"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
" In questa società, per bene che ci vada, la vita è una noia sconfinata. In questa società, nulla, assolutamente nulla riguarda le donne. Dunque. A tutte le donne che non hanno paura, ne' delle responsabilità, nè delle emozioni sconvolgenti, non rimane che: rovesciare il governo, abolire il sistema monetario, istituire l'autonomazione completa e distruggere il sesso maschile"
MANIFESTO S.C.U.M
Feroce squilibrato dissacrante, il manifesto SCUM di Valerie
Solanas delineava l’agenda della Society for Cutting Up Men
“Società per l’eliminazione dell’uomo” (SCUM, appunto).
Un’organizzazione rivoluzionaria di cui Solanas era unica
fondatrice e attivista. Prodotto per la prima volta come ciclostile
nel 1967 (Solanas lo vendette per le strade di New York chiedendo 50
centesimi alle donne, 1 dollaro agli uomini), il manifesto apparve
in forma di libro nell’agosto del 1968, due mesi dopo che l’autrice
tentò di assassinare Andy Warhol .
Il manifesto SCUM
è stato il prodotto di anni di riflessione da parte di una donna
che viveva ai margini. Nata nel 1936 da una famiglia della classe
operaia del New Jersey, abusata dal nonno e dal patrigno, a quindici
anni da' alla luce una bambina (Linda) , probabilmente frutto dello
stupro subito dal padre. Ha un altro bambino da un marinaio, già
sposato con tre figli, molti più grande di lei , che l’abbandona,
ma le offre di dare in adozione il neonato ad una coppia di amici,
i quali, in cambio, gli finanzieranno gli studi.
Cominciò a
definirsi lesbica. La sua acuta intelligenza le valse un posto
all’Università del Maryland, dove nel 1958 conseguì la laurea
con lode in psicologia. Per un certo periodo è rimasta nell’ambiente
universitario come ricercatrice, poi abbandonò il mondo accademico
per attraversare il Paese e arrivare a New York nel 1962.
Mantenendosi attraverso prostituzione e accattonaggio, riuscì a
scrivere una commedia satirica intitolata “Up Your Ass”.
Nel 1965 registrò il copy right del testo e ne inviò una copia ad
Andy Wharol che rifiutò di produrla perché troppo volgare, salvo
poi utilizzarne molte battute nei suoi lavori, senza il consenso di
Valerie e senza mai restituire la copia ricevuta, nonostante le
insistenze della scrittrice. Per questi motivo la Solanas ferì
gravemente Wharol in un attentato il 3 giugno 1968.
Up Your Ass fu
una sorta di incubatrice di idee da cui venne tratto SCUM. Al centro
del “Manifesto” è presente una specie di freudismo capovolto.
L’uomo è il frutto di una struttura genetica difettosa: il
cromosoma Y è un X frammentato, il maschio è una femmina
incompleta, un aborto ambulante. La forza corrosiva dell’invidia
del sesso femminile da parte degli uomini, li ha spinti, non solo
verso la misoginia, ma anche verso ogni male sociale: guerra, denaro,
odio di classe, pregiudizio autoritarismo. Eppure gli uomini, così
abili nelle pubbliche relazioni, la loro unica qualità, sono
riusciti a convincere molte donne “Il maschio-ha scritto Solanas-
ha svolto un lavoro brillante nel convincere milioni di donne che gli
uomini sono donne e le donne sono uomini”. L’unica reazione a
quel lavaggio del cervello di massa era il sabotaggio.
Nel manifesto
SCUM, si pianifica il reclutamento di un gruppo di donne, libere,
ribelli e spietate, il cui obiettivo è quello di destabilizzare sistematicamente lo status quo, con sabotaggi continui: nel
mondo del lavoro, attraverso atti di guerriglia, come la distruzione
di automobili, vetrine, ed altri simboli del potere commerciale,
oppure insinuandosi nel rapporto fra coppie miste (maschio-femmina)
per farlo a pezzi.
Con il tempo SCUM si sarebbe rilevato implacabile
nel voler annientare prede come: stupratori, politici, cantanti e
musicisti scadenti, presidenti di consigli di amministrazioni,
capifamiglia, proprietari terrieri, magnati bugiardi e falsi, disc
jockey, immobiliaristi , agenti di borsa, uomini che parlano quando
non hanno niente da dire. In SCUM strumenti di lotta come
manifestazioni, picchetti, scioperi, o qualsiasi altra forma di
resistenza convenzionale, erano considerati assolutamente
inefficaci,. L’azione violenta era un’ipotesi più che concreta.
Se Solanas non avesse sparato ad Andy Wharol il manifesto SCUM si
sarebbe perso nella storia? Questo non potremmo saperlo mai. E’ un
fatto però che, nei mesi successivi all’attentato SCUM, è
diventata la stella polare per quelle femministe radicali, frustrate
dai limiti delle forme della protesta tradizionale. Ti-Grace Atkinson
e Florynce Kennedy, due militanti nella sezione di New York
dell’organizzazione nazionale per le donne NOW, (National
Organization for Woman), anch’esse non proprio acquiescenti verso
le forme di lotta convenzionale, visitarono Solanas in prigione e le
offrirono supporto morale e legale.
Roxanne Dunbar, una veterana
delusa dal movimento dei diritti civili, il cui disincanto l’aveva
portata a lasciare gli Stati Uniti e trasferirsi in Messico, apprese
della vicenda del ferimento di Warhol, da parte di Solanas in un bar
di Città del Messico. La notizia la spinse a tornare negli Stati
Uniti. “Ero stanca di partecipare al concorso di chi fosse più
oppresso nel sud e volevo un cambiamento”- dichiarò alla biografa
di Solanas, Breanne Fahs. “Tornerei negli Stati Uniti per lanciare
la nuova rivoluzione basata sulla ideologia delle superdonne.
Roxanne Dunbar, fondò un gruppo a Boston, il Cell 16, nel quale si
pianificava l’organizzazione di un gruppo avanzato di donne il cui
obiettivo era di sensibilizzare le altre donne sulla possibilità di
un nuovo tipo di società. Le militanti della Cell 16, portavano i
capelli corti , praticavano il karate per prepararsi alla
guerriglia. In ogni loro incontro leggevano il manifesto SCUM, come
se fosse il primo punto all’ordine del giorno.
Ciò che Dunbar ed
altre avevano trovato nel manifesto era qualcosa di nuovo che nessun
movimento aveva elaborato. Fu un tonico per molte donne frustrate
nella loro esperienza nella nuova sinistra dove il sessismo, quando
riconosciuto, veniva liquidato come un sottoprodotto minore del
capitalismo, e le obiezioni delle militanti, in merito alla questione di genere venivano ridicolizzate e addirittura
disprezzate. In altri movimenti come la già citata NOW,
l’oppressione delle donne veniva inquadrata come una semplice
questione di diritti civili da trattare con decoro e giudizio .
Il
manifesto SCUM non si curava della moderazione né della
rispettabilità. Ciò che esprimeva era una rabbia nuova,
incandescente. Avvincente, senza dubbio, poco femminile. Una volta
scatenata, quella rabbia cambiò radicalmente il paradigma di lotta
dei movimenti femministi. Gli anni successivi al Manifesto SCUM
vedranno la proliferazione di movimenti radicali come il Cell. 16,
Redstockings,New York Radical Feminist e THE FEMINIST. Quest’ultimo,
fu fondato dalla Atkinson quando venne cacciata da NOW, perché il suo
sostegno pubblico a Solanas, aveva scandalizzato la dirigenza del
gruppo. La fondatrice di NOW, Betty Friedan non perdonò mai la
Atkinson dichiarando: “Nessuna azione, nessuna politica, mai votata
dal consiglio di amministrazione di New York NOW e di National NOW,
ha sostenuto di sparare agli uomini nelle palle, o l’eliminazione
dei maschi come proposto dal Manifesto SCUM”. Dare sostegno a
Solanas, significava etichettare l’organizzazione come un
movimento di odio per gli uomini. Un etichetta che Friedan non
avrebbe mai voluto appiccicata al gruppo.
Nel corso del tempo la
questione se, il sesso fosse qualcosa che liberava le donne, o
qualcosa da cui le donne dovessero essere liberate, sarebbe diventata
una linea di frattura importante nel mondo femminista, che ha diviso
il movimento per i decenni a venire. Ma per Valerie Solanas tutte
queste discussioni erano irrilevanti. Sin dall’inizio valutò le
sue aspiranti alleate femministe come , opportuniste, non meno di
Warhol, intente solo ad appropriarsi della sua lotta e del suo lavoro
per scopi personali.
Prima del processo scrisse ad Atkinson: “E’
ovvio, dal comunicato stampa che hai letto in tribunale, che non
capisci SCUM. Non fa per te. SCUM è per le puttane, lesbiche, i
criminali, i maniaci omicidi. Pertanto astieniti dal commentare SCUM
e dal difendermi”. Quell’ostilità non si placò mai, anche dopo, quando, a seguito di una diagnosi di schizofrenia paranoica, fu
condannata a tre anni di reclusione. “Ho un sacco di motivi molto
coinvolgenti” aveva risposto Solanas il giorno della sparatoria,
quando i giornalisti le chiesero perché avesse premuto il grilletto.
Solanas aveva consegnato una copia di “Up your Ass” alla drag
queen Candy Darling, che faceva parte della cerchia ristretta di
Wharol, pregandola di consegnarla al regista. Quando Wharol sostenne
di aver perso il testo il sospetto che il suo lavoro fosse
sfruttato, divenne certezza e furia.
Divulgare il suo lavoro nel
mondo divenne priorità assoluta per Valerie Solanas ,anche dopo il
suo rilascio dalla prigione. Trascorse gran parte degli anni ‘70 a
rielaborare il manifesto SCUM, e a lavorare ad una sua autobiografia,
ma la povertà e la malattia la costrinsero a vivere in strada.
Mori a San Francesco in una casa di accoglienza per senza fissa
dimora nel 1988. Nessun dipendente della struttura la ricorda, a
parte un muratore che, entrato nella sua stanza, la trovò a picchiare
sui tasti di una macchina da scrivere con una pila di pagine
dattiloscritte sulla scrivania .
“In quasi tutte le donne si può
scoprire una furia incredibile - osservò Bernardine Dhorm attivista
del movimento “Weather Underground” spesso non si è coscienti
della soglia da superare per scatenare questa furia. Ma c’è, e
può trasformarsi in una potente forza radicalizzante”.
La rabbia
che possedeva Valerie Solanas era così corrosiva e totalizzate, da
condurla a rifiutare ogni vicinanza solidale . Ma la sua pura ferocia
rimane esplosiva ed inebriante per chiunque legga il suo lavoro.
Nemmeno il movimento #Me Too (che comunque ha manifestato impulsi
d’odio verso l’uomo) è in grado a dare voce ad un livello di
rabbia così conclamato. Il tono predominante di #Me Too è basato
sull’indignazione. Ma si tratta di rivendicazioni a volte corrive
e non troppo caustiche.
Delle tante donne che si sono espresse
pubblicamente, solo Rose McGowan, ha proferito parole che si
avvicinano alla furia lacerante del Manifesto. Forse non è un caso
che sia stata tacciata di instabilità mentale e pesantemente
ridicolizzata.
“Non mi dispiace per niente”, ha detto Solanas ai
giornalisti dopo aver sparato ad Andy Warhol. “Leggi il mio
Manifesto e ti dirà chi sono” Quel Manifesto in realtà non era
altro che una voce nel deserto, ma costituisce, inequivocabilmente,
un disgusto incontenibile per la profondità e la vastità della
misoginia che ancora oggi fornisce quell’insana energia che manda
avanti una diseguale ed incancrenita quotidianità.
