Le rovine
"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Buenaventura Durruti
sabato 14 marzo 2020
Comunicato del Comitato Democrazia Costituzionale sul MES
Comitato per la Democrazia Costituzionale
Il Ministro Gualtieri ha convenuto che nella situazione attuale non è possibile
concludere la riunione dell’Eurogruppo prevista per il 16 marzo con la firma
l’accordo “politico” sulle modifiche da apportare al Mes.
Correttamente le misure urgenti da decidere sono quelle relative alle conseguenze
dell’epidemia di coronavirus in corso, con maggiore, come nel caso dell’Italia, o
minore incidenza in tutta Europa.
Le conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria debbono avere risposte urgenti,
come si chiede da più parti in questi giorni, decidendo anche l’emissione di
eurobond finalizzati a finanziare misure per contrastare l’epidemia e le sue
conseguenze sul piano economico e sociale.
La riforma del Mes va rinviata per poterne approfondire i meccanismi di
funzionamento che appaiono immaginati in una fase precedente, completamente
diversa dall’emergenza attuale. Diverse sono state le obiezioni che sono state
sollevate da quando sono note le nuove norme che si vorrebbero introdurre con
l’attuale versione del Mes. Non solo a livello politico e sociale, ma anche nell’ambito
della comunità scientifica sono state sollevate critiche e proposte di modifica del
meccanismo che si vorrebbe approvare, occorre quindi tempo e le condizioni
necessarie per discuterne.
Una riflessione ulteriore si impone perché la situazione economica europea,
peggiorata in modo sensibile dall’epidemia in corso, è nel frattempo mutata e
richiede ben altri interventi, quali, ad esempio, quello dell’eurobond sopra citato.
Inoltre bisogna garantire che i parlamenti, e, per quanto ci riguarda, quello italiano,
siano messi nelle migliori condizioni di conoscenza, efficienza e operatività per
discutere se esistono o meno i presupposti per una ratifica di una riforma che è
destinata ad influire in modo considerevole sui modi di funzionamento e sulla sorte
stessa dell’Unione europea.
Il rinvio deve quindi servire a un esame del Mes alla luce delle nuove esigenze del
sistema economico e sociale, aggravate dalla crisi del coronavirus.
La Presidenza nazionale
venerdì 13 marzo 2020
Salvate la soldatessa Lagarde
Luciano Granieri
E’ da qualche anno che mi interesso alle dinamiche del sistema economico capitalistico-finanziario. Lo faccio perché sono convinto che è solo combattendo un’economia ultraliberista, basata
sulla tirannia del debito e la depredazione delle classi subalterne da parte di pochi
ultraricchi detentori dei fondi d’investimento, si può sperare di uscire dalla
barbarie.
Ebbene da allora mai e poi mai avrei pensato di spezzare una lancia a
favore di Christine Lagarde. Una classica burocrate prestata all’economia
grazie alla sua grande capacità di giurare eterna fedeltà a colori i quali di
volta, in volta si sono trovati a comandare in tutti i contesti. Un’esemplare esecutrice, quando
era alla guida del FMI, delle politiche
predatorie e d’impoverimento di parti intere di mondo, fondate sulla trappola
del debito , ordite dal capitale finanziario.
Chiristine Lagarde, oggi a capo
della Banca Centrale Europea, è stata
letteralmente massacrata da politici e media italiani per quanto detto durante
la conferenza stampa di ieri, assise in
cui ha illustrato le azioni della Bce
finalizzate a tamponare la crisi economica causata dal Coronavirus e non solo.
