Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 3 agosto 2013

BARI OM CARRELLI BLOCCO OPERAI CAMION


Fonte: Tg Norba 24

 

 Lo avevano promesso e lo hanno fatto gli operai della om carrelli di Modugno hanno bloccato il camion mandato dall' azienda proprietaria la Chiom per portare via alcuni dei 260 carrelli già pronti stipati da tempo all' intero dello stabilimento chiuso da due anni.I carabinieri sono pronti a intervenire se si dovessero verificare disordini ma gli operai non demordono e civilmente per

ora stanno impedendo al camion di passare davanti ai cancelli hanno sistemato tavolini ombrelloni per proteggersi dal sole ci sono anche le mogli e i figli ma non è una gita al mare qui si decide il futuro di 223 persone e delle loro famiglie. Non lo facciamo entrare perchè qui c'è il nostro futuro facendo uscire i carrelli abbiamo perso tutto rimaniamo qui anche a ferragosto anche di notte di notte e di giorno sempre qua di qua non ci muoviamo è l'ennesima provocazione da parte dell'azienda della Chiom. Di qua non ce ne andiamo il male che ci stanno facendo lo pagheranno tutto.
Ultimamente ci hanno  fatto l'ultima minaccia anche quella di non far entrare due aziende che sono interessata a rilevare il sito. L'arrivo dei tir per gli operai è una provocazione dell'azienda tedesca con cui martedì e' fallita la trattativa  a roma ma loro non si fanno fermare neanche davanti al ricatto di non anticipare la cassa integrazione se non avessero abbandonato il presidio. Ci sono lavoratori  che nonostante non avranno lo stipendio cioè di che mangiare a fine mese stanno qua a difendere il loro posto di lavoro loro ci vogliono prenedere per fame e noi ci stiamo organizzando, per questo hanno lanciato una campagna di sottoscrizione attraverso la cassa di mutuo soccorso per raccogliere fondi e sostenere le spese un anonimo benefattore ha gia donato  4mila euro in buoni pasto l'assessore regionale al lavoro Caroli ha fatto visita ai lavoratori per ribadire il sostegno della regione alla vertenza mente gli operai hanno preparato un documento ufficiale che nei prossimi giorni sarà protocollato dalla regione puglia dal comune di Modugno in cui si chiede proprio questi due enti di farsi cedere la proprietà dello stabilimento con impianti e macchinari l'idea e' di riaprire l'azienda con gli operai pronti a costituirsi in cooperativa. 

Come il feuilleton di Dumas

 PIERFRANCO PELLIZZETTI  fonte "il manifesto del 03/08/2013



 

Eccoci giunti all'ultimo capitolo del romanzo d'appendice dei nostri giorni, in cui una delle dieci nazioni più industrializzate del mondo si è messa nelle mani di un megapataccaro che spaccia sciroppi miracolosi. La storia cominciata con la pimpante videocassetta del 1994 «è questa l'Italia che amo» e terminata nel 2013 sullo stesso medium ma con il tono sconsolato del «non è questa l'Italia che amiamo».

Tra la "discesa in campo" e l'espulsione fischiata dai giudici della Corte Costituzionale scorrono due interminabili decenni in cui Silvio Berlusconi ha sovrapposto alla vicenda del Paese le proprie personali vicende, ha riconfezionato la realtà nell'americanismo d'accatto della sua cultura di agente della modernizzazione mediocre e subalterna. Una storia che, grazie al lavoro dei fidi ghost writers del riccone sceso in politica, ci è stata raccontata come un film, variando su sette-trame-sette di chiara matrice hollywoodiana: solo contro tutti (Mezzogiorno di fuoco), l'estremo sacrificio (Casablanca), il Bene contro il Male (Guerre stellari), l'innocenza vittoriosa (Mr. Smith va a Washington) il corpo del leader (el Cid), arrivano i nostri (Ombre rosse), l'epopea (il serial Rocky).

Nella breve stagione delle cosiddette "larghe intese" abbiamo assistito a una nuova entrata, allo scopo di somministrarci la favoletta sulla pacificazione dopo la guerra civile. Qualcosa come Via col vento, con Berlusconi nella doppia parte di Rhett Butler e Rossella O'Hara, mentre il ruolo della mitica Tara (baricentro delle esistenze dei personaggi) veniva assunto da Mediaset. Solo nelle accelerazioni drammatizzanti delle ultime settimane, quando all'interno dell'interminabile show iniziavano a penetrare barlumi di realtà sotto forma dell'incombente Palazzaccio romano sede della Cassazione, gli ormai stanchi soggettisti berlusconiani hanno ripiegato sul repertorio filmico nazionale, tirando in ballo «il giudizio universale» di Vittorio De Sica e «Detenuto in attesa di giudizio» di Nanni Loy.

Ma giovedì sera le ombre in movimento, che ci avevano garantito essere la realtà, sono state spazzate via da una sentenza definitiva. E il grande imbonitore è apparso sugli schermi nel suo discorso preregistrato, in un spettacolo che ricordava drammaticamente «La notte dei morti viventi»: lo scattante cinquantenne fresco di successi imprenditorial-sportivi e con quell'aria del simpatico mascalzone ha lasciato il campo ad un ultra settantenne grottescamente ridipinto dai parrucchieri e truccato dai visagisti con largo uso della spatola. Riproduzione fisica emblematica del decadimento di un'avventura protrattasi troppo a lungo; che tanto a lungo ha coinvolto nelle sue finzioni pure i comprimari della controparte. Quelli che si sono bevuti la storia di una "rivoluzione liberale" puramente onirica e vollero cimentarsi anch'essi in questo tip-tap sulle sabbie mobili dell'economia-vudu: imitatori parrocchiali del Tony Blair e delle sue Terze Vie opportunistiche (di cui lo storico Tony Judt diceva: la Thatcher crede nelle privatizzazioni, a Blair semplicemente piacciono i ricchi).

Avventura che ha prodotto una neolingua con cui hanno finito per parlare perfino quelli che pretendevano di esserne l'alternativa politica: l'orribile «mettere le mani nelle tasche dei cittadini», con cui la retorica berlusconiano/tremontiana demonizzava le pratiche della redistribuzione fiscale proprie della civiltà democratica, che tante volte abbiamo ritrovato nelle argomentazioni della presunta sinistra aggiornata.
Quanto finisce è un'immensa manipolazione a scopo di potere che ha stravolto modelli di pensiero, lessici, codici valoriali. Rimandando ad altra sede cenni all'immane opera di corruzione della società, egemonizzata dalla cosiddetta neoborghesia cafona («quella che parcheggia il Suv in terza fila»). E mentre il sogno evapora l'intera politica resta come quegli «artisti sotto la tenda del circo: perplessi».




Foto clip di Luciano Granieri

venerdì 2 agosto 2013

Partiti o comitati elettorali?

Rossana Rossanda: fonte www.sbilanciamoci.info.

