Valerio Torre
Il bilancio ad appena un mese dalla nascita, la politica dei rivoluzionari
Lo spot
La scena mostra un bambino che sta giocando con un trenino elettrico. Il bambino è visibilmente contrariato perché ad ogni curva il suo trenino deraglia e i vagoni escono dalle rotaie. Allora si rivolge, chiedendogli di aiutarlo, ad un uomo grande e grosso che, con atteggiamento affabile e protettivo, gli mostra in che modo far correre il convoglio senza che deragli. Mentre il trenino sfreccia, stabile sulle rotaie, sventola la bandiera della Grecia. Il bambino ora è soddisfatto e scambia un gesto d’intesa tipicamente statunitense, il “give me five”, con colui che lo ha aiutato. Solo a questo punto veniamo a sapere che il bambino si chiama “Alexis”.
I preparativi per il governo: una strizzata d’occhio ai militari…
Quella che abbiamo appena descritto è la scenetta di uno spot elettorale del partito greco Anel (Anexartitoi Ellines, cioè Greci Indipendenti), la formazione di destra che, alle recenti elezioni ha ottenuto il 4,75% dei voti e 13 seggi, grazie ai quali ha formato una coalizione di governo con il partito della sinistra Syriza. L’omone della scenetta è proprio il leader d’Anel, Panos Kammenos, che interpreta se stesso nell’atto di aiutare il bambino, significativamente di nomeAlexis, a tenere sui binari un treno senza farlo deragliare. In soli 35 secondi [1], è raccontata, già prima delle elezioni, quella che sarebbe poi stata la nascita del governo Tsipras. La simbologia è fin troppo trasparente: il giovane leader della sinistra greca non è da solo in grado di mantenere sui binari il traballante Paese; ci vuole dunque chi, con pragmatismo paternalistico e affidabilità contrapposti all’inesperienza giovanile, sappia tener ferma la barra.
Anel è un partito della destra nazionalista greca, nato da una scissione da Nea Dimokratia dell’ex premier Samaras. Le sue posizioni sono contro l’austerità imposta dall’Europa, ma soprattutto contro l’immigrazione e il multiculturalismo, in difesa dei valori patriottici e di quelli religiosi della chiesa greco ortodossa. Ma, ciò che è importante segnalare, il suo leader, Kammenos, è il garante dei militari e rappresenta per Tsipras una “polizza d’assicurazione” [2].
Ecco allora che si spiega la rapidità (meno di un’ora di colloquio) con cui i due hanno stretto la strana alleanza di governo: un’alleanza che affonda le sue radici in una dichiarazione del 6 maggio 2012, quando, in occasione delle precedenti elezioni, Kammenos “non escludeva un'alleanza con Syriza nel comune rifiuto del rigore imposto da Bruxelles” [3].
...alla chiesa ortodossa…
Ma quello dei militari – bacino in cui pescano a piene mani i neonazisti d’Alba Dorata – non è il solo fronte rispetto al quale Tsipras si è voluto garantire tranquillità.
In Grecia, la chiesa ortodossa ha un peso sociale molto rilevante, di cui il potere politico non può non tenere conto. Lo scorso mese d’agosto, Tsipras si è recato sul Monte Athos per una visita di due giorni alla comunità religiosa insediata con venti monasteri in quella regione, cui la Costituzione greca riconosce una forma d’autogoverno [4].
Ricevuto con tutti gli onori dal consiglio della comunità appositamente riunito, il leader di Syriza ha voluto rassicurarne i rappresentanti promettendo pieno sostegno alle richieste pervenutegli sul tema del regime fiscale delle proprietà ecclesiastiche.
Però, questo è stato solo l’ultimo passo di un percorso di graduale avvicinamento alle gerarchie ortodosse, iniziato nel gennaio 2013 in occasione di un convegno organizzato dall’Università di Salonicco sul tema “Chiesa e sinistra”. Mettendo da parte l’anticlericalismo, Syriza ha iniziato una sempre più stretta collaborazione con la chiesa greca sui temi sociali e di battaglia comune contro Alba dorata, sfociata poi in un’inedita udienza ottenuta da Tsipras nel gennaio del 2014 dal patriarca di Costantinopoli.
...e alla finanza internazionale.
