Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 18 agosto 2012

Ilva. Accordo Truffa

Luciano Granieri


 Venerdì scorso  presso  la prefettura di Taranto ha avuto luogo l’atteso vertice fra i ministri dell’ambiente Corrado Clini, dello sviluppo economico  Corrado Passera, il Presidente della regione Nichi Vendola, autorità provinciali ,comunali , portuali , sindacati  e i vertici dell’Ilva. L’incontro era necessario  per trovare una soluzione, non ai problemi degli operai, che rischiano la loro salute e il posto di lavoro, né a tutta la cittadinanza di Taranto, che flagellata dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica metallurgica, si ammala, muore di cancro, ma alla proprietà  privata dell’ex Italsider  perseguitata dal solito giudice ammalato di protagonismo.  Questo è il quadro che emerge ascoltando gli esiti dell’incontro riportati nella conferenza stampa tenuta dal ministro Clini .  In una prefettura blindata, circondata da una zona rossa off limits, presidiata  delle forze dell’ordine in tenuta anti sommossa, si è deciso il nuovo piano industriale dell’Ilva. Fuori si animava  la protesta del comitato  di “Cittadini e Operai liberi e pensanti “e di altri movimenti,  orfani del loro apecar  inibito all’uso da parte delle forze dell’ordine che lo avevano equiparato a mezzo di offesa più letale di un  F-35. A proposito, avete notato che quando un membro del governo si muove si moltiplicano   zone rosse  e falange armate di protezione . Vorrà dire qualcosa?  Forse. Ma torniamo al tema.  Quanto deciso nel vertice è una truffa bella e buona  . Vediamo perché. Innanzitutto secondo quanto annunciato dal ministro Clini il governo non farà ricorso alla Corte costituzionale contro la decisione del Gip di Taranto  Patrizia Todisco di bloccare la produzione , ma si cercherà di appianare i conflitti con la magistratura entrando nel merito delle singole prescrizioni .  In questo  modo si eviterà  uno scontro fra governo e magistratura. Non  è esattamente così.  Questa ritirata strategica  eviterà all’esecutivo una figuraccia. La Corte costituzionale giammai avrebbe dato ragione al governo  in quanto i reati imputati alla proprietà chiamano in causa la violazione dell’art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute   e dell’art.  41 secondo comma  che sancisce che “l’iniziativa privata  non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza…” E’,  guarda caso,  il comma che Berlusconi e Tremonti volevano cancellare.  In  merito agli aspetti più propriamente tecnici, Il ministro Clini ha annunciato che  i vertici Ilva si impegneranno a rispettare le prescrizioni inserite nella Nuova Autorizzazione Integrata Ambientale che il ministero dell’ambiente redigerà entro il 30 settembre, in sostituzione di quella già notificata all’Ilva dal precedente ministro Prestigiacomo nel 2011, a patto che la produzione possa continuare. La nuova Aia recepirà anche le prescrizioni del Gip di Taranto e del tribunale del riesame. Nel merito  la proprietà  si impegna a stanziare altri 56 milioni di euro in aggiunta ai 90 già promessi per la messa a norma degli impianti.  Niente di nuovo però.  Questa cifra i Riva la dovevano sborsare già dal  2011 per ottemperare ad alcune prescrizioni presenti  nella vecchia Aia.  E’ come se un automobilista colto in flagrante infrazione  evitasse il ritiro della patente con la promessa di pagare una vecchia multa.  Seguendo la stessa logica i vertici Ilva si impegnano ad adottare  le migliori tecnologie disponibili (Best Available  Techniques)  per la produzione del ferro e dell’acciaio, giova ricordare che gli impianti di Taranto sono obsoleti, usano una tecnologia vecchia di 50 anni. Anche in questo caso  si tratta dell’impegno a rispettare una norma in vigore già da  due   anni  la direttiva UE 2010/75, completamente ignorata fino all’intervento della magistratura.  Veniamo ai parchi  minerari. Queste sono grandi aree che si estendono per ottanta ettari e contengono cumuli  di minerali,  da cui si diffonde nella città, e in particolare nel quartiere limitrofo Tamburi, pulviscolo altamente nocivo.  Per evitare il sollevarsi di questo vento malefico l’aera dei parchi minerari andrebbe interamente coperta come accade nella acciaierie  Cinesi,  ma dove li prendono i soldi quei poveracci dei Riva per apportare questa modifica?  Meglio  riproporre l’imbroglio già propinato con successo alla regione Puglia. Le aeree dei parchi minerari saranno circondate da barriere frangivento e i cumuli di minerali verranno cosparsi da un gel speciale che limiterà la dispersione delle polveri. Questa soluzione non è nuova è già stata adottata da anni ed è  risultata fallimentare . Infatti gli ugelli della macchine che cospargono il gel si intasano perché la sostanza collosa si indurisce. Il risultato è che solo il 20% delle polveri viene trattenuto, il resto PM10 e PM 2,5 volano liberi nei cieli tarantini. Però se la soluzione è stata accettata dalla regione Puglia, perché non dovrebbe andare bene anche per il ministro Clini?  Un’altra problematica affrontata nel vertice riguarda le emissioni dei camini .  La soluzione trovata prevede la riduzione della produzione nei giorni di vento in modo da evitare che la diossina  possa inquinare la città trasportata dal maestrale.  Del resto le emissioni  del  camino E312 ammontano, secondo una rilevazione del 2011, a  0,3 ng/m3,  rispettano quindi  le direttive  della legge europea che pone il limite a 0,4. Ma  i veleni  che contaminano , acqua, terra, capi di bestiame e uomini non vengono dall’alto , si generano  per lo più dal basso.  In particolare la maggior parte della diossina  dei fumi e delle polveri inquinanti proviene dagli elettro filtri   non sigillati  posti alla base dell’agglomerato ,oltre che dagli impianti a terra. Dunque anche la soluzione di limitare la produzione durante le giornate ventose è una solenne presa in giro. Infine l’Ilva  sostiene di aver ridotto già da ora i cicli di produzione per limitare l’inquinamento, altra balla colossale.  Molti operai raccontano invece che il ritmo di produzione è aumentato da 17 a 44 colate giornaliere. L’intento è chiaro, ed è quello di evadere la più presto le commesse in sospeso  per poi abbandonare baracca e burattini  e lasciare il tutto nelle mani della procura. La quale  potrà anche decretare la chiusura dell’impianto, a quel punto alla famiglia Riva non potrà fregare di meno , perché tutto il sangue dei lavoratori sarà stato succhiato.  Alla luce di quanto scritto è evidente che l’accordo uscito dalla prefettura di Taranto è l’ennesima  truffa ordita dalla grande imprenditoria  assecondata dal governo dei banchieri  con la complicità di sindacati di regime e amministrazioni locali ai danni dei lavoratori, dei cittadini di Taranto e del resto della Nazione. Altro che conflitto fra lavoro e salute. Qui la soluzione da adottare è una sola. L’Ilva deve cessare la produzione.   La proprietà dovrà  essere obbligata   a  finanziare la bonifica delle zone limitrofe , mare compreso,  a pagare  la messa a norma degli impianti, o ancora meglio la loro riconversione in siti produttivi  di diversa natura, ad esempio per la produzione di energie rinnovabili ,  a risarcire i parenti  delle vittime dell’inquinamento , ad assicurare lo stipendio ai dipendenti  dello stabilimento di Taranto e dell’indotto, fino a quando il processo di bonifica e riconversione non sarà terminato. Dopo di che, la famiglia Riva dovrà lasciare  senza  alcuna contropartita gli impianti riconvertiti allo Stato che provvederà a reintegrare le maestranze e a consegnare la gestione dello stabilimento ai lavoratori stessi.  Si dirà che in un regime capitalista  questa strada è irrealizzabile.  E’ vero allora cominciamo con rovesciare il regime capitalista. 

