Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 28 maggio 2016

Il canto del gallo francese I fatti smentiscono gli scettici

Crescono le lotte contro il governo


Francesco Ricci

Ancora una volta la Francia.
A quanto pare è ancora una volta la Francia a chiamare le masse popolari alla lotta contro le politiche dei governi borghesi (di centrodestra o di centrosinistra, non cambia la sostanza) del Continente.
Fu Marx, più di un secolo e mezzo fa, a sottolineare il ruolo d'avanguardia tante volte svolto dal proletariato francese in Europa, dal 1789 in poi. Riutilizzando le parole con cui il poeta Heinrich Heine aveva salutato la rivoluzione del luglio 1830, Marx scrisse che sarebbe stato il canto del gallo francese (allusione al simbolo pennuto della Francia) ad annunciare l'arrivo di una nuova ondata di lotte e rivoluzioni per l'emancipazione della nostra classe.
La congiura del silenzio
Sono ormai più di due mesi da quando (9 marzo) è iniziata la lotta contro la "loi travail" della ministra El Khomri, qualcosa di molto simile al Jobs Act di Renzi e alle misure varate in Spagna nel 2010-2012.
Manifestazioni e scioperi il 31 marzo, il 9, il 13, il 26 e il 28 aprile; e poi di nuovo il 1 maggio, il 17, 19 e 26 maggio.
E se all'inizio la stampa borghese internazionale minimizzava, riducendo il movimento a una innocua contestazione giovanile, alle "notti in piedi" (nuits debout) dei giovani parigini, ora deve in qualche modo parlare di questo movimento che cresce ogni giorno unendo lavoratori e studenti, come già accadde nel Maggio 1968. Lo fa, però, cercando di confinare ancora le notizie in trafiletti nelle pagine interne. Esemplare in questo senso l'organo del centrosinistra italiano, Repubblica, che è riuscita finora a parlare dell'ondata straordinaria di mobilitazioni francesi in uno spazio inferiore di quello dedicato alle allergie di stagione o al ritorno della zanzara tigre.
Come se la Francia non fosse a pochi chilometri da noi, come se al governo non ci fossero in Italia e in Francia due partiti molto simili (Partito socialista del presidente Hollande e del premier Valls, e Partito Democratico di Renzi); come se non ci fosse un governo che simboleggia persino nei suoi ministri (tra cui un banchiere al ministero dell'economia) il suo carattere di classe; come se la controriforma del codice del lavoro contestata dall'altra parte delle Alpi non fosse quasi la fotocopia delle misure del governo italiano.
Presentato il 17 febbraio scorso, il progetto della Khomri (che deve ancora finire l'iter parlamentare) sostanzialmente punta a introdurre una maggior "flessibilità" del lavoro: depotenzia i contratti nazionali a favore di quelli aziendali (articolo 2), permette ai padroni una estensione dell'orario di lavoro (fino a 12 ore al giorno), riduce il pagamento degli straordinari, lascia spazio ai licenziamenti senza vincoli.
Il movimento si estende, il governo scricchiola
Giovedì 26 maggio nuove mobilitazioni gigantesche nella gran parte delle principali città della Francia: da Parigi a Bordeaux, da Nantes a Le Havre, dove i portuali hanno sfilato tra gli applausi della folla. Stanno scioperando i lavoratori dei trasporti (dal 31 i ferrovieri scenderanno in sciopero per 48 ore; dal 1 giugno inizierà lo sciopero illimitato dei lavoratori della metropolitana parigina), delle raffinerie, persino i lavoratori delle centrali nucleari (che in Francia garantiscono quasi l'80% dell'energia prodotta). Ma scioperi e manifestazioni coinvolgono i lavoratori dell'edilizia, dell'industria, del commercio, della sanità. Sono ormai più di sessanta le città in cui le piazze sono colme di manifestanti. Le foto che girano su internet sono impressionanti.
Le mobilitazioni sono convocate principalmente da Cgt (il sindacato più grande), Force Ouvrière, Fsu e Solidaires (sindacato combattivo che coordina, insieme alla Conlutas brasiliana, la Rete Sindacale Internazionale) e dalle organizzazioni studentesche.
La combattività di questo movimento in crescita, è tanto più straordinaria se si pensa che, sfruttando gli attentati del novembre scorso, il governo ha decretato misure fortemente restrittive delle manifestazioni (ricevendo in parlamento il sostegno di tutta la sinistra, che aiuta la borghesia in un vero e proprio patto di "unità nazionale").
Ma contro la forza gigantesca dei lavoratori, le misure reazionarie del governo "socialista" servono a poco. E' per questo che negli ultimi giorni, in ordine sparso, i vari ministri del governo, che inizialmente avevano escluso ogni modifica dei provvedimenti, iniziano ad aprire spiragli alla trattativa, mentre contemporaneamente mandano la polizia a caricare i manifestanti con lacrimogeni e granate; arrestano gli attivisti; fanno perquisizioni nelle sedi dei sindacati in prima linea nella lotta (è successo a sedi dei compagni di Solidaires).
Il ruolo delle burocrazie, minaccia per il movimento
E' prevedibile che a breve le burocrazie sindacali (Cgt in testa), che sono al momento spinte dall'onda d'urto della lotta anche al di là di quanto vorrebbero (per questo cercano di limitarsi a scioperi per categoria), aprano al gioco delle parti col governo: in cambio di un riconoscimento del loro ruolo e di modifiche marginali, la disponibilità a cercare di frenare il movimento. E' una recita che abbiamo visto infinite volte, anche in Italia.
Ma i burocrati non avranno vita facile perché la parola d'ordine delle piazze, in cui cresce la consapevolezza della forza dei lavoratori e dei giovani, e della relativa debolezza dell'avversario di classe, è il ritiro totale della controriforma.
Per conseguire questo risultato bisognerà piegare le direzioni burocratiche, imporre un piano generale di lotta, la costituzione di comitati di sciopero e di un comitato nazionale di sciopero controllato dai lavoratori che prepari uno sciopero generale unitario ad oltranza, sostenuto dall'occupazione delle fabbriche.
La solidarietà internazionale