Notazioni tratte da
un articolo di Marybeth Hamilton scritto per History Workshop
Cittadinanzattiva Lazio sulle liste di attesa: necessario attivare percorsi di garanzia per i cittadini che non accedono ai servizi sanitari e che “scompaiono” dai percorsi di cura.
“Cittadinanzattiva Lazio" ha condotto un monitoraggio sulle liste di attesa nel periodo 15-25 febbraio, di cui rimettiamo di seguito i principali dati.
IL CAMPIONE INTERESSATO:
“Hanno partecipato 534 cittadini, il 68,1% donne, il 49,3% over 65, ; il 19,2% ha un’età compresa tra 55 e 64 anni; il 17,8% ha tra i 45-54 anni; il 12,3% ha tra 31-44 anni.
Il 79,7% risiede nella Provincia di Roma; 8,1% risiede nelle Province di Latina e Frosinone, il 4,1% dalla Provincia di Viterbo. Non ci sono risposte dalla Provincia di residenti nella provincia di Rieti.
Le ASL di residenza.
La ASL RM1 totalizza un 27% di risposte; ASL RM3 16,2%; ASL RM 4 14,9%; ASL RM2 13,5%. Via via tutte le altre ASL territoriali.
2.Tipologie di problemi.
Il 36,5% ha segnalato la difficoltà a prenotare prestazioni sanitarie; il 17,6% ha segnalato due distinte problematiche: tempi lunghi di attesa al CUP per parlare con operatori e Mancato rispetto dei codici di priorità previste (le famose letterine U,B,D,P).
Il 10,8% delle segnalazioni riguardano la voce del Medico che non prenota/prescrive successivi controlli. Via via con percentuali molto più basse le altre voci.
La tipologia delle liste di attesa.
Con il 42,5% gli Esami diagnostici sono la prima voce come maggiormente problematica segnalata dai cittadini seguita con il 28,8% delle Prime visite specialistiche, con l’8,2% degli Interventi chirurgici, 5,5% Visite controllo/Follow up, 4,1% Screening Oncologici e via via tutte le altre voci.
Rispetto dei tempi.
Abbiamo chiesto se la Prestazione avesse rispettato i tempi della prescrizione contenuta nella ricetta (U urgente entro 3 giorni, B Breve entro 10 giorni, D Differibile entro 30 giorni, P Programmata entro 120 giorni).
Il dato è stato che per tutte e 4 le tipologie la non osservanza dei tempi è la regola, con un rapporto che va da 1 rispettata ogni 2 non rispettata Urgente; 1 a 3 per Breve; 1 a 5 Differita; 1 a 2 Programmata.
Distanza dal luogo di residenza.
Abbiamo voluto capire dove si andassero a fare le prestazioni pubbliche.
Il 35,7% dei rispondenti è dovuto andare in una ASL differente dalla propria; il 28,6% è andato in un Distretto della propria ASL ma non nel proprio di residenza; il 21,4% ha trovato la prestazione nel proprio Distretto di residenza.
Prestazione fatta o non fatta.
Abbiamo quindi chiesto se la prestazione è stata fatta o meno.
Il 41,4% ha fatto la prestazione nel Pubblico; il 20% l’ha fatta in Intramoenia; un altro 20% Non ha fatto la prestazione; 8,6% ha fatto la prestazione in Extramoenia; il 5,7% ha fatto la prestazione Fuori Regione. Via via le altre voci con percentuali più basse.
Per chi non ha fatto la prestazione quale è stato il motivo.
Per il 50% distanza troppo importante dal luogo di residenza; per il 18,4% la Disponibilità economica; per il 15,8% la Disponibilità di tempo.
Per chi ha fatto la prestazione in Intramoenia.
Il 79,3% ha fatto la prestazione in Intramoenia perché non aveva garanzia che nel pubblico avrebbe fatto in tempo la prestazione; il 13,8% è stato inviato dal CUP per tempi lunghi nel Pubblico; il 6,9% ha fatto Intramoenia per libera scelta dei cittadini.
Intramoenia: costi sostenuti per tipologia di intervento.
Riportiamo alcune risposte a testo libero.
200 euro visita cardiologica ed ECG
Visite specialistiche Esami diagnostici
Visite specialistiche
Superiori a € 100
Visita neurologica, oltre 100€
Urologia, impossibile a rivolgersi al pubblico. Speso circa €.400 per più visite prima di essere operato di TURP alla Prostata
Clinica privata, 212 euro spesa sostenuta.
Controlli oncologici costi elevati
Non capisco l'intramoenia usando il pubblico
350 euro
Diagnostica strumentale – devono essere costi accettabili
250,00€
Ecografia epatica ..110 Euro
Le proposte di Cittadinanzattiva Lazio.
Tre anni fa avevamo sul tema lanciato queste proposte sul governo delle liste di attesa.
Sulla base del Decreto Commissario ad Acta DCA 110 aprile 2018 ecco alcuni punti da dirimere:
1.Personale sanitario: è necessario procedere con l’immissione in servizio di un numero di operatori sanitari sufficiente a garantire le attività sanitarie di diagnosi e cura altrimenti tutte le proposte si scontrano con l’insufficienza dovuta alla situazione decennale del blocco turno over, in via di risoluzione ma ancora pesantemente presente; in particolare si rileva come il fabbisogno di medici specialisti sia un obiettivo prodromico a qualsiasi operazione di abbattimento e governo delle liste di attesa;
2.Attività intramoenia: tale attività deve essere costantemente monitorata e eventualmente bloccata se supera una percentuale di prestazioni del 5% sul totale. Quindi chiediamo che venga espressa chiaramente una percentuale di attività intramoenia rispetto alle normali attività e che questa sia visibile anche nei siti aziendali.
3.Informazione ai cittadini: va attivata una procedura di corretta informazione sui percorsi di accesso, sui codici prescrittivi (U, B; D, P) con relative campagne informative da divulgare presso tutti gli studi dei medici di famiglia, dei pediatri di libera scelta, strutture sanitarie pubbliche e private, siti aziendali e della regione al fine di rendere edotti i cittadini dei corretti percorsi; così come è necessario mettere a disposizione dei cittadini la modulistica relativa alla possibilità di accedere a servizi sanitari pagando solo il ticket nel caso in cui le prestazioni superino i tempi massimi previsti così come previsto dal decreto legislativo 29 aprile 1998 n.124. Tale modulistica deve essere resa disponibile a richiesta del cittadino e oggetto di apposita campagna informativa. Inoltre, tale modulistica deve essere presente sui siti aziendali e sul sito della Regione Lazio. Infine, tale modulistica deve essere accettata dopo semplice presentazione allo sportello ASL-AO senza aggravare con ulteriori spese legate ad invio di raccomandata o altro. Sulla base dell’analisi delle richieste le ASL e le AO, e in alternativa la Regione, dispongono controlli specifici e mirati, su quelle aree e prestazioni che risultano non adeguate al fine di migliorare la capacità di accesso dei cittadini entro i limiti previsti dalle leggi;
4.Ampliamento orari degli ambulatori e dei luoghi dove effettuare visite ed esami diagnostici: tale azione deve diventare la normale attività del servizio sanitario regionale e non una situazione una tantum.
5.Per le persone affette da patologie croniche: per tali situazioni, così come prevede il DCA 110 vi deve essere la reale presa in carico e la gestione diretta da parte del servizio sanitario con la diretta prenotazioni di tutti gli esami senza alcun tipo di attività da parte del cittadino. Queste persone devono afferire direttamente ai servizi di diagnosi e cura con lista di esami da svolgere comprensiva di orari, luoghi e quant’altro dove afferire durante il corso dell’anno. Ogni anno le persone in questione devono ricevere tutti gli appuntamenti inerenti la loro patologia, in modo da non dover accedere mai al servizio RECUP.
6.Si chiede di strutturare il servizio di accesso ai servizi diagnostici e terapeutici direttamente tramite gli operatori prescrittori, senza che i cittadini passino dal RECUP, per le prescrizioni con priorità U, B e D. Mentre per le P il cittadino contatterà il sistema RECUP. Ciò significa che il servizio sanitario regionale deve avere necessariamente tutte le agende, pubbliche e private accreditate, immediatamente disponibili anche per i medici prescrittori, i quali, nel momento della prescrizione possano prenotare loro la prestazione sanitaria.
7.Le sanzioni: ai DG spetta il controllo primario, in subordine alla Regione con sue strutture di missione. A tal fine si chiede che gli Osservatori aziendali e l’Osservatorio regionale si riuniscano obbligatoriamente ogni due mesi per verificare andamento e per portare soluzioni alle criticità rilevate. Nel caso di inottemperanza dei tempi massimi si prevedono sanzioni di tipo economico verso i Responsabili di ogni livello e, nei casi più gravi, la immediata rimozione dall’incarico. Negli Osservatori aziendali e in quello regionale devono essere obbligatoriamente presenti esponenti delle organizzazioni di tutela dei diritti dei cittadini.
8.Obbligo di fornire e comunicare da parte delle Asl e delle AO, anche attraverso i siti istituzionali, tutte le informazioni relative al raggiungimento o meno degli obiettivi di governo delle liste di attesa.
Oggi a distanza di 3 anni e dopo il Covid, chiediamo che la Regione Lazio imponga alle ASL e alle A.O. pubbliche l’inserimento del 100% delle agende nel sistema RECUP (oggi probabilmente siamo lontanissimi da questo obiettivo di trasparenza...) entro 3 mesi.
Chiediamo che le agende pubbliche, una volta inserite nel sistema RECUP, siano il primo canale di accoglimento delle richieste di prestazioni sanitarie e, solo in via sussidiaria, si proceda con l’inserimento delle prestazioni presso le strutture accreditate.
Chiediamo che l’Osservatorio regionale per il Governo delle liste di attesa e gli Osservatori aziendali siano immediatamente riconvocati e strutturati in modo tale da garantire una riunione operativa ogni massimo 60 giorni.
Il precedente Osservatorio regionale si è riunto a settembre 2019 e poi a dicembre 2022 nonostante come Cittadinanzattiva Lazio avessimo a più riprese chiesto la convocazione.
Gli Osservatori aziendali sono andati anche peggio, fatte le dovute eccezioni, con riunioni mai convocate o convocate una tantum da parte della ASL/AO.
Gli istituti di partecipazione devono funzionare ed essere messi in grado di operare, incidere e modificare gli assetti.
Fra il diciannovesimo e ventesimo secolo, i proprietari, dei
“Barrelhouse”, delle bettole lungo i cantieri ferroviari del
midwest, delle case di tolleranza, a New Orleans e dintorni, per
risparmiare gli ingaggi sui musicisti sostituirono i due
chitarristi, impiegati nell’intrattenimento musicale, con un
pianista. Una paga al posti di due. Infatti il pianista con la mano
destra suonava la partitura del chitarrista solista, con la mano
sinistra eseguiva la sequenza armonico-ritmica di competenza
dell’altro chitarrista. E’ proprio la caratteristica del piano
forte, ad offrire la completa possibilità di eseguire ritmica,
armonia e melodia insieme.Lorenzo Cellupica nel suo
ultimo album “In a Hounted House” utilizza a pieno tutti i
colori espressivi del pianoforte. Si può dire, senza alcun dubbio,
che la sua poetica musicale, più che a due chitarristi sia
assimilabile ad un’orchestra. “In a Honted House” è il primo
album inciso da Lorenzo Cellupica in piano solo, pubblicato
dall’etichetta “Ma.Ra.Cash Records”. Per un pianista
l’incisione in solitaria è una sorta di prova del fuoco. Una
prova, mi sento di poter dire, ampiamente superata. In effetti ci
troviamo di fronte ad un musicista compositore poliedrico, che spazia
dal jazz al progressive rock, al blues, con già due dischi
all’attivo all’interno del gruppo “Mobius Strip”. Il
primo, “Mobius Strip”, uscito nel 2017 per la
Francese Musea Records, il secondo, distribuito nel 2021
dalla Ma.Ra.Cash Record dal titolo “Time Lag”.