La requisitoria contro i partiti, fatta propria da amici carissimi oltre che cittadini specchiati, come Marco Revelli, è approdata sul loro esponente più fragile, il Partito democratico, dimostrando che l’esito ne è la trasformazione del partito in semplice comitato elettorale. Che cos’era un partito se non un’idea e proposta di società, fatta propria da una parte di essa, come dice la stessa parola, e presentata a una popolazione composta da parti sociali diverse e anche opposte? È in questo senso che la Costituzione del ’48 indica nei partiti, aggregati per idee e interessi, gli strumenti tipici della democrazia, i “corpi intermedi che organizzano la riflessione fra la società e lo stato, e attraverso le elezioni ne esprimono la frazione maggioritaria”. Con un solo limite, il patto costituzionale, entro il quale e senza uscirne i partiti sono liberi di muoversi e modificarsi.
Questo impianto del pensiero politico moderno sta saltando dal 1989 in poi con la crisi dei partiti comunisti e di quel “compromesso keynesiano”, che era nato dopo il disastro economico del ’29, il sorgere dei fascismi e la seconda guerra mondiale. Ed era stato alla base delle costituzioni democratiche, come la nostra. Esso riconosceva che fra capitale e salariato gli interessi sono opposti e cercava di frenare sia una rivoluzione, come quella russa del 1917, sia una reazione come quella fascista e nazista, ponendo dei limiti alla classe più forte, quella del capitale. Era allora comune che il modo di produzione capitalistico dominante in occidente andasse corretto, l’ondata liberista riaperta da Thatcher e Reagan ha dichiarato l’unicità e l’eternità dell’assetto sociale capitalista con la famosa “Tina” e ha messo fine ai “partiti” come espressione di “parti sociali’, lasciando legittimità soltanto ai bilateralismi anglosassoni e a un modo in parte diverso di amministrare l’unica società possibile, quella capitalista. E questo ritorno a Von Hayek è apparso persuasivo agli eredi europei dei partiti comunisti, anzi, come ebbe a dire D’Alema, la “normalità” cui hanno auspicato che anche l’Italia arrivasse.
Da quel momento anche i partiti che hanno continuato a dirsi di sinistra hanno cessato di esprimere un diversa idea di società, con relativi valori e controvalori, avversari e obiettivi e il loro asse si è spostato dalla proposta di un’idea di società e di paese alla promozione delle persone che si candidano a dirigerlo. Non stupisce che il più travolto e sconvolto dal mutamento sia l’erede del Partito comunista, il Pd. Traversato da lotte furibonde tra autoproposti a tenere il presente e i pochi che vorrebbero mantenere una differenza sociale, essere insomma non dico ancora comunisti ma ancora keynesiani. I più, anche nella cosiddetta società civile, di conflitti non ne vogliono più sentir parlare e preferiscono lamentare la degenerazione morale di una politica che non può essere che quella. E non ne vogliono sapere, non per caso, della proposta di Fabrizio Barca, consistente nel ridare ai partiti soltanto il ruolo di propositori di idee di società, separandoli dalle istituzioni dello Stato, con relativi posti e prebende. Non è una proposta semplice ma non è stata presa neanche in considerazione dai candidati leader alla segreteria, e il Pd già non è che un comitato elettorale, il cui problema principale è decidere se la base degli elettori deve essere riservata a chi ne costituiva la base sociale composta dai senza mezzi di produzione (capitali, terre, miniere) oppure l’intera popolazione, capitalista o no. Il voto andrà esclusivamente alla persona del candidato e al suo modo di fare e apparire in una società appunto “normalizzata” come sopra. Un giovane come Renzi non esita a dire che del partito non gliene importa niente, se non come mezzo sul quale salire per arrivare al governo; perché di una società altra non gli cale affatto.
Non so se un partito del genere sarebbe in grado di risanare la crisi italiana, sezione della crisi mondiale in cui il liberismo ci ha messo. Questo non sta nei suoi intenti, come non mi è nota l’analisi delle cause che ne fa finora Barca. Più modestamente la sua proposta sarebbe in grado liberarci da quella sovrapposizione di bassi interessi e illegalità che deprecava Marco Revelli nell’auspicare la fine dei partiti? Forse sì, ma se ne uscirebbe ripulita la sfera della rappresentanza, l’intera formazione della struttura politica andrebbe ripensata. E sarebbe impossibile cancellare il conflitto sociale come oggi fa tutta la politica, destra e sinistra, rappresentati e non rappresentati.
  

Sanità. Delusione per il comportamento di Zingaretti

Francesco Notarcola – Presidente della Consulta delle associazioni della Città di Frosinone     

 Il metodo seguito dalla Regione Lazio nel diramare le direttive sulle linee guida per la redazione degli atti aziendali delle ASL ricalca e consolida la prassi fallimentare della vecchia  maggioranza destrorsa.
 Dalla Giunta Zingaretti ci aspettavamo un profondo rinnovamento per accogliere,  valorizzare e realizzare  le  istanze di partecipazione delle associazioni e dei cittadini, in coerenza con le enunciazioni programmatiche e gli impegni assunti durante la recente campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio regionale. Il risanamento della sanità e la costruzione di un sistema sanitario efficiente e di eccellenza non può essere opera di coloro che hanno avallato e legittimato il caos, la corruzione e gli sprechi che hanno caratterizzato il sistema sanitario della nostra Regione e della nostra provincia.
Decine di associazioni sì sono  riunite nei mesi di marzo ed aprile coinvolgendo anche alcuni consiglieri regionali e parlamentari di questa provincia. A conclusione di questo serio  impegno di lavoro  è stato redatto un documento (allegato) di analisi e di proposta basato su 8 punti che, alla fine di maggio, è stato inviato al presidente Zingaretti, al presidente della commissione regionale della sanità, al sindaco del capoluogo al direttore generale dell'Asl e al commissario della provincia. A tutte queste autorità è stato chiesto un confronto pubblico. A tutt'oggi le Istituzioni interessate non hanno fatto pervenire alcun riscontro.
Questo modo di fare ci lascia profondamente delusi alimentando e rafforzando la già notevole  sfiducia nelle Istituzioni e nella politica.  Continuando con questi metodi per la sanità provinciale non ci saranno prospettive di ripresa  e le conseguenze saranno molto gravi e pesanti per l’occupazione, lo sviluppo economico ed il risanamento del territorio.
 Le linee guida emanate dalla Regione e l'atto aziendale redatto dalla asl, sonoramente bocciato,  sono fuori legge perché non rispettano quanto previsto dalla  normativa vigente  per il numero di posti letto rispetto alla popolazione, per l'assegnazione dei posti di  primario, ecc...


È inaudito...!!! Dalle linee guida e dall'atto aziendale non si evince un serio impegno nella lotta agli sprechi ed alla corruzione.


Per tutti questi motivi e per le ragioni espresse dai sindaci e dal rappresentante dell’Ordine dei medici proponiamo di fare rete. Incontriamoci per mettere a punto una proposta,  un progetto di sanità  che risponda alle esigenze di modernità e di  tutela della salute delle popolazioni e del nostro territorio. Non si può  pensare alla tutela della salute dei cittadini senza pensare a tutelare la salute del territorio.  Spetta al sindaco del Capoluogo,  nella sua qualità di presidente della Conferenza locale, promuovere, organizzare e coordinare gli incontri per mettere in atto tutte le iniziative necessarie per aprire un confronto serrato e proficuo con la Giunta Zingaretti e con il Governo.