Come tutta la storia ci ha insegnato, perché la lotta possa svilupparsi, infrangendo le barriere del governo borghese e dei suoi apparati repressivi, è necessaria una direzione coerentemente rivoluzionaria.
Ancora una volta è questa la principale esigenza che potrà essere risolta forgiando questa direzione alternativa nel vivo delle lotte: oggi in Francia (così come qui in Italia), infatti, questa direzione ancora non esiste e il marxismo rivoluzionario è stata fatto a pezzi dal revisionismo degli eredi di Mandel ridotti nel Nuovo Partito Anticapitalista (Npa) che, seguendo la pretesa di "unire rivoluzionari e riformisti" è oggi in una crisi profonda. Così come sono in crisi in tutto il Continente le diverse versioni del neoriformismo, trascinate dal "modello" di Syriza nel burrone della collaborazione di classe.
L'altra urgenza, connessa alla prima, è coordinare i lavoratori dei diversi Paesi, che si confrontano con identiche misure dei rispettivi governi padronali.
Qui in Italia le misure del governo Renzi, grazie alla complicità delle burocrazie sindacali e all'assenza di una direzione politica all'altezza del compito, sono passate senza una adeguata risposta di massa dei lavoratori. Ma l'esempio francese può svolgere un ruolo importante. I lavoratori e i giovani italiani possono fare lo stesso.
E' la migliore smentita per tutti gli "scettici" e i "pessimisti" che sempre sostengono che le cose non si possono cambiare, che giustificano la loro passività con presunti "rapporti di forza". In Francia (e in queste stesse settimane anche in Brasile,) si conferma che il corso della lotta di classe può conoscere svolte improvvise: dopo anni di "pace sociale", all'improvviso le lotte riprendono vigore. E' il normale prodotto di una società divisa in classi, in sfruttati e sfruttatori che hanno interessi inconciliabili.
Il primo dovere delle organizzazioni di lotta, sindacali e politiche, a partire dall'Europa, è quello di organizzare nelle nostre piazze manifestazioni di solidarietà con la lotta dei lavoratori e dei giovani francesi. E la miglior forma di aiuto che possiamo dare a chi lotta in Francia è sviluppare una analoga lotta nei nostri Paesi. Il Pdac e la Lit-Quarta Internazionale saranno impegnati come sempre in questa lotta.
E' ancora presto per dirlo, ma è possibile che ancora una volta il canto del gallo francese serva da sveglia anche in Italia e nel resto del Continente, punto di partenza per nuove lotte.

Pira delle bollette: un atto di legalità e ubbidienza civile

Luciano Granieri



Ieri  sera Frosinone alta e stata  teatro di una  manifestazione di ubbidienza civile. Come qualificare altrimenti la fiaccolata  organizzata dal Comitato Provinciale per l’acqua pubblica che si è svolta da P.zza Gramsci., fino a Piazza della  Libertà ? Qui  davanti alla Prefettura, innanzi  alle  attonite  ma orgogliose figure bronzee di  Nicola Ricciotti, Pietro Sterbini, Francesco Arquatil Luigi Angeloni, Aonio Paleario , si è fatto un falò delle bollette con cui Acea sta spolpando i cittadini della Provincia di Frosinone. 

Circa trecento persone si sono rese protagoniste di questo significativo gesto di ubbidienza civile e legalità. Ieri sera si è fatta un po’ di confusione su cosa è illegale e cosa è legale.  Come sosteneva lo scrittore americano Henry David Thoreau  nel suo libro del 1848  Civil Disobedience un cittadino ha il diritto-dovere di rifiutarsi di obbedire a leggi che non rispettano  i principi di giustizia equità e libertà, altrimenti è un suddito.

 Ieri  la fiaccolata e il faone  delle bollette,  hanno costituito un atto di ubbidienza civile, perché si pretendeva il rispetto del referendum del 2011, in cui 26milioni di cittadini hanno abrogato la  norma in cui si  prevedeva l’adeguatezza del capitale investito (cioè il profitto) nella determinazione della tariffa. Nel merito  è palese la condotta illegale a antidemocratica   del Governo Renzi il quale , attraverso il decreto Madia sui servizi pubblici di rilevanza economica, vuole reintrodurre quella  stessa legge non degnandosi nemmeno di cambiare una virgola dell’enunciato bocciato da 26milioni di cittadini. E’ un dovere civico denunciare ed impedire che l’espressione democratica dei cittadini venga calpestata così barbaramente. 

Ma è altrettanto illegale e criminale che una multiutility, per assicurare  dividendi azionari milionari ai propri azionisti  -quelli veri di minoranza (Gdf Suez, Caltagirone) non il   Comune di Roma socio  silente  di maggioranza   i cui sindaci passati e venturi sono stati invitati caldamente a non metter bocca- perseguiti  i Ciociari  con bollette che sembrano tangenti. Ieri c’era un utente, peraltro disoccupato,  che mostrava un “pizzo”di 14mila euro addebitato come conguaglio per il periodo maggio 2012, marzo 2016.

 E’ illegale che i sindaci incaricati di controllare, per conto dei cittadini che li hanno eletti, la correttezza e l’adeguatezza del servizio erogato da Acea, abbiano fatto l’esatto opposto. Non hanno avuto il coraggio di esercitare la loro prerogativa di determinare una tariffa che, secondo la norma vigente all’epoca dei fatti, avrebbe dovuto tenere conto delle inadempienze della controparte privata e dunque condannare Acea  ad una fatturazione da fallimento. Per questa ignavia i cittadini ciociari sono costretti a corrispondere una multa di 75milioni. Legalità vorrebbe che a pagare il danno fossero colori i quali lo hanno provocato, cioè i sindaci di tasca loro.

 E’ illegale che il Questore di Frosinone abbia provato a vietare il falò e l’utilizzo di altoparlanti, per impedire ai Ciociari  di esercitare il loro atto di ubbidienza civile. Gli altoparlanti hanno ugualmente urlato la rabbia contro Acea e il fuoco ha ugualmente sprigionato la sua simbolica forza  purificatrice  delle ingiustizie perpetrate dalla multi utility romana.   In questo caso ha prevalso il pensiero  di Thoreau per cui è giusto che i cittadini, non i sudditi,  non rispettino norme contrarie ai principi di giustizia eguaglianza e libertà.

 Il segnale mandato ieri dai manifestanti è stato forte e chiaro. Non intendono essere sudditi, piegando la testa,  alle  multinazionali, ai   Governi che le sostengono a ai sindaci, loro si, sudditi di Acea. Da piazza della Libertà, davanti alle figure bronzee di Nicola Ricciotti, Pietro Sterbini, Francesco Arquatil Luigi Angeloni, Aonio Paleario, insieme al fumo delle bollette si è levato alto il grido di  rivendicazione  del diritto di cittadinanza. Speriamo che questo messaggio forte e chiaro sia arrivato agli altri. A quelli che non c’erano, a quelli che se non si ribellano a quelli che   continueranno a rimanere sudditi condannando  la comunità tutta a pagare il pizzo ad Acea.

giovedì 26 maggio 2016

Le inesattezze di Pigi Battista. Lettera al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
Comitato Provinciale di Frosinone