Tuttavia, l’azione di Tsipras per accreditarsi come futuro premier responsabile e affidabile si è svolta ad ampio raggio anche sul palcoscenico della finanza internazionale.
Già nel gennaio del 2013, il giovane leader greco ha iniziato un lungo tour nelle capitali che contano, dando un’immagine di sé rassicurante e tutt’altro che radicale. “Spero di avervi convinto che non sono pericoloso come alcuni pensano (…). Chi vuole spaventarvi vi dirà che se il nostro partito va al potere strapperà gli accordi con l’Unione europea e con il FMI, porterà il Paese fuori dell’eurozona, [ma] il nostro obiettivo è salvare il Paese e tenerlo dentro l’eurozona”: queste erano le sue dichiarazioni rivolte alla platea di un meeting alla Brookings Institution di Washington, il più influente organismo d’analisi politica degli Stati Uniti [5].
Due mesi dopo, Tsipras era alla London School of Economics a tranquillizzare l’uditorio garantendo che non era affatto intenzione di Syriza rompere con l’euro o ripudiare il debito [6].
Passati solo pochi mesi, in settembre, partecipando al Kreisky Forum a Vienna si è premurato di illustrare alle borghesie europee che il suo partito era contrario allo smantellamento dell’Ue e che il disegno era solo di riprogettare l’unione monetaria stabilizzando l’eurozona e mettendo in campo “un Piano Marshall europeo che comprenda una vera unione bancaria, una gestione centralizzata del debito da parte della Bce e (…) una conferenza straordinaria sul debito europeo di tutta la periferia. (…) il mio partito, Syriza, è impegnato a promuovere un piano europeo per la salvezza dell’eurozona” [7].
Infine, il pellegrinaggio di Tsipras si è concluso in Italia, dove, nel settembre del 2014, si è registrata la sua presenza – salutata dalla calorosa accoglienza del gotha del capitalismo italiano – al Forum Ambrosetti di Cernobbio (il cenacolo della grande borghesia italiana) [8], in cui ha civettato con Mario Monti, in un profluvio di vicendevoli complimenti [9]. Quindi, solo pochi giorni dopo, la visita dal Papa [10].
L’opportunismo e il tentativo di pugno di ferro nel partito
Come si vede, dunque, “studiando da futuro premier” Tsipras ha adottato un’accorta realpolitikallo scopo di preparare il terreno per l’ascesa al governo del suo partito. Già prima della campagna elettorale, Syriza si era resa protagonista di una svolta in senso pragmatico consistita nell’abbandono progressivo di tutti i punti salienti dell’originario programma del partito in favore dell’assunzione del molto più moderato “programma di Salonicco”.
Per comprendere il senso del percorso politico di Syriza occorre però risalire alle sue origini, cioè al 2002, quando si costituì come coalizione elettorale la cui principale componente era una rottura del Partito comunista (Kke), Synaspismos, favorevole all’integrazione della Grecia nell’Unione europea. Confluirono nel raggruppamento alcuni piccoli partiti della sinistra pseudo-trotskista, maoista, anarchica, ecologista.
Fu solo nel 2012 che vide la luce il primo, vero programma di Syriza, che prevedeva allora – ma con un linguaggio ambiguo e che poteva prestarsi a svariate letture, sia “da destra” che “da sinistra” – la nazionalizzazione/socializzazione delle banche e la loro integrazione in un sistema bancario pubblico sotto controllo sociale e operaio; la nazionalizzazione di tutti i servizi pubblici di interesse strategico; la sospensione del pagamento del debito con un audit per la verifica della sua parte “illegittima”; e, sul versante della politica internazionale, l’uscita dalla Nato e l’abolizione della cooperazione militare con lo Stato d’Israele.
Già nel luglio 2013, il congresso che trasformò Syriza da coalizione elettorale in partito, cancellò o modificò profondamente i punti più “spigolosi” del programma, non già capovolgendo radicalmente il manifesto programmatico del 2012, ma approfondendone i già ampi profili di ambiguità. D’altro canto, lo stesso Tsipras, incontrando in occasione del suo viaggio a Washington alcuni rappresentanti del Dipartimento di Stato Usa, li aveva già rassicurati sulla volontà del suo partito di garantire la permanenza della Grecia nella Nato nel caso fosse andato al governo [11].