L’ex ministra dell'econommia Francese ha affermato testualmente: «Non siamo qui per ridurre gli spread. Non è la funzione della Bce. Ci sono
altri strumenti e altri attori per gestire queste questioni». Apriti
cielo! Lo spread, dopo questa affermazione è salito a 273 punti e tutte le
borse, da Milano a Wall Street, hanno subito un tracollo, soprattutto dopo che
si è fatta strada l’indiscrezione che quella frase era farina del sacco di
Isabel Schnabel, una presunta sottoposta della Lagarde nel board della Bce, ma potente
esecutrice, all’interno di Francoforte, dei desiderata del presidente della Bundesbank
, Jeins Wideman. In pratica la Lagarde non ha fatto altro che sciorinare una piccata posizione del presidente della
banca centrale tedesca desideroso di invertire la politica del bazooka, basata
sul quantative esasing, del precedente
presidente della Bce Mario Draghi, politica mai andata completamente a genio a tedeschi.
Siamo sicuri che il tracollo sia da
addebitarsi solamente ad una frase così incauta? Un uscita che pure ha suscitato lo sdegno di tutta la politica italiana. sovranista e non, con il Presidente Mattarella in prima linea. Io sono convinto che c'è dell'altro. La
catastrofe si è generata semplicemente perché
Christine Lagarde ha deciso di privilegiare con il taglio dei tassi l’economia reale piuttosto
che alimentare ulteriormente la speculazione finanziaria . Un affronto per chi
ha sempre approfittato di tassi d’interessi bassi, quando non negativi, sull’acquisto
da parte della Bce dei titoli di Stato dei Paesi dell’area Euro, per farci
sopra la propria bella speculazione finanziaria.
La bazookata comunque è arrivata. Infatti anche la Bce targata Lagarde ha previsto di irrorare la banche con un piano
di acquisto di titoli pari a 120 miliardi di euro ma a tassi invariati. Dunque
poco spazio di manovra per chi si aspettava, grazie al Coronavirus, di
inaugurare una nuova stagione di speculazione
e realizzare profitti su una catastrofe che ha messo in ginocchio l’Italia
e ormai sta per coinvolgere il mondo
intero.
Voglio ricordare che il piano di Mario Draghi, basato sull’acquisto da parte della Bce di titoli di
Stato , per lo più detenuti dalla banche, ma anche
da fondi d’investimento privati, doveva servire a fornire liquidità per far ripartire l’economia ed innalzare il tasso
d’inflazione almeno al 2%, con la speranza che le banche destinassero quella
massa di soldi al finanziamento delle attività produttive e che, il conseguente deprezzamento dell’euro, favorisse l’aumento del tasso d’inflazione.
Da allora ad oggi nulla di ciò si è verificato, quella massa di denaro è
confluita nel mercato finanziario arricchendo i soliti pochi noti. Senza
contare che possedere una massa così ingente di debito consente alla Bce di
esercitare un controllo sulle politiche economiche dei Paesi debitori,
ricordate il famoso “pilota automatico” sempre di draghiana memoria ?
La Lagarde, chissà, forse
ingenuamente, ha deciso di cambiare
strada e di destinare l’abbassamento dei tassi
al cosiddetti “tltro” (Targeted Longer-Term Refinancing Operation). Anche
questo è uno strumento per immettere liquidità nel sistema economico, ma si basa sulla fornitura alle banche di prestiti a tassi agevolati della durata di 4
anni . Gli istituti che ricevono questi soldi sono obbligati ad usarli
esclusivamente per finanziare le attività produttive. Il piano prevede di destinare risorse al tasso negativo del -0,75% . Ossia la Bce, non
solo non pretende interessi, ma addirittura paga le banche per concedere
prestiti finalizzati agli investimenti sull’economia reale.
E' chiaro che in
questo caso per i fondi d’investimento
non c’è trippa per gatti anche se, considerata la natura della banche italiane, tese a
favorire gli amici degli amici, e visto che proprio per
stimolare la ripresa economica la Lagarde allenterà i vincoli per la concessione dei prestiti, non è
detto che questi soldi arrivino a chi realmente ne ha bisogno ma probabilmente andranno a
foraggiare la solita classe imprenditrice accattona italiana.