Caro Luciano,
mi permetto di darti del tu perché sei stato il mio primo segretario provinciale quando entrai in FGCI e per molto tempo, ogni tanto mi chiedevo cosa facessi nella vita dopo che l'Unità aveva fatto la fine indegna che le è toccata.
Sono Giovanni Morsillo, non puoi ricordarti ma abbiamo avuto molte occasioni di incontro da ragazzi (tu hai qualche anno di più, ma non tanti...), e attualmente sono presidente provinciale dell'ANPI di Frosinone, riconfermato mio malgrado nell'ultimo congresso del 20 marzo. 
Come sai, noi li facciamo ancora i congressi, ma non per nostalgia o incapacità di cambiamento, è solo che pensiamo che la democrazia si sustanzi nella partecipazione, non nella sola delega, e quindi ci ostiniamo a praticarla. Per questo, teniamo insieme gente che la pensa diversamente, ma sui valori fondamentali trova una sintesi, si organizza ed esercita il diritto di cittadinanza.
Quando sei stato degnamente e giustamente messo a capo del Corrierone, ti confesso che ho provato una soddisfazione personale ed intima, una sorta di riscatto delle idee e delle persone perbene nel tempio della borghesia storica e militante mi pareva una cosa assai buona, e non ho cambiato opinione. Più volte ho tentato di scriverti un messaggio di auguri, ma poi mi sono sempre ritratto, per il mio inguaribile timore di essere frainteso, di essere scambiato per un banale leccapiatti che osanna i "vincitori", e ho lasciato perdere.
Ti scrivo oggi, sperando che tu legga con tutti gli impegni che avrai, perché la nota di Pigi Battista di un paio di giorni fa sull'ANPI e sui partigiani abusivi mi è parsa davvero triste.
Più un imbronciato capriccio che una riflessione, quel pezzo rappresenta una vera e propria scivolata del suo autore, che peraltro a me non è mai sembrato brillare come si dice nel resto del mondo. Certamente un mio limite, evidentemente, ma così è e così dico.
Nel merito, sarebbe opportuno che qualcuno consigliasse Battista almeno di leggiucchiare qualcosa per documentarsi un pochino prima di scrivere su un giornale così prestigioso delle complete invenzioni.
Mi riferisco al fatto che, secondo lui, noi dell'ANPI che non abbiamo fatto la Resistenza (io sono del '60) ci arrogheremmo il titolo di partigiani, il che se fosse vero sarebbe - e concordo - una vergognosa millanteria. Il punto è che l'accusa di cui ci onora Battista, è semplicemente falsa. Chi ha visto una tessera dell'ANPI, sa che essa, in applicazione dello Statuto, prevede le qualifiche di Partigiano, Patriota e Antifascista a seconda della biografia del sottoscrittore. Io, ad esempio, non avendo combattuto né avendo meriti particolari nella difesa della Patria, sono qualificato Antifascista. Né ho mai sentito alcuno, nell'ANPI, dichiararsi partigiano senza esserlo. Battista sa che il riconoscimento della qualifica di Partigiano deriva da un preciso atto del Ministero della Difesa, non dalle pulsioni individuali di chiunque.
Il guizzo di elegante riprovazione raggiunto nella chiusura dell'opera letteraria di Battista poi, quando chiede come ci permettiamo noi di arrogarci tale titolo, è il degno compimento della sua fatica.
Il mio potrà anche sembrare un attaccarsi ai cavilli, ad un articolo tutto sommato non proprio di primo rilievo, ma la questione è: se questo è il livello di precisione professionale in dettagli così marginali, quando questi opinion makers sfornano pensieri e ricette prêt-à-porter con l'obiettivo di orientare i lettori adoperano lo stesso livello di affidabilità?
Spero di non averti troppo importunato, ma non sopporto la superficialità, al di là delle posizioni che ciascuno legittimamente professa.
Quando eri mio segretario, gli extraparlamentari strillavano "la fantasia al potere"; quella no, ma l'improvvisazione mi sa che qualche posizione l'ha guadagnata.

Ti auguro, se me lo consenti fraternamente, un sempre proficuo lavoro a vantaggio della tua meritata carriera e della nostra libertà di essere informati.

Con grande stima
Giovanni Morsillo

Il mistero della macchina per l'urodinamica

Francesco Notarcola – Presidente dell’Ass. “Osservatorio Peppino Impastato”

Ancora una volta, la dirigenza della Asl di Frosinone brilla per la propria efficienza e tempestività.
Presso l’Unità Operativa Complessa di urologia dell’ospedale “Fabrizio Spaziani” del Capoluogo, esiste una Macchina per urodinamica che serve per curare l’incontinenza.
Ebbene, questo importante strumento di cura e di riabilitazione è fermo da cinque o sei anni perché non si è mai proceduto all’acquisto di “Linee per il passaggio dell’acqua”.
Finalmente, nel mese di novembre dello scorso anno, la Commissione INFUNGIBILTA’ della asl ha approvato la proposta di acquisto del materiale necessario  per rimettere in funzione la macchina. Quindi, in base a tale decisione, si potrebbe procedere all’acquisto diretto.
Dopo il parere favorevole della Commissione, il Commissario dott. Macchitella autorizza l’acquisto con lettera inviata  al competente dipartimento.
Alla data odierna nulla è stato fatto. Dopo circa sei mesi, la dirigenza sta ancora verificando se la macchina in oggetto è di proprietà della ASL.
Un macchinario simile esiste solo all’ospedale di Cassino e i tempi di attesa sono proibitivi: oltre 12 mesi. I pazienti che hanno bisogno sono costretti ad andare a Roma sottoponendosi a spese (insopportabili per le famiglie a basso reddito) e disagi enormi.
Mentre la macchina per curare l’incontinenza è stata ed è tuttora ferma, la Asl ha speso e spende milioni di euro per dispensare i pannoloni ai pazienti affetti da questa patologia. Inoltre medico e personale addetti a questo servizio devono guadagnarsi il pane facendo altro.
Ma non sarà che non si è proceduto a riparare la macchina in tutti questi anni perché bisognava dispensare più pannoloni? Il maligno ci pensa. Chissà se sarà vero? Esiste in questa provincia un’AUTORITA’ preposta e compente a verificare tutto ciò. 

Fiaccolata per l'acqua e per la difesa dei diritti, un dovere civico partecipare.

Luciano Granieri


Aut Frosinone, parteciperà domani 27 maggio 2016 alla fiaccolata per l’acqua  e la difesa dei diritti, organizzata dal comitato per l’acqua pubblica di Frosinone.  La manifestazione dopo essere partita da Piazzale Gramsci alle ore 19,00,  si concluderà con la 1° edizione del faone delle bollette che avrà luogo in Piazzale Vittorio Veneto.

 Il blog Aut-Frosinone, voce web dell’Osservatorio Peppino Impastato, non può mancare. 

Fra i tanti record negativi della nostra Provincia, territorio fra i più inquinati d’Italia, con un  tasso di disoccupazione  fra i più alti del Paese, annovera anche  la sperimentazione della gestione privata del servizio idrico. Le ferite inferte alla popolazione  da questa esperienza sono ancora aperte e sanguinanti a partire dai 75 milioni di conguaglio che gravano sui cittadini per le bollette 2006-2011. Come è noto per tale salasso dobbiamo ringraziare la consulta dei sindaci guidata dal Presidente della Provincia,  che si è  ben guardati da determinare la tariffa contestata nel 2007, decidendo di non decidere.  

Una deliberazione,  per altro,  che se assunta avrebbe portato Acea al fallimento. Infatti la tariffa sarebbe stata calcolata secondo il metodo normalizzato in vigore fino al 2013. Una procedura per la quale il cattivo servizio del gestore, avrebbe comportato una decurtazione delle fatture a risarcimento dei danni subiti dagli utenti.    Dunque i sindaci ,  chissà forse ammansiti  dalla controparte privata , si sono fatti commissariare. E la differenza fra l’importo del piano tariffario deciso dal commissario e quello non deciso dai sindaci ha determinato il bel regalino dei 75milioni. 

Se però  si realizzeranno due sciagure approntate del Governo Renzi, Acea potrà tranquillamente disporre delle tasche dei cittadini senza dover rendere conto a chicchessia men che meno ai sindaci. Non dovrà nemmeno  darsi pena di ammansire qualche amministratore recalcitrante. La prima polpetta avvelenata risiede nel decreto Madia , alias Testo Unico dei servizi pubblici locali a rilevanza  economica generale, già approvato dal consiglio  di ministri e in attesa di esame nelle  commissioni parlamentari.   Nel decreto è prevista l’immissione sul mercato e la liberalizzazione di tutti i servizi pubblici locali di interesse economico generale, compresa l’acqua. Ne è interdetta la gestione pubblica, rafforzando il ruolo dei soggetti privati e il principio della concorrenza. 