Nel congresso l’ala sinistra del partito raccolse circa il 30% dei voti, con un consenso fino al 40% su alcuni emendamenti. In questo contesto, la maggioranza di Syriza spostò il baricentro della discussione sulle questioni statutarie tentando la manovra di proibire l’esistenza delle tendenze interne. Ma la ferma opposizione su questo punto, non solo delle aree che sarebbero state interessate dalla misura restrittiva, quanto anche dei settori di sinistra della stessa maggioranza di Tsipras, portò a una soluzione di compromesso consistente nel rinvio dell’esame della questione. Secondo la principale figura pubblica della componente della sinistra interna, Stathis Kouvelakis, Tsipras era stato indotto a tentare questa manovra dalle pressioni della stampa, che premeva affinché il partito potesse “controllare” l’ala dissidente [12].
Le trattative con l’imperialismo
Comunque, il programma uscito dal congresso del 2013 è stato ulteriormente “addolcito” per poi trasformarsi nel “programma di Salonicco”, esposto dallo stesso leader alla vigilia delle elezioni: un programma chiaramente keynesiano, le cui promesse (sulle quali Syriza ha condotto la campagna elettorale) partivano dal presupposto della risoluzione della questione del debito con la Troika nei futuri negoziati con Bruxelles. Ma prima di avviarli, dopo aver vinto la competizione, Tsipras e il suo ministro delle finanze Yanis Varoufakis [13] hanno iniziato un pellegrinaggio in diversi Paesi europei nel tentativo di “disarticolare” l’alleanza fra le nazioni creditrici, cercando di seminare divisioni tra quelle più fedeli all’austerità (Germania in testa) e quelle ritenute meno “ortodosse” (Francia e Italia).
Le speranze sono però andate deluse. Come in una partita a poker, mentre i due leader ellenici avevano in mano un bluff, gli avversari – sia pure recitando la parte assegnata a ognuno di loro (Renzi e Hollande facevano i complimenti a Tsipras, mentre la Merkel e il suo ministro Schäuble gli ringhiavano contro) – calavano i punti che contano davvero in una trattativa con i briganti imperialisti: la minaccia di sospendere gli aiuti. D’altro canto, la nuova leadership greca non poteva non sapere [14] che, quando nel 2013 era Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn dichiarò in una conferenza stampa che il controllo europeo sulle finanze greche non sarebbe terminato con lo spirare dell’accordo sui prestiti. In proposito, riportando la notizia, il quotidiano greco Kathimerini spiegò bene il senso di quelle dichiarazioni: “Se un eventuale governo Syriza volesse porre in essere politiche keynesiane, dovrebbe innanzitutto convincere tutti i suoi partner dell’eurozona ad accettare un cambiamento dell’attuale quadro legislativo, oppure abbandonare la moneta comune. In altri termini, se Syriza tentasse di allontanarsi dalla ortodossia economica, la Grecia sarebbe trascinata davanti alla Corte di giustizia europea, dovrebbe pagare delle sanzioni e anche i sussidi dell’Ue, secondo l’accordo finanziario pluriannuale (2014 2020), sarebbero sospesi” [15].
L’esito dei negoziati
E dunque, Tsipras e Varoufakis, si sono avventurati, con in mano solo una pistola giocattolo, in sconsiderate trattative con gli avvoltoi di Bruxelles, armati invece di un cannone [16]. Dopo un negoziato di alcuni giorni, le parti hanno trovato un “compromesso”, che però per la Grecia è soltanto semantico: il premier greco, infatti, sta vantando col suo elettorato che la Troika è stata espulsa dal Paese ellenico; che si sono ottenuti quattro mesi per “poter respirare” grazie ad altri crediti; che le privatizzazioni sono state fermate; che i greci hanno riconquistato la loro sovranità, dato che potranno essere loro a decidere le misure economiche necessarie.