Il tutto sarebbe
molto più efficace se le banche fossero nazionalizzate in modo da stabilire
vincoli precisi per la concessione dei prestiti tltro, ad
esempio il mantenimento dei livelli occupazionali, la salvaguardia dei diritti
dei lavoratori da parte delle imprese beneficiarie.
Dunque Christine Lagarde ha
per la prima volta invertito la rotta cercando di agevolare l’economia reale in
luogo dell’ulteriore regalo ai signori
degli hedge fund. Sono manovre insufficienti in presenza della crisi del
Coronavirus? Certamente stiamo parliamo di una banca, un'istituzione che comunque si cura del profitto dunque cosa si pretende.
Resta il fatto però che la presidente della
Bce ha voluto ribadire un principio, già fatto proprio da Draghi, ma mai
realizzato, secondo cui le crisi prodotte dal capitalismo, di cui l’infezione
da Covid-19 è anche una conseguenza, non
possono essere sempre e solo risolte da la leva monetaria ma, soprattutto in
questo caso, devono essere le politiche fiscali a fornire gli strumenti per
uscirne.
Cosa vuol dire? Provo a
tradurre. Le risorse dovranno passare, dall’abolizione definitiva dei vincoli
del patto di stabilità e del Fiscal
Compact, dovranno originare da politiche fiscali comuni a tutti i Paesi, in cui
tutti i cittadini europei pagano le
tasse in egual misura e in modo progressivo . Sarebbe necessaria uno stato
sociale forte che garantisca a tutti gli europei i diritti universali
inviolabili e massicci investimenti pubblici.
Ho tradotto male? E' vero. Una cosa del genere Christine Lagarde
non l’avrebbe mai potuta pensare , anche lei esecutrice di un sistema economico barbaro
che produce povertà e malesseri. Sicuramente
avrà sbagliato nel pianificare il programma della Bce che ha
così tanto indignato i mercati finanziari. Mi piacerebbe pensare che anche in questo
caso possa valere il detto, sbagliando s’impara, ma vedrete come la neo presidente verrà
rimessa in riga da un sistema che non è
aduso a fare prigionieri.
mercoledì 11 marzo 2020
RIMANIAMO A CASA, MA NON RIMANIAMO IN SILENZIO
Marco Bersani
E’ il momento di mettere in campo una grande solidarietà collettiva. L’epidemia di Covid 19 continua a estendersi e il sistema sanitario è a rischio collasso, con il serio pericolo che, se il contagio non si ferma, le fasce più esposte, anziani con patologie pregresse, non possano ricevere le adeguate cure. In questa fase, tutte e tutti dobbiamo assumere la grande responsabilità di fare la nostra parte per fermare il contagio e permettere all’insieme della collettività di poter tornare, in un tempo più o meno lungo, alla normalità.
In questo tempo le nostre vite sono state interamente stravolte e all’ansia generale di essere di fronte a qualcosa che al momento non si riesce a governare si è sommata la necessità di riorganizzare la quotidianità di bambine/i, giovani, adulte/i e anziane/i.
Tutti desideriamo tornare alla normalità, per questo tutti dobbiamo rimanere a casa.
Ma siamo così sicuri di voler tornare alla normalità? Non è esattamente quella normalità la causa principale di dove siamo ora finiti?
Per questo dobbiamo rimanere a casa, ma non dobbiamo assolutamente rimanere in silenzio.
Proviamo allora a riflettere su alcune cose che questa drammatica esperienza ci ha insegnato.
Usciremo dall’emergenza Covid 19 e ci proporranno la nuova emergenza economico-finanziaria.
Le misure adottate per fermare il Coronavirus comporteranno una crisi economica paragonabile almeno a quella del 2007/2008. E le misure che verranno proposte per uscirne saranno le medesime: trappola del debito e politiche di austerità. Magari con un governo di unità nazionale per poterle applicare meglio.