Altro che tariffe calcolate  secondo il metodo normalizzato! A stabilire quando dovremo pagare per acqua, gas, energia elettrica, trasporto urbano saranno le regole del mercato. I sindaci pur indicati come organo di controllo, avranno semplice diritto di tribuna, non è necessario ammansire il rompiscatole di turno semplicemente perché le scatole non le potrà rompere più nessuno. Inoltre, e questo è il fatto più grave, nello stesso decreto ritorna , nella determinazione della tariffa,  l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito. Cioè si reintroduce la norma,  scritta con le stesse identiche parole abrogata nel referendum del 2011 da 26milioni di cittadini. 

Pensate per sancire che sull’acqua non si possano realizzare profitti non è stata  sufficiente la deliberazione di quasi la metà della popolazione italiana , mentre , se passa la riforma costituzionale, combinata con l’Italicum,  basteranno poco meno di 12milioni di voti per permettere al capo di un  partito di disporre a piacimento  del Parlamento, del Governo, del Presidente della Repubblica, della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura. 


E qui veniamo alla seconda polpetta avvelenata, la DEFORMA della Costituzione Renzi-Boschi. Nel dispositivo pasticciato redatto dai sedicenti novelli padri della Patria  si riduce notevolmente l’autonomia degli enti locali. Viene  infatti   riservato al governo  il diritto di decidere comunque sull'effettuazione di grandi opere dichiarate di interesse nazionale, anche di fronte alla contrarietà delle popolazioni locali e dei Comuni. Cioè i cittadini dovranno sottostare al taglione delle multinazionali sia nell’usufruire di servizi indispensabili per la vita, come acqua ed energia, sia nel disporre del proprio territorio, il  quale potrà essere svenduto alla lobby di turno e alla criminalità organizzata, pronte a sfruttarlo con  l’edificazione di inceneritori, discariche, e altra nefandezze del genere nocive per la popolazione ma foriere di immani affari per le multinazionali stesse .

 Ciò che emerge con forza dai  colpi di mano del governo Renzi è l’assoluto disprezzo per i cittadini, per il loro diritto ad esercitare quella sovranità sancita dall’articolo 1 della Costituzione. Il popolo non voterà per il Senato.  Sceglierà il sindaco, ma questi non potrà nulla di fronte alle decisioni del governo, forse,   per questo motivo,   il Pd non si cura molto  delle elezioni amministrative. 

Riproporre nel decreto Madia, con le stesse identiche parole una norma, cancellata da 26 milioni di cittadini, significa avere un  disprezzo totale  per l’esercizio democratico. Per questo motivo la fiaccolata di domani va oltre la vicenda dell’acqua, diventa una vera e propria manifestazione contro l’autoritarismo e per evitare che ci vengano scippati quei diritti democratici sanciti in Costituzione. A tale scopo sarà presente anche un banchetto per la raccolta firme   per l’indizione dei  referendum istituzionali (Italicum, riforma Renzi-Boschi), dei referendum sociali (scuola, sblocca Italia) e per la presentazione di una petizione popolare affinchè venga ritirato il decreto Madia. Domani essere presenti alla fiaccolata è fondamentale, per evitare di essere depredati di quei pochi diritti che  ancora ci rimangono.

Faone delle bollette, l'Osservatorio Peppino Impastato parteciperà

L’Associazione “Osservatorio Peppino Impastato aderisce alla manifestazione Giù le mani dall’acqua!
1ᵃ edizione del “Faone delle bollette”- 27 Maggio                               2016 ore 19.00 – Frosinone -  Fiaccolata per la difesa dell’acqua e i diritti con banchetti di raccolta firme per la petizione contro il Decreto Madia sulla privatizzazione dei servizi pubblici e per sostenere i Referendum sociali
Partenza: Piazzale Gramsci – Palazzo della Provincia - Arrivo: Piazzale Vittorio Veneto – Prefettura
L’acqua è un bene comune che va sottratto ad ogni tipo di gestione speculativa  perché è indispensabile per la vita di ciascun essere vivente. Ogni persona, adulta, anziana, giovane o bambino deve  imparare a difenderla con le unghie e con i denti contro ogni tentativo d farne una fonte  di ricchezza, di oppressione e di dominio politico .
Per questi motivi è necessario ed importante  che tutti  i cittadini  partecipino alla manifestazione con le famiglie al completo.
Difendere l’acqua significa difendere il diritto alla vita. E’ dovere di ciascuno insegnare a piccoli e grandi a difendere un diritto. Prendiamo esempio dal popolo francese che da mesi lotta con coraggio contro una legge di riforma del lavoro che vuole rendere schiavi moderni i lavoratori e i cittadini.

Frosinone 25 maggio 2016 
La Presidenza: Francesco Notarcola – Mario Catania – Luciano Granieri



mercoledì 25 maggio 2016

Faone delle bollette: i comunicati

A cura della redazione web

Come specificato in conferenza stampa da Severo Lutrario per il Comitato Provinciale acqua Pubblica, alla fine della manifestazione, i movimenti avrebbero consegnato al Prefetto una lettera da inoltrare al Governo. La missiva per precisa richiesta del Prefetto stesso è stata consegnata anticipatamente. Di seguito il testo della lettera.



 Al Presidente del Consiglio dei Ministri
signor Matteo Renzi
Palazzo Chigi
ROMA
Frosinone, 27 maggio 2016
per il tramite della Prefettura di
FROSINONE

oggetto: ritiro della bozza di Testo Unico dei Servizi Pubblici Locali a rilevanza economico generale
         Signore,
coloro che scrivono questa nota sono cittadini che hanno avuto la ventura di sperimentare sin dal 2003/2004 sulla loro pelle e sul loro territorio cosa significhi nella realtà di ogni giorno l'affidamento ad un privato della gestione di un bene indispensabile alla vita come l'acqua: una drastica caduta della qualità del servizio e della risorsa ed un aumento esponenziale dei costi giunti a livelli da rappresentare una vera e propria emergenza sociale.
                Chi scrive conosce perfettamente sulla propria pelle cosa significhi la privatizzazione della gestione del servizio pubblico, con cui gli interessi economici ed il profitto del gestore privato prevalgono su qualunque considerazione delle sue malefatte, delle sue inadempienze e su qualunque, per quanto elementare, criterio di giustizia.
                Noi siamo la prova vivente e dolente della falsità della Sua santificazione ideologica del mercato.
                Ma noi siamo anche parte di quei ventisei milioni e mezzo di cittadini, di popolo sovrano, che nel 2011, con il loro SI hanno chiaramente detto NO alla cessione ai privati della gestione dei servizi pubblici.
                Che con il loro SI hanno detto che sull'acqua nessuno possa fare profitto.
                Ora il Suo governo, non eletto da nessun cittadino, profittando di un Parlamento di nominati e solo grazie alla presenza di un numero record di voltagabbana, travalicando la stessa delega ricevuta che prescrive comunque il rispetto del risultato referendario, si accinge a calpestare la volontà del popolo sovrano.
                Il Suo governo, non votato dai cittadini, vuole imporre che tutti i servizi pubblici locali a rete, dall’acqua ai rifiuti, dal gas ai trasporti, siano consegnati obbligatoriamente ai privati e che le tariffe debbano comprendere “la remunerazione del capitale investito”.
                Il Suo governo, non solo vuole condannare noi a restate ostaggi e vittime del gestore privato, ma vuole imporre a tutta l'Italia la nostra stessa condizione.
                Il Suo governo vuole imporre che la tragica condizione che noi viviamo sulla gestione dell'acqua sia estesa alla fornitura di tutti i servizi pubblici.
               