Giova ricordare che Cellupica fa parte della “Refice Jazz Big
Band” , l’orchestra jazz del conservatorio di Frosinone,diretta dal maestro Filiberto Palermini. Tornando al
disco, non vi è dubbio che in “In a Haunted House”, Lorenzo
Cellupica si avvale di tutte le combinazione cromatiche del
pianoforte, giocando spesso sui contrasti, appunto fra il “Piano”,
fatto di armonizzazioni e figure melodiche eteree e preziose, ed il
“Forte” consistente in pulsioni ritmiche potenti, solide. Ad unire il tutto agisce, una fonte contrappuntistica notevole.
Ho ascoltato il disco con molto interesse, e non posso nascondere che
mi sia veramente piaciuto. Di seguito propongo alcune valutazioni sui
singoli brani.
Incipit. Che belle le introduzioni, oggi non si fanno
quasi più. In questo caso ci troviamo davanti a 41 secondi di musica
che introducono quello che si andrà a sentire. Ma non è così
semplice…..ascoltare per credere.
A piece of
Cake.Potenza
alternata a delicatezza, momenti impetuosi con un incedere
martellante, alternati a fraseggi delicati, eterei. Un manifesto
del gioco di contrasti, che caratterizzerà gran parte dell’album.
Spider.Qui si gioca con il ritmo. Una sorta di “secundary
ragtime”, si alterna a piccole, ma preziose, armonizzazioni,
per poi ritornare ad una sequenza ritmica che mi ha ricordato Tank
degli Elp. E’ una mia considerazione personale, ma
l’esecuzione evoca lo stile anarchico-pianistico di Keith
Emerson, a parte le sortite liriche di una bellezza unica.
Hide and Seek.
Pezzo
armonioso con una accattivante incrocio fra linea melodica e
armonica. Al di la dei tecnicismi un pezzo arioso, che però non
può non sfociare nel solido martellante sostegno ritmico,
elemento portante di tutta l’opera.
We can work it
aut. Un suggestiva rilettura del famoso brano dei Beatles
che si sviluppa nell’alternanza di momenti diversi e contrastanti:
ad un pedale ritmico potente, a sostegno di un esposizione del tema
quanto mai decisa, segue una riproposizione più rilassata,
carica di arpeggi che si incrociano, si inseguono. Contrasti che la
rilettura del pezzo beatlesiano mette in risalto attraverso
un’interpretazione assolutamente nuova e accattivante.
Eleventh
Avenue. Omaggio a Jelly Roll Morton? Penso
proprio di si. Attenzione, non al Boogie Woogie, di Teddy Wilson,
in cui la mano sinistra monopolizza la cifra ritmica, ma proprio alla
musica creola del downtown di New Orleans, dove il motore rimico si
mescola con la tradizione mitteleuropea, ed il melodramma italiano.
Ecco squadernato in un piccolo, ma grande, brano il paradigma di
collettivizzazione culturale su cui si è strutturata la musica
jazz.
Round Midday.
E’ classico della poetica Be Bop, costruire sulla linea armonica di
un brano conosciuto, un’improvvisazione melodica completamente
diversa. Charlie Parker, su “How High the Moon”,
costruì “Ornithology” un classico del Bop. Ma il sound,
nel caso di Round Midday, evidentemente, non è quello.
L’obiettivo del fraseggio bop era di stravolgere e fagocitare anche
la costruzione armonica. E’ forse più appropriato, sia per le
atmosfere, che per l’attualità musicale, citare “Odio
l’Inverno” di Daniele Sepe, inciso nel CD “The
Cat With the Hat”dove l’operazione di
“mascheramento”, coinvolge pienamente “Odio l’Estate”
il brano di Bruno Martino, diventato un standard jazz di
successo. Al di la di queste elucubrazioni accademiche l’omaggio di
Cellupica a Monk, nella rilettura di “’Round Midnight”, è di
una bellezza sconvolgente. Probabilmente è il pezzo che preferisco
dell’album, ma non ne sono sicuro. E’ difficile fare una
classifica su cotanta magnificenza.
In a Hounted House. Impressionante inizio contrappuntistico dove si
incrociano sequenze melodiche mozzafiato, quasi drammatiche , senza
sottolineare gli accordi, che poi, però, si riprendono la scena. Il
tutto sfocia in una suggestione lirica, delicata e preziosa. Ma,
inevitabilmente, si ritorna alla potenza, in un gioco di contrasti
fra tensione e rilassamento.
Anything to
say. Tante pulsazioni, ma non ritmiche, assolutamente
armonico-emotive, con uno sviluppo fra pause e riprese che crea un
gioco di alternanza fra costruzione e destrutturazione della tensione
emozionale veramente prezioso. Anche in questo caso a me sembra che
Monk sia ben presente.
Egg Dance.
Tempi dispari a profusione, ve lo ricordate “Time
Out” di Dave Brubeck? un album i cui pezzi erano basati
su queste sdrucciole ritmiche frutto delle frequentazioni
milhaudiane del pianista californiano. Ma anche in questo
caso, il protagonismo ritmico lascia spazio ad esplorazioni melodiche
accattivanti, semplicemente affascinanti.
In conclusione,
siamo di fronte ad un gran bell’album, un altra tappa
dell’evoluzione musicale di Lorenzo Cellupica, pianista
compositore, che conferma l’abilità esecutiva e compositiva di un
musicista capace di assorbire ogni sollecitazione musicale per
trasformarla in una pagina di originalità e creatività
assolutamente personale.
Cittadinanzattiva Lazio Registra che la partecipazione a livello
territoriale, ad esempio nelle ASL, è poco e male agita. Basti
pensare agli Atti Aziendali delle ASL che vengono fatti, redatti e
chiusi tra le ASL e, se va bene, con il coinvolgimenti di qualche
Comune più attento ( Frosinone non è fra questi….nota personale).
O ancora i Tavoli per la partecipazione attivati nelle ASL e nelle
AO: ogni ASL/AO si organizza in modo difforme e abbiamo ASL/AO che
convocano riunioni molto spesso e altre una volta in 4 anni. E ancora
gli Osservatori per il governo delle Liste di attesa: anche qui
difformità enormi: la Asl RM1 convoca riunioni bimestrali, alcune
ASL/AO una riunione in 4 anni. Se questa è partecipazione!
L’accesso ai
servizi sanitari è il primo decisivo ostacolo che i cittadini
segnalano come grande tema di politica pubblica. Mai affrontato sul
serio e nella radicalità delle sue origini.
La carenza di
pediatri sta penalizzando le famiglie che per i propri figli hanno il
diritto di avvalersi di un PLS (Pediatra di Libera Scelta) in grado
di prestare la migliore e qualificata assistenza medica in tempi
adeguati. Ma i pronto soccorso pediatrici della Capitale i primi di
dicembre 2022 hanno registrato il picco di accessi; il Bambin Gesù
ha registrato 250 accessi al giorno che hanno raggiunto i 400 con
l’ondata dell’influenza. Appare assurdo dover sottolineare che
una reale soluzione alla carenza di pediatri potrebbe essere la
reintroduzione del medico scolastico come fondamentale supporto nelle
azioni di prevenzione, quali la campagna di vaccinazione
antinfluenzale o di semplice azione continuativa, per la prevenzione
e la diagnosi precoce di contagi virali e batterici o altre patologie
per la tutela della salute degli alunni.
Riforma complessiva
del Servizio Sanitario Nazionale significa Riforma del Welfare,
vi è la necessità di passare da un modello basato sulle prestazioni
sanitarie, sulla tariffazione degli interventi, sui raggruppamenti
omogenei di diagnosi, ad un sistema basato, pensato e organizzato
sulla prevenzione, sulla educazione sanitaria, sull’appropriatezza
delle cure.
In ultima analisi
per garantire ancora un servizio sanitario nazionale adeguato alle
sfide riteniamo ineludibili, preliminari e necessari tre passaggi:
1-aumento del Fondo
Sanitario Nazionale almeno all’8% del PIL;
2-riforma delle
norme sul Personale sanitario che, ad oggi, non permettono, manovre
su stipendi, carriere e incentivi;
3-Riforma del Titolo
V Costituzione con il ritorno della competenza della Salute al
livello centrale.
La proposta
dell’autonomia differenziata, si basa sulla produzione dei LEP
Livelli Essenziali delle Prestazioni. Questi “tecnicismi” con la
creazione di acronimi per pochi eletti, non alla portata di tutti,
nascondono, da un lato l’incapacità della politica e dall’altro
una scelta consapevole di “appaltare” via via, pezzi di welfare
fuori dal pubblico.
Consideriamo
fondamentale che le istituzioni avviino processi partecipativi e
condivisi con tutti gli attori della scuola per un confronto
sull’anagrafe dell’edilizia scolastica. L’art. 7 della legge
del 23/11/1996 sulle norme per l’edilizia scolastica, grazie agli
accordi tra Governo, Regioni ed Enti Locali avvenuti in sede
unificata, trova attuazione attraverso le ARES, anagrafi regionali
dell’edilizia scolastica, che renderebbe possibile accertare la
consistenza, lo stato e la funzionalità del patrimonio dell’edilizia
scolastica. Il vero cambiamento si potrebbe ottenere attraverso il completamento della nuova Anagrafe denominata ARES 2.0 (un nuovo
software di gestione al cui applicativo accedono Comuni, Unioni di
Comuni, Province, Città Metropolitane, Istituzioni scolastiche e
Regioni in quanto enti gestori della piattaforma) Un sistema da
aggiornare in tempo reale integrandolo con i dati relativi agli
asili nido pubblici e reso accessibile a tutti. La digitalizzazione
della scuola è uno dei punti qualificanti, necessari e urgenti. La
lotta alle diseguaglianze passa anche da queste politiche.
Se siamo in questo
“sistema” di economia circolare, pensiamo che le scelte
improntate a “un confronto a posteriori” possono essere un indice
di debolezza della nostra politica, a favore di una diffusa logica
comunicativa improntata sugli stilemi della “politica virtuale”,
basata su risultati di sondaggi continui, su annunci pubblici a
effetto, sul faremo e sul diremo.
Il Comune di Roma ha
il 100% di AMA e il 51% delle azioni ACEA, il 49% è in mano ai
privati. Tuttavia, in un momento così delicato, è necessario che i
processi decisionali debbano essere trasparenti al massimo livello,
visti gli interessi legittimi da parte di tanti altri soggetti. Come
si concilia l’aumento delle linee d’incenerimento del termovalirizzatore di San
Vittore, di proprietà di ACEA, con la costruzione di un inceneritore
a Roma? Si intende diventare soggetto che “importa” rifiuti da
altre Regioni per avviare un’economia di sviluppo su questo fronte?