Le cose, ovviamente, non stanno affatto così. Il quotidiano la Repubblica [17] chiarisce subito che “i più forti, Jeroen Dijsselbloem e la Germania, hanno vinto ottenendo molte più cose di quante ne hanno concesse”, riconoscendo ad Atene solo di poter rivendicare il ben magro risultato di “aver aperto dal basso e contro la legge dei numeri un dibattito sull'Europa destinato a durare oltre le decisioni di questi giorni”. La verità è che, per dare un contentino a Tsipras e in omaggio al compromesso linguistico da lui voluto per salvare la faccia di fronte al suo popolo, la Troika non si chiamerà più così, ma d’ora in poi, pur continuando le proprie politiche verso la Grecia, si chiamerà “le Istituzioni”; che i prestiti per i prossimi quattro mesi non sono “nuovi”, ma sono l’estensione, non solo dell’accordo sul prestito, ma dell’originario Memorandum (che però, sempre per gentile concessione di Bruxelles, non si chiamerà più così); che restano ferme le privatizzazioni già decise, mentre il governo greco si impegna a rispettare il processo conformemente alla legge per quelle avviate e ad esaminare coi partner quelle ancora sulla carta, “al fine di migliorarne i termini” [18]; che i greci potranno “liberamente” scegliere la propria politica economica non più di quanto liberamente possa “scegliere” chi si veda puntata alla tempia una pistola. E, infatti, il governo ellenico ha “liberamente” fatto marcia indietro sulla promessa elettorale di riportare il salario minimo a 751 euro rinviando sine die la sua discussione, “previa consultazione con le istituzioni europee e internazionali”; si è impegnato ad avviare una manovra sull’Iva [19] (adottando “un linguaggio degno dei funzionari dell’Ocse” celia il quotidiano di Confindustria Il Sole 24 Ore [20]); si è impegnato a “espandere e sviluppare gli attuali schemi di lavoro temporaneo” [21], garantendo “l’allineamento alla best practice europea attraverso un processo di consultazione con i partner”, e ad approvare una riforma delle pensioni stabilendo “una corrispondenza più stretta tra contributi versati e importo dell’assegno pensionistico”; si è infine impegnato a “adottare una spending review in ogni area di spesa (ad esempio: istruzione, difesa, trasporti, governo locale, prestazioni sociali) ” e a “rimuovere gli ostacoli alla concorrenza” [22].
Questo programma di “riforme” – di cui in un imbarazzatissimo articolo dello sponsor italiano del governo Tsipras (Rifondazione comunista) si dice, con involontaria ironia: “non ci pare proprio che si tratti della ‘resa’ di cui parlano tutti coloro che confidano che non venga messa in discussione la disciplina neoliberista nell’Unione Europea” [23] – rappresenta, in conclusione, la dimostrazione inconfutabile di quanto il rimborso del debito sia ormai definitivamente diventato una condizione fatta propria dall’esecutivo greco.
Un governo di fronte popolare
Come abbiamo già scritto più sopra, Tsipras ha imposto l’elezione di Prokopis Pavlopoulos a presidente della repubblica. Pavlopoulos è un importante esponente del partito di centro destra Nea Dimokratia e ha ricoperto l’incarico di ministro degli Interni durante il governo Karamanlis dal 2004 al 2009, proprio quando la violenta polizia greca uccise il giovane studente Alexandros Grigoropoulos dando luogo a imponenti manifestazioni di protesta. Il Corriere della sera, che lo descrive come un massone ed europeista convinto, evidenzia come la sua elezione sia servita al premier greco per “controllare le anime più estreme del suo partito” [24]. Ma in realtà ha avuto anche lo scopo di mandare un segnale di distensione all’eurogruppo al fine di favorire la conclusione del negoziato, che non a caso è poi avvenuta solo due giorni dopo [25]. Ma giova pure osservare che lo scenario della “coabitazione”, cioè quello in cui un governo basato su Syriza può coabitare con un presidente di centrodestra, è stato proposto proprio da Panos Kammenos, l’alleato di governo di Tsipras, a dimostrazione sia del peso politico che un diretto rappresentante di settori della borghesia greca nel governo “anti austerità” ha all’interno dell’esecutivo, e sia della fallacia dell’analisi che in proposito fa la sinistra centrista interna a Syriza [26]. E dunque appare evidente come, a partire dall’accordo con Anel, con l’elezione di Pavlopoulos si sia determinata una ricomposizione della destra nel cuore del regime della Grecia.