venerdì 17 agosto 2012

Uniti per fare che?

Luciano Granieri.  Collettivo Ciociaro Anticapitalista

La settimana scorsa il presidente dei socialisti ciociari Gianfranco Schietroma  ha lanciato un appello a tutte le forze del centro sinistra affinchè  si ritrovasse l’unità perduta nella diaspora provocata dalle infide compagne elettorali per le amministrative di Frosinone e Ceccano.  L’esponente del Psi ha richiamato Sinistra Ecologia e Libertà,  il Pd,  i Comunisti  Italiani, l’Italia dei Valori, a ricostruire un percorso comune   attraverso il quale ripresentarsi alle prossime amministrative  con le carte in regola per battere le destre. Uniti si vince è la nuova (vecchia?) parola d’ordine. Giusto si vince uniti, ma per fare cosa? Questo è un discorso un po’ più complicato me ancora le elezioni sono lontane.  All’appello  Nazareno Pilozzi,  segretario provinciale di Sel,  ha  subito aderito. Del resto un abboccamento con i socialisti c’era già stato, anche se non aveva dato esiti positivi. Ma si sa  i vendoliani sono sempre in cerca di turlupinare il Pd alle primarie, per cui ogni passaggio per cercare un abboccamento  con i piddini è bene accetto, comprese alleanze con forze traghettatrici come il Psi. Il Pd è ancora dilaniato dalle divisioni interne alla segreteria provinciale.  Molti sono ancora scottati dal burrascoso rapporto con Schietroma e soci che  ha determinato  la disfatta sia a Frosinone che a Ceccano.  Per cui ancora non se la sentono, o meglio, non sono in grado di poter seppellire l’ascia di guerra.  La diffidenza  verso  i socialisti è ancora molto presente, ma sono sicuro che alla fine cederanno.  Il Partito dei comunisti Italiani invece ha affidato la sua risposta al segretario provinciale Orlando Cervoni, il quale in un intervista rilasciata al quotidiano “Ciociaria Oggi” si dice  disponibile a rispondere al richiamo unitario, ma fa un po’ lo schizzinoso. Insomma comincia a trattare sin da oggi.  Prima i programmi poi  le alleanze, tuona il capo provinciale dei Comunisti italiani, Giusto, giustissimo, peccato che alle ultime elezioni amministrative i Comunisti Italiani il programma  non l’hanno proprio considerato, nell’appoggiare il candidato a sindaco Domenico Marzi. “Bisogna ripartire da quanto i cittadini hanno espresso attraverso gli esiti referendari- sostiene Cervoni -  la difesa  dei beni comuni, a cominciare dal lavoro. Inoltre è necessario un rilancio della giustizia sociale oggi fortemente compromessa”  Giusto anche questo, ma mi sembra il minimo sindacale per una forza che ancora ha la falce e martello sul suo vessillo.  Ovviamente non manca l’anatema contro  l’Udc, partito schifato  da tutti che però diventa sempre più corteggiato con l’avvicinarsi dell’appuntamento elettorale.  Ma il bello delle esternazioni di Cervoni sta nelle frasi che seguono: “ I partiti a livello nazionale hanno tracciato la rotta. Il nostro segretario Diliberto è stato chiaro: al centro  devono essere messi i programmi e devo dire che la lettera d’intenti di Bersani, approfondita e ampliata, può essere una buona base di discussione, come pure la piattaforma della Fiom illustrata da Landini, che ha raccolto il consenso di  tutte le forze del centro sinistra. Insomma i presupposti ci sono. Ora tocca a noi non disperderli”.  Se ho ben capito i capisaldi   su cui si deve  fondare la proposta politica vanno  ricercati fra gli intenti di Bersani e quelli della Fiom?  Ma lo sa Cervoni che il Pd ha votato tutte le nefandezze che il governo Monti ha ordito contro i lavoratori, abolizione dell’arti.18 compreso. E’ conscio il capo del Pdci ciociaro che il pareggio di bilancio in costituzione e la spending review  che affogherà  definitivamente  i comuni sono provvedimenti  votati da quel partito con cui si vuole discutere?   Se  l’obbiettivo è la giustizia sociale e la difesa del lavoro come bene comune su che basi  si vuole discettare con il Pd?  Sicuramente la piattaforma della Fiom è più consona agli obbiettivi indicati  da Cervoni, ma è del tutto inconciliabile con le mire piddine voglio ricordare che l’intervento di Bersani al convengo organizzato dalla Fiom non è stato accolto con entusiasmo , anzi.  Neanche il miglior Veltroni sarebbe capace del prodigio di unire insieme strade  così divergenti.  In  queste prime avvisaglie di timidi abboccamenti  fra i vari partiti riformisti ciociari  già emergono incongruenze, incoerenze, zone grigie. Dunque  mi  convince ancora di più la nostra scelta di costituire il Collettivo Ciociaro Anticapitalista.  Noi siamo fuori da questi giochetti. Siamo d’accordo sul fatto che sia necessaria la difesa dei beni comuni a cominciare dal  lavoro, e sia quantomeno urgente il ripristino di un minimo di giustizia sociale, ma questo è perseguibile solo puntando al rovesciamento del sistema capitalista, non ad un suo controllo o ad una sua edulcorazione. Per questo l’unità che è necessaria ricercare non è quella  fra le forze della destra riformista comprendente  tutti quei partiti (Pdci compreso) a cui l’appello  unitario  di Schietroma si rivolge, ma è quella di tutte le forze, movimenti, o semplici soggetti   anticapitalisti e antiliberisti presenti sul territorio. Noi stiamo lanciando la nostra sfida e saremmo lieti di aggregare  altre forze per portare avanti insieme la nostra lotta.