Grazie alla trappola del debito, ogni anno paghiamo 60 miliardi di interessi e dal 1980 ne abbiamo già pagati quasi 4000. Possiamo continuare a pensare che il debito pubblico è la priorità o è tempo per rimettere tutto in discussione? Sono le banche e i fondi d’investimento a salvarci dalle emergenze sanitarie?
Grazie alle politiche di austerità abbiamo tagliato tutta la spesa per istruzione, ricerca, sanità, previdenza sociale. Possiamo continuare a pensare che il pareggio di bilancio finanziario venga prima del pareggio di bilancio sociale, ecologico e di genere?
Deve ripartire l’economia?
Su questo tutti si affannano e reclamano qualsiasi ripartenza purchessia. E c’è chi come Confindustria chiede già di dirottare i fondi del “Green New Deal” sulla realizzazione delle grandi opere. Come se la proliferazione dei virus degli ultimi decenni non fosse esattamente il frutto di un modello economico estrattivo che ha devastato gli equilibri ecologici e che, con la crisi climatica, non potrà che provocare ulteriori conseguenze (quanti virus sono sepolti da millenni nei ghiacci che si stanno sciogliendo?). Possiamo continuare su questo modello o è venuto il momento di una drastica inversione di rotta verso un’economia socialmente ed ecologicamente orientata, con al centro solo l’interesse generale?
Ora sappiamo cos’è la precarietà
In queste settimane abbiamo tutte/i sperimentato cosa vuol dire la precarietà in senso esistenziale: le nostre certezze, i nostri riti quotidiani, i nostri universi relazionali sono stati messi a soqquadro e tutte/i abbiamo dovuto prendere atto della fragilità intrinseca della vita umana e sociale.
Ma moltissime donne e uomini, esattamente in queste settimane, hanno fatto conti anche più concreti e drammatici su cosa significhi non avere un reddito perché si ha da sempre un lavoro precario e non garantito. Possiamo far ripartire il carrozzone economico basandolo sulla conferma e l’estensione della precarietà? Avere una garanzia di reddito ha a che fare con la salute oppure no?
Ora sappiamo cos’è il mercato
Se c’è una dimostrazione lampante del fallimento del mercato è esattamente quella che stiamo sperimentando in queste settimane. Il possibile collasso del sistema sanitario italiano è stato abbondantemente preparato dal pensiero unico del mercato, quello che ha imposto tagli draconiani alla spesa pubblica sull’altare dei vincoli di bilancio.
Ed è sempre più chiaro come la ricerca scientifica gestita dal mercato si attivi sempre e solo dopo l’emergenza, con l’esigenza di fare profitti sui vaccini, e mai prima perché non vi è alcuna remunerazione dei profitti nella prevenzione.
Il mercato basa le sue leggi sulle capacità economiche delle persone, non riconosce alcun diritto universale. Beni comuni, servizi pubblici e diritti possono continuare ad essere consegnati al mercato?
In fin dei conti, si tratta sempre di democrazia
Tutto quello che ci aspetta dopo l’emergenza sanitaria avrà molto a che fare con la democrazia. Dovremmo fare tesoro del paradosso di questi tempi: oggi viene chiesto a tutte e tutti di farsi carico del bene collettivo della salute e della solidarietà con le fasce più esposte; domani verrà chiesto a tutte e tutti di farsi nuovamente da parte per delegare ogni scelta ai poteri forti, magari ad un governo di unità nazionale (Draghi premier?) che proseguirà nell’espropriazione collettiva di tutto quello che ci appartiene.
Per tutto quanto sopra detto, oggi dobbiamo essere responsabili e rimanere a casa.
Per tutto quanto sopra detto, domani dovremo essere altrettanto responsabili e riempire le piazze.
fonte attac italia
Emergenza Covid-19, Cuba presente!