Con quali e quanti attori? È tutto legittimo, intendiamoci, ma il
Piano deve essere pubblico e frutto di un confronto, anche aspro, ma
vero e rispettoso dei cittadini
Si dovrebbe partire
dal potenziamento della raccolta e riciclo dei rifiuti, dato che
l'incenerimento con recupero energetico è solo la penultima voce
delle indicazioni europee prima dello smaltimento in discarica
Roma e il Lazio non
possono perdere un’occasione unica di immaginare un diverso
approccio al futuro di questo territorio. Futuro che passa dalla sua
storia millenaria e che deve coniugare, con intelligenza, antico e
moderno, recuperando le proprie radici esaltando le proprie
vocazioni a essere volano di cultura, di turismo, di servizi. Ma
anche di ricerca e innovazione con il polo farmaceutico e
industriale, di saperi con le diverse Università presenti, con i
prodotti agricoli e con la filiera del verde e delle possibili
sinergie tra Parchi, percorsi storico-culturali e recupero del
“bello”. Le potenzialità di questo percorso ci sono tutte.
Quello che vediamo mancare è una politica sinergica, capace di
raccogliere e di fare sintesi. Ci sembra, in definitiva, che le
proposte politiche sul campo siano, tutte, non adeguate alle sfide
che questa Regione pone, offre e pretende.
L’organizzazione e
la distribuzione di poteri tra livelli diversi sarà essenziale per
la vita quotidiana dei cittadini, delle imprese, delle famiglie.
Diversi commentatori, dopo decenni, si sono accorti che la Città
Metropolitana di Roma elegge 29 consiglieri regionali lasciando gli
altri 11 alle 4 città capoluogo (Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo)
Quando si analizzano
le problematiche del Lazio nei diversi settori (dalla salute al
sociale, dalla scuola all’ambiente, dai servizi al trasporto
pubblico) abbiamo una costante: il carattere “romanocentrico”
dell’offerta dei servizi rispetto alle altre 4 “aree” della
Regione
Abbiamo perciò la
netta impressione che serva una “grande fase costituente”
partecipata, attiva e dibattuta sulle Riforme di Roma Capitale, della
Regione Lazio e quindi dell’autonomia differenziata. .
A seguito di
quest’analisi
Le proposte di
Cittadinanzattiva Lazio per le elezioni regionali sono le seguenti:
La
partecipazione civica come metodo, le competenze civiche come
risorsa, i luoghi di partecipazione come snodi generativi di
politiche pubbliche.
Il metodo di governo
della prossima legislatura, dal nostro punto di vista, dovrà essere
sempre più improntato alla partecipazione civica come modalità di
coprogrammazione delle politiche pubbliche in tutti i settori e con
la attiva e fattiva partecipazione dei soggetti organizzati del
variegato mondo associativo, oltre che imprenditoriale, sindacale,
della ricerca e via dicendo. La “cifra” della partecipazione
civica deve essere uno degli assi caratterizzanti delle politiche
pubbliche future. E’ necessario dare risposte concrete, fatti
misurabili, azioni replicabili come vie da percorrere nell’azione
di governo amministrativo futuro.
Salute e
Sociale.
Per garantire ancora
un servizio sanitario nazionale adeguato alle sfide riteniamo
ineludibili, preliminari e necessari tre passaggi:
1-aumento del
Fondo Sanitario Nazionale almeno all’8% del PIL;
2-riforma delle
norme sul Personale sanitario che, ad oggi, non permettono, manovre
su stipendi, carriere e incentivi;
3-Riforma del
Titolo V Costituzione con il ritorno della competenza della Salute al
livello centrale.
Queste tre azioni
sono di diretta competenza statale ma necessari per mantenere il SSN.
Altrimenti il resto sono e resteranno chiacchiere. La Regione Lazio
deve farsi capofila di un movimento istituzionale, partecipato,
diffuso e plurale che alimenti una discussione pubblica sulla
centralità del welfare state, sulla sua gestione, governo e
ampliamento. Il resto, integrazione socio sanitaria, medicina
territoriale e costruzione dei percorsi di salute, prevenzione e
educazione sanitaria, accesso alle prestazioni sanitarie e
abbattimento delle liste di attesa dipendono da questi tra passaggi.
Scuola.
La Scuola deve
essere uno dei luoghi dove la partecipazione attiva delle comunità
ricostruisce e tiene insieme le comunità. Per questo riteniamo
centrale puntare su di un ambiente Scuola che sia messo in sicurezza
per quanto attiene al tema del personale occorrente, che sia messo in
sicurezza per quanto attiene l’edilizia scolastica e che, infine,
possa essere uno dei luoghi “aperti” alle comunità dove le
scuole sono inserite.
Ambiente.
Per
Cittadinanzaattiva Lazio la sfida-rifiuti si gioca sull’ambiente e
sul futuro imprenditoriale delle città. E sono due aspetti legati,
connessi e interdipendenti. Il successo dell’uno è strettamente
legato al successo dell’altro. Rispetto a quanto accaduto nel corso
del 2022 sul “termovalorizzatore”, rileviamo che si è proceduto
senza colpo ferire. La Regione Lazio si è sostanzialmente chiamata
fuori da questo percorso. Se siamo in un
percorso di economia circolare su questo servono azioni conseguenti
puntando su un aumento deciso della differenziata, progettando
impianti per il riuso dei materiali e, solo in piccola parte, per la
gestione di ciò che tecnicamente, ad oggi, non è possibile
riciclare, riusare, rimettere in circolo. Altrimenti l’operazione
del “termovalorizzatore-inceneritore” appare come una strategia a
perdere. Come una cambiale in bianco per i prossimi decenni. O si
vuole avviare una politica industriale che veda nella Regione Lazio,
meglio nel Comune di Roma, un HUB dell’incenerimento dei rifiuti
capace di attrarre “monnezza” dal resto d’Italia? Legittimo
intendimento. Ma allora se ne deve dibattere pubblicamente, nelle
sedi adeguate e senza “poteri commissariali”. Su queste e altre
cose la Regione Lazio deve essere giocatore in campo e non tiepido
spettatore.
Acqua.
Il servizio idrico,
la gestione delle reti, la gestione degli acquedotti, la pulizia e il
decoro dei fiumi e del mare devono diventare prioritarie nelle
politiche di sviluppo della Regione Lazio. Troppi i ritardi, troppe
le falle e le ricadute negative anche e soprattutto per le tasche dei
cittadini laziali. Avere questo settore in ordine significa avviare,
sostenere, promuovere settori imprenditoriali, economici, di filiera
e portarli verso una maggiore qualità sia come servizio che come
prodotti. Significa posti di lavoro, occupazione, sviluppo locale
sostenibile e attrattivo sia per gli investimenti che per l’indotto,
anche turistico.
Trasporto
Pubblico Locale.
Una Regione ben
collegata, connessa, facile da raggiungere in ogni suo punto è una
Regione che diminuisce diseguaglianze, ritardi, diseconomie. E’ una
Regione che può far crescere tutte le sue potenzialità, settori e
peculiarità in un sistema coeso che fa squadra, sistema, servizio.
Aumentare la qualità dei trasporti pubblici locali su ferro deve
essere la priorità strategica per alimentare flussi positivi di
scambi. Aumentare la frequenza dei trasporti pubblici locali deve
essere la risposta minima verso tutti quei cittadini laziali che si
muovono e muovono l’economia della Regione Lazio e non solo.
L’arretratezza di alcune tratte non può essere il problema di una
singola amministrazione o azienda, ma deve diventare, in un contesto
di governance chiaro, l’opportunità di fare squadra e sostenere la
mobilità in tutte le sue forme. Ma si deve prioritariamente
garantire servizi di qualità verso i cittadini.
Riforme
Istituzionali: Roma Capitale e Autonomia differenziata.
Rimarchiamo
l’assenza di un dibattito pubblico centrato sugli “obiettivi”
di queste Riforme che riteniamo, sia chiaro, necessarie per mettere
al passo la complessità della realtà regionale e di Roma come
capitale. Appare invece fortissima la spinta all’aspetto
prettamente “economico” dei progetti, delle cose da “fare”,
delle opere da costruire. Roma e il Lazio non possono perdere
un’occasione unica di immaginare un diverso approccio al futuro di
questo territorio. Intanto si arriva impreparati a tali Riforme.
L’impressione è che le spinte a ragionare con diverse ipotesi
depositate presso il Senato della Repubblica di Riforma di Roma
capitale (Proposta Morassut, Proposta Barelli, Proposta Ceccanti…)
e quindi di un diverso assetto complessivo di poteri tra Roma e il
Lazio, tra Roma Capitale e il resto del paese siano, a tutt’oggi,
ancora oggetto di “studio” e poco di dibattito pubblico ampio.
L’organizzazione e la distribuzione di poteri tra livelli diversi
sarà essenziale per la vita quotidiana dei cittadini, delle imprese,
delle famiglie. Oggi il dibattito appare centrato sulla “autonomia
differenziata” e sui Decreti attuativi che tanto clamore stanno
suscitando in ordine a diseguaglianze tra Regioni e territori. In
questo contesto, poco chiaro e delineato, si inserisce la partita di
“Roma Capitale” e quindi del Lazio e di quello che ne resta o che
ne potrebbe restare come assetto regionale senza la città di Roma.
Quando si analizzano le problematiche del Lazio nei diversi settori
(dalla salute al sociale, dalla scuola all’ambiente, dai servizi al
trasporto pubblico) abbiamo una costante: il carattere
“romanocentrico” dell’offerta dei servizi rispetto alle altre 4
“aree” della Regione. Questo un primo livello.
Un secondo livello è
dentro il Grande Raccordo Anulare. La ripartizione amministrativa dei
Municipi, 15 attualmente, appare poco rispondente ai bisogni dei
cittadini e alla relativa capacità dei Municipi stessi di governare
compiutamente i territori in un rapporto che tende a essere sempre
più frammentato con il Campidoglio. Anche qui sarebbe necessario,
urgente ed esiziale, avviare un ragionamento su come distribuire i
poteri, a quale entità amministrativa e come individuarla e quali
materie avere come esclusive rispetto al Comune di Roma-Roma
Capitale. La nostra idea sarebbe quella di individuare nei
Quartieri-Rioni della città di Roma, ad esempio, il luogo della
amministrazione di prossimità ai cittadini. Il vantaggio starebbe
nella dimensione del territorio, nella prossimità dei luoghi di
confronto, dibattito e gestione dell’ordinario tra amministratori e
cittadini e cura, gestione e programmazione dei servizi pubblici
locali. La complessità risiederebbe nella sfida a ripensare non
tanto a cosa, ma a come fare le politiche e l’amministrazione: dalla
cura del verde, alla viabilità, dal commercio ai servizi alla
persona e via dicendo. Perché è evidente che se si intendesse
procedere meccanicamente con trasferimenti, deleghe e deroghe
amministrative il tutto si risolverebbe in un gran guazzabuglio.
Abbiamo perciò la netta impressione che serva una “grande fase
costituente” partecipata, attiva e dibattuta sulle Riforme di Roma
Capitale, della Regione Lazio e quindi dell’autonomia
differenziata. Che il vero snodo di tutte le politiche pubbliche di
cui abbiamo sommariamente trattato è tutto qui: da come si
interverrà su questi punti dipenderà l’assetto futuro dei servizi
pubblici, delle politiche pubbliche e della pubblica amministrazione.
È un ragionamento
che ci aspettiamo venga avviato pubblicamente. Non è un augurio. E’
un imperativo perché non accetteremmo mai soluzioni discusse
altrove. Il tempo del confronto su questi temi è una questione
pubblica e come tale deve essere trattata.