Cari Signori Riva : mo' chiudete e risanate tutto

Elenina Gaettoskaja Stalinova

Allora una dice: se i signori Riva si son fatti i miliardi con la residenza all'estero (dunque non pagando tasse in Italia, né altrove visto che l'attività ce l'hanno qui), adesso perché lo stato (cioè noi comuni mortali, perché ovviamente loro ed i loro amichetti sono esenti) deve farsi carico dell'inquinamento e dei danni che hanno provocato loro? Un sindacato serio direbbe: "cari signori, mò chiudete e risanate tutto, non solo, ma pagate anche gli stipendi di TUTTI gli operai che nel frattempo staranno a casa. Non solo di quelli di Taranto, ma anche a Genova e insomma tutto l'indotto. E risarcite vittime e famiglie, e pagate pure le spese mediche." E il governo, i sindaci, i presidenti di regione etc, darebbero man forte a questo sindacato. Ma, evidentemente, io sono solo un'utopista sognatricee ci teniamo Monti e Vendola. Amen. 

Il sindaco rosso guida gli espropri nei supermercati

Gian Antonio Orrighi : da una segnalazione di Marco Compa (Sinistra Critica Roma)

Carismatico Juan Manuel Sanchéz Gordillo, 60 anni, figlio di un muratore, professore di storia. Porta sempre al collo una kefiah per solidarietà con i palestinesi Divorziato e padre di due figli convive con una contadina. La moglie lo ha lasciato perché si rifiutava di comperare la lavatrice «simbolo del capitalismo»



Tre carrelli di cibo per 37 famiglie povere di Siviglia.
In Andalusia requisiti a un  duca 1.200 ettari incolti.


L’ ultima clamorosa protesta è stata un «esproprio alimentare» in un supermercato: martedì scorso Juan Manuel Sanchéz Gordillo, 60 anni, dal 1979 sindaco con maggioranza assoluta della comunistissima Marinaleda, ha diretto l’assalto a un supermercato nella limitrofa Ecija, portando via tre carrelli pieni di pasta, fagioli, lenticchie e latte, che ha donato a 36 famiglie di squatter disoccupati di Siviglia. Unanime la condanna del governo, dei socialisti, di lu. Ovviamente è stato denunciato. Ma lui se la ride: «È stata un’azione simbolica. Il prossimo obbiettivo? Le banche».

Sanchéz Gordillo, non è solo sindaco, è anche molto altro: deputato regionale andaluso, leader del Cut-Bai (Collettivo unità dei lavoratori-Blocco andaluso di sinistra) e del sindacato agricolo Sat. E da sempre fa parlare di sé, occupando terre incolte o la Moncloa, il Palazzo del governo, con l’ex premier socialista González dentro. Ma nella regione con più disoccupati d’Europa (34%), nel suo Comune non ce n’è uno grazie alle cooperative comunali ortofrutticole da lui inventate e dove tutti guadagnano lo stesso stipendio: 1128 euro al mese. «Non ho mai fatto parte del partito comunista con la falce e martello, però mi sento comunista, o comunitarista, come credo si sentissero Cristo, Gandhi, Lenin e il Che», dice questo professore di storia, figlio di un poverissimo muratore, che ha potuto andare all’Università grazie a una borsa di studio.

Entrato in Izquierda Unita (il cartello elettorale comunista) nell’86, nemico acerrimo dei socialisti («Zapatero rubava ai poveri per dare i soldi ai ricchi»), gode di una popolarità impressionante, e non solo nella sua Marinaleda (2645 abitanti): nelle regionali andaluse del marzo scorso, come capolista di Iu per Siviglia, ha ottenuto116.726 voti (il 12,18%).

Il suo motto è sempre stato: «La terra a chi la lavora». E Gordillo, che pare uscito da «Novecento» di Bertolucci anche se usa Twitter, è un leader che fa quello che dice. Nell’Andalusia agraria in mano a ricchissimi proprietari terrieri, il barbuto sindaco, dopo 12 anni di occupazioni, nel 1992 è riuscito a espropriare 1200 ettari che erano del Duca dell’Infantado.

Sempre in prima linea, venerdì scorso è stato sloggiato dalla Guardia Civil, insieme ad altri 200 militanti del Sat, da un terreno militare. «Torneremo. Abbiamo già cominciato a lavorare la terra», ha detto agli agenti delle Benemérita.

L’esproprio terriero è stato il volano della sua revolución, sempre perseguita con la non violenza. Il sindaco che tiene la foto del Che nel suo ufficio sempre aperto al pubblico e porterà la kefiah al collo «finché i palestinesi non avranno una loro patria», ha costituito la Cooperativa Hu Humar-Marinaleda, ovviamente ecologicamente corretta. Produce carciofi, peperoni, fave, olio di oliva. Il comune è proprietario di una fabbrica di conserve, un frantoio, serre, allevamenti bovini. Salario: 47 euro al giorno, 6 giorni la settimana, 35 ore settimanali. Ecco perché non ci sono disoccupati.

Ma c’è di più. A Marinaleda non è mai entrato un costruttore. Il municipio regala il terreno per costruire un villino a schiera (90 metri quadrati su due piani, più 100 metri di cortile), anticipa i soldi per i lavori ed esige che il proprietario collabori alla costruzione della sua casa o paghi un sostituto. Restituirà il debito in rate di 15,52 euro al mese.

Dulcis in fundo, non esiste la polizia locale. «Da noi non è necessaria», vanta Gordillo.