Redazione Contropiano
Con un appello al Ministro della Salute, l’Associazione Italia-Cuba offre l’avvio dell’importazione del farmaco IFRrec (interferone alfa 2B) già in uso in Cina, e l’invio delle sue brigate mediche per fronteggiare la grave carenza di personale negli ospedali. Una buona notizia e un’ulteriore conferma che nei momenti di crisi le risposte possono venire solo da una certa direzione.
Dell’eccellenza cubana nel campo della sanità pubblica e dell’industria biotecnologica ci siamo occupati di recente. Nell’ambito della solidarietà internazionalista attiva Cuba non è da meno, come già avvenuto per l’epidemia di Ebola in Africa.
Dell’eccellenza cubana nel campo della sanità pubblica e dell’industria biotecnologica ci siamo occupati di recente. Nell’ambito della solidarietà internazionalista attiva Cuba non è da meno, come già avvenuto per l’epidemia di Ebola in Africa.
Ora sta al Ministro della salute, e al governo, attivarsi il prima possibile.
*****
Ill.mo Ministro Speranza,
In relazione all’attuale emergenza sanitaria, con la presente desideriamo portare alla sua attenzione la disponibilità di un farmaco prodotto a Cuba, che si è reso utile per affrontare l’epidemia del nuovo coronavirus Covid-19. Si tratta dell’interferone cubano alfa 2B (IFRrec) adottato dal mese di gennaio dalle autorità sanitarie cinesi insieme ad altri farmaci e che risulta abbia dato ottimi riscontri.
Come le è noto Cuba è all’avanguardia in tutto il mondo nel campo della ricerca scientifica e della salute, nonostante il blocco economico, finanziario e commerciale a cui è sottoposta da parte degli Stati Uniti da quasi 60 anni. L’eccellenza del suo Centro di Ingegneria Genetica e Biotecnologica e dell’industria biotecnologica sono una realtà di livello internazionale, così come la produzione di farmaci di elevata tecnologia come l’interferone alfa 2B.
L’affidabilità scientifica del prodotto è sancita da numerose ricerche e sperimentazioni sul campo effettuate nel corso degli anni e che hanno determinato ottimi successi. Ciò è riscontrabile tramite le fonti specialistiche ufficiali, ma anche dall’ampia disponibilità di articoli sul tema .
Il farmaco peraltro è già in uso in altri paesi come il Messico e la Spagna in Europa.
Ci rivolgiamo pertanto a Lei in qualità di Ministro competente per verificare la possibilità di prendere in considerazione l’importazione e l’utilizzo di tale farmaco anche in Italia.
Riteniamo fondamentale utilizzare ogni strumento, come appunto quello dell’interferone alfa 2B per contribuire ad aiutare nello sforzo di combattere il coronavirus.
Inoltre, vista la carenza di personale sanitario disponibile, ci permettiamo di suggerirle di promuovere un Accordo con le autorità cubane competenti per richiedere la collaborazione di medici e infermieri cubani, nelle strutture ospedaliere italiane.
L’elevata competenza, preparazione e specializzazione del personale medico cubano, così come l’esperienza nel campo delle malattie infettive ed epidemiologiche, hanno avuto importanti riconoscimenti a livello internazionale. In questa direzione, la stessa OMS ha dichiarato che Cuba è stata esemplare nella lotta contro l’epidemia del virus Ebola in Africa.
Nel trasmetterle il nostro apprezzamento per la serietà e competenza con la quale sta affrontando la gestione del fenomeno, rimaniamo a completa disposizione.
In attesa di un suo cortese cenno di riscontro, con l’occasione i più cordiali saluti e auguri di buon lavoro.
La Presidente
Irma Dioli
Irma Dioli
*****
Intervista di Rafael Correa a Luis Herrera, consulente scientifico e commerciale del Presidente di BIOCUBAFARMA.