A questo punto, è necessario procedere, sulla base degli elementi che sono sul tavolo, a una caratterizzazione del governo Tsipras per comprendere quale deve essere l’atteggiamento dei rivoluzionari di fronte ad esso.
Cominciamo, innanzitutto, col ritenere che Syriza, in considerazione del suo programma riformista, per come l’abbiamo sinteticamente descritto in precedenza, ben può essere annoverato tra i partiti socialdemocratici. Il suo è un programma innervato di keynesismo e che non si pone affatto l’obiettivo di rompere col regime di dominazione borghese, ma tutt’al più di ottenere “miglioramenti amministrativi realizzati sul terreno [dei] rapporti di produzione [borghesi], che cioè non cambino affatto il rapporto tra capitale e lavoro salariato, ma, nel migliore dei casi, diminuiscano alla borghesia le spese del suo dominio e semplifichino l’assetto della sua finanza statale” [27]. In quanto partito socialdemocratico, e in rappresentanza del movimento operaio e popolare, sull’onda della vittoria elettorale che le masse gli hanno consegnato, ha formato un governo di collaborazione di classe con settori della borghesia (integrandone poi altri, come abbiamo visto, con l’elezione di Pavlopoulos): un governo nato nelle urne – con la contemporanea sconfitta dei partiti diretti rappresentanti della borghesia – come sottoprodotto deformato delle lotte delle masse popolari greche di questi ultimi anni contro la colonizzazione imposta dalla Troika e dai Paesi imperialisti d’Europa, ma che per il suo programma e gli impegni che ha assunto col capitalismo non rappresenta e non può rappresentare gli interessi della classe lavoratrice e delle masse popolari.
Un governo, peraltro, che, dopo aver annunciato a gran voce l’adozione di misure per far fronte all’ “emergenza umanitaria” (salario minimo a 751 euro, elettricità gratuita per 300.000 famiglie), le ha presto dimenticate: non perché contrastate dall’imperialismo (come la sinistra riformista e centrista di tutto il mondo ha sostenuto), ma perché sacrificate, invece, sull’altare della negoziazione continua e ininterrotta con le borghesie europee, dato che, nella situazione della Grecia, anche misure minime e insufficienti come queste si scontrano oggettivamente col sistema di dominazione imperialista che assoggetta il Paese e dunque non sono praticabili senza rompere unilateralmente gli accordi con la Troika e ripudiare il debito rifiutandone il pagamento. Ecco perché si trattava, dunque, solo di promesse elettorali non diverse da quelle mirabolanti che fanno tutti i partiti borghesi in campagna elettorale.
La politica dei rivoluzionari rispetto al governo Tsipras
Ma la sinistra riformista e centrista mondiale, benché si trattasse di provvedimenti che stavano solo sulla carta, li ha difesi affermando che i rapporti di forza non consentivano che si avanzasse su questo terreno. Nel Programma di transizione, Trotsky sosteneva che è vero che nel soddisfacimento delle rivendicazioni minime dei lavoratori (disoccupazione, carovita) si pone un problema di rapporti di forza, ma è altrettanto vero che è un problema “che può essere deciso solo con la lotta”, attraverso la “sistematica mobilitazione delle masse ai fini della rivoluzione proletaria” [28].
Dunque, a differenza dei riformisti (che difendono incondizionatamente il governo borghese di fronte popolare e le sue misure) e dei centristi (che invece difendono “criticamente” quel governo e i suoi provvedimenti), i marxisti rivoluzionari devono spiegare pazientemente alla classe lavoratrice il reale carattere capitalista del governo che essa sente come “proprio”, denunciandolo instancabilmente e implacabilmente come un governo borghese e controrivoluzionario, allertando le masse – nonostante le illusioni che esse nutrono – a non riporre alcuna fiducia in esso e facendo appello alla continua mobilitazione per poter cambiare da un versante di indipendenza di classe i loro destini.