Quei cappellani militari che guadagnano come i generali

Luca Kocci  fonte: http://www.ilmanifesto.it

Indossano la veste talare con i gradi appuntati sul colletto, accompagnano i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nelle «missioni di pace» È l'esercito dei preti-soldato contestati già da don Milani


Una veste talare con due stellette dorate appuntate sul colletto: è la divisa dell'ordinario militare, l'arcivescovo che guida con i gradi, e lo stipendio, di generale di corpo d'armata il piccolo esercito dei cappellani militari, i preti-soldato impegnati nel servizio pastorale fra i militari nelle caserme, sulle navi da guerra e nei contingenti impegnati nelle cosiddette "missioni di pace". Una vera e propria Chiesa militare, con i gradi accanto al crocefisso, che dispensa assistenza spirituale e sacramenti a coloro che hanno scelto le armi e la mimetica e predica un Vangelo in grigio-verde, come il colore della copertina di quello che mons. Angelo Bagnasco, prima di staccarsi le stellette di vescovo castrense per assumere i gradi di presidente della Conferenza episcopale italiana, regalò a tutti i soldati in missione all'estero: «Un tocco che lo contraddistingue, un simbolo di appartenenza, come si fa negli scout», spiegò allora. E «appartenenza» è la parola che ripetono da sempre i vescovi-generali, per stoppare in partenza tutte le richieste di smilitarizzazione dei cappellani che provengono dal mondo cattolico di base e pacifista. «La cosiddetta "militarità" può fare problema e sembrare fuori posto per un prete - spiegava ancora Bagnasco - ma c'è una ragione: il senso di appartenenza alle forze armate è altissimo, è un mondo con regole precise» e «il sacerdote, per essere pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo», cioè con i gradi. «La vocazione alla santità del militare rischia di non essere compresa, particolarmente da coloro che esaltano la pace a oltranza», dice ancora più chiaramente l'attuale ordinario militare, mons. Vincenzo Pelvi, che propone anche di proclamare Giovanni XXIII, il papa della Pacem in Terris, patrono dell'esercito.

I cappellani militari cattolici vennero introdotti nell'esercito italiano alla vigilia della I guerra mondiale. Fu il generale Cadorna a chiedere la presenza al fronte di preti - fra cui si distinse il francescano Agostino Gemelli, il quale fu anche consulente dello Stato maggiore - che sostenessero spiritualmente i soldati nel conflitto e che collaborassero a mantenere salda l'obbedienza agli ufficiali e la disciplina della truppa. Finita la guerra, i cappellani vennero congedati con il grado di tenente e fecero ritorno nelle parrocchie e nei conventi. Per poco però, perché nel 1926 Mussolini fece approvare la legge che istituì l'Ordinariato militare d'Italia, ulteriormente rafforzato tre ani dopo con la stipula dei Patti Lateranensi fra Chiesa cattolica e Stato fascista: l'atto di nascita di una vera Chiesa militare al servizio del regime, tanto che i cappellani vennero inseriti nelle forze armate, nell'Opera nazionale balilla e nella Milizia volontaria di sicurezza nazionale, accompagnarono e sostennero le truppe fasciste nella guerra civile spagnola, nella campagna d'Africa - dove i reparti mussolinani usarono i gas contro le popolazioni - e nella II guerra mondiale. Crollato il fascismo e conclusa la guerra, l'Ordinariato militare rimase saldo al suo posto. Anzi, nel 1986, papa Wojtyla emanò la Costituzione apostolica Spirituali militum curae ed elevò al rango di diocesi tutti gli ordinariati e i vicariati castrensi del mondo. Diocesi anomale, i cui parroci sono i cappellani militari e i cui fedeli sono i militari e le loro famiglie, gli allievi delle scuole militari e i degenti degli ospedali militari.

In Italia l'Ordinariato militare è equiparato ad un'arcidiocesi, la sede è in un bel palazzo storico a due passi dal Colosseo, il seminario per gli aspiranti preti-soldato si trova nella "città militare" della Cecchignola a Roma, Bonus Miles Christi è il mensile dell'Ordinariato, che è presente anche su Facebook. L'ordinario militare viene designato dal papa e nominato dal presidente della Repubblica (in accordo con il presidente del Consiglio e dei ministri della Difesa e dell'Interno), ha le stellette e il salario di un generale di corpo d'armata: oltre 9 mila euro al mese (lordi). Tutti gli altri cappellani, attualmente 182, sono inquadrati con i diversi gradi della gerarchia militare: il vicario generale è generale di brigata (6 mila euro di stipendio); l'ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l'economo sono tenenti colonnello (5 mila euro); il primo cappellano capo è un maggiore (fra i 3 e i 4 mila euro); il cappellano capo è capitano (3 mila), il cappellano semplice ha il grado di tenente (2 mila e 500). La spesa da parte dello Stato è di oltre 10 milioni di euro l'anno. Ma è una cifra che non comprende le pensioni pagate ai preti soldato: circa 160, per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro ad assegno (ma quelle degli alti ufficiali, in tutto 16, sono molto più elevate: l'ordinario militare percepisce circa 4mila euro netti al mese) e una spesa complessiva di quasi 7 milioni di euro, come ha riferito il ministro della Difesa, ammiraglio Di Paola, rispondendo ad una interrogazione parlamentare dei Radicali.

Ci avevano provato anni fa in Parlamento i Verdi a presentare un disegno di legge per la «smilitarizzazione» dei cappellani militari, riprendendo una delle storiche battaglie di Pax Christi: non l'eliminazione dei cappellani militari ma lo sganciamento dalla struttura delle forze armate, affidando la cura pastorale dei soldati a preti senza stellette che già operano nelle parrocchie nei cui territori sorgono le caserme, e facendo risparmiare un bel po' di quattrini allo Stato. Ma il fuoco di sbarramento delle gerarchie ecclesiastiche fece affossare il progetto. Ed è andata anche bene: negli anni '60 padre Balducci e don Milani vennero processati (Balducci fu condannato a 8 mesi, Milani morì prima della sentenza) per aver difeso l'obiezione di coscienza e criticato i cappellani militari.


giovedì 16 agosto 2012

Il Comune di Colleferro difende gli interessi della discarica, non dei cittadini.