                Signore,
il suo governo rappresenta una gravissima ed intollerabile gestione autoritaria del potere che di democratico conserva solo la stanca ritualità.
                Il Suo governo e la Sua maggioranza senza alcun mandato popolare, nelle scorse settimane è arrivata a stravolgere la proposta di legge di iniziativa popolare sulla gestione pubblica dell’acqua, che nel 2007 406.000 cittadini avevano presentato, cancellando proprio le norme sulla ripubblicizzazione del servizio. Ed ora questo scempio autoritario è all’esame del Senato.
                Non solo, nel Suo ruolo di segretario del Partito Democratico sta imponendo che la giunta Zingaretti della regione Lazio, in ossequio agli interessi di ACEA S.P.A., si accinga a tradire senso e lettera dell’unica legge di iniziativa popolare mai approvata in Italia, la n. 5 del 2014, sulla gestione dell’acqua nella Regione Lazio, che questa stessa maggioranza e quello stesso Consiglio aveva approvato all’unanimità.     
                Come cittadini e cioè come soggetti titolari di diritti riconosciuti dalla Costituzione repubblicana, dichiariamo oggi forte e chiaro che non siamo disposti ad accettare che i nostri diritti siano trasformati dalle leggi del Suo governo in bisogni cui trovare soluzione sul mercato, alle condizioni di mercato e per il profitto dello speculatore privato.
                Oggi, come cittadini, come quel popolo sovrano che “ha deciso” nel  2011, intimiamo a Lei ed al Suo governo di fermarsi e non procedere oltre sulla strada della privatizzazione dei servizi pubblici.
                Non chiediamo, non avanziamo suppliche, intimiamo, avvertendo che comunque non saremo disposti a subire di essere ridotti a servi senza diritti, aggiogati ai potentati economico-finanziari a cui il Suo governo risponde.
                Oggi, in piazza abbiamo acceso un grande falò e lo abbiamo alimentato con le fatture di ACEA ATO 5 S.p.A. in un simbolico – per ora – rifiuto ad essere ridotti a cittadini senza diritti.
Un falò, perché il colore ed il calore della nostra rabbia e della nostra determinazione arrivi sino a Roma, prima che sia troppo tardi.

Comitato Provinciale Acqua Pubblica Frosinone



Nel concordare le modalità della manifestazione, in questura, è stato vietato il faone  perchè vige  il divieto di accendere  fuochi . Ma è intenzione del Comitato Provinciale Acqua Pubblica di Frosinone illuminare ugualmente la piazza con un bel falò  Di  seguito il comunicato del Comitato inviato al Questore .




Al Sig. Questore
della Provincia di Frosinone

Frosinone, 25 maggio 2016


oggetto: disposizioni in ordine alla fiaccolata di venerdì 27 maggio 2016
         Signore Questore,
in relazione a quanto disposto in ordine alla manifestazione di cui all'oggetto, preso atto delle stesse, il Comitato Provinciale Acqua Pubblica di Frosinone Le comunica l'impossibilità dello stesso ad uniformarsi al divieto di accensione di fuochi che, se rispettato, impedirebbe la realizzazione del falò in piazza della Libertà.
                Premesso come sia intenzione del Comitato evitare ogni e qualsiasi rischio di danni a persone e cose, e che a tale proposito si stanno approntando tutte le misure del caso, il Comitato non ha alcuna intenzione di rimodulare la propria protesta in ossequio di leggi che limitano la libertà di manifestare mentre il governo cancella quelle che tutelano i diritti dei cittadini per sostituirle con norme che tutelano i potentati economico-finanziari di cui è interprete.
                Col suo divieto, signor Questore, rende la nostra protesta solo un po' meno simbolica e nel comunicare la nostra piena e totale disponibilità ad assumerci la responsabilità delle nostre azioni la avvertiamo che le forze dell'ordine dovranno impedirci fisicamente di accendere il falò e di bruciare le bollette di ACEA.
                Se in questo Paese i galantuomini sono i dirigenti di ACEA S.p.A. e gli amministratori pubblici che ci hanno condotto in questa situazione, ci onoreremo di essere annoverati tra le schiere dei malfattori.

                Cordiali saluti

  per il Comitato Provinciale Acqua Pubblica Frosinone
                                                                                     Severo Lutrario



Faone delle bollette

Cioceconleali Web TV








Comunicazioni della segreteria nazionale Anpi

 ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA COMITATO NAZIONALE 
                                                                    _


Il Comitato nazionale dell’ANPI, 
vista la campagna condotta da alcuni organi di stampa sulla cosiddetta spaccatura all’interno dell’ANPI per svalutare l’intera Associazione;
 visti i tentativi, da varie parti, di provocare o intimidire l’ANPI con dichiarazioni quanto meno improvvide mettendo perfino in dubbio la rilevante eredità morale di cui è portatrice e il dovere statutario di difendere la Costituzione da ogni stravolgimento; 
ribadisce: 
che la decisione di aderire alla Campagna referendaria per il NO è stata adottata dal Comitato Nazionale del 21 gennaio u.s. , con una netta e precisa maggioranza (venti voti a favore e tre astensioni), che tale decisione è stata ribadita praticamente in tutti i Congressi provinciali e sezionali dell’ANPI, con rarissime eccezioni;

 che la conferma definitiva è venuta dall’inequivocabile voto conclusivo (con solo tre astensioni) del Congresso sui documenti congressuali, compresa la relazione generale del Presidente, analoga – nella sostanza – alle decisioni precedenti;

 che è assolutamente lecito e normale che vi siano, all’ANPI, anche opinioni dissenzienti, ma che il dissenso deve essere mantenuto nei limiti della circolare del 5 marzo 2016, là dove afferma: 

«Abbiamo sempre affermato che la nostra è un’Associazione pluralista, per cui è normale anche avere opinioni diverse. Altra cosa, però, sono i comportamenti. Ovviamente, non sarà “punito” nessuno per aver disobbedito, ma è lecito chiedere, pretendere, comportamenti che non danneggino l’ANPI e che cerchino di conciliare il dovere di rispettare le decisioni, con la libertà di opinione». 
decide: 
 - di intensificare la Campagna per il NO alla riforma del Senato e per il SÌ alla correzione di parti della Legge elettorale “Italicum” in tutti i luoghi in cui l’ANPI ha una sede, d’intesa con l’ARCI e con le altre Associazioni che hanno aderito ai Comitati per il NO alla Riforma del Senato e per la “correzione” della Legge elettorale, adottando tutte le misure necessarie perché la raccolta delle firme si concluda tempestivamente e con esito positivo, invitando tutti gli iscritti a dedicare ogni impegno affinché si realizzi un’ampia e completa informazione di tutti i cittadini, sulle ragioni del NO e sui contenuti della riforma in discussione;