La classe operaia, gli studenti, le masse popolari dovranno dunque – permanentemente mobilitate – esigere dal governo Syriza la rottura con la borghesia, la cacciata dei ministri borghesi, la denuncia del patto che ha portato all’elezione del presidente della repubblica e la sua destituzione; il blocco immediato delle privatizzazioni e l’annullamento di quelle portate a termine; la denuncia e l’annullamento di ogni accordo e trattato coi creditori internazionali, ripudiando il debito e rifiutandone il pagamento; l’uscita dall’euro; la rottura con l’Ue e la Nato; l’espropriazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle banche e delle imprese strategiche; l’apertura dei libri contabili e l’abolizione del segreto commerciale; la riconversione della produzione nel quadro di un piano economico centralizzato al servizio delle necessità più pressanti del popolo greco relativamente all’alimentazione, alla sanità, ai trasporti, all’energia, all’abitazione; il monopolio del commercio estero e il controllo dei flussi di capitale con la creazione di un’unica banca nazionale posta sotto il controllo dei lavoratori; la dissoluzione delle forze armate e di tutte le squadre speciali che in questi anni si sono rese responsabili della feroce repressione delle giuste lotte dei lavoratori, con l’armamento del popolo per la difesa del Paese dai possibili attacchi esterni e interni, considerando che i nazisti di Alba Dorata, oltre ad essere la terza forza greca in termini elettorali, sono armati e organizzati.
Contemporaneamente, allertiamo la classe lavoratrice e le masse popolari sul fatto che il governo Tsipras, proprio perché è un governo borghese, non sarà disposto a difendere i loro interessi, ma, salvando il regime esistente, a tutelare quelli della borghesia nazionale e del capitalismo internazionale, la cui azione congiunta in tutti questi anni ha ridotto il proletariato greco alla miseria e alla fame.
Proprio per questo, nel vivo della loro permanente mobilitazione e sollecitando la solidarietà internazionale concreta degli altri popoli d’Europa, i lavoratori dovranno porsi l’obiettivo dell’urgente costruzione del loro strumento indipendente di lotta, cioè un partito operaio, rivoluzionario e socialista, e, con esso, l’obiettivo di prendere il potere per costruire il loro proprio governo, ponendo le basi per realizzare in tutto il continente, a partire proprio dalla Grecia, una rivoluzione socialista che punti all’edificazione di una vera Europa dei lavoratori e dei popoli, cioè gli Stati Uniti Socialisti d’Europa [29].
Note
[1] Lo spot di Anel si può vedere all’indirizzo http://tinyurl.com/k2uwmwc.
[2] “La Difesa a un patriota ecco la mossa di Alexis per sedurre i militari”, la Repubblica, 28/1/2015:http://tinyurl.com/p2gyzh7.
[3] Il Sole 24 Ore, 28/1/2015: http://tinyurl.com/lq8ycsm. La sinistra interna di Syriza sembra sottovalutare il dato di quest’alleanza: con una postura tipicamente centrista, Antonis Ntavanellos, rappresentante di quest’area e membro del Coordinamento esecutivo del partito, sostiene che è infondata la preoccupazione – espressa soprattutto fuori della Grecia – circa l’inedita coalizione e cerca di sminuire il significato politico dell’accordo, ponendo invece l’accento sull’atteggiamento di contrarietà al Memorandum da parte di Anel e dichiarando che l’intesa col partito di Kammenos è tutto sommato un problema “facile” da risolvere se comparato con i problemi più importanti che si porranno al neonato governo Tsipras: http://tinyurl.com/mfho25y. Dunque, per i centristi interni di Syriza l’alleanza di governo fra chi dovrebbe rappresentare i lavoratori e il popolo greco e un partito che invece incarna gli interessi della borghesia (o quantomeno di un suo settore) sarebbe una questione alla fin fine “secondaria” rispetto all’azione di governo? Vedremo poi nel testo che non è così. Ma intanto possiamo qui anticipare che la risposta alla domanda appena posta viene già dall’elezione del presidente della repubblica: in ossequio a questo “secondario” problema, Tsipras ha fortemente voluto come capo dello Stato, e fatto eleggere, Prokopis Pavlopoulos, membro di Nea Dimokratia, caratterizzando il suo esecutivo quasi come un governo di unità nazionale. Ci soffermeremo nel prosieguo dell’articolo su questo aspetto.
[4] Http://tinyurl.com/lhmq9cb.
[5] Http://tinyurl.com/nkjkyv4.
[6] “Alexis Tsipras entre radicalisme et «réalisme»”: http://tinyurl.com/cgx8e32.
[7] Http://tinyurl.com/pbudgbc.