Rete per la Tutela della Valle del Sacco

Mentre i cittadini della Valle del Sacco iniziano a prepararsi alla mobilitazione generale del 6 ottobre 2012, promossa dal Coordinamento Valle del Sacco, che chiamerà a raccolta la società civile a difesa dell’intero territorio, le amministrazioni locali si dividono sul tema dei rifiuti.

Da segnalare, tra gli atti amministrativi che ci lasciano alquanto sconcertati, la delibera di Giunta Comunale di Colleferro n. 187 del 3 agosto 2012, che nomina un rappresentante legale per tutelare gli interessi in gioco, versus le relative delibere dei Consigli comunali di Paliano ed Anagni, avallanti un ricorso al Presidente della Repubblica contro il Piano Regionale Rifiuti (PRR), con particolare riferimento all’inserimento dei due Comuni nell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) di Roma.

Perché il Comune di Colleferro si preoccupa tanto delle istanze presentate a tutela del territorio dalle due amministrazioni limitrofe? Non dovrebbe invece prestare attenzione alle argomentazioni di elevata qualità tecnica - non solo sugli ATO - espresse dalle associazioni nazionali e locali in un altro ricorso contro il PRR, depositato al TAR?

Nella DGC in questione, la Giunta Comunale rinnova l’interesse a proseguire l’attività della discarica di Colle Fagiolara in funzione dell’impianto di Trattamento Meccanico Biologico (TMB) di Colleferro - da non confondere con quello di Castellaccio a Paliano - tuttora in fermo autorizzativo presso gli uffici preposti della Regione. Se l’autorizzazione giungesse oggi, l’impianto non sarebbe completato, con ogni probabilità, prima del 2014. Nel frattempo, però, consentirebbe, come una sorta di Cavallo di Troia, di continuare a riversare rifiuto tal quale, a Colle Fagiolara, contro ogni direttiva comunitaria.

Il ciclo regionale dei rifiuti, oggetto di numerose procedure di infrazione e storicamente rappresentante un fallimento economico e ambientale sotto gli occhi di tutti, è evidentemente giunto al capolinea, ma l’amministrazione colleferrina pare non accorgersene.

Gli ambientalisti locali, che non sono sprovveduti affetti da sindrome NIMBY, non avrebbero presentato opposizioni ad un progetto di TMB degno di questo nome, capace di differenziare il rifiuto con l’invio ai consorzi di filiera (carta, plastica, vetro ecc.), senza produzione di eco-balle per l’incenerimento, garante di percentuali bassissime di conferimento in discarica. Nulla da obiettare a un progetto di TMB di seconda generazione, con implementazione di isola ecologica, mini-impianto di compostaggio, porta a porta spinto, centro studi per la riduzione del rifiuto in uscita, centro di informazione per la riduzione a monte.

Nulla di tutto ciò è previsto nel progetto di TMB in iter autorizzativo. Con grande soddisfazione degli ovini che, come in questi giorni, potranno continuare a pascolare all’interno del perimetro del sito di una discarica in esercizio.


Colleferro, 16 agosto 2012


su www.retuvasa.org la delibera di Giunta del Comune di Colleferro e la foto degli ovini in discarica





Ilva, intercettazioni choc: «Prepara la busta»

http://www.lettera43.it

Sospetti di mazzette per falsificare le perizie. Emergono nuove intercettazioni sul caso Ilva, questa volta provenienti da un'informativa della Guardia di Finanza. Tutto risale al fascicolo aperto per corruzione in atti giudiziari contro Girolamo Archinà, responsabile delle pubbliche relazione dell'Ilva e licenziato alcuni giorni fa dal presidente Bruno Ferrante.

L'INCONTRO ARCHINÀ-LIBERTI. Le carte delle Fiamme Gialle partono dal famoso incontro tra Archinà e Lorenzo Liberti (il consulente tecnico dei magistrati accusato, secondo la Procura, di aver ricevuto una tangente di 10 mila euro proprio dallo stesso Archinà al fine di “addolcire” l'immagine del gruppo siderurgico nella relazione da consegnare ai pm), ma ritraggono uno scenario ben più vasto, dove la corruzione, gli accordi sottobanco e le versioni ricostruite ad hoc per la stampa sembrano essere la norma.

Un episodio, quello dell'incontro Archinà – Liberti, che viaggia su un binario giudiziario parallelo, ma divenuto protagonista dopo che il giudice Patrizia Todisco lo ha citato come esempio di capacità di inquinamento delle prove da parte della famiglia Riva.

«UNA BUSTA IN TASCA ENTRA». Il responsabile della pubbliche relazioni e il perito del pm si sarebbero visti, in modo alquanto sospetto, in un'area di servizio della A14, nei pressi di Taranto. Secondo la Guardia di finanza, i due si sarebbero scambiati una busta conentente, per l'appunto,10 mila euro. E l'importo sarebbe stato confermato da alcune intercettazioni risalenti a pochi giorni prima: «Non potevo parlare prima… per domani mi prepari dieci?», dice Archinà a un funzionario dell'Ilva. Che chiede: «Da cento? Da cinquecento?». E Archinà risponde: «Da cinque, sì da cinque». Il cassiere dell'azienda, però, sembra avere qualche problema di taglio delle banconote e, il giorno successivo avvisa Archinà: «Senti i soldi li ho qua, ma sono tutti da cento e da cinquanta…non ce ne avevano da cinquecento». Ma lo stesso Archinà sembra non preoccuparsi più di tanto: «Eh va bene... Devo portare la valigetta vuol dire». Ma il cassiere lo tranquillizza: «Va bè, è una busta in tasca entra».

«IN LINEA CON LE NOSTRE ESIGENZE». E ancora a proposito del perito, tra i documenti si legge un'intercettazione del 31 marzo 2010 tra Girolamo Archinà e Fabio Riva: «Io ritengo che sia oramai... sta in linea con quelle che sono le nostre esigenze». Ma Liberti aspettava alcuni importanti dati sul rilevamento della diossina dall'Arpa (Agenzia regionale protezione e ambiente). Cosa che preoccupava non poco Fabio Riva: «E diamoglieli noi, dai!», dice. E Archinà replica: «In modo che io potrei lavorargli... a dire... sulla quantità piuttosto che sul profilo». Secondo i finanzieri, dunque: «Darglieli in anteprima significa che così Archinà potrà iniziare a lavorare sul Liberti affinché (...) attesti che comunque le emissioni di diossina prodotte dal siderurgico siano in quantitativi notevolmente inferiori a quelli accertati all'esterno».