Correa: È un orgoglio per l’America Latina che la Cina stia utilizzando tecnologia cubana per tenere sotto controllo il coronavirus, e con grande successo. Questo lo devono sapere i nostri ascoltatori. L’interferone alfa-2b che stanno utilizzando in Cina è tecnologia cubana, latinoamericana. Che ci dobbiamo aspettare? Il virus sarà sotto controllo a breve scadenza? Fino a dove può arrivare? Che danni può causare?
Herrera: Io penso di sì, perché nel caso delle zone che sono chiuse, la diminuzione della possibilità di ammalarsi, e il fatto che in un certo periodo, forse, non so se sarà un anno o qualcosa del genere, deve esserci un’alternativa vaccinale, perché esistono già i meccanismi di tipo tecnologico che la rendono possibile. E se si ottiene un processo accelerato di approvazione delle stesse, e se si evidenzia che non c’è né tossicità né conseguenze negative, lo sviluppo della generazione di queste possibilità è molto forte. Perciò, in un modo o nell’altro, questo elemento sarà un elemento, a mio modo di vedere, controllabile in un tempo abbastanza ragionevole.
Correa: Quale tempo? Quale sarebbe questo tempo?
Herrera: Per me è circa nell’ordine di un anno.
Correa: Un anno. Cioè l’interferone è curativo. E si sta elaborando il vaccino per la prevenzione.
Herrera: Esattamente.
Correa: E lei crede che questo durerà un anno.
Herrera: Io credo un anno, un anno e mezzo, non credo di più. Con il livello di potenza tecnologica di cui si dispone attualmente ci si deve arrivare.
Correa: Chi dispone di cosa?
Herrera: Il contributo alla Cina non è stato solo l’interferone. Il primo anticorpo monocoronale che è stato prodotto in Cina in quantità industriali è cubano.
Fermare il capitalismo per fermare il virus
Francesco Ricci
Socialismo o barbarie. Torna alla mente in queste ore l'alternativa indicata da Friedrich Engels un secolo e mezzo fa, poi resa celebre sulle barricate della rivoluzione tedesca da Rosa Luxemburg. Una frase che abbiamo ripetuto per decenni e che forse, nel ripeterla, quasi aveva assuefatto anche noi rivoluzionari, facendoci smarrire il senso profondo di quelle parole. Ma questi giorni drammatici ci offrono una illustrazione che non richiede didascalie di cosa realmente significhi: socialismo o barbarie.
E' il capitalismo con la sua barbarie il legittimo padre del coronavirus. E' un sistema che distrugge l'uomo e l'ambiente in cui viviamo, contrappone la produzione per il profitto alla salvaguardia del pianeta, aprendo il vaso di pandora da cui sfuggono nuove malattie, epidemie come questa che sta facendo una strage in Italia e nel mondo.
Questo sistema barbaro, basato sulla divisione in classi della società, produce mostri che non è poi in grado di fronteggiare. Essendo un sistema basato sul profitto di una manciata di miliardari, il capitalismo non vuole – e non può – fermare la produzione volta al profitto. Per questo le zone rosse, arancioni o gialle e le misure dei governi borghesi non fermano il contagio: perché si chiede ai lavoratori di non assieparsi dopo il lavoro, ma al contempo di stare tranquillamente ammassati nelle fabbriche e negli uffici negli orari di lavoro.
D'altra parte già Marx ci spiegava che i governi sono i "comitati d'affari della borghesia": il loro compito è preservare i profitti dei padroni, non certo occuparsi della salute pubblica. Per questo aggiungono al danno la beffa: non solo loro ci hanno trascinato in questo disastro, ma ora ne approfittano per giustificare, in nome di un virus, la crisi economica del loro sistema sociale e per legittimare nuove misure anti-operaie, licenziamenti di massa, nuovi tagli, in una spirale da Inferno dantesco.
Essendo un sistema sociale in cui la vita delle masse non vale nulla, il capitalismo taglia la Sanità pubblica (una quarantina di milardi dall'inizio della crisi economica mondiale) per usare le risorse per salvare le banche; taglia i fondi per ospedali, apparecchiature e personale per foraggiare la sanità privata e alimentare nuovi profitti sulla pelle dei proletari.