- di non accettare provocazioni e dunque di non intervenire in dibattiti e polemiche che non riguardino i contenuti dei referendum; 

-  deplorando la inaccettabile campagna introdotta contro l’ANPI, perfino tentando discriminazioni fra i partigiani e respingendo altrettanto vergognosi avvicinamenti ad organizzazioni di stampo fascista; di invitare tutti, Governo, Partiti, Associazioni, cittadini, a mantenere la campagna referendaria nei confini della democrazia e della correttezza, dando assoluto ed esclusivo primato ai contenuti; 

-invita la stampa a dar conto di tutte le posizioni, senza preferenze né distinzioni ed, in particolare, radio e televisione ad aprire spazi adeguati anche ai sostenitori del NO, come finora non è avvenuto; 

- richiama l’attenzione del Garante delle Comunicazioni a fare il possibile per garantire che l’informazione – nella campagna referendaria – sia ampia ed equilibrata, si abbassino i toni, si privilegino le discussioni, pacate e le riflessioni informative. 

Il referendum è un diritto dei cittadini e delle cittadine ed è uno strumento di democrazia: è necessario che tutti lo rispettino e si adeguino alla necessità di consentire una piena conoscenza dei reali problemi in discussione, senza prevaricazioni e senza l’uso di dichiarazioni provocatorie ed offensive. L’ANPI tutta è impegnata a garantire che questo importante esercizio di democrazia si svolga con estrema correttezza e parità di condizioni, in modo che davvero la parola conclusiva spetti al popolo. 

Roma, 24 maggio 2016 
                                                        Comitato Nazionale ANPI

martedì 24 maggio 2016

Ma quando arriva ottobre!

Luciano Granieri





Mamma mia,  e quando arriva ottobre?  

Questi del comitato per il SI al referendum costituzionale già hanno sbroccato. Secondo i boschini –renziani-napolitani ortodossi,  L’Anpi è più fascista di CasaPound. E’  così perché già da tempo l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia si sta annacquando. Da anni i partigiani che hanno combattuto durante la  resistenza, non rinnovano la loro iscrizione. Ogni giorno  sono sempre di meno. Infatti, come ogni buon lungimirante  combattente, hanno capito che il nemico, quello che voterà NO alla riforma costituzionale,  proliferava da tempo,  come cellule cancerogene, dentro l’associazione, dunque hanno abbandonato il” corpaccione” infetto e hanno aperto nuove sezioni. 

Dove? Dentro ai cimiteri ovvio. Infatti  la moltitudine di soggetti favorevoli alla riforma boschina – renziana - napolitaniana ortodossa, è talmente ampia da coinvolgere anche fantasmi, zombie, ectoplasmi, mummie. Berlinguer? Vota si, Terracini? Non solo vota SI, ma è un fautore del monocameralismo, magari con una legge elettorale proporzionale, ma quest’ultimo rumor  è una interferenza indesiderata  che dall’oltretomba  si trasmette alla vita terrena  .  E’  un disturbo insomma . Ingrao? Sta costituendo un comitato per il SI nel cimitero di Lenola, peccato che la figlia Celeste non sia d’accordo, voterà NO,  ed è brutalmente incazzata con i boschini – renziani – napolitani ortodossi che, impunemente ,  stanno facendo strame della memoria del padre. 

La frenetica e schizofrenica iperattività  egli imbonitori  del SI è debordante anche fra i vivi. 186 professori, fautori delle riforme, sono stati mobilitati da Renzi per perorare la causa  . Piccola considerazione da gufo: I costituzionalisti contrari alla deforma  si sono schierati da soli, non li ha arruolati nessuno.  Vorrà dire qualcosa? 

Non solo fantasmi e professori, ma anche i  militanti sono tornati ad occupare le piazze con gazebo acconciati, non per la buffonata delle primarie, ma per l’austera raccolta di firme a favore del referendum confermativo. Nel   salvifico bugiardino offerto da Renzi  e distribuito agli astanti, è prescritta  la salutare  scelta per il  SI e tassativamente  vietata la  letale, tossica, nociva, posizione a favore del NO.  Erano bellissimi i militanti del partito della nazione  sotto al gazebo, con la loro nuova uniforme. Le magliette del Che?  ciarpame preistorico,  T-shirt con Obama? Roba vecchia. Una polo Tommy Hilfigher e le Tod’s, per lui, vertiginosi tacchi a spillo, gonna corta e toppino Dolce&Gabbana per lei, questo  il look del militante moderno. 

Mamma mia quando arriva ottobre? Ma ve lo immaginate che estate ci aspetta?  Di cosa si parlerà sotto l’ombrellone? Mi viene in mente la seguente scena : Uno arriva in spiaggia, si siede vicino ad un altro che sta leggendo il giornale e gli chiede: “Aò l’avemo preso Milik? O ce stamo a butta’ su Icardi? “ L’altro abbassando la pagina del giornale  risponde: “ No è arivato Agenore De Russis”.. L’uno con fare sorpreso ribatte:” De Russis? e chi è n’attaccante, n’centrocampista, n’do gioca? Me sa che è na’ pippa ma che stà a fa’ Sabatini? Se doveva rimmedià ste sòle era mejo che se ne annava ar Bologna”. L’altro risponde piccato : “ Ma che stai a di’!  Agenore  De Russis  è uno de li mejo professori costituzionalisti che sta’ n’giro . Stava a Panama, perché si tornava  l’arestaveno subbito pe’ evasione, ma Renzi, pur de fallo entrà nel nostro squadrone a difesa del SI, j’ha abbonato tutto, sòle e controsòle” L’uno, basito dopo un attimi d’incertezza sbotta: “Aò ma che cazzo stai a dì, io sto' a parlà da..a Roma”  L’altro incarognito  risponde “Ma che sei scemo, che te frega da..a Roma,  dovemo vince sto cazzo de referendum si no J.P. Morgan manna affanculo Renzi e lui ce manna affanculo a noi” 

Mamma mia,  quando arriva ottobre !!!!


ANPI: Un percorso democratico per decidere di schierarsi contro la riforma Renzi-Boschi.