IL «COMUNICATO FUORVIANTE». Un altro esempio di manipolazione delle informazioni avviene da un'intercettazione risalente al 2010. Il 15 luglio Archinà e Fabio Riva incontrano il governatore della Regione Nichi Vendola per discutere dell'Ilva. Al termine, Fabio Riva parla con il figlio Emilio, parlando del buon esito della riunione: «Si dice... si vende fumo, non so come dire! Sì, l'Ilva collabora con la Regione, tutto bene...», è annotato nelle carte. Che commentano: «Emilio suggerisce di fare un comunicato fuorviante».

«A livello ministeriale contatti non proprio istituzionali»

Ma per i vertici dell'azienda era fondamentale avere anche anche degli appoggi a livello nazionale: «Emerge come anche a livello ministeriale servano i contatti non propio istituzionali per ammorbidire alcuni componenti della Commissione Ipcc-Aia», si legge nell'informativa. Tutto al fine di ottenere l'Autorizzazione integrata ambientale, concessa il 4 agosto 2011 dopo un iter di ben sette anni: «L’effettiva e buona riuscita dei contatti si rileva, come si accennava in precedenza, dai costanti aggiornamenti che egli (Archinà ndr) fornisce ai vertici aziendali, con i quali ovviamente condivide le strategie da porre in atto, recependo le direttive che di volta in volta vengono impartite», proseguono le carte dei finanzieri.

«DISTRUGGERE ASSENNATO». La direzione dell'impianto siderurgico concentra moltissime forze nel cercare di non far emergere i dati sull'inquinamento atmosferico. Un esempio è riportao, ancora una volta, dalal documentazione fornita dalla Guardia di Finanza. Nel giugno 2010 Giorgio Assennato, direttore dell'Arpa, ha firmato una relazione nella quale erano contenuti i dati relativi alla concentrazione di benzoapirene nell'aria del quartiere Tamburi. Sostanza che proveniva dalla cokerie dell'Ilva e presente in elevata concentrazione. Questo avrebbe costretto l'azienda a ridurre drasticamente la produzione, che sarebbe stata condizionata dalla situazione meteo. In quest'occasione, la reazione dell'Ilva è stata durissma. Archinà chiama Alberto Cattaneo, oggi dirigente Comunicazione dell'azienda siderurgica: «Dobbiamo distruggere Assennato».





Multiervizi l'ennesimo caso di "MALA SPA"

Collettivo Ciociaro Anticapitalista

Solo poche settimane fa l’assessore Mastrangeli ed il sindaco Ottaviani annunciavano in maniera pomposa ai cittadini di Frosinone di aver risparmiato 63.000 euro affidando l’imbustamento della corrispondenza Tarsu a personale interno piuttosto che affidarlo a ditte esterne. Una chiara ammissione che le esternalizzazioni sono una spesa in più per i comuni. Ora noi ci chiediamo, e con noi vorremmo che se lo chiedesse la cittadinanza intera: se loro stessi si vantano di risparmiare tenendo i servizi all’interno dell’ente, per quale motivo tutta l’azione politico-amministratiiva è invece volta alla dismissione di servizi, all’esternalizzazione, alla privatizzazione e alla vendita del patrimonio pubblico? L’ultima puntata della saga Multiservizi a cui stiamo assistendo in questi giorni rappresenta a nostro avviso un’altra prova della stortura di questo sistema e della sua incompatibilità con la giustizia sociale e con il diritto ad un posto di lavoro. Questa società, ottemperando alle spietate regole con cui il capitalismo sta liquidando la forma di ente pubblico a favore di un modulo organizzativo societario, è nata come una Spa, i cui soci, sono enti pubblici Comune di Alatri, Comune di Frosinone, e la Provincia di Frosinone . La differenza sostanziale, rispetto all’espletamento del servizio da parte dell’ente attraverso suoi dipendenti assunti direttamente è che la creazione di una Spa , prevede l’istituzione di un consiglio di amministrazione . Un organo composto da manager e amministratori estremamente funzionale a soddisfare le clientele politiche . E’ per tenere in piedi questo apparato che la Mutliservizi Spa, pur gestendo commesse importanti ha accumulato 3milioni e 300mila euro di debiti in generale , oltre ai 700mila dovuti all’Inps per il mancato pagamento dei contributi alle maestranze . E’ per il mantenimento dei vari amministratori di nomina che la società è arrivata alla liquidazione, con la drammatica conseguenza di gettare nella disperazione i dipendenti . Lavoratori che oggi di fatto sono in forza ad una società agonizzante (in liquidazione) e non hanno alcuna prospettiva lavorativa futura . Lavoratori, fra l’altro, che hanno rischiato di non percepire quei pochi spiccioli di stipendi arretrati perché gli ultimi euro che la Multiservizi incasserà anziché essere utilizzati per pagare i lavoratori sarebbero dovuti finire nelle casse di Equitalia chiamata a gestire i debiti reclamati dall’Inps. Per fortuna l’ente di riscossione ha concesso la dilazione in 72 rate del debito liberando risorse per i il pagamento di qualche stipendio. Il perverso risultato è che le poche maestranze che materialmente erogano i servizi ai cittadini hanno rischiato e rischiano di rimanere senza paga e sono senza contributi , mentre il management non subirà le stesse conseguenze . Ma la soluzione il sindaco Ottaviani l'avrebbe già praticata affidando l’ imbustamento della corrispondenza Tarsu a personale interno. Coerenza vorrebbe quindi che lo stesso metodo sia adottato dal sindaco con i lavoratori della Multiservizi, assumendoli tutti quanti direttamente. Anche la corte dei conti ha confermato che le spese per la stabilizzazione diretta del personale sono inferiori alle somme da stanziare per affidare gli stessi servizi a ditte private. Ma pare certo che su questo fronte l’orientamento del sindaco Ottaviani sia del tutto opposto . Infatti è obbiettivo della nuova giunta fare in modo che i servizi di cura e manutenzione della città non siano svolti direttamente dall’ente pubblico, né da una società pubblica conformata come una società privata (Spa). Saranno invece direttamente le ditte private a curarsi dei bisogni della città con l’unica incombenza, se la cosa non è troppo disturbo, di assumere qualche lavoratore della Mutliservizi, con buona pace dei dipendenti che rimarranno fuori , presumiamo tutti, e dei cittadini che si troveranno dei servizi sempre più scadenti e sempre più costosi. Il nostro sindaco, che ha impostato la campagna elettorale sul cambiamento e la discontinuità con la giunta precedente, metta in pratica i suoi propositi considerando i cittadini proprietari della cosa pubblica e non poveri commensali da ignorare fino alle prossime elezioni. E lo faccia, se è il caso, anche contravvenendo, come hanno fato altri sindaci, ai dettami del patto di stabilità e della spending review , regole impietose per i cittadini imposte dal governo centrale agli enti locali.

martedì 14 agosto 2012

Buon Ferragosto.