[8] La Stampa, 7/9/2014.
[9] Http://tinyurl.com/pw3nyeo. Oppure, http://tinyurl.com/py5yx7j.
[10] Http://tinyurl.com/l754ldj. Il sito greco Enikos ha definito l’incontro “storico”: http://tinyurl.com/m35ynw4.
[11] V. nota 6.
[12] Aldo Cordeiro Sauda: “Syriza: partido e programa”, in http://tinyurl.com/ntq62am.
[13] Varoufakis, in realtà, non è un militante di Syriza, ma un accademico scelto da Tsipras per l’incarico di ministro. Dà voce, indubbiamente, al settore più a destra del partito. Negli incontri negoziali con i compassati uomini della finanza europea ha voluto presentarsi come un personaggio bizzarro nell’atteggiarsi e nel vestire (circostanza su cui si è molto soffermata la stampa borghese), allo scopo di marcare una differenza con i suoi interlocutori. Dipinto da molti media quasi come un “demone marxista” è in realtà, “un vecchio socialdemocratico” (così lo descrive Antonis Ntavanellos nelle dichiarazioni contenute nella videoconferenza citata nella precedente nota 3). Lui stesso si definisce “un marxista eccentrico” (http://tinyurl.com/oebty8v) e si ritiene investito del compito di “salvare il capitalismo da se stesso” (http://tinyurl.com/njcxgb5): cosa che, in effetti, ha egregiamente contribuito a fare come ha dimostrato l’esito dei negoziati delle scorse settimane e come ci apprestiamo a dire nel testo.
[14] Anche perché la domanda alla conferenza stampa cui accenneremo ora nel testo l’aveva posta Nadia Valavani, figura di primo piano di Syriza e oggi viceministro delle finanze.
[15] “Greece can choose its government, but not its economic policy” (La Grecia può scegliere il proprio governo, non la propria politica economica): http://tinyurl.com/omobw4y.
[16] Ma Tsipras e Varoufakis non si sono limitati solo questo: sono andati oltre! Per la trattativa sulla rinegoziazione del debito greco si sono affidati a uno dei principali “squali” della finanza internazionale, cioè alla banca d’affari statunitense Lazard (http://tinyurl.com/m5vwnra), responsabile dell’indebitamento di molti Paesi africani e già incaricata nel 2012 dal governo greco allora in carica di prestare una consulenza al modico prezzo di 25 milioni di euro!
[17] “Accordo sulla Grecia: vincitori e sconfitti”, 20/2/2015.
[18] In altre parole, salvaguardare nell’interesse del capitalismo internazionale l’intero quadro delle privatizzazioni imposte dalla Troika.
[19] Che in campagna elettorale aveva risolutamente escluso.
[20] “Il libro dei sogni di Tsipras che accantona il programma di Salonicco”, 24/2/2015.
[21] I lavoratori precari gliene saranno grati!
[22] Il testo integrale del documento di impegno della Grecia si può leggere qui: http://tinyurl.com/kw8quw2.
[23] Http://tinyurl.com/lneq7tu.
[24] “Pavlopoulos, così Syriza compatta il fronte ellenico”, 20/2/2015 (http://tinyurl.com/ok6zadr).
[25] È chiaro, dunque, che la scelta come presidente di una figura di spicco della destra legata al Memorandum rappresenta un compromesso col sistema, a livello sia nazionale che internazionale.
[26] Ne abbiamo parlato nella nota 3.
[27] Si tratta di quello che Marx definiva “socialismo borghese” (Il Manifesto del partito comunista, 1996, Editori riuniti, p. 46).
[28] L. Trotsky, Programma di transizione, 2008, Massari editore, p. 76, 78).
[29] “L’avanguardia proletaria d’Europa dirà ai padroni di oggi: ‘Per unificare l’Europa bisogna anzitutto strapparvi il potere. Lo faremo. Unificheremo l’Europa. La unificheremo contro il nemico e questo nemico è il mondo capitalista. Ne faremo la piazza d’armi grandiosa del socialismo combattente. Ne faremo la pietra angolare della Federazione socialista mondiale’” (L. Trotsky, “Il disarmo e gli Stati Uniti d’Europa” in http://tinyurl.com/o9pz9an).