblica l’incontro seminariale organizzato dall’Associazione Nazionale Docenti (AND) su: “Scuola, Università e Democrazia”. Nel seminario è stato trattato il Disegno di legge AS 1934 di “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”.
Il progetto di legge, contro il quale si è mobilitato, come non mai, il mondo della scuola, studenti e genitori, e gran parte della società civile, è stato esaminato da parte di giuristi ed esperti, parlamentari e rappresentati del mondo associativo dei docenti.
I lavori sono stati coordinati da Valeria Bruccola, mentre le relazioni sono state svolte da Giuseppe Bagni, presidente del CIDI, da Francesco Greco, presidente dell’Associazione Nazionale Docenti e da Ferdinando Imposimato, presidente onorario aggiunto della suprema Corte di Cassazione.
Particolarmente preciso ed efficace l’intervento di Imposimato il quale ha smontato punto per punto l’impianto del DDL appena approdato all’esame della Commissione Istruzione del Senato. Il presidente Imposimato ha rilevato evidenti elementi di criticità in aperto contrasto, tra gli altri, con gli articoli 33 e 97 della Costituzione, tanto da rendere possibile il ricorso alla Consulta, qualora dovesse diventare legge.
La senatrice Enza Blundo del Movimento Cinque Stelle è intervenuta affermando che il progetto di riforma del Governo rappresenta un attacco inaudito all’intero ordinamento scolastico italiano.
Nel suo intervento l’onorevole Stefano Fassina, deputato del PD, ha detto di ritenere molto importanti le iniziative di protesta perché tengono alta l’attenzione sulla scuola. Per parte sua, sosterrà insieme ad altri colleghi del PD azioni volte ad eliminare i punti critici del progetto di legge. Anche il senatore Walter Tocci del PD nell’incontrare i rappresentanti dell’AND, ha assicurato il proprio impegno nella discussione in Senato, affinché vengano apportati correttivi adeguati al progetto di riforma della scuola.
Fra gli intervenuti al seminario molti hanno comunque sostenuto la necessità di promuovere azioni di lotta ancora più incisive di quelle finora attuate, di dar luogo, in sostanza, a una vera e propria resistenza civile ormai assolutamente necessaria, visto il muro opposto dal Governo ad ogni richiesta di modifica.
Insomma, un incontro particolarmente intenso che contribuisce a tenere alto il livello del dibattito in atto sulla scuola italiana e sull’opposizione al progetto di riforma, che interviene a poche ore dall’audizione dell’AND in Commissione del Senato, nella quale è stato richiesto con estrema chiarezza il ritiro del Decreto legge del governo, che mira a smantellare completamente la scuola quale componente integrante di un sistema di valori, definito nella Carta Costituzionale che interpreta e afferma i principi imprescindibili dello Stato democratico.
Il Coordinamento Provinciale della sanità convoca una conferenza stampa per lunedì 1 giugno 2015, alle ore 12, presso la libreria "Edicolè" in Piazza Madonna della Neve - Frosinone. Il tema è il seguente:" La sanità ciociara: TRA PSEDO INAUGURAZIONI, PROMESSE E RISTRUTTURAZIONI CONTINUA LO SFASCIO".
Questo argomento sarà oggetto di una tavola rotonda che si terrà venerdì 5 c.m., alle ore 16, presso la Casa del Volontariato di Frosinone. Hanno dato la loro adesione quattro consiglieri regionali.