Chi è stato veramente Charlie “Bird” Parker? L’inventore del
Be Bop? Un grande musicista? Colui che ha salvato il jazz da una
morte sicura? Uno drogato? Uno psicopatico? Come al solito quando
appare sulla scena un movimento rivoluzionario musicale, che diventa
cultuale e sociale, il suo principale interprete si identifica in un
personaggio destabilizzante, in particolare se è aduso agli eccessi
ed è un nero, come Charlie Parker. La sua figura diventerà mitica , non solo, purtroppo, per le capacità artistiche. Non
credo ci possano essere dubbi sulla svolta che il Be Bop impresse al
jazz e alla cultura afroamericana in generale. Ma come sempre accade,
quando ci si allontana così tanto dalla linea mainstream
moral-borghese, si ha tutti contro. Come accadde quando il Be Bop di
Gillespie, Parker, Monk e Parker, solo per citarne alcuni, provò
uscire dai sotterranei del Minton’s. Le principali riviste
specializzate dell’epoca parlarono, di impostori pieni di se, la
cui espressione autoreferenziale, che non era musicale, ma
confusionaria, serviva solo ad alimentare la propria prosopopea e il
proprio vuoto elitarismo. Il seguito della storia, poi, dirà
tutt’altro e, finalmente, verrà riconosciuto a Bird e gli altri,
il merito di aver iniziato una pagina nuova nella storia del jazz e
di tutta la musica. E’ indubbio, però, che nel raccontare
Chiarlie Parker, detto Bird, si tenda a sottolineare i suoi eccessi,
la sua tossicodipendenza. Storie che non possono evitare di
riportare quegli eccessi realmente condizionanti, artefici della
sua autodistruzione, ma che attraendo la vulgata "popular", vendono meglio di
una compiuta descrizione della sua grande tecnica e innovazione
musicale. Storie che, da una lato, portano alla fallace conclusione
per cui sia la droga a farti suonare meglio, dall’altro, a
seppellire la straordinaria valenza artistica sotto l’estemporaneità
della follia derivante dalla tossicodipendenza. La leggendaria,
quanto drammatica, registrazione di "Loverman" da parte di Parker a
Los Angeles, dove, dopo la sua notevole esibizione, crollò
stroncato da droga ed alcool, e quindi fu ricoverato all’ospedale
statale Camarillo, è stata spesso oggetto di racconti e leggende. Ma
fu lo stesso Parker a smentire, in seguito, che quel “Loverman”
fosse così efficace perché suonato sotto l’effetto di
stupefacenti. Anzi ribadì che se fosse stato lucido avrebbe suonato
molto meglio. A quella seduta di registrazione era presente il
giornalista e scrittore Elliot Grennard, il quale, da quell’evento umanamente drammatico, ne trasse un racconto breve pubblicato su
Harper’s Magazine. Ho trovato quel racconto sulla
pagina Fb Bop Review. Non riuscendo a reperire versioni in italiano,
ho provato a tradurlo. Lo propongo a chi vorrà leggerlo. Al di là
dell’immagine che l’autore fa emergere di Sparrow - il protagonista del racconto, chiaro riferimento a Charlie Parker, fra mito, leggenda, tossicodipendenza, per la quale non
mi sento di esprimere un giudizio, che lascio ai lettori - la storia di Grennard descrive efficacemente le condizioni, politiche sociali,
culturali ed economiche, in cui il Be Bop provò a nascere. Per cui
mi è sembrata una buona idea tradurlo e diffonderlo.
Un’avvertenza
però: Elliot Grennard era bianco, e dunque il suo racconto va letto,
secondo me, tenendo conto di come un bianco americano, anche se
liberal e attento ai diritti civili, possa scrivere dei neri.
Luciano Granieri.
Quello che segue è il famoso racconto breve di Elliot Grennard che
era presente alla sfortunata sessione di registrazione di Loverman
del 29 luglio 1946, nel corso della quale, Chiarlie Parker fu
ricoverato all’ospedale statale Camarillo. Tale storia si rifà
direttamente a quella sessione. Quando fu pubblicata su Haper’s
Magazine, nell’edizione del maggio 1947, vinse un premio per
racconti brevi (non chidete che tipo di premio) Ross Russell, della "Dial records" pubblicò Loverman e le altre registrazioni di questa
sessione per sfruttare il successo di “Sparrow”. Charlie Parker, che non suonò mai più Loverman in pubblico negli Stati Uniti
(tranne una volta con la big band di Gillespie, non lo ha mai
perdonato per questo.
Be Bop Review
HARPER’S MAGAZINE
SPARROW’S
LAST JUMP (1)
Una
storia di
di
Elliott Grennard
traduzione di Luciano Granieri
Dopo aver assistito
al balletto “Specter of The Rose” i nostri discorsi si
concentrarono su Nijinsky (2).
Qualcuno disse “Immagina se avessero avuto una telecamera
in funzione, nel momento in cui perse completamente
la ragione. ” Dissi di aver registrato un disco di Sparrow
Jones la notte in cui andò fuori di testa. Mi chiesero quel disco. Non capivano la differenza fra un musicista jazz e
Nijinsky. Avrebbero desiderato possedere quel vinile come una
rarità da collezione, questo mi stavano chiedendo. Sapete
spiegarmi perchè.? Nell’ultima edizione di “jazz year book” le
splendide gesta del grande Sparrow erano descritte chiaramente. E’
normale quindi che quell’ultima incisione fosse molto desiderata.
Probabilmente avrei potuto venderne 20.000 copie in un mese, 50.000,
una volta sparsa la voce nel mondo. Ma non credo che tale operazione
potesse procurarmi un grande affare . L’Hot jazz non si vende come
vendono Freddy Martin o Sammy Kaye. Se riesci a piazzare 10.000
copie è già un gran colpo. Anche a me è passato per la testa di
vendere il disco e devolvere i proventi per il pagamento del sanatorio
di Sparrow. Ma quando una dramma del genere accade proprio sotto i
tuoi occhi, non vuoi che quell’immagine si ripresenti ogni volta
che ascolti quella registrazione.
CON IL BE BOP NON
SI FANNO AFFARI.
Ero appena tornato
da New York quella mattina, e avviandomi verso casa, pensai di
fermarmi al negozio di dischi di Jackson per vedere come stavano
andando i prodotti della mia piccola casa discografica. Pubblico
solo tre dischi ogni due mesi. E quando sei ancora acerbo, in questo
genere di affari, è intelligente andare a visitare personalmente i
tuoi clienti . Questo avrei dovuto fare per sei settimane. Passare
dai rivenditori di dischi fra Los Angeles e New York e venerarli
con entusiasmo .
Jackson è il mio
miglior cliente a Hollywood. Non può sostenere, e non lo potrebbe
fare , anche volendolo, il mio catalogo. Ha il franchsing di
Victor, Columbia, e Decca, quindi , spinge per vendere dischi di
queste case. Non disdegna comunque le etichette indipendenti, Non
un grande affare, ma neanche cattivo, se si calcola che esistono 81
piccole case discografiche sul mercato e la maggior parte di esse
pubblica solo jazz hot.
Lo salutai
“Salve Jackson
dai un occhiata veloce alle pareti per vedere se ci sono attaccati
gli stickers dei mie dischi”.
“Stai
scherzando Mc Neil?” disse.
Quindi mi chiese
cosa avessi sentito in giro. Gli ho riportato la grande notizia
della rivoluzione Bo Bop nell’est.
“Stavo pensando
di occuparmi di Sparrow Jones, e registrare un po’ di questo Be Bop”.
Jackson mostrò i
suoi denti in un ghigno.
“Mi stai
prendendo in giro? Nella sala di
ascoltoc’è un clienteche
sta facendo girare il tuo album Basin Street e che ti caccerà dalla
città se gli dico che stai facendo il filo al Be Bop”.
Jackson stava
chiaramente scherzando, ma non troppo
“I
collezionisti del New Orleans sono assassini. Giurano che il jazz è
morto nel 1924, oggi per spingere la culla del jazz il beat
in 2/4 è desueto, serve il beat 4/4. E’
estremamente commerciale(3)”.
Disse.
Benny Goodman? Un
clarinettista da camera da letto, che non sarebbe neanche in grado di
lustrare le scarpe di Jimmy Noone. Io non discuto. Ho pubblicato i
miei dischi per il Southside di New Orleans e per gli Hep, in questo modo nessuno si arrabbia con
nessuno. Mi sto interessando a questo personaggio, Sparrow, non
solo perché lo ritengo un buon affare. La verità è che a me piace
ogni tipo di jazz – Louis, Duke, Goodman- anche quando non è
quello che preferisco, o non lo capisco – come il Be Bop- Rispetto
ciò che questi giovani stanno sperimentando.
Che diavolo!
Quanti ragazzi hanno
collezionato Duke prima della metà degli anni trenta? Quando apro la
porta della sala di ascolto del negozio di dischi sento una
tromba frenetica - che potrebbe solo essere quella di Dizzy Gillespie - all’inizio mi chiedo se sto sentendo della musica o cos’altro,
poi capisco che non c’è nessuno in grado di suonare un disco di
Gillespie.
HUGHIE HADLIFFE
E’ un grande
Hughie Hadliffe. Hughie è una delle persone che preferisco, non lo
vedevo da quando sono tornato dall’est sei settimane fa. Ho gridato
“Hughie!” e gli ho dato una pacca sulla spalla.
Hughie ti saluta
sempre con una solida stretta di mano, perché è solidamente serio.
Dietro ai suoi occhiali sembra un medico internista, è ciò che
avrebbe voluto diventare se non avesse capito, dopo tre anni di
college, che essere un medico nero è un’impresa piuttosto
difficile. Quindi, invece che rompersi la schiena, Hughie si è dedicò
alla tromba, strumento che aveva suonato sin dai tempi della
scuola.
Ma nonostante tutto..... sembrava un medico. Niente baffetti da capretta, e neanche occhiali
scuri(4), ciò rendeva
inverosimile il fatto che si fosse dato al Be Bop e che avesse
rifiutato una buona scrittura da Count Basie per una serie di
registrazioni mensili. Questo era il guaio del Be Bop. Una volta che
si iniziano a sentire quegli accordi avvitati nelle orecchie e ad
apprezzare quei momenti speciali hai trovato la tua strada, non
puoi suonare in nessun altro modo. La vecchia via è troppo
monotona.
“Come sta il
mio ragazzo?” Gli domandai.
Hughie scosse la
testa
“Non se
la passa bene.”
“Eh?”
bofonchiai sorpreso
Poi realizzai che
credeva gli stessi chiedendo di Sparrow. I musicisti di jazz hanno
una mente rivolta solo alla musica. Mangiano bevono e dormono per
la musica. Se scoprono un artista che propone qualcosa di nuovo, lo
venerano come un Dio. Così erano Hughie e Sparrow. Una sera Hughie
aveva ascoltato Sparrow, e quando questi gli chiese se gli sarebbe
piaciuto suonare con lui, Hughie mollò tutto quanto. Sparrow era il
suo idolo ed il modo in cui lo guardava faceva capire che per lui
ci poteva essere solo un musicista.
“Non gli piace
il club?” Chiesi
“A lui piace
molto... credo”,
ho capito che non
aveva voglia di parlarne . Ma insistei.
“Qual’è il
problema?”
Hughie scrollò le
spalle, non per indifferenza, ma come se non sapesse cosa dire.
I musicisti jazz
sono molto reticenti se gli chiedi della musica. Non trovano la
parole per descrivere esattamente cosa sentono, non mostrano
entusiasmo. Se a loro non piace qualcosa e gli chiedi come possono
girarne a largo , dicono : “beh lo sai” Se a loro piace
qualcosa sorridono e dicono; “ E’ tutto a posto”. Quando
perdono la testa per qualcuno esclamano: “ehi man suona bene”.