Comitato ANPI - Provincia di Frosinone


Dobbiamo confessare il disagio a commentare il metodo ed il merito delle frasi ad effetto che si stanno rincorrendo sulla stampa e sugli immancabili social a proposito delle scelte compiute dall’ANPI e della sua autonomia di giudizio, oltre che sui suoi sistemi di attuazione della democrazia interna. Disagio aumentato dal momento in cui si son voluti tirare in ballo i partigiani, quelli veri, che hanno combattuto ed oggi dovrebbero, secondo alcuni e non si sa perché, sostenere l’operazione di modifica della Costituzione messa in campo unilateralmente dal governo. Disagio che deriva non dalla polemica in sé, visto il quadro deprimente in cui il dibattito politico è sprofondato da tempo, sostituendo i battibecchi nei salotti televisivi al dibattito nelle istituzioni e fra le masse (anche questo, termine desueto e in grado di provocare pruriti), bensì dalla straordinaria non conoscenza della materia da parte di chi ne sparla dagli alti scranni del potere o della stampa che conta. Possiamo trascurare – considerando il suo curriculum e la pochezza delle argomentazioni che estrae dal cilindro – un Rondolino che crede di bacchettare il Presidente dell’ANPI (partigiano vero) spiegandogli addirittura come si fa a onorare la Resistenza. O un Pierluigi Battista che dal Corriere si chiede come ci permettiamo noi dell’ANPI che non abbiamo combattuto di arrogarci il titolo di partigiani senza sapere che non lo facciamo affatto visto che lo Statuto prevede le qualifiche di Partigiano, di Patriota e di Antifascista a seconda delle caratteristiche e della biografia degli aderenti; e noi, appunto, ci chiamiamo antifascisti, non certo partigiani (così è scritto sulla tessera, se Battista ne ha mai vista una). Non sarebbe utile però lasciare il Ministro Boschi nella sua scarsa conoscenza del mondo antifascista, se non altro perché ci preoccupa che, priva di alcuni strumenti valoriali previsti dalla Costituzione possa essere indotta a scelte inopportune e al limite pericolose. A parte gli infelici accostamenti fra ANPI e Casa Pound, che qualunque persona sana di mente ed in buona fede si rende conto essere volgarmente oltraggiosi per l’ANPI, e l’ardita affermazione secondo cui i Partigiani sarebbero con lei e con le sue modifiche sostanziali della Costituzione, c’è dell’altro. Per le prime e citate affermazioni, il Ministro sa bene che si può votare contro qualcosa senza per questo essere alleati e per ragioni opposte. Cosa assai diversa che votare a favore di qualcosa, che non si può dare se non se ne condivide l’argomento e la sostanza, cioè se non si è di fatto alleati, fosse anche solo per quello specifico scopo. E sa anche, speriamo, che i Partigiani non si fanno certo pregare per esprimere il loro parere, basta chiamarli e chiedere. Passando a cose più insidiose, invece, qualcosa va detto in merito al presunto difetto di democrazia o addirittura alle fratture che minerebbero l’ANPI. Intanto, non si capisce perché il Presidente Smuraglia, così prevaricatore della libera espressione degli iscritti, sia stato obbligato (non è un termine esagerato, è proprio andata così) dal Congresso a restare al suo posto recedendo dall’intenzione di passare la mano. Poi, se qualcuno di costoro che dichiarano non democratica la vita interna dell’ANPI si fosse degnato di partecipare a qualcuno delle migliaia di congressi svolti in tutta la penisola ed anche all’estero, saprebbe cosa avviene davvero in casa nostra. Migliaia di congressi locali, decine di migliaia di iscritti partecipanti, un dibattito sviluppatosi già nei mesi precedenti attraverso riunioni specifiche, discussioni sul web, presentazione di documenti e tutto quanto serve ad approfondire, a verificare, e poi a valutare e prendere decisioni. Un’Associazione multiculturale, unitaria fino all’inverosimile, forte di 124.000 iscritti nel 2015, probabilmente già superati nell’anno in corso, nella quale convivono posizioni anche opposte su singoli temi ma capace di elaborare una sintesi complessiva sulla quale fondare la sua iniziativa. E  anche stavolta è andata così. Molti mesi prima che iniziasse la campagna sulle modifiche alla Costituzione e sulla legge elettorale, lo stesso Presidente Smuraglia aveva messo alcuni punti fermi in previsione della stessa, spiegando che la posizione raggiunta dall’ANPI era quella che ormai tutti conoscono, ossia per il NO alla conferma della modifica di oltre 40 articoli della Costituzione e per il SI all’abolizione della legge elettorale detta “Italicum”, ma era ovvio che i singoli avrebbero votato come ritenevano, e se qualcuno non approvava la decisione collettiva nessuno lo avrebbe “punito” per questo. Ha anche chiarito più volte che non riteniamo immodificabile la Costituzione, così come essa stessa prevede, ma non siamo d’accordo nel merito e nel metodo di questa operazione per ragioni assai serie che non possiamo qui trattare. Ciò che qui interessa è ragionare, insieme a chi legge, sul grado di improvvisazione che alimenta le dichiarazioni di un Ministro della Repubblica in una situazione di estrema delicatezza come il trattamento dei diritti costituzionali ed il rischio connesso di spostare l’attenzione su una diatriba da cortile in luogo dell’approfondimento necessario all’esercizio del diritto di scelta. Ma anche stavolta, l’ANPI ha dimostrato grande maturità, – e capiamo che ci si meravigli, visto il livello che assumono troppo spesso le discussioni all’interno dei partiti – e anche dove si è registrata qualche posizione in dissenso con la decisione interna e di sostegno alle tesi del governo, il voto è stato quasi sempre di astensione, non di contrarietà al documento congressuale e alle scelte ad esso correlate. Anche nella nostra provincia, dove ha partecipato al Congresso il 65% degli iscritti ed un ottimo numero di simpatizzanti, il dibattito è stato ampio e franco, sono stati rilevati punti di critica e di dissenso aperto su temi di grande e minore importanza, tutti sono stati affrontati in diverse assemblee e poi al congresso. Anche fra noi ci sono molti, e preziosi, antifascisti iscritti al PD, ed alcuni di essi hanno espresso il loro favore alle modifiche costituzionali ed alla legge elettorale proposte dal governo. C’è stata, e continua, una discussione aperta ma non ci sono fratture, si è votato e sono stati eletti organismi dirigenti all’unanimità, essendo maturati da scelte condivise e fondate sulle prospettive che riteniamo possano costruire. Così come unanime è stato il voto sul documento, con una astensione. E dal giorno dopo abbiamo già realizzato una decina di iniziative sul territorio. Il Congresso nazionale, poi, dove i giornalisti ed i rappresentanti istituzionali si sono ben guardati dall’intervenire, ha dato un risultato che definire unitario è poco: 

- 94 interventi pronunciati, di cui 63 uomini e 31 donne (30 tagliati per esaurimento del tempo), tre interventi in dissenso sui referendum;

 - 347 delegati presenti (92% del totale), tre astensioni e il resto a favore. Spaccatura? Mah,…; 

- Tutti gli emendamenti (centinaia) provenienti dai congressi di base, accolti in forma sintetizzata;

 - Nuovo Comitato nazionale con 37 componenti, di cui 14 donne (prima erano 12), 4 partigiani 15 nuovi volti. 

Ecco, questo il quadro, e questo è quanto noi intendiamo per autonomia, pluralismo, democrazia interna. Chi ha preso parte, anche solo come osservatore, ai lavori di queste assise, si è reso conto di quello che è l’ANPI. Sarebbe capace chi ci critica di tenere insieme e far lavorare proficuamente un’organizzazione così composita da avere al proprio interno migliaia di iscritti che militano nel PD, in altri settori organizzati della sinistra, nel mondo cattolico, nel volontariato, nel sindacato e in mille altri modi di esercitare la cittadinanza? Un’ultima notazione: l’antifascismo non è una giacca che si mette e si toglie a seconda del tempo che fa. Se il governo vuole essere credibile su questo tema, inizi a fare ciò che gli compete e non perché l’ANPI ha smanie particolari, ma perché lo dice (ancora) la Costituzione: inizi ad applicare le leggi contro la ricostituzione del partito fascista, cominci a colpire con giustizia ed equilibrio le troppe manifestazioni di propaganda, violenta e non, del regime che l’Italia sconfessa, intervenga sulla vergogna mondiale del mausoleo al macellaio di Debra Libanos Graziani che uomini delle Istituzioni repubblicane hanno fatto erigere ad Affile e ne decreti la demolizione, come qualsiasi paese civile farebbe. E soprattutto, si rendano conto che fare le leggi elettorali e le Costituzioni a tutela di chi vince, è non solo ridicolo, ma assai pericoloso. Il perché dovrebbe essere facilmente comprensibile.