Educando le masse con l'ideologia dominante del profitto come scopo della vita, e privando le coscienze di una visione sociale e collettiva, il capitalismo diffonde insieme al virus anche una concezione individualistica, necessaria in un sistema basato sul mercato. Per questo è così difficile persino far rispettare quelle necessarie (anche se di per sé insufficienti) misure razionali per evitare il contagio. Governanti e pennivendoli si indignano perché nelle ore in cui non sono concentrati nei luoghi di lavoro i proletari non rispettano le distanze di sicurezza, i giovani non vogliono rinunciare al bar o alla festa e molti si mostrano indifferenti al contagio che è provocato anche da questi comportamenti egoistici. Ma anche l'egoismo individualistico è figlio legittimo del capitalismo.
Alcuni scienziati sostengono ora che l'unica via per fermare realmente il virus sarebbe quella di fermare la produzione e ridurre al minimo indispensabile le attività per quindici giorni. Ma questo non è possibile farlo finché a governare sarà la borghesia che non è disposta a rinunciare ai suoi profitti. Per questo il coronavirus costerà migliaia, se non di più, di vite umane. Vite degli anziani (che già vengono considerate sacrificabili, dato che non producono profitti) e vite di giovani (perché a breve il sistema sanitario collasserà, non essendo in grado di curare nemmeno altre malattie).
Ci vorrebbe una dittatura del proletariato, cioè un governo degli operai per gli operai, l'unico in grado non solo di porre fine in prospettiva alla distruzione del pianeta e dell'uomo, ma anche, in questa situazione disastrosa, di prendere tutte le misure realmente necessarie nell'immediato: fermare la produzione (con l'eccezione dei generi di prima necessità), fermare realmente i trasporti, interrompendo così realmente la catena del contagio del virus; stanziare i miliardi necessari per le strutture adeguate a curare chi già si è ammalato. Un governo che troverebbe immediatamente le risorse espropriando i grandi industriali e i banchieri.
Un governo operaio, l'unico vero governo di "salute pubblica", letteralmente.
Oggi tutto questo appare lontano ma non si tratta di un sogno: è una necessità, che deve vedere impegnati lavoratori e giovani da subito, nella costruzione attorno a un programma rivoluzionario della loro forza organizzata, del loro partito mondiale della rivoluzione socialista. Su questa via siamo impegnati come militanti della Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale.
Che non sia un sogno lontano ma piuttosto un incubo presente per la borghesia ce lo dicono le immagini di questi giorni (che sono non a caso censurate nei telegiornali e ignorate da tutta la sinistra riformista) dei milioni in piazza nella rivoluzione cilena, delle lotte di massa in tante parti del mondo. Ce lo dicono, vogliamo aggiungere con orgoglio, le bandiere del Mit, la sezione cilena della nostra internazionale, che sventolano sulle barricate di Santiago del Cile, simbolo di un progetto rivoluzionario internazionale in marcia. Quei vessilli sono, per dirla con Trotsky, le bandiere di una possibile vittoria che si avvicina, l'unica via di uscita possibile. Una vittoria delle masse proletarie, di quel socialismo senza il quale l'umanità è condannata alla barbarie del capitalismo e alla morte per i suoi virus, di questo o del prossimo. Una vittoria che siamo impegnati in tutto il mondo a costruire nelle lotte quotidiane dei lavoratori e dei giovani. Unisciti a questa lotta!
Socialismo o barbarie.
Essendo un sistema sociale in cui la vita delle masse non vale nulla, il capitalismo taglia la Sanità pubblica (una quarantina di milardi dall'inizio della crisi economica mondiale) per usare le risorse per salvare le banche; taglia i fondi per ospedali, apparecchiature e personale per foraggiare la sanità privata e alimentare nuovi profitti sulla pelle dei