Quindi quella
reticenza di Hughie , mi fece sospettare che l’affare da fare con
Sparrow era qualcosa di grosso. Ciò cambiò i miei piani.
“Vorrei che tu
Sparrow e la band incidesse per me”. Dissi.
Hughie raddrizzò
la testa
“Caspita sarebbe
fantastico Harry, non scherziamo….. grande…….perché non lo
facciamo? Abbiamo dei bei pezzi, veramente belli”.
Riflettei
“che è
successo?”.
Non è l’Hughie depresso di prima. Da, che deriva
tutto questo improvviso entusiasmo?
“Calma” esclamai “mi hai appena fatto un quadro diverso”
Hughie abbassò le
spalle. Immaginai che la sua gioia fosse spontanea ma inadeguata.
“Sparrow è
malato”, disse con calma “Non so fino a quando potrà
reggersi in piedi. Quindi ho pensato che sarebbe stato
bello potesse registrare dei dischi
finché fosse stato in grado d farlo”.
E’ come se avessi
preso una pugnalate nel vedere Hughie in quello stato, ma non volevo
mollare.
“Non preoccuparti” dissi,“passerò
al club una di queste sere, concorderemo le date con Sparrow”.
Hughie prese
un’aria solenne
“ Se hai
intenzione di registrare con Sparrow, è meglio che lo
fai presto”. Allora capii che stava veramente male .
Jackson spuntò da
dietro il bancone proprio mentre stavo passando facendomi sobbalzare
.
“Ho dimenticato
di parlarti di Sparrow” disse “Il fisico non lo
regge più , sembra che stia veramente perdendo la testa”
Probabilmente ho
capito male
“ L’ho
sentito suonare bene”
”Quando riesce
a tenere in mano il suo strumento” aggiunse Jackson
“Ha un tic che
lo fa sembrare come una holy roller (5)
pietrificata” Cominciai ad avere dei dubbi. Forse, la
mia scelta rischiava di essere azzardata.
SPARROW SI
PREPARA PER IL CONCERTO
Non riuscivo a
togliermi Sparrow dalla testa, aveva ottenuto la sua scrittura
circa quattro settimane fa e questo avrebbe dovuto farlo sentire
bene. Era in cassa integrazione da quasi otto mesi, ed è un tempo
lungo per un ragazzo che ha lavorato costantemente da quando aveva
quattordici anni. Decisi di andarlo a trovare quella sera stessa.
Il locale era un
osteria fra il centro e la trentottesima. Non il meglio per un
ragazzo abituato ai posti migliori della città, ma il Be Bop era
troppo nuovo per avere seguaci, e nessun gestore di locali notturni
dalle grandi aspirazioni a Los Angeles era disposto a correre il
rischio di scritturare una band Be Bop. Soprattutto se si trattava di
night club per bianchi. Conoscevo questi locali, non aprivano mai
prima dell’una. Quindi arrivai li poco dopo le due. Presi un tavolo
vicino al palco. La band era impegnata nel sound check . I ragazzi
stavano provando mentre stappavo la mia bottiglia. Iniziai ad ambientarmi. Quando Sparrow prese posto sulla sua sedia e si voltò verso di me,
quasi svenni. Non era lo stesso Sparrow che avevo conosciuti. Era difficile credere che
quell’uomo di mezza età avesse solo ventidue anni. La sua pelle
scura era sempre stata tesa e lucida. Ora ripendeva sulle sue ossa
come un mastice nero. I suoi occhi erano rotondi, grandi, ma vuoti.
L’espressione del suo viso era quanto di più triste avessi mai
potuto vedere. Dava l’impressione di voler piangere dentro solo
che non ne poteva più di piangere ancora. Mi ricordo quando il suo
fisico compatto era una macchina di precisione. Mentre si
preparava a suonare i suoi occhi puntavano dritti verso il basso e
il suo corpo era come una molla pronta a scattare. Poi sparì.
Nessuno, fra colore che lo aveva ascoltato in quei tre anni con gli Hot Five di
Joe Pepper, avrebbe potuto immaginare fin dove Sparrow sarebbe
potuto arrivare. Crebbe così in fretta e andò così lontano che l’ultimo
anno in cui rimase con loro, Joe e gli altri non riuscivano a tenere
il suo passo. Quando iniziarono a chiamarlo “Sparrow” suonava
in modo incredibilmente frenetico. Sparrow non avrebbe mai potuto
integrarsi con una big band , la sua tonalità era troppo
personale, la sua intonazione troppo piena e sofisticata per
connettersi con gli altri sassofoni. Questa era la ragione per cui la
band di Joe Pepper era il meglio per lui. Suonavano blues e Sparrow li
trascinava con se. Poi la band decise di mettere in repertorio pezzi
da ballo a tempo medio e Sparrow cominciò a....... sballare. Iniziarono i
guai fra lui e Joe. Joe voleva prendere un ritmo delicato e
rilassato, ma Sparrow rimaneva fisso nella sua frenesia
incontenibile . Spingeva il ritmo più forte....... e ancora più
forte, lo trascinava avanti . Non è che il beat fosse diventato più
veloce, semplicemente non era rilassato. Sparrow cominciò a suonare
note che mettevano Joe a disagio. Quando lasciò la band,
scoprì di non avere alcun posto dove andare. Suonava in un altro
mondo. Solo dopo che Hughie si unì a lui ed ingaggiarono Jimmy Brash
al piano, Joe Miggs alla batteria e Fat Stuff al contrabbasso
Sparrow trovò una nuova dimensione in cui esprimersi. Si librava in
alto fino a quando Hughie non lo raggiungeva quindi iniziavano a
suonare insieme. Gli altri tre si aggrappavano a loro senza problemi.
Questo è lo scenario in cui avevo immaginato di registrare. Ma
guardando Sparrow seduto li non credevo ci fosse alcuna possibilità.
Cercavo di evitare di guardarlo, ma non potevo distogliere lo
sguardo da lui. Si contorceva e sussultava come una macchina
impazzita. Era la peggiore immagine che avessi mai potuto vedere. All’inizio
il suo corpo scattava a destra, poi a sinistra e poi ancora, forse per quattro volte, a destra. Intanto le sue gambe scalciavano come angeli
cocainomani e una spalla sobbalzava. Alcune volte si muoveva solo
una parte del suo corpo, altre volte due o tre nello stesso tempo.
Ma non si poteva prevedere nulla di tutto ciò. Non aveva nessuna
preordinazione, nessun ritmo. E per tutto il tempo la sua faccia
mostrava di non sapere cosa il suo corpo stesse facendo. Sembrava
solo triste.
La band era a nome
di Sparrow ma in realtà era Hughie ad occuparsi di tutto. Stabiliva i brani da suonare, chi, e quando, avrebbe dovuto
prendere un assolo. I ragazzi erano pronti. Cercavo di capire quale
fosse il loro atteggiamento nei riguardi di Sparrow, si comportavano
come se lui non ci fosse. Eccetto quando vedevo le loro espressioni
cambiare nel momento in cui posavano gli occhi su di lui. Sapevo che
pensavano molto a lui, al suo stato. Era un cosa talmente grande che
non esistevano parole o espressioni per descriverla. Hughie battè
il tempo
“Okay , muoviti
bopper” .
Sparrow smise di
contorcersi, la testa si scosse verso destra per una ventina di
volte, al tempo della musica. Improvvisamente smise di agitarsi, il
corpo si irrigidì, le sue gambe si mossero come se stessero danzando
in un incubo. Quando Sparrow venne fuori da quella inquietante danza
scattò facendo volare via la sua sedia , mentre il sassofono
straripava dalle sue labbra. Soffiò nel suo strumento attaccando
il primo beat del secondo chorus proprio al momento giusto. La sua
sedia era rivolta verso la parte posteriore del palco e Sparrow stava
soffiando verso un muro vuoto. Nell’ultimo beat della frase si
volse suonando verso la sala. Voglio dire suonando veramente. Era sempre il
vecchio Sparrow e la band lo sapeva. Non lo guardavano, ne
sorridevano, ma erano consapevoli di trovarsi di fronte ad un genio
ed il modo come stava suonando lo provava.
Devo aver trattenuto
il fiato per trenta secondi. Poi mi sono lasciato andare sullo
schienale della poltrona il mio corpo soffriva come se stesse in un
trita ghiaccio. Mi versai un bicchiere di vino dopo l’altro per
rilassarmi.
UN GENIO NERO IN
MEZZO AI BIANCHI
Sapete a cosa somiglia
il Be Bop? Non intendo in termini musicali . I ragazzi che lo
suonano, neanche provano a spiegarlo. Nemmeno lo chiamano Be Bop.
Dicono solo che è frenetico (frentic) e questo è forse il modo
migliore per descriverlo, se si considera che nel dizionario il
termine frenetico (frentic) è descritto come: violentemente
folle, oltraggioso, trasportato dalla passione. Personalmente non
mi allontano da questa definizione. Penso al Be Bop come una
tensione, un’agitazione, una controllata isteria. Hughie e Sparrow
avevano elaborato alcuni chorus all’unisono che un orecchio non
allenato non avrebbe potuto seguire, e quando finirono il set gli
altri tre ragazzi stavano sorridendo compiaciuti. Ho potuto solo
sentire che dicevano “Man è straordinario, veramente
straordinario”.
Finito la prova ,
Hughie mi invitò a bere con lui un drink, Sparrow rimase seduto
sulla sua sedia. Insensibile ad ogni cosa gli si muovesse intorno,
stava buttato li come un idiota addormentato con gli occhi aperti. Io
e Hughie bevemmo senza parlare. I nostri sguardi non si distaccarono
mai da Sparrow.
“Come va?”
chiesi alla fine.
Hughie scrollò le
spalle
“Ha bevuto
troppo?” esitai e titubante aggiunsi, “…..o preso
qualcosa?”
Hughie si decise a
dirmi: “Ultimamente è sotto morfina”.
“Oh”
esclamai
Hughie non voleva
lasciar cadere il discorso
“Sparrow adesso beve
tanto quanto gli altri, ma lo scorso anno con Joe Pepper ha iniziato
a suonare forsennatamente giorno e notte, in modofrenetico, e aveva paura di non riuscire a
tenere quel ritmo. Ha cominciato a bere pesantemente e
a farsi di droga. Quando, qui a Los Angeles, non
è riuscito più a trovare ciò che cercava e rimediava a New
York, ha iniziato con la morfina.”
Hughie scosse
tristemente la testa.
“Ho cercato di
convincerlo che la roba non ha mai aiutato la musica di nessuno”.
Era una vecchia
storia. Sapevo come la maggior parte dei vecchi jazzisti
raccontava certe cose. Suonavano in qualche caffè da quattro soldi
fino a sfinirsi e poi dovevano registrare in studio alle nove del
mattino successivo, fumavano erba per sostenersi convinti che questo
li facesse suonare meglio. Si sono poi resi conto che le cose
stavano diversamente, ma i giovani che li hanno seguiti hanno dovuto
impararlo da soli, nel modo più difficile. La cosa mi faceva star
male
“Quanto pensa
di poter diventare bravo? Per l’amor di Dio ha
soli 22 anni. Non c’è nessuno che possa eguagliarlo
oggi sul suo strumento”
“Sparrow è
così si agita sempre per migliorare la sua tecnica, per trovare
idee originali e nuovi modi di suonare il suo sax.”
Hughie mi guardò
sincerandosi che avessi capito e continuò
“Sparrow è
ansioso, incontra strane persone che lo venerano come un genio e si
sente uno sciocco nel non riuscire a stare insieme a loro a
dialogare con loro . Non ha superato la terza media e quante chance
può avere un negro come lui? ”
Hughie aggiunse
“Quante
possibilità ha avuto Sparrow di integrarsi e conoscere le cose? Ha
il dono del feeling. Tutto ciò che sa è come suonare bene. Ecco
perché lavora duramente per farlo sempre meglio. E’ tutto ciò che
può dare.”
Ho riflettuto e ho
avuto un moto di ribellione. Mi sono chiesto: com’è la vita di un
ragazzo nero in un mondo di bianchi, anche per un tipo con il
talento di Sparrow? Incontra i musicisti ed è tutto ok, per loro
conta solamente come lui suona . Ma con gli altri? Quelli che
scoprono il jazz e collezionano i dischi pensando che ciò sia
sufficiente per scoprire la musica dei neri come se fosse una caccia
al tesoro? O i giornalisti dei magazine, in cerca di storie da
vendere, che parlano in modo apparentemente amichevole
intervistando il fenomeno nero, facendolo sentire come
se fosse un fenomeno . O gli ubriachi nei bar che pensano che sia
okay abbracciare un musicista di colore dicendo: “Perchè io te
non usciamo stanotte per procurarci qualche bella
ragazza ?”
Sparrow era
schiacciato da questa pressione dover assolutamente giustificare
l’interesse cresciuto attorno a lui . Per questo suonava con il
cuore in mano.
CAPPY
Stavo pensando a
qualcosa da dire per avvicinarlo quando notai uno sconosciuto
sedersi alla batteria. Stava facendo strisciare le spazzole sul
rullante fingendo di non occuparsi di Sparrow ma ebbi la sensazione
che lo stesse osservando per tutto il tempo.
“Chi è
quello?” chiesi a Hughie, indicandolo con un cenno del viso.
“Quello è
Cappy un ragazzo dello staff di di
Sparrow”
“ Dimostra 35
anni un po’ vecchio per essere un ragazzo dello staff”
ho sorriso.
“Questo lavoro
deve pagare meglio di quanto pensassi” aggiunsi
“Cappy non ha
preso e non prende soldi da Sparrow”
disse Hughie, “vuole solo stargli attorno.
So come i fan del
jazz adorano i musicisti.
“Sparrow è il
suo idolo?” Hughie sorrise,
“Quello
è il suo ragazzo preferito, il suo maestro”.
Osservammo Cappy
per un po’ . Aveva un bel sorriso. Teneva un ritmo soft con le
spazzole come se stesse accarezzando la schiena di Sparrow. Sembrava
volesse mantenerlo calmo.
Ero sempre più
convinto che Sparrow avrebbe potuto incidere alcuni dischi e più ci
pensavo, più mi sentivo come Hughie.
“Vogliamo
parlare delle date per le registrazioni” Dissi dopo qualche
minuto,
“Pensi che
Sparrow sia in grado di incidere?”
Hughie era diventato
di nuovo ansioso. In questa prova è stato ottimo. Che diavolo! Pensai,
“ Ma domani?”.
“Prenoterò il
Sunset studio per le sette così avremmo il tempo di cenare prima.
Per
domani andrebbe
bene?”
“Vuoi che parli
con Sparrow?”
“Glielo dirò
io” disse Hughie.
Si alzò in piedi e
gli altri ragazzi fecero lo stesso. Cappy non smetteva di strisciare
quelle spazzole fino a quando Joe Miggs riprese possesso della
batteria. Quando Cappy passò vicino a Sparrow si premurò di far
scorrere accidentalmente la mano sulla sua spalla. Attese accanto a
lui fino a quando i ragazzi della band attaccarono il primo pezzo.
Quindi fece un passo indietro.
Mi sorrise
scusandosi quando si accorse di aver quasi urtato il mio tavolo.
Restituii il sorriso.
“Vuoi un
drink?” chiesi.
Rispose
affermativamente e tirò fuori la sedia dal tavolo rivolgendola verso
il palco. Distolse lo sguardo da Sparrow solo quando io presi la mia
bottiglia.
“Vorrei
bere una coca” disse in un modo simpatico e spontaneo.
Domandai: “sei
sicuro?” E feci cenno al cameriere:
“Suoni la
batteria?” chiesi dopo che entrambi avevamo bevuto.
”Uh uh di
solito suono il tenore”
“Non lo suoni
più?”
“ Sono quattro
anni che non tocco il sax ” disse in quel suo
modo disincantato. Lo guardai meravigliato.
“Forse ti
ricordi di me” disse
“Cappy
Gaystone?”. Alla fine mi ricordai di lui. “Sicuro eri
nella band di Ben Webster e prima nei Rhythm Riders”.
Cappy sorrise “Te
lo ricordi? È favoloso”.
Stavo per chiedere
perchè avesse smesso di suonare, ma cambiai idea, Cappy lo capì e
sembrò che la cosa non gli dispiacesse.
“Stavo
male” disse “come Sparrow”.
Cercai di tenermi
lontano da questo discorso.
“Di sicura
suona magnificamente il sui sassofono” dissi.
“Nessuno lo
suona come Sparrow” aggiunse Cappy, quindi sorrise
timidamente,
“non
scherziamo” ribadii in modo risoluto.
Cappy si sciolse e
iniziò a raccontare “Si ha iniziato con me, gli ho
insegnato il suo primo pezzo. Tredici
anni fa. Aveva nove anni e io avevo ottenuto il mio primo ingaggio
importante al vecchio "Paradise Ballroom”.
SWEET SUE
La band aveva finito
il brano introduttivo e iniziò il successivo.
Cappy spalancò gli
occhi.
“Eccolo questo
è il pezzo di cui ti parlavo”.
Ascoltai
l’introduzione di Jimmy Brush al piano e rimasi sorpreso dalla
lentezza dell’esecuzione. Difficilmente le band Be Bop suonavano
qualcosa lentamente . Poi riconobbi il brano era “Sweet Sue” e ci
fu un’ulteriore sorpresa. Perchè raramente le band Be-Bop
suonavano degli standard. Sparrow entrò nel brano con un beat in
levare, e il sorriso di Cappy si estese da un orecchio all’altro.
“Si può
battere un uomo così?”Disse.
Stava suonando quel
pezzo per Cappy e lo sapeva che ciò avrebbe reso orgoglioso il suo
maestro.
Cominciai a scrutare
Sparrow e la sua espressione era catatonica. Non si curava del fatto
che eravamo li, a parlare di lui, solo quando cominciavo a
convincermi che fosse completamente assente , il viso di Sparrow si
contorse come se stesse ammiccando e suonò cinque note della melodia
rivolto verso Cappy.
Cappy impazzì.
“ Li sento
i vostri discorsi” gridò Sparrow di rimando “Sto suonando questo
pezzo per Cappy, ragazzo, lo sto suonando per Cappy” .
Sparrow fece delle
cose su Sue assolutamente impossibili. Il tavolino
non potè più contenere Cappy, doveva avvicinarsi per toccare il suo
ragazzo triste con il sassofono.
Il pezzo successivo
fu un brano molto veloce. Nel corso dell’esecuzione il sassofono di
Sparrow si sollevò oltre la sua testa come se qualcuno lo avesse
tirato con una corda. Pensai che fosse un atteggiamenti gigionesco
dedicato a Cappy, ma cambiai opinione immediatamente. Sparrow non
riusciva a tenere basso il suo strumento. Prese a suonarlo in quella
posizione, fino a che Hughie non interruppe bruscamente l’esecuzione.
I ragazzi sul lanciarono un’occhiata veloce a Hughie e lui disse
che per loro era abbastanza . Scesero dal palco. Cappy strappò lo
strumento dalle mani di Sparrow. Fu troppo per me.
Gettai alcune
banconote sul tavolo ed uscii.
IN SALA DI
REGISTRAZIONE
Erano le sei, stavo privando a mantenermi sveglio. Chiamai Hughie pesando che a quell’ora
sarebbe dovuto essere tornato a casa. Rispose lui stesso al telefono.
“Come sta?”
Chiesi
“Cappy lo ha
accompagnato a casa dopo che te ne sei andato.
“Gesù, così
si è comportato?”
“La notte
scorsa è stata la peggiore”.
“Guarda” gli
dissi, “ Che ne pensi? Dovremmo confermare la data
di registrazione, metterlo sotto contratto per un esiguo numero di
incisioni?”
”Sarà l’ultima
volta prima di una lunga pausa” disse
Hughie .
Imprecai: “Posso
andare a prenderlo stasera?” chiesi.
“Lo
accompagnerà Cappy”
Dissi “ok”
e sbattei violentemente la cornetta sul telefono.
Ero sorpreso di
quanto fossi stato poco scaltro lasciandomi andare a questo progetto.
Fra la band, lo studio, i tecnici, la mia sessione di registrazione
veniva a costare un migliaio di dollari a pezzo. Un sacco di soldi.
In linea di principio speravo che le incisioni vendessero
abbastanza da coprire i costi. A meno che uno dei quattro set non
si rivelasse un vero e proprio campione d’incassi. Ero depresso.
Non puoi stare in affari solo per recuperare i costi. Se Sparrow si
fosse presentato nelle condizioni dell’ultima volta, sarebbe
andata bene se fossi riuscito a recuperare i soldi per un pacchetto
di sigarette.
Comprai una
bottiglia lungo la strada per lo studio , e quando i ragazzi
arrivarono era un po’ meno che piena. Vidi Sparrow e smisi di
preoccuparmi, sembrava stare molto meglio. Aveva ancora quell’aspetto
catatonico ma privo di convulsioni. Lo salutai, ma non credo che mi
stesse ascoltando. Non sapevo cos’altro dire, quindi gli porsi la
bottiglia. La tenne per un po’ senza guardarla, fece un sorso.
Storse la bocca come se stesse bevendo del veleno. Non sembrava ne
volesse ancora, per cui ripersi la bottiglia e la feci girare fra gli
altri. Tutti, tranne Cappy, tirarono un bel sorso. Hughie era
impegnato nella stesura degli arrangiamenti. Sparrow sedette con
calma nel posto che Cappy gli aveva assegnato fumando una sigaretta
che lo stesso Cappy gli aveva infilato fra le labbra. Stavo
cominciando a pensare che sarebbe andato tutto per il meglio ma ero
nervoso. Feci un giro nel grande studio evitando di disturbare il
gruppo avvicinandomi al piano o alla batteria. Mi concentrai su
Sparrow e notai che i suoi occhi non erano più vuoti. Mostravano la
stessa triste espressione che ricordavo avergli visto la sera prima.
Cominciavo ad appassionarmi.
Dissi a Hughie:
“Taglieremo
tutto ciò che non andrà bene” ed entrai dentro la
cabina del mixer.
Li osservavo attraverso il vetro. Cappy porse a Sparrow il suo strumento
aspettando che si sistemasse. Mentre Sparrow non mostrava alcuna
emozione, guardai Hughie, ma lui non incrociò il mio sgurdo.
“Cominciamo”
dissi dalla cabina mixer,
“Inizia la
registrazione”
Il tecnico del mixer
mi guardò come se fossi impazzito.
“Non avrebbero
dovuto prima scaldarsi?”
Non risposi, così
comunicò all’ingegnere del suono che stava iniziando la
registrazione. Entrò nello studio e disse ai ragazzi di seguire le luci.