Luciano e Jacopo Granieri.

I disegni di Jacopo e il commento musicale affidato ai Pink Floyd  con il brano Any Color You Like, tratto dall'album the Dark Side of the Moon, sono l'augurio migliore  per un buon ferragosto ai naviganti tutti. Rilassatevi se potete e ricarichiamo le batterie, ci attendono settimane molto resistenti.



Salviamo il Castello di Colleferro e la sua collina, fermiamo la speculazione, vogliamo un vero parco

Rete per la Tutela della Valle del Sacco


Nei giorni scorsi la Rete per la tutela della valle del Sacco ed altre associazioni locali hanno depositato presso il comune di Colleferro numerose e circostanziate osservazioni contro il progetto della ditta Furlan per la cosiddetta “riqualificazione” dell’area del Castello Vecchio, approvato dall’Amministrazione comunale e in fase di discussione in sede di Conferenza dei servizi.



Si tratta dell’ assurda, ennesima speculazione edilizia che questa volta colpisce una delle più significative e belle zone del nostro territorio.

In sintesi il progetto prevede, a fronte della cessione al comune di parte della collina su cui sorge il castello e del castello stesso, l’autorizzazione alla costruzione di ben 9 palazzine, garage, parco privato e strade carrabili: un vero e proprio quartiere sulla bella collina del castello. L’antico maniero del 1200 sarebbe trasformato in albergo e alla cittadinanza resterebbe neanche la metà della collina per passeggiare.

I punti salienti delle nostre osservazioni possono essere così riassunti:


- il castello e la sua collina sono un bene paesaggistico e artistico di alto valore simbolico per i cittadini di Colleferro; deturparne per sempre la bellezza e la fruibilità sarebbe una perdita enorme, ingiustificata e inammissibile;

- il progetto si regge su forzature tecnico-giuridiche, come il dimezzamento del vincolo cimiteriale approvato dal comune (da 200 ml, distanza fissata per legge tra il cimitero e le abitazioni, a 100 ml) e la variazione di destinazione d'uso del terreno: con queste due modifiche il terreno acquista un valore enorme;


- l’area complessiva ed il castello sono stati acquistati da Furlan nel 1997 per 350.000 milioni di lire, circa 175.000 euro. Con questo progetto l’investimento iniziale viene più che valorizzato, visto che i 175.000 euro investiti si trasformano in un affare il cui valore di mercato supera i 12 milioni di euro per il costruttore;

- la società Furlan si fa’ bella cedendo al comune il castello e la parte non edificata della collina, stimandone rispettivamente il valore a 1,5 milioni ed oltre 1,2 milioni di euro, come da quadro di concertazione economica- tabella su Vantaggio urbanistico: quotazioni assolutamente non paragonabili al costo di acquisto e neppure alle spese di allestimento e messa in sicurezza che il costruttore si impegna a sostenere;

- ricordiamo che il maggior costo della ristrutturazione del castello e sua successiva manutenzione rimarrebbe comunque a carico del Comune;

- il nostro territorio è ormai saturo di abitazioni, spesso invendute o non affittate. La cementificazione si è spinta oltre qualunque limite. Non è certo di altro cemento che abbiamo bisogno, né di altro traffico e smog che inevitabilmente l’edificazione porta con sé.

Scrive Salvatore Settis nel suo splendido libro “Paesaggio costituzione cemento”, a proposito dell’altissima considerazione che gli italiani in tempi passati avevano del paesaggio e dell’ambiente che li circondava: “Quest’Italia che non era immobile, cambiava anzi ogni giorno, ogni ora: ma cambiava sotto quello sguardo vigile e inconsapevolmente amoroso. Cambiava piano, cambiava con cura. Come se ognuno, dal contadino al principe, sapesse egualmente bene che nessuna torre mai dev’essere più alta di quella del Comune (o del duomo), che nessun folto di ulivi dev’essere mai spianato. Che nessuna veduta dev’essere alterata o turbata senza misura e senza ragione, cioè senza pensarne e crearne una migliore; che mai lo sguardo deve posarsi su una bruttura. Quei mutamenti anche profondi, ma sempre meditati, furono per secoli il frutto maturo di una mediazione mentale e sociale fra l’eredità del passato e qualche ipotesi per il futuro: ma quali che fossero desideri e progetti, l’ago della bussola era sempre fisso su un saldo senso di familiarità dello spazio vitale. Familiarità nel viverlo conservandolo, ma soprattutto nel modificarlo senza violarne il messaggio, l’eredità, i valori. […] Non c’è uomo o donna, dal servo al gran signore, che non respiri quei valori: come l’aria”.

Appuntamento presto, dopo una breve pausa estiva, presso i nostri banchetti di raccolta firme e di informazione per fermare insieme l’uccisione della nostra collina.