Il documento : 

DOSSIER SULLA SANITA’ – ASL FROSINONE -


 L’organizzazione sanitaria della provincia di Frosinone nel settore ospedaliero e in quello territoriale, ha visto un lento e progressivo impoverimento ed un venir meno alla capacità di far fronte ai bisogni di salute della nostra popolazione. Dai tempi  della giunta regionale presieduta da Badaloni ad oggi, sono state chiuse importanti strutture ospedaliere come Isola del Liri, Arpino, Ceprano, Ferentino, Veroli, fino ad arrivare alle decisioni assurde ed improvvisate, fantastiche,  della giunta presieduta dall’On. Polverini, alle quali hanno fatto seguito la chiusura di strutture ospedaliere che avevano un radicamento storico nel territorio ed avevano fama di luoghi di cura efficienti e capaci, come Atina, Ceccano, Pontecorvo ed Anagni. Queste strutture erano punti di riferimento di popolazioni di vaste zone della Ciociaria come l’alta e bassa valle del Liri,  la valle di Comino e la zona nord della provincia, che serviva anche la zona sud della provincia di Roma.
Occorre rilevare e sottolineare che la chiusura di queste strutture ed il ridimensionamento o la chiusura di reparti negli ospedali di Cassino, Sora e Frosinone, non hanno apportato alcun miglioramento. Il caos organizzativo è stato consequenziale anche al fatto che non si è avuta la capacità di elaborare un atto aziendale adeguato alle necessità e ai bisogni di salute. Nella ASL di Frosinone vige ancora l’atto aziendale del 29 maggio 2004. Tutti i cambiamenti, le soppressioni, le chiusure delle strutture ed il ridimensionamento di taluni servizi territoriali sono dovuti all’improvvisazione o alla necessità di interventi dovuti alla protesta dei cittadini.

Le conseguenze sono state catastrofiche:

1)   Drammatica riduzione dei posti letto.
     Il numero dei posti per acuti nella provincia di Frosinone è ben al di sotto dello standard nazionale: 2,4 posti letto / per mille abitanti in Ciociaria, rispetto a 4 posti letto / per 1000 ab. previsti dalla normativa. La nostra provincia è perciò in credito di posti letto ed ha assolutamente bisogno di investimenti per sanare questo vuoto, causa attuale di disagi e drammi quotidiani.
2)   Non si è costruita una organizzazione sanitaria territoriale adeguata. Non si è modernizzata l’organizzazione dei medici di famiglia innovandone il ruolo, i compiti e la loro collocazione.
3)   Non si sono create unità di eccellenza,  efficienza e qualità. Ciò ha senz’altro favorito la mobilità passiva, che ogni anno  costa alla ASL  80/100 milioni di euro.
4)   La gestione delle ASL è stata sempre caratterizzata dal clientelismo e dalla strumentazione politica. Le risorse umane e finanziarie non sono state, perciò, finalizzate al miglioramento  e al soddisfacimento della richiesta di servizi efficienti e di qualità.
5)   Le gestioni che si sono succedute negli ultimi venti anni nella ASL hanno volutamente trascurato la lotta agli sprechi e il  recupero delle risorse, ivi compreso  l’uso degli immobili di proprietà della ASL. Importanti immobili sono oggi nel degrado e nell’abbandono (ex consultorio, ex INAM, ecc.).
6)   Le gestioni della ASL hanno completamente e fortemente contrastato la partecipazione dei cittadini, l’informazione e la trasparenza.

In conclusione le ASL non sono mai state case di vetro ma strumenti di potere molto spesso occulto. Ciò ha impedito il crescere dell’organizzazione sanitaria tesa al soddisfacimento dei bisogni e il raggiungimento di livelli qualitativi soddisfacenti.

L’entrata in funzione dell’ospedale di Frosinone aveva creato molte attese e molta fiducia circa il miglioramento dell’organizzazione dei servizi sanitari ospedalieri in tutta la provincia.
Secondo gli impegni assunti dagli schieramenti di centro destra e centro sinistra in occasione delle elezione regionali passate, l’ospedale del capoluogo doveva divenire DEA di secondo livello (DCA 87/2009). Ciò avrebbe dovuto rappresentare un vero salto di qualità in termini assistenziali per l’intera provincia di Frosinone. Non è stato così. L’ospedale di Frosinone, ma anche gli ospedali di Sora e di Cassino, non sono nemmeno adeguati a quanto prescrive la legge per i DEA di I livello.

Infatti il DEA di I livello garantisce, oltre alle prestazioni fornite dagli ospedali sede di Pronto Soccorso, anche le funzioni di osservazione  e breve degenza, di rianimazione e, contemporaneamente, assicura interventi diagnostici-terapeautici di medicina generale, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, cardiologia con UTIC (Unità di Terapia Intensiva Cardiologia). Sono inoltre assicurate le prestazioni di laboratorio di analisi-cliniche e microbiologiche, prestazioni trasfusionali, e di diagnostica per immagini.

Il DEA di II livello assicura, oltre alle prestazioni fornite  dal DEA di I livello, funzioni di più alta qualificazione legate all’emergenza, con la presenza di specialità quali la cardiochirurgia, la neurochirurgia, la terapia intensiva neonatale, la chirurgia vascolare, la chirurgia toracica. Altre componenti di particolare qualificazione, quali le unità per grandi ustionati e le unità spinali, sono collocate nei DEA di II livello, garantendo un’equilibrata  distribuzione sia sul territorio regionale che nazionale, ed una stretta interrelazione con le centrali operative delle Regioni.

Il veto di assumere medici ed infermieri ha portato ad uno sperpero di denaro senza precedenti. Il piano di rientro ha rappresentato un alibi per gli amministratori regionali. Essi hanno negato, infatti, alla nostra provincia investimenti mirati all’assunzioni  di nuovo personale sanitario, di stabilizzazione del personale esistente, di creazione di nuovi servizi ospedalieri e territoriali, di acquisto di nuove e moderne attrezzature  sanitarie.
 A causa di questo diniego, assurdo ed incomprensibile, tutto è diventato precario, comprese le unità operative complesse di pronto soccorso negli ospedali rimasti. I pronto soccorso sono ormai considerate bolge infernali senza diritti e rispetto delle leggi. La promiscuità ed il disprezzo della dignità e della riservatezza caratterizzano le soste o gli ammucchiamenti nei locali adiacenti i pronti soccorsi ospedalieri.

Di fronte a questa situazione è necessario ed urgente intervenire con dei provvedimenti che possano ripristinare legalità e diritti.
L’associazionismo del capoluogo e della provincia ha espresso un impegno senza soluzione di continuità, cercando il dialogo ed il confronto con l’unico scopo di migliorare i servizi e la qualità delle prestazioni sanitarie, ma ha trovato sempre le porte chiuse. Le dichiarazioni di intento del presidente Marrazzo, relative a garantire l’intervento diretto dei cittadini, delle parti sociali e degli enti locali nella programmazione sanitaria e nella verifica dei risultati, sono rimaste lettera morta.
Parimenti non è mai nato il tentativo di realizzare un vero e proprio bilancio sociale partecipato e condiviso in termini di bisogni socio-sanitari
E di costruzione di una solida rete territoriale così come previsto dalla legislazione vigente.

Le proposte:

1)   L’ospedale del capoluogo deve avere un ruolo di DEA di secondo livello per una riconosciuta necessità di far fronte ai bisogni sanitari della provincia.

2)   L’organizzazione sanitaria, in ogni provincia del Lazio, deve saper soddisfare in modo autonomo i bisogni di salute della sua popolazione e del suo territorio. Il concetto di difesa di salute del cittadino deve essere strettamente connesso alla difesa di salute del territorio e quindi agli interventi necessari e urgenti per il risanamento ambientale.