Si accendeva prima
la luce bianca, poi la rossa. La rossa indicava l’inizio
dell’esecuzione. Da quel momento sarebbe partito il cronometro che
avrebbe scandito i tre minuti del pezzo. Hughie dette un colpo di
gomito a Sparrow e gli indicò la luce della lampadina sopra il vetro
dietro il quale ero seduto io . Sparrow prese il sassofono tra le
labbra, si alzò posizionandosi vicino al microfono. La luce
bianca si spense, ciò significava che sarebbero passati altri dieci
secondi, sembravano lunghi come un anno. Finalmente si accese la luce
rossa. Hughie fece un cenno con la testa e il gruppo scivolò dentro
“Wing Ding”. Non fu una buona scelta .
Wing Ding ha
un’apertura complessa in cui il sax e la tromba suonano l’uno in
opposizione all’altro accentando battute diverse. Deve essere
eseguito alla perfezione, altrimenti suona come delle grida di
gitanti in un pic nic.
Sparrow entrò in
ritardo sbagliando l’attacco.
Il tecnico del
suono, entrò nello studio chiedendo di provare ancora, poi tornò
dentro la sala mixer, dicendo di prepararsi per un’altra
registrazione. La luce bianca si accese di nuovo e quindi divenne
rossa. Questa volta Sparrow entrò troppo presto. Nel terzo tentativo
era ancora in ritardo. Abbiamo provato altre due volte ma fu inutile.
Sparrow non era concentrato. I ragazzi della band mostravano
imbarazzo. Cappy si avvicinò alla cabina del mixer e urlò
attraverso il vetro, lo avremmo sentito comunque, il microfono era
acceso,
“Sono quelle
luci”supplicò “Lo
condizionano, suona bene solo quando è
rilassato, sono quelle luci.”
Spinsi il tasto di
comunicazione con la sala e disse ad Hughie che avremmo provato
un’altra volta senza luci.
“Quando siete
pronti avvisatemi.”
Cappy riaccompagnò
Sparrow sulla sedia e gli accese un’altra sigaretta. Gli altri si
aggiravano li intorno senza fare nulla, quindi Jimmy Brash iniziò a
suonare qualcosa al piano, una cosa qualsiasi, il basso e la batteria
gli andarono dietro e Hughie si unì a loro. Dopo un minuto Sparrow
li raggiunse riprendendo la sua posizione sul palco in modo semplice
e sereno. Quindi iniziò a suonare duro, e la musica decollò.
Inanellò diversi chorus uno di seguito all’altro, per cinque
minuti, prima che Hughie indirizzasse il brano verso la chiusura.
Guardò Sparrow.
“Che ne dite
di “The Sparrow Jumps?”
Chiese
Non attese una
risposta.
“Nessuna luce
questa volta Sparrow, attacca e noi ti verremo dietro…….
facciamolo Sparrow, okay?”
Sparrow spalancò
gli occhi in un modo che mi sorprese, non lo aveva mai visto con lo sguardo così vigili per tutto il tempo. Si alzò in piedi scansando
la sedia, si avvicinò al microfono. Il suo corpo era teso come lo
era abitualmente anni fa, quando, in perfetta forma, suonava da
Dio. Nessuno si mosse. Poi feci un cenno all’operatore del mixer e
lui gridò al tecnico
”Pronti per
registrare!”.
“The Sparrow
Jumps” è un pezzo funambolico, spettacolare, nessun
arrangiamento, niente di niente, solo assoli di Sparrow con Hughie e
il piano che sullo sfondo eseguono figure di accompagnamento.
Sparrow forzò
l’apertura con una cadenza e un tempo che fecero sobbalzare i
ragazzi. Erano abituati a suonare the Jump a ritmo sostenuto.
Quanto stavo ascoltando era ciò che intendevo per veloce e non
potevo sapere cosa sarebbe accaduto dopo. Incrociai le dita e poi
le disincrociai. La band stava suonando come mai prima aveva fatto e
Sparrow schizzava veloce come un pipistrello fuori dall’inferno.
Ma era più di così, aveva un’eccitazione che mi fece venire la
pelle d’oca, l’eccitazione tipica di tutte le vere grandi
incisioni, che si ascoltano talmente tanto a lungo da consumare
il vinile del disco, e ciò che ascolti è solo un’idea di come
fosse veramente grande quella musica.
Pensai: “man
oh man” al diavolo se non ho le mie quattro facciate, già
questa è abbastanza, è unica. Sarà da manuale della musica quando
arriverà nei negozi di dischi.
L’esecuzione
sembrava diventare più veloce, iniziai a guardare cosa diavolo Joe
Miggs stesse facendo sulla sua batteria. Il tempo è sempre uguale
nel jazz. Se inizi lentamente continui lentamente, se cominci veloce,
continui veloce, non vai ancora più veloce. Ma questo era quello
che stava accadendo. Guardai la faccia di Jimmy Brush aveva
un’espressione divertita, le sue dita stavano volando sulla
tastiera ma ciò non sembrava preoccuparlo. Poi le mie orecchie
capirono. I suoi accordi non erano in sintonia con quello che
Sparrow stava suonando. Sparrow cambiava le chiavi armoniche
continuamente, qualche volta addirittura nel bel mezzo della frase.
Il bassista aveva lo stesso mio sguardo preoccupato. Ormai era da
tempo che suonavano con Sparrow e dovevano essere in grado di seguire
ogni sui cambiamento nell’esecuzione. Ma lui si stava allontanando
da loro, solo Hugie gli teneva dietro, cercava di resistere, e
come ci riuscisse non l’ho ma capito. Credo che solo un ragazzo che
provava per Sparrow ciò che Hughie provava per lui avrebbe potuto
riuscirci. Fu la più frenetica, eccitante, meravigliosa musica che
avessi mai ascoltato.
IN PREDA ALLE
CONVULSIONI
Le convulsioni di
Sparrow ricomparvero, ma non lo capii subito. Avevo visto molti
jazzisti scrollare le spalle e scuotere le ginocchia mentre
suonavano. Ad un certo punto non riuscivo più a seguirlo e dovetti
arrendermi al fatto che le convulsioni si stavano impossessando di
nuovo di lui. La testa scattava da un lato, e si muoveva
come seguisse le note della frase musicale. Lo stesso accadeva per le
contorsioni del suo corpo e lo scalciare delle sue gambe.
Era come se le
convulsioni proseguissero le suggestioni musicali dal punto in cui
queste si interrompevano . Sembrava che gli spasmi e gli scatti
corporei, accompagnassero, in qualche modo, le pulsioni ritmiche, come
se Sparrow dovesse completare con quelle convulsioni un fluido
musicale incompleto . Questa era ciò che faceva le differenza
rispetto alla sera prima, perché i movimenti repentini, gli scatti,
si verificavano secondo una precisa rappresentazione visiva della
musica. Non si capiva, quindi, se il pezzo lo stessi ascoltando o
vedendo. Dunque non si poteva alcuna delle sue mossa. Il suo corpo
cominciò a contorcersi in modo pazzesco seguendo ancora più
follemente la ritmica del brano. Ed in una attimo gli scatti e
le contrazioni presero a scombussolare il suo corpo
allontanandosi completamente da ciò che sembrava una
rappresentazione gestuale delle pulsioni ritmiche . I ragazzi
continuavano a suonare ma cominciarono a guardarlo in modo
preoccupato così come stavo facendo io. Pensai che stessi andando
fuori di testa. Non so quanto tempo è passato prima che riuscissi a
controllarmi.
Ho premuto il
pulsante del microfono di collegamento con la sala urlando:
“Fermatelo, Fermatelo, Fermatelo”
I ragazzi cessarono
di suonare gradatamente, come un ruscello che piano piano si
prosciuga e scompare, i loro occhi erano puntati su Sparrow. Lui
continuava a suonare le sue frasi contorte e il corpo martoriato,
si scioglieva in un unica lunga e devastante convulsione. Mi
precipitai fuori dalla cabina e lo afferrai, lo strinsi forte fino a
farlo smettere di suonare. Il suo tremore entrò fin dentro i miei
polpastrelli. Lo feci sedere su una sedia tenendolo ancora per mano.
I ragazzi della band mi guardavano aspettandosi che facessi
qualcosa. Io non sapevo cosa fare. Sapevo solo che non potevamo
lasciarlo in quel mondo di follia che in quel momento lui stava
abitando. Mi venne in mente di provare a stimolarlo con qualcosa
di familiare, che so’? ricordi del suo passato, forse questo
avrebbe potuto ricondurlo alla realtà .
Guardai Cappy, stava
proprio dietro di me, dalla sua espressioni capii che condivideva
l’idea.
“Jimmy! “Sweet
Sue!!!” dissi al pianista schioccando le dita
“Suonala, per amor di Dio”
Jimmy iniziò a
suonare con lentezza e scandendo le note. Trattenni Sparrow per le
spalle in modo che non riuscisse a muoversi e gli parlai
direttamente in faccia:
” Voglio che la
suoni per Cappy, mi hai sentito?”
Dovevo riuscire a
comunicare direttamente con lui
“Sparrow
suonala per Cappy, per Cappy”.
Sparrow rabbrividì. Quindi sollevò lo sguardo lentamente e vidi i suoi occhi vuoti
rianimarsi, la bocca si aprì - si chiuse - e si aprì nuovamente, sospirando
“Cappy…..”
Dentro di me avrei
voluto gridare ma cercai di parlare nel modo più tranquillo
possibile.
“Si Sparrow...... Cappy”, gli ho sussurrato avvicinandomi.
“Vuole sentirti
suonare. Vorresti suonare per lui Sparrow? Per Cappy?”
Vedevo che stava
lottando con se stesso, ma annuì solennemente, alla stregua di un
ragazzino ubbidiente, dicendo:
“Si signore”.
Si inumidì le
labbra, strinse la bocca sull’ancia e con il piede battè il tempo.
Sparrow suonò “Sweet Sue” per Cappy.
Avete presente il
modo cigolante ed incerto con cui suona il figlio del vicino quando
si esercita per la sua nuova lezione? In modo stonato e stridente,
ma infantile , così dannatamente infantile. Biascicando le note, con
vari cigolii che uscivano dal sax, Sparrow prese a suonare “Sweet
Sue”. Esattamente come deve averla suonata tredici anni prima, quando non conosceva nulla di quel brano che Cappy gli stava
insegnando. Abbandonai Cappy disperato piangere come un ragazzino e
mi diressi verso il bar più vicino.
Yeah l’ultima
incisione di Sparrow sarebbe diventata sicuramente una rarità per
collezionisti.
Un dollaro più le
tasse è abbastanza economico per un disco inciso da un ragazzo
che stava impazzendo.
NOTE:
1.
Sparrow significa “passero” è evidente il riferimento al “bird”
di Charlie Parker
2.
Vaslav Nijinski, coreografo, ballerino, interprete di punta della
“Compagnia dei Balletti Russi” capitanata da Sergei Djagilev agli
inizi del ‘900. In questo contesto Nijinski sconvolse le platee di
tutta Europa per le sue capacità di danzatore mai viste prima. Un
artista dall’incredibile espressività ed intensità, ma
personaggio fragile, sensibile, sempre alla ricerca di nuove
emozioni. Un esistenza tribolata accompagnata da una follia precoce,
che nel 1919 lo fece impazzire del tutto rendendolo incapace di
proseguire la sua carriera a soli trent’anni.
(3)
Il beat in 2/4 era tipico dello stile New Orleans, mentre il ritorno
ad una scansione omogenea in 4/4 contraddistingueva lo stile swing.
(4)
Gli occhiali scuri e i baffetti da capretta sotto il labbro
inferiore, era il look che contraddistingueva Bopper.
(5)
membro di un gruppo pentecostale, così chiamato, per la frenetica
attività danzante durante le funzioni religiose.