Colleferro, 14 agosto 2012






















lunedì 13 agosto 2012

Disobbedienza civile con tarocco

Luciano Granieri

Che l’attuale giunta provinciale di Frosinone sia famosa per la sua determinazione a non decidere e a non operare è cosa nota. Non sorprende quindi che Michele Latorraca, segretario dell’associazione Radicale Pasolini, si sia accorto che la squadra di Iannarili è inadempiente anche in relazione alle normative sulla trasparenza. In base alla legge 441 del 1982, il sito della Provincia dovrebbe riportare l’Anagrafe degli eletti, e notizie sull’attività dell’ente . Ma navigando sul suddetto sito non si trova nulla di tutto ciò, a parte qualche sparuta notizia sugli amministratori . A questo ritardo i dirigenti dell’assise provinciale non hanno saputo dare spiegazione, e ci mancherebbe! La spiegazione sta nella “voja de’ lavorà sartame addoso” che attanaglia i vari assessori. Purtroppo anche quando finalmente il Presidente Iannarilli decide di agire, le conseguenze sono nefaste. Ricordate l’aspra polemica innescata dal mega presidente contro il governo Monti a proposito di quella parte di spending review che prevedeva l’accorpamento delle province? Iannarilli con un gesto di protesta eclatante, riportato da tutti giornali, restituì a mezzo posta al Presidente della Repubblica il gonfalone della Provincia di Frosinone. Sembrerebbe un atto di disobbedienza civile estremamente coraggioso, ma il presidente Iannarilli mica è così scemo da fare un gesto talmente sconsiderato, tiene famiglia pure lui e non può rinunciare ai lauti compensi che gli derivano dalla sua carica. Il gonfalone, quello vero, è ben custodito nel palazzo di Via Gramsci, il vessillo spedito al Presidente Napolitano è una copia, un falso, un tarocco insomma. Il presidente Napolitano l’ha scoperto, tant’è che lo ha prontamente rimandato indietro offeso per la presa in giro. Per amor di cronaca le cose sono andate un po’ diversamente . L’ufficio della presidenza della Repubblica ha effettivamente rispedito il vessillo ma non a Iannarilli , bensì al prefetto, perché spetta al rappresentate del Governo nel territorio e non ad un semplice ente inviare pacchi o missive al presidente della Repubblica. Non c’è che dire una protesta davvero incisiva quella del presidente Iannarilli. Spedisce al presidente della Repubblica un falso, attraverso l’ufficio sbagliato. Ma ve lo immaginate il buon Iannarilli nei panni di un anarco - insurrezionalista , spedirebbe pacchi bomba con lo zucchero al posto dell’esplosivo , non a Equitalia ma ad Equicarni, una nota macelleria che commercia carne da cavallo.

Aut ha scoperto il laboratorio clandestino che ha confezionato il gonfalone falso.

domenica 12 agosto 2012

FdS: Un partito dalle idee chiare

Andrea Cristofaro

Non c'è che dire, la Fds è un soggetto politico con le idee chiare.

OLIVIERO DILIBERTO, Federazione della Sinistra:

"Dopo le incomprensibili scelte di dannosa e ingiusta austerità, fatta solo di tagli allo stato sociale e compressione dei diritti dei lavoratori, sembra con questa carta di intenti che il Pd voglia segnare una discontinui

tà rispetto alle politiche neoliberiste e al dominio dei mercati. Investimenti sul sapere, centralità del lavoro e democrazia sono temi importanti, sui quali occorre aprire una discussione approfondita. Il 9 giugno la Fiom ha presentato delle

proposte di governo chiare, a partire dall'introduzione della

...patrimoniale, ad una nuova legge sulla rappresentanza, alla lotta alla precarietà, che hanno significative superfici di contatto con la carta di intenti presentata oggi. Alla luce di tali considerazioni, è possibile a nostro giudizio aprire un confronto di merito al quale auspico possano e vogliano partecipare tutte le forze democratiche, progressiste e della sinistra." ............

CESARE SALVI, Federazione della Sinistra:

"Sulla proposta della Carta di Intenti del Pd intendo esprimere un giudizio di disponibilità al confronto, che mi auguro sia fatto proprio da tutta la Federazione della Sinistra, e al tempo stesso un'obiezione sulla quale mi piacerebbe un chiarimento.

Credo sia giusta la disponibilità al confronto, perché la Carta propone come base di discussione orientamenti e valori di riferimento di segno avanzato e oggettivamente diversi da quelli assunti alla base della sua attività dall'attuale governo Monti. "
 
PAOLO FERRERO, Federazione della Sinistra:
 
"serve un polo autonomo della sinistra alternativo all'asse Bersani-Vendola"
 
Idee molto chiare, molto. Gli elettori della Fds devono solo avere pazienza, che almeno una linea politica uscirà fuori, ma probabilmente ne usciranno fuori due, o forse tre. Basta aspettare un po'



Questa clip è stata redatta nell'ottobre 2011. Ma sembra ancora più attuale.
Luciano Granieri.

Chiarimenti sull'articolo di"Ciociaria Oggi"

Andrea Cristofaro - Collettivo Ciociaro Anticapitalista.

  In relazione all’articolo comparso su ciociaria oggi l’11 agosto, relativo al comunicato di nascita del Collettivo Ciociaro Anticapitalista a Frosinone, ringraziamo il giornale per aver dato spazio alla notizia, ma alcune considerazioni del giornalista che ha scritto l’articolo non rispecchiano il nostro pensiero e meritano dei chiarimenti: il Collettivo non è nato come una ripicca verso qualcuno. La nostra fuoriuscita dal partito della Rifondazione Comunista è avvenuta dopo una lunga riflessione comune, alla fine della quale siamo arrivati alla conclusione che il Prc non rappresentava più per noi il luogo politico dove poter lavorare per un’alternativa reale a questa società. Quindi il fatto che in quella fase io ricoprissi il ruolo di segretario di circolo non fa di me il regista delle operazioni e tantomeno io mi sono legato al dito alcunchè. E’ semplicemente successo che come capita spesso in politica le strade si dividono. Le cause di questo noi le abbiamo individuate nell’atteggiamento attendista e speculativo dei vertici del partito, legati spesso a logiche politicistiche nelle quali noi non ci riconosciamo. Il massimo rispetto invece rimane verso i compagni della base del partito con i quali abbiamo condiviso molte battaglie. E lungi da noi l’idea di sorpassare qualcuno a sinistra: non è la gara a chi è più di sinistra o più comunista che ci interessa. Il Collettivo nasce quindi come conseguenza naturale del nostro comune modo di pensare e nasce dalla nostra volontà di continuare a fare gli attivisti, anche per non disperdere quel piccolo patrimonio politico che stavamo costruendo all’interno del circolo Prc Carlo Giuliani, arricchito dalla presenza di compagni e compagne provenienti da altre esperienze. Verso il Prc non nutriamo alcun astio, e potremmo collaborare tranquillamente con i compagni di Rifondazione ogni qualvolta una lotta comune ci porterà nella stessa piazza. Il collettivo, infine, per sua scelta nasce con un’organizzazione orizzontale nella quale si decide tutto con il metodo di una testa un voto e ognuno dei membri ha facoltà di essere delegato volta per volta a rappresentare l’intero gruppo. Andrea Cristofaro, Collettivo Ciociaro Anticapitalista