3)   In questo quadro, l’ organizzazione della sanità   si pone come condizione primaria per il rilancio dell’economia e dello sviluppo. Infatti nella nostra provincia non si può pensare al decollo  di una economia turistica, alberghiera, montana,  termale ed agricola senza un’ efficiente qualità sanitaria. Le acque di Fiuggi sono considerate, da sempre, miracolose per la salute dei reni. In questa importante stazione termale potrebbe sorgere, con il contributo delle Università del Lazio, un centro di ricerca e di cura per la patologie urologiche, contribuendo, in modo serio, alla valorizzazione del territorio ed alla ripresa.

4)   Il cuore dell’organizzazione sanitaria deve essere l’organizzazione dei servizi sanitari territoriali. Questi servizi devono poggiare su un ruolo determinante dei medici di famiglia. L’attuale modo di essere dei medici di famiglia è superato e rappresenta anche un parziale spreco  di risorse. Occorre procedere ad un’innovazione profonda che adegui l’organizzazione dei medici di famiglia realizzando strutture collegiali territoriali(h 24) adeguate ai tempi, senza bisogno di ulteriori costi. L’organizzazione può trovare collocazione nelle strutture sanitarie dismesse dove si continua a tenere accese illuminazione, riscaldamento e quanto altro. In questo quadro occorre garantire a tutti i cittadini i tempi di accesso alle prestazioni sanitarie, adeguate ai problemi clinici presentati. Questo obbiettivo di primaria importanza per la tutela ed il rispetto dei fondamentali diritti della persona va realizzato con urgenza, riducendo gli attuali scandalosi tempi di attesa che minano anche il rapporto di fiducia verso il sistema sanitario pubblico. E’ possibile ridurre i tempi di attesa e fornire prestazioni adeguate e tempestive, incrementando la produttività dei medici specialistici convenzionati e migliorando l’organizzazione dei servizi.

5)   Accanto ai medici di famiglia dovrebbero trovare posto servizi socio sanitari realizzati secondo convenzioni stipulate da Comuni e ASL, secondo quanto stabilisce la legislazione vigente.

6)   Il potenziamento dell’assistenza domiciliare (CAD) porterebbe  a un risparmio enorme dei ricoveri ospedalieri e alla disponibilità dei posti letto.  L’efficienza dei servizi sanitari territoriali va, quindi,  commisurata ad un’indagine conoscitiva dei bisogni di salute di quei cittadini portatori di patologia o di pluri-patologie croniche che non li rendono auto sufficienti.

7)   La partecipazione delle associazione dei cittadini deve diventare strumento di arricchimento della proposta sanitaria e del modo di gestire e di fare sanità. La partecipazione deve essere vista anche come momento di verifica e di controllo non solo della efficienza e della qualità dei servizi  ospedalieri locali, ma anche come controllo del giusto impiego delle risorse umane e finanziare. Occorre tener presente che la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti evidenziava già nel 2007, nella ASL di Frosinone: a) una situazione di diffusa irregolarità contabile; B) un non corretto ed efficace uso delle risorse; c) un elevato rischio di permanente squilibrio in bilancio;  
 Secondo i pareri espressi ripetutamente da alti magistrati di Cassazione della Corte dei conti nonché  della Commissione parlamentare  d’inchiesta sulla corruzione, la partecipazione è considerata unico strumento insostituibile per arginare  la corruzione, gli sprechi e il clientelismo.
 Una attenzione particolare deve essere data anche  ad una informazione finalizzata alla rivalutazione ed al rilancio delle strutture sanitarie  pubbliche  nonché alla conoscenza  dei servizi che sono a disposizione dei cittadini, inclusi gli orari, le specializzazioni, i nomi dei sanitari.
La trasparenza deve essere azione quotidiana. Non si capisce perché ogni richiesta di dati diventa un segreto di stato. Si mettono in atto resistenze inaudite ogni volta che un’associazione chiede di conoscere un’informazione, un dato, una delibera. Va rielaborata, pertanto, una legge che riguarda l’informazione,la  partecipazione e la  trasparenza che obbliga a fornire quanto si chiede in tempi reali ( 24 ore) sia per le ASL che per i comuni.
Inoltre, tutti i dirigenti della ASL, annualmente, andrebbero  sottoposti alle valutazioni e al giudizio dei cittadini e delle associazioni. Valutazioni e giudizi che dovrebbero essere considerati
determinanti per il rinnovo del ruolo dirigente.

8)    La lotta agli sprechi e al recupero delle risorse umane e finanziare dovrebbe  essere una costante e dovrebbe trovare  espressione nella creazione di una struttura composta da personale della ASL e da rappresentanti delle associazioni. In una struttura come la ASL di  Frosinone gli sprechi ammontano a centinaia di milioni l’anno. Ne sono testimonianza: l’acquisto incontrollato di prestazioni aggiuntive, il lavoro straordinario, le spese legali, il contenzioso con il personale e con l’esterno, il mancato funzionamento di tutti i macchinari d’indagine strumentale esistente (come per esempio la TAC rimasta inoperante per anni nell’ex Umberto I di Frosinone), lavori eseguiti non adeguati (come ad esempio la stanza per la radioterapia di Sora), lavori eseguiti per milioni euro in strutture sanitarie che in seguito sono state chiuse, assunzione di personale che non è mai stato messo in grado di lavorare come è accaduto con l’assunzione di un chirurgo cardio-vascolare nell’ospedale del capoluogo che non è mai stato messo in grado di operare in quanto l’unità operativa complessa di cardio-chirurgia non è mai decollata, insufficiente o scarsa verifica dell’appropriatezza  delle cure e delle prestazioni  e dei ricoveri nelle strutture private convenzionate, semplificazione e snellimento delle attività dirigenziali, spesso conflittuali e contrapposte.
Risorse finanziarie importanti potrebbe essere recuperate con l’abolizione del CUP. I centri di prenotazione potrebbero essere gestiti da personale dipendente  dei comuni, mediante una stipula di convenzione tra ASL e comuni  a livello di provincia, oppure tra regione e associazione nazionale dei comuni a livello regionale. Si eviterebbero così disagi enormi ai cittadini e in modo particolare alle persone non autosufficienti per quanto riguarda le prenotazioni.
Rivalutazione degli immobili di proprietà della ASL sottraendoli al degrado ed alla fatiscenza per restituirli ai cittadini per attività sociali, culturali ed assistenziali in collaborazione con l’associazionismo.



L’organizzazione ospedaliera

L’organizzazione ospedaliera deve poggiare su quattro poli geograficamente omogenei:

1) Frosinone - Ceccano - Alatri;

2) Anagni - Colleferro - Ferentino (occorre tener presente, però, che questo centro, trovandosi a metà strada tra  Frosinone ed Anagni, gravita su entrambi i poli.)

3) Sora - Atina;

4) Cassino - Pontecorvo.