Il Partito dei CARC aderisce al Coordinamento per la Democrazia Costituzionale.

DIFENDERE LA COSTITUZIONE = ORGANIZZARSI E ORGANIZZARE PER APPLICARLA!


Attuare in modo sistematico e capillare la parola d’ordine “a tutti un lavoro utile e dignitoso” (“l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”) per tenere aperte le aziende che i capitalisti chiudono o delocalizzano, per riconvertire ad altre produzioni quelle inutili o dannose, per far funzionare le scuole, gli ospedali e gli altri servizi pubblici, per rimettere e mantenere in sicurezza il territorio, per sviluppare la ricerca e/o l’applicazione di nuove energie pulite, per recuperare gli stabili in disuso e i quartieri degradati delle grandi città. Questa è la base di ogni percorso realistico di rinascita economica, ambientale, intellettuale e morale del nostro paese. Senza di questo, parlare di difesa e attuazione della Costituzione è un’illusione o un imbroglio!  

Disobbedire alle leggi, alle regole, alle procedure e agli accordi in vigore che nella stragrande maggioranza dei casi violano la Costituzione . Dal Porcellum alla violazione dell’esito dei referendum sull’acqua, dalla Legge Biagi al Jobs Act, dall’uso antisociale della proprietà e dell’iniziativa economica private espressamente vietato dalla Costituzione al regime di Marchionne negli stabilimenti FCA, dalla presenza delle basi USA e NATO alla partecipazione del nostro paese alle guerre di aggressione imperialista, dalla mano libera ai fascisti del terzo millennio all’istituzione dei lager per migranti (CIE, CARA e adesso gli Hotspot, dalla trasformazione della salute e dell’istruzione in merci all’aumento dell’imposizione fiscale indiretta, dalle limitazioni crescenti alla rappresentanza sindacale e al diritto di sciopero alle grandi opere speculative… L’opposizione alle grandi manovre del governo Renzi per “riformare la Costituzione ”, il proposito di difenderla, le denunce dei ripetuti e crescenti strappi alla Costituzione da parte delle stesse autorità, devono diventare questo: agire in rottura con le leggi, le regole, le procedure e gli accordi che la violano, disobbedire e chiamare a disobbedire alle leggi, le regole, le procedure e gli accordi che violano lo spirito e la lettera della Costituzione nata dalla vittoria della Resistenza.

Costituire un Comitato di Liberazione Nazionale che nega ogni legittimità del governo Renzi e il suo diritto a governare e lotta per affermarsi come governo legittimo del paese in nome degli interessi delle masse popolari che sono calpestati dal governo in carica, come fece il CLN dal 9 settembre del 1943 dopo il collasso del fascismo e la fuga del Re. Un nuovo Comitato di Liberazione Nazionale che chiami le masse popolari a organizzarsi e a passare direttamente all’azione per attuale le parole d’ordine “a tutti un lavoro utile e dignitoso” e “a ogni persona i beni e servizi necessari a una vita civile”, che mobiliti scienziati, tecnici e quanti hanno esperienza perché collaborino a mettere a punto misure e provvedimenti, alternativi a quelli del governo Renzi, nei settori principali della vita del paese, che chiami i funzionari pubblici a  non obbedire al governo in carica che è stato installato e opera in violazione della Costituzione, che stabilisca relazioni con i movimenti, le organizzazioni e le istituzioni che in Europa e nel resto del mondo sono disposte a rompere con le imposizioni della comunità internazionale degli speculatori e dei guerrafondai. Questo è il passo che possono e devono fare qui e ora i promotori del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale , i dirigenti della sinistra dei sindacati di regime e dei sindacati di base, gli esponenti democratici delle amministrazioni locali e della società civile, i portavoce della sinistra borghese in combinazione con i parlamentari del Movimento 5 Stelle. Se vogliono veramente dare piena attuazione alla Costituzione, se vogliono veramente un “nuovo modello di sviluppo” che combini lavoro, diritti, giustizia e ambiente, devono assumersi il compito di chiamare le masse popolari a mobilitarsi per formare un governo d’emergenza che queste cose le faccia.

Chi ha l’interesse e la forza per dare piena attuazione alla Costituzione? Parliamoci chiaro. Attuare la Costituzione significa “entrare in guerra” con i poteri forti nostrani (e la loro comunità internazionale): la Corte vaticana in primo luogo, che è il governo di fatto, irresponsabile, occulto e di ultima istanza che dirige il governo ufficiale della Repubblica, la Confindustria e le altre organizzazioni padronali, le organizzazioni criminali, gli imperialisti USA ed europei, i gruppi sionisti (i vertici della Repubblica Pontificia). Cioè con i mandanti dei governi (da quello Berlusconi a quelli del Centro-sinistra, fino ad arrivare a quello di Renzi) e delle forze politiche (da Forza Italia al PD con i loro satelliti) che negli ultimi vent’anni hanno continuato su grande scala e spudoratamente l’opera di aggiramento e violazione della Costituzione che il regime democristiano aveva condotto per decenni. Solo le masse popolari organizzate hanno l’interesse e la forza per condurre e vincere questa guerra! Solo un governo composto da persone che hanno la fiducia delle organizzazioni operaie e popolari e sostenuto da esse ha la volontà e la forza per applicare su ampia scala la Costituzione , verificarla nella pratica, estenderne gli aspetti positivi.

Non è più tempo di sofismi né di se e ma!

Un programma semplice, in sei misure, per salvare il Paese e ricostruirlo: il programma del Governo di Blocco Popolare.
1. Assegnare a ogni azienda compiti produttivi (di beni o servizi) utili e adatti alla sua natura, secondo un piano nazionale (nessuna azienda deve essere chiusa)
2. Distribuire i prodotti alle famiglie e agli individui, alle aziende e ad usi collettivi secondo piani e criteri chiari, universalmente noti e democraticamente decisi
3. Assegnare a ogni persona un lavoro socialmente utile e garantirgli, in cambio della sua scrupolosa esecuzione, le condizioni necessarie per una vita dignitosa e per la partecipazione alla gestione della società (nessun lavoratore deve essere licenziato, a ogni adulto un lavoro utile e dignitoso, nessun individuo deve essere emarginato)
4. Eliminare attività e produzioni inutili o dannose per l’uomo o per l’ambiente, assegnando alle aziende altri compiti
5. Avviare la riorganizzazione delle altre relazioni sociali in conformità alla nuova base produttiva e al nuovo sistema di distribuzione
6. Stabilire relazioni di solidarietà, collaborazione o scambio con gli altri paesi disposti a stabilirle con noi.