Luciano Granieri
La diffusione del jazz in Italia e Germania negli anni della guerra è stata sempre osteggiata e fortemente contrastata, molto per propaganda un po’ meno a livello pratico.
In realtà ai musicisti era consentito esercitare la loro professione facendo attenzione che traducessero i nomi delle composizioni e i loro autori in italiano o in tedesco a seconda di dove suonassero. Sotto l’aspetto culturale discussioni sulla natura della musica jazz, sulla sua valenza artistica e sui risvolti politici, nel contesto oscuro e terrorizzante della dittatura nazifascista, impazzavano su riviste semiclandestine, come “Idee Ritmiche” o “Tutto sul jazz”, poi divenuta “Sulle ali del ritmo”, in contrapposizione ad articoli denigratori pubblicati sui giornali di regime come il “Popolo d’Italia o “Libro e Moschetto”.
Molte di queste dispute riguardavano lo spazio che i musicisti di jazz dovevano avere nell’EIAR.
Berlino come New York e Chicago
In Germania un decreto del dipartimento dell’educazione popolare e dell’Arte, dal titolo “”NORME PER LA CONCESSIONE DI LICENZE PER LE SALE DA BALLO proibiva l’esecuzione di musica jazz, descrivendone analiticamente le forme melodiche armoniche e ritmiche in base alla quale si potesse definire jazz, una data esecuzione. Il decreto ebbe attuazione poche volte, soprattutto nei territori occupati, ma mai in Germania. Proprio in Germania fra il 1940 e 1944, si ritrovarono molti musicisti di diverse nazionalità: olandesi belgi, francesi (l’orchestra di Fud Candrix, dopo aver accompagnato Django Reinhardt si trasferì a Berlino), e italiani, molti italiani .
Orchestre radiofoniche tedesche ospitarono musicisti provenienti dall’estero insieme ad elementi autoctoni. Ma perché la radio del Terzo Reich , Reich Rundfunk , prese a trasmettere musica swing, nello stile di Glenn Miller? In primo luogo perché tale musica, nonostante tutto, faceva molta presa sugli ascoltatori europei e in secondo luogo per dimostrare agli americani che i teutonici sapevano suonare jazz molto meglio di loro. Una serie radiofonica chiamata “Germany Calling”, dove si esibivano orchestre swing tedesche, fu trasmessa da Radio Amburgo anche in onde corte, in modo da poter essere ascoltata negli Stati Uniti e mostrare agli americani quanto il jazz germanico fosse superiore (sic). Inoltre nelle esecuzioni di brani molto famosi come, After You’ve gone , St.Louis Blues, o Night and Day, il testo veniva cambiato. Dopo la prima strofa, eseguita in modo corretto per attrarre l’attenzione, lo sviluppo della canzone mutava le parole rovesciando improperi contro Roosvelt , i neri e gli americani tutti.
Sia come sia, fra l’autunno del 1940 e l’agosto 1944, jazzisti di ogni provenienza, incrociarono i loro destini in Germania. La cantante Evelyne Kunneke osservò: “Per la maggior parte i musicisti erano italiani, ma anche olandesi, belgi, e cecoslovacchi; alcuni di loro erano mezzo ebrei, zingari, massoni, testimoni di Geova, omosessuali e comunisti, non certo le persone che i nazisti avrebbero voluto per giocare a carte. Dato però che il loro lavoro era importante per lo sforzo bellico, furono ingaggiati per suonare swing nelle migliori orchestre radiofoniche tedesche, senza così doversi nascondere nel retrobottega di un negozi di barbiere”.
Baldo Maestri
Grazie agli impresari Mirador e Franco La Calamita, agli albori del 1940, iniziò l’emigrazione dei musicisti italiani verso la Germania. Baldo Maestri, fu uno di questi. Fra l’altro il clarinettista altossassofonista romano è ben conosciuto a Frosinone. Fu titolare della prima cattedra di sassofono presso il nostro conservatorio dal 1973, attività che ha svolto fino al 1985 quando decise di andare in pensione. L’arrivo di Maestri in Germania è ben raccontato dall’alto sassofonista Tullio Mobiglia, che, in quel periodo già suonava al Patria Bar di Berlino, dove ebbe una scrittura anche Maestri, prima che alcuni ufficiali delle SS, piccati dal fatto che lì si suonava musica americana, tolsero ai jazzisti italiani il permesso di suonare nei locali.
Mobiglia ricorda: Ho conosiuto Baldo appena giunse a Berlino. All’epoca abitavo in una pensione dove stava Italo Scotti romano come Baldo ‘sai –mi disse- è arrivato un ragazzetto che suona il clarinetto benissimo, non si potrebbe farlo entrare nel tuo complesso?” Avevo già Francesco Paolo Ricci, l’orchestra era a posto. Però portai Maestri al Kabaret der Komiker dove cominciò a farsi conoscere. Gli fecero suonare la Tarantella di Rossini. Fu un successo, anche perché Baldo la suonò con il clarinetto in si bemolle, mentre l’originale prevedeva il clarinetto in do. E’ difficilissima perché c’è un bel sacchetto di diesis. Si fece subito un nome. Lo volevano tutti”.
Nel 1943, in particolare dopo l’8 settembre molti musicisti tornarono in Italia anche perché i bombardamenti alleati cominciavano a martellare, Maestri invece rimase a Berlino fino al 1946, partecipando ad altre incisioni con le orchestre radiofoniche Rehmsted e Osterman. La lista dei jazzisti che ebbero successo in Germania è lunghissima dai pianisti Eraldo Romanoni e Primo Angeli al trombettista Nino Impallomeni, ma anche Armando Trovajoli e, naturalmente, Gorni Kramer con Natalino Otto. La loro orchestra suonò oltre che a Berlino anche a Lipsia e Norimberga.