Questa organizzazione sanitaria ospedaliera rispecchia l’organizzazione della società della nostra provincia. Sora, Cassino, Frosinone ed Anagni sono i comuni di riferimento di una struttura economica, culturale, sociale, scolastica e quant’altro, che si perde nella notte dei tempi. Vogliamo sottolineare che nell’area dellaValle del Sacco, compresa tra i Comuni di : Anagni, Colleferro e Ferentino potrebbe trovare collocazione, così come era stato proposto dal presidente della giunta regionale Marrazzo, la costruzione di un ospedale nuovo, collegato con una delle università romane, al servizio della popolazione del sud della provincia di Roma e del nord di quella di Frosinone, che servirebbe come  filtro per gli ospedali di Roma, che sono a loro volta in emergenza.
La necessità di collegamento della struttura ospedaliera di Atina e Sora, è dettata dal fatto che la Val di Comino è zona popolosa e montana,  difficilmente raggiungibile, in particolare nei mesi invernali, in tempi brevi.
 Un polo ospedaliero unico che accorpa le strutture di  Frosinone, Alatri e  Ceccano deriva  dalla esigenza di rimettere in piedi importanti servizi, come quello della riabilitazione (cardiologica, traumatica, post-operatoria) oggi completamente in mano ai privati. Le attività riabilitative sono erogate attraverso un insieme di interventi in massima parte da strutture afferenti alla sanità privata accreditata e solo i minima parte  da parte delle strutture aziendali. Gli interventi  riabilitativi non risultano proposti secondo modalità di sinergia  e di integrazione  operativa e, nonostante  il notevole impegno economico profuso nei confronti di settori quali quelli della sanità privata, non vengono raggiunti risultati operativi soddisfacenti. Nonostante la numerosità dei posti letto di riabilitazione ospedaliere privata accreditata, permangono liste di attesa eccessivamente lunghe che si ripercuotono sulla funzionalità dei reparti per acuti, ritardando il turnover  dei ricoveri.
 Per quanto riguarda il settore della riabilitazione ambulatoriale i tempi di attesa sono scandalosamente lunghi e gli utenti sono di fatto obbligati al ricorso alle strutture private con notevole conseguente disagio economico.
In diversi servizi ambulatoriali aziendali i tempi di attesa superano i 10/12 mesi per determinate prestazioni riabilitative anche di basso impegno e non risulta attivata alcuna modalità di integrazione operativa tra i vari servizi aziendali o di prenotazione telefonica  o telematica. Persistono in tale contesto fenomeni sanitari abnormi estremamente onerosi per la stessa azienda sanitaria, come il day hospital riabilitativo utilizzato diffusamente per fruire di prestazioni di tipo ambulatoriale in strutture private accreditate.
Le attività di riabilitazione nella nostra provincia, nell’ambito del servizio pubblico, gravemente deficitarie in passato, sono state ulteriormente penalizzate raggiungendo un degrado in tutti i settori di intervento ed un livello di insoddisfazione dell’utenza e degli stessi operatori mai registrato prima.
Un polo ospedaliero unico, al centro della provincia, permetterebbe
ancora  di allestire hospice e residenze sanitarie assistenziali, dove oggi predomina il privato. Si potrebbero recuperare risorse finanziare importanti e dare assistenza di qualità. Inoltre, c’è necessità di accorpamento delle strutture ospedaliere di Frosinone, Ceccano e Alatri, per organizzare una rete diffusa di day-hospital, day-surgery  e di hospice per non intasare i ricoveri ospedalieri.
 Non bisogna trascurare il fatto che oggi i Pronti Soccorso e le UOC di medicina sono intasate dalle richieste di ricovero per pazienti anziani, portatori di pluripatologie e malati terminali.
 La realizzazioni di Hospice e di una efficiente rete di assistenza domiciliare potrebbe portare ad un notevole recupero di posti letto e ad un recupero sostanziale di risorse finanziare.
 Bisogna considerare che nella cultura del cittadino è ormai consolidata l’abitudine di delegare all’assistenza sanitaria gli ultimi momenti di vita del malato terminale.
Concludendo, si vuole ancora sottolineare la necessità di interventi pubblici urgenti ed efficaci per rilanciare la fiducia della gente nella sanità pubblica. In particolare, gli interventi devono essere mirati per creare eccellenze nel settore della cardiologia, della oncologia, della traumatologia e della chirurgia. Occorre anche prevedere la necessità di  un salto di qualità nella ematologia alla luce dell’aumento progressivo della insorgenza di malattie del sangue.  


Rapporto con la sanità privata

Le strutture sanitarie private e la stipula di convenzioni di queste strutture con la ASL, debbono essere condizionate ad un impegno del privato a realizzare attività di indagine e di cura integrative  e non sostitutive delle attività dei servizi sanitari pubblici.
Le convenzioni, inoltre, dovrebbero prevedere l’abbattimento dei tempi di attesa con l’erogazione dei servizi nei tempi previsti dalla legge. Finora non è andata così.



La Conferenza Locale della Sanità

La Conferenza Locale della Sanità è costituita da tutti i sindaci della provincia e presieduta dal sindaco del capoluogo. Questa istituzione non ha mai assolto, per disinteresse dei sindaci e per la loro incapacità a comprendere il valore dei poteri loro attribuiti, agli importanti compiti definiti dell’art. 13 della legge regionale n. 19, del 16 giugno 1994, che di seguito si riportano:

a)    definisce, nell’ambito della programmazione regionale, le linee di indirizzo per l’impostazione programmatica delle attività dell’azienda unità sanitaria locale;
b)   esamina il bilancio pluriennale di previsione e il bilancio di esercizio dell’azienda unità sanitaria locale e rimette alla Giunta regionale le relative osservazioni;
c)    verifica l’andamento generale dell’attività dell’azienda unità sanitaria locale;
d)   contribuisce alle definizione dei piani programmatici dell’azienda unità sanitaria locale;
e)    trasmette le proprie valutazioni  e propri suggerimenti al direttore e alla Giunta regionale che sono tenuti a fornire entro trenta giorni risposta motivata.

Acea raddoppia gli utili e dimezza i servizio

Luciano Granieri


Dopo la digressione sulle vicende giudiziarie di Berlusconi torniamo ad occuparci di cose serie. Due giorni fa è stato presentato da Acea Spa il consuntivo  di bilancio relativo  al primo semestre 2013. In questo periodo l’azienda ha realizzato un utile netto di 70.6 milioni di euro rispetto ai 34.1 del primo semestre 2012, un risultato  positivo quasi raddoppiato. In particolare il settore idrico che,  è quello che interessa maggiormente la nostra provincia, ha registrato un suprlus  del 14,2% passando dai 157 milioni di euro del 2012  ai 179,3 milioni del 2013.  

Gli azionisti di riferimento quindi,  Comune di Roma, il gruppo Caltagirone e la multinazionale Gas de France sperano alla fine dell’anno di incassare consistenti dividendi. Contestualmente a questa notizia però si apprendeva che l’agenzia di rating  Fitch ha  ridimensionato il giudizio sull’azienda da “A-“ a BBB+” . Infatti nella relazione redatta dall’agenzia  emerge come questi risultati siano legati ad una strategia di breve termine, la quale difficilmente potrà  replicarsi in un periodo più lungo. 

In particolare l’aumento degli utili passa attraverso la drastica diminuzione degli investimenti  crollati  dai 518 milioni del 2009 ai 165,8 del 2013. Se alla relazione di Fitch incrociamo gli elevati incassi indebitamente realizzati attraverso il conteggio errato e sovra dimensionato delle bollette, in particolare quelle dell’acqua  nel nostro territorio,  situazione per la quale l’Autorità per l’energia ha contestato ad Acea  un procedimento sanzionatorio, abbiamo un quadro abbastanza chiaro e significativo di come Acea in un solo anno sia riuscita a raddoppiare gli utili. 

Il drastico calo degli investimenti ha determinato il degrado delle strutture, le perdite nelle condotte idriche nel nostro territorio sono sempre maggiori, le canalizzazioni sono vetuste, i depuratori non funzionano e non esiste una mappa definita della rete distributiva. L’aumento delle entrate si è realizzato con le famose bollette pazze con sistemi di fatturazione fantasiosi, con addebiti di consumi preventivamente calcolati.  Personalmente a dicembre 2012  ho ricevuto una bolletta in cui mi venivano calcolati i  consumi fino a febbraio 2013 secondo una stima del tutto arbitraria eseguita dall’azienda. Come se oggi il mio panettiere oltre a farmi pagare la pagnotta che ho acquistato  si fa dare i soldi anche per il pane che comprerò di qui a 3 mesi  secondo una quantità giornaliera decisa da lui. 

 In buona sostanza gli azionisti a fine anno si spartiranno una torta sostanziosa pagata dagli utenti in termini di deterioramento della qualità del servizio e aumento irragionevole e non giustificato dei suoi costi.  A fronte di queste belle notizie cosa aspettiamo a  fare pressione affinchè si  renda esecutivo quanto  deliberato da 27 milioni di cittadini attraverso i referendum?  La situazione fra l’altro si sta deteriorando ed aggravando. Mentre ci si balocca dietro agli affari giudiziari del pregiudicato di Arcore, la  giunta regionale di Napoli formata dai sodali del “puzzone” sta per approvare una delibera che impone la privatizzazione della gestione dei servizi pubblici, acqua compresa. Una decisione che potrebbe mettere a rischio anche la sopravvivenza della società di diritto pubblico che gestisce     il  servizio idrico a Napoli. 

E a Torino la maggioranza Pd, guidata dal sindaco Fassino,  ha deciso di mantenere la forma aziendale “Spa”   della SMAT, azienda che provvede alla gestione del servizio idrico cittadino , rigettando una delibera di iniziativa popolare firmata da migliaia  cittadini che prevedeva la trasformazione della SMAT, da Spa,  in azienda speciale consortile, quindi a partecipazione pubblica, per attuare i principi sanciti dai referendum. Ecco come il nefasto riverbero delle larghe intese si manifesta anche a livello locale, sempre e comunque in spregio a quanto deciso dei cittadini attraverso i referendum ma anche attraverso le elezioni  politiche del febbraio scorso. 

giovedì 1 agosto 2013

Berlusconi condannato? Ci interessa il giusto

Luciano Granieri

E’ finita, finalmente. Dopo  che per tre giorni il processo a Berlusconi per evasione fiscale fraudolenta, giunto in Cassazione, ha occupato media e web, vivaddio è arrivata la sentenza. Neanche le primarie del Pd avevano ammorbato nei notiziari  come questa tremenda litania. 

Mentre ci si ingegnava a capire  quali  esiti avrebbe avuto il terzo grado di giudizio, quali conseguenze questi avrebbero potuto produrre sulle larghe intese, se e chi avrebbe staccato la spina in caso di condanna per Berlusconi,  il governo  continuava a fare danni.  Con  l’approvazione del decreto del fare, nel quale vi sono norme che apparentemente dovrebbero favorire l’occupazione,  ma in realtà non sono altro che un’accelerazione del processo di precarizzazione del lavoro, con il tentativo manomissione della costituzione attraverso  l’indegno attacco all’art.138, il governo delle larghe intese   continuava  a fare strame di diritti, i cui effetti  non assurgevano all’onore delle cronache perché tutti i mezzi di informazione erano impegnati davanti al “Palazzaccio”.  

Berlusconi è stato riconosciuto colpevole di evasione fiscale fraudolenta e condannato  in via definitiva, con sentenza passata in  giudicato,  a  quattro anni di reclusione di cui tre abbuonati per indulto. Ma davvero qualcuno aveva dei dubbi sulla colpevolezza del Cavaliere a parte i suoi beoti cortigiani?  Berlusconi è colpevole certo. Non del declino e dello sfacelo economico in cui è ridotto il paese. Le insane teorie  ultra liberiste dei ragazzi di Chicago, applicate e esportate con solerzia dalla Thatcher e da Reagan, avrebbero fatto proseliti anche se alla presidenza dei governi italiani succedutisi nell’ultimo ventennio si fossero avvicendati esponenti del centro sinistra. 

Anzi con la loro guida l’applicazione della dittatura del mercato avrebbe avuto maggior successo grazie alla capacità dei riformisti di addormentare  il conflitto sociale.  Ricordiamo come il primo impasse di Berlusconi fu decretato dalla piazza dopo che il suo esecutivo aveva tentato di abolire l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Operazione riuscita in modo indolore invece dal governo Monti sostenuto anche dai riformisti piddini.  Berlusconi è colpevole del degrado culturale  con cui ha potato all’ammasso milioni di cervelli. Berlusconi è colpevole per aver sdoganato il malaffare, per aver promosso l’idea del farsi i cazzi propri, ovunque e comunque,  a valore imprescindibile per avere successo. 

I danni che tutta la  merda che esondava ed esonda dalle sue televisioni - i grandi fratelli, gli amici di Maria, i tronisti, l’emancipazione femminile consistente  nel fatto che le mignotte oltre ad essere pagate in denaro possono essere soddisfatte con un posto in parlamento -hanno arrecato alle coscienze sono incalcolabili e difficilmente recuperabili.  Berlusconi condannato in via definitiva è un bel guaio per la tenuta del governo. Cosa faranno i cortigiani leccaculo del capo? Metteranno a ferro e fuoco la procura di Milano? E il Pd? Avrà il coraggio di prendere coscienza che proporre un decreto legge contro l’evasione fiscale insieme con un pregiudicato condannato in via definitiva per evasione fiscale fraudolenta è a dir poco sconveniente?  E chi se ne frega non ce lo metti?  

Già solo nella nostra Provincia abbiamo  grossi  problemi, con gente che occupa case   per procurarsi un tetto sulla testa, operai che salgono sul tetto del comune per difendere il loro posto di lavoro, e la sanità che subisce l’ennesimo sgarro da parte del commissario incaricato dalla Regione. Per cui  dei destini di Berlusconi  non ce ne può fregare di meno. 

Comunque non  mi aspetto che   domani il Pd  faccia cadere il governo perché non intende condividere la maggioranza  con un evasore fiscale conclamato, ma spero  che quando   il 7 agosto prossimo si riunirà la giunta del Senato per le elezioni e l’immunità, si traggano le inevitabili conclusioni. Cioè che Berlusconi deve essere dichiarato ineletto   in base alla legge 361 del 1957, che decreta l’ineleggibilità per chi è  titolare di concessioni statali di elevata entità economica .  Infatti  la sentenza definitiva dalla Cassazione fissa un altro aspetto importane delle questione e cioè che Berlusconi è il proprietario reale in carne ed ossa  di una  azienda titolare di concessioni pubbliche di elevata entità economica. E in virtù di questa sua titolarità ha potuto commettere i  reati per cui è stato condannato. 

Per cui l’obiezione secondo la quale, se nelle passate legislature la giunta  per elezioni, avendo  sempre identificato il Cavaliere   come ex  proprietario di Mediaset,  lo ha dichiarato eleggibile e non si vede perché in questo caso il giudizio debba cambiare, è destituita di fondamento . Anzi emerge come le dichiarazioni di eleggibilità espresse dalle diverse giunte succedutesi nell’emettere il giudizio nel corso degli ultimi vent’anni siano state sbagliate. E forse è ora di riparare anche a quest’errore.

mercoledì 31 luglio 2013

Passo in avanti per la nuova società che salva i dipendenti della Frosinone Multiservizi?


L’impressione per i lavoratori è sempre la stessa: ad un passo dalla meta con l’unico, ultimo, pilone davanti alla linea che non si riesce a superare: Il comune di Frosinone. Eppure all’incontro svolto sotto l’attenta ed encomiabile pazienza del Prefetto stavolta il Sindaco di Frosinone aveva esordito con una frase rassicurante: la società è l’obiettivo del Comune. Purtroppo dopo sono cominciate le verifiche e le valutazioni tecniche delle posizioni e dei singoli approssimativi piani degli enti. La Provincia, ancora una volta disponibile, enunciava la sua proposta: €.500.000,00 per i servizi COSAP (non un ripristino della tassa teneva a ribadire Patrizi), servizio pozzi, cartellonistica e verifica caldaie. Poi la manutenzione strade per 4 o 5 dei 7 settori in carico alla Provincia per un importo che si aggira sui €.2.000.000,00/€.2.500.000,00, con un numero dei lavoratori e un contratto da applicare ancora non chiari. Sul finire dell’incontro per superare le questioni della formazione della nuova società la Provincia ha dato disponibilità ad usare la propria società APEF nata ma dormiente e che potrebbe essere uno strumento che supera alcuni problemi riguardo al futuro delle provincie e delle sue prerogative. Il Comune di Alatri che ribadiva la volontà di recuperare tutti i lavoratori ha però importi bassi per i salari e quindi per garantire almeno le 18 ore contrattuali deve affrontare un esubero di 9 persone. Il COmune di Frosinone al netto di tutte le catastrofi che potrebbero accadere in materia di bilanci, di affidamento di servizi, di passaggio del personale, vera preghiera che ad ogni riunione si recita, prevede un impegno complessivo di €.2.500.000,00 (compresi di luce acqua e gas) per un passaggio di circa 116 lavoratori (i rimanenti 24 sarebbero esuberi). Sul salario le questioni rimangono aperte: per i lavoratori il minimo è 24 ore per il Comune ce n’è solo per 18. Infine la Regione che oltre a garantire la quota del debito in capo alla Frosinone Multiservizi, dovrebbe accollarsi gli esuberi, i lavoratori che sono vicini alla pensione e aiutare l’impresa a partire. I lavoratori dal canto loro hanno chiarito che la nuova società può avere un margine di fattibilità economica; salari non alti ma la certezza del posto di lavoro. Hanno provato a suggerire alcune cose sulla gestione della Società rimembrando gli errore della Frosinone Multiservizi: gli enti si potrebbero accollare molti oneri di gestione comprimendo i costi. Un esempio è il manager che invece di essere preso da fuori può essere un dirigente già al lavoro dei tre enti. Insomma suggerimenti per fare economie sono da esplorare così sono da perseguire politiche volte ad aiutare i lavoratori ad andarsene in pensione. Esistono nella società 19 lavoratori ultrasessantenni e 51 tra 55 e 60 anni attraverso i quali si capisce che fra qualche anno i costi del lavoro della società diminuiranno fortemente. Siamo vicini dunque. Giovedì altro incontro tecnico degli enti volto alla stesura del piano industriale comune. Si attende fumata bianca.


Cassino,La casa è un diritto o una speculazione?

Comitato Lotta Frosinone http://www.oltreloccidente.org/

Cassino, 30 luglio 2013. Eccezionale spiegamento di forze dell’ordine oggi a Cassino. Tutte le divise presenti, una vera e propria parata militare che ha visto sfilare dalle prime ore del mattino pompieri, celerini, digos, vigili, protezione civile e chi più ne ha più ne metta. Sotto l’egida della Procura Generale sono state coordinate le operazioni di sgombero delle 18 famiglie che da circa un mese hanno occupato abusivamente due palazzine nei pressi della Caserma RAV 80° Reggimento. Ci ha particolarmente colpito la moltitudine di camicie azzurre ed elmetti inviati per effettuare lo sgombero, di fronte alla pacifica manifestazione di disagio sociale che i concittadini asserragliati sul tetto hanno voluto rappresentare. Sono nuclei familiari con situazioni gravissime alle spalle: ci sono cassaintegrati, precari, sfrattati e senzatetto; alcuni di loro dormivano in macchina; altri sono stati licenziati da un giorno all’altro. Abbiamo inoltre contato una decina di bambini, tutti molto piccoli. Di fronte a questo pezzo di città poco considerato dall’Amministrazione e poco monitorato dai servizi sociali, la risposta del Procutarore di voler ripristinare l’ordine, per garantire la sicurezza e il rispetto della legge, è apparso un’esercizio muscolare. Le case occupate erano ormai sfitte da anni, ma nessuno si è mai curato di riabilitarle per conferile nuovamente a quanti necessitano di alloggi. La situazione delle graduatorie ATER, nella loro rigidità e opacità, ha fatto da sfondo a questa lunga mattinata, dove abbiamo apprezzato il Consigliere Vincenzo Durante per la sua capacità di dialogo e la sua fermezza, l’Assessore Emiliano Venturi per la difesa delle famiglie. Una incessante catena di telefonate ha condotto al fine il Sindaco Petrarcone a prendere parte alle trattative, a toccare con mano quanto stava avvenendo nel territorio di sua competenza. Ci sono voluti trenta giorni per fargli percorrere la strada dal Municipio fino al cancello delle palazzine, ma le soluzioni frettolosamente approntate non hanno avuto un esito soddisfacente. I compagni occupanti si sono visti recapitare gli avvisi di garanzia, ma non hanno subito alcuna ripercussione. Hanno lasciato le abitazioni con la consapevolezza che la loro battaglia è appena iniziata. Che questa battaglia è valida per tutti gli “ultimi”, sempre più numerosi e sempre più bisognosi di essere ascoltati. A tutte le famiglie coraggiose che ci hanno messo la faccia, il nome sugli avvisi, la speranza durante le notti passate sui materassi buttati sul pavimento va la nostra solidarietà. Il diritto alla casa è irrinunciabile per uno stato democratico che per costituzione deve tutelare la dignità dei cittadini. Noi siamo al loro fianco per proseguire questo cammino pacifico, armati solo della volontà di trovare una soluzione. Un passo per volta, uniti.  

martedì 30 luglio 2013

KansasCityNight 2013 - Roma Fringe Festival

Kansas City

La serata dedicata a Kansas City 1927 e al libro di Diego Bianchi e Simone Conte, con le vignette di Zerocalcare. 

Il libro
Kansas City 1927. Anno II
Dalla Z di Zeman alla A di Andreazzoli. Con le illustrazioni di Zerocalcare.


Alberi monumentali

La “Consulta dell’Ambiente
di Piedimonte San Germano”


Albero Scuola Elemetnare
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Legge 10 del 1° febbraio 2013, è finalmente obbligatoria la tutela degli "Alberi Monumentali". Infatti, lo scorso 21 Dicembre 2012 è stata approvata definitivamente dalla Commissione Ambiente del Senato, la nuova legge in materia, ed inoltre ha istituito la "Giornata Nazionale degli Alberi" che si svolgerà annualmente ogni 21 novembre. «Secondo quanto si legge nell'Art. 02 della Legge - riferisce la Consulta dell'Ambiente - entro 1 anno dalla data di entrata in vigore, ciascun Comune dovrà provvedere a censire e classificare gli alberi piantati nell'ambito del rispettivo territorio, in aree urbane di proprietà pubbliche e private. Inoltre, due mesi prima della scadenza naturale del mandato, il sindaco dovrà rendere noto il bilancio arboreo del Comune, indicando il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente al principio e al termine del mandato stesso, dando conto dello stato di consistenza e manutenzione delle aree verdi urbane di propria competenza». Ma la vera novità è un'altra, e riguarda la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali, dei filari e delle alberate di particolare pregio paesaggistico, naturalistico, monumentale, storico e culturale: a tal scopo la legge ha definito l'albero monumentale come "l'albero ad alto fusto, isolato o facente parte di formazioni boschive naturali o artificiali ovunque ubicate, ovvero l'albero secolare tipico, considerati entrambi come rari esempi di maestosità e longevità, per età o dimensioni, o di particolare pregio naturalistico, per rarità botanica e peculiarità della specie, ovvero che recano un preciso riferimento ad eventi o memorie rilevanti dal punto di vista storico, culturale, documentario o delle tradizioni locali". O ancora, i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani e gli alberi ad alto fusto inseriti in particolari complessi architettonici d'importanza storico-culturale, quali ad esempio ville, monasteri, chiese, orti botanici e residenze storiche private. Un'altra iniziativa legata all'incentivo del numero di alberi è "la posa di un albero per ogni neonato e/o adottato". La Consulta dell'Ambiente di Piedimonte San Germano, in linea con la
Albero Chiesa e Laghetto in località Volla
Legge Regionale n.° 39 del 28 ottobre 2002 e modificazioni, ha iniziato in questi giorni il censimento degli alberi monumentali nel territorio Comunale della Città di Piedimonte San Germano. Si specifica inoltre che "entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni recepiscono la definizione di albero monumentale, effettuano la raccolta dei dati risultanti dal censimento operato dai comuni e, sulla base degli elenchi comunali, redigono gli elenchi regionali e li trasmettono al Corpo forestale dello Stato. Salvo che il fatto costituisca reato, per l'abbattimento o il danneggiamento di alberi monumentali si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 5.000 Euro a 100.000 Euro. Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell'apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato". «L'auspicio è che l'Amministrazione Comunale si adegui immediatamente a queste disposizioni legislative, per far sì che la tutela dell'ambiente (in questo caso degli alberi) si traduca in scelte e politiche concrete, nostro malgrado, solo "sulla carta"» 

lunedì 29 luglio 2013

E’ dura a morire la supponenza in politica

Giuseppina Bonaviri


Non ce la contano giusta i sostenitori del rimpasto di giunta a Ceccano.
 Vi sono tre indizi che divengono una prova accertata- come sa chiunque s’interessa d’indagini- che sia andata diversamente da come è stata presentata: il mancato coinvolgimento del circolo del Pd di Ceccano, temendo che non sarebbe passata indenne la decisione del rimpasto dimostra quanto contraddittoria fosse l’operazione rispetto a quello che, invece, si andava  affermando in campagna elettorale; l’opulenza di autorità a sostegno dell’operazione (il parlamentare europeo De Angelis e il consigliere regionale Buschini) esibito in una conferenza stampa, per proporre scontate promesse di buona amministrazione; il commento della segretaria del Pd provinciale Battisti che con coraggio ha rubricato questo ed altri comportamenti di esponenti del partito di Frosinone nel novero degli insuccessi di un tentativo di rinnovamento ed apertura all’esterno, non dimenticando l’impegno dei giovani democratici e OccupyPd.
Un vero peccato perché c’è tanto bisogno, invece, di riavvicinare i cittadini ai partiti. L’unico modo per farlo sarebbe iniziare a restituire quel diritto di scelta, tanto gravemente violato con la legge elettorale del Porcellum e con atti di imperio e di autorità, che sviliscono l’attività dei circoli e dei militanti, privandoli di quel potere decisionale su questioni appartenenti squisitamente al loro entroterra.Ferisce ancor più, poi, che le vittime della dura riaffermazione dello status quo siano i giovani e che il danno avvenga per ferire il sano protagonismo  delle nuove generazioni, a cui andrebbe tramandato e trasmesso il senso di appartenenza e di identità culturale politica.
A voler trovare una spiegazione, nella vicenda di Ceccano, si deve pensare ad un atto che pone le basi per unulteriore presidio del territorio a future battaglie; la natura di questa competizione può essere certo quella elettorale ma anche, come ben sappiamo,la consueta divisione degli incarichi esterni alle giunte, operazione che consente di continuare ad alimentare la catena del consenso più misero: quell’essere “attaccati alla mammella dello Stato” ritenuto, a ragione, da Fabrizio Barca, il male pernicioso della perdita di rappresentatività dei partiti, per inconsistenza di risultati e soddisfazione dei così detti comitati pseudo elettorali.
Quanto questo costume sia deleterio per il nostro paese, non solo per la Ciociaria, è confermato da ripetute indagini, che ci dicono che nella società italiana si è determinata una frattura nell’etica pubblica proprio per il prevalere dell’ideologia dell’autonomia e dell’indipendenza di ciascuno, fino a sostituire, addirittura, il buon senso civico con “l’arte di arrangiarsi” in ogni campo e situazione.
A ragione di questa mutazione che appare illimitata, è chiamata in causa la frustrazione dei cittadini che, per gli impedimenti che incontrano nello svolgimento di attività -causa anche una legislazione troppo ridondante- reagiscono con la ricerca di espedienti che aggirano i vincoli di quella pubblica amministrazione sentita ormai lontana e dell’attuale ed insostenibile onerosità della tassazione. Su questa generica denuncia d’inefficienza fanno leva vecchi e nuovi populismi che, poggiando sullo scarso senso dello Stato, chiedono  rivoluzione politica e burocratica. Con il messaggio politico berlusconiano e antipolitico abbiamo avuto il solo esito di giustificare, nell’attesa, comportamenti trasgressivi fino ad essere, per molte parti del territorio nazionale come laziale, collusivi con la malavita.
Si continua a non cogliere,da parte di chi ha responsabilità politiche, quanto sia necessaria -perché  l’Italia possa uscire dalla crisi- la riscoperta di un etica pubblica e la conseguente abolizione delle clientele. Ciò sarà possibile solo esponendosi al confronto con i cittadini, nei luoghi dove essi vivono e dove, solitamente, sarebbe coerente intrattenersi nelle questioni della res pubblica.
Certo il lavoro è faticoso ma come credere, altrimenti, che il sistema democratico si possa alimentare?Solo nel momento della competizione elettorale?
Oggi restituire un senso alla politica vuol significare, anche, iniziare a nutrire aspirazioni e disponibilità rispondendo ai bisogni e alle necessità, se pur nella ristrettezza del momento storico. I cittadini chiedono accesso all’ascolto e al dialogo. I partiti, “ case di cristallo”, devono saper cogliere con umiltà e rispondere autenticamente e questo, in particolare, lo deve il Pd alla sua gente per quella sua naturale capacità di potere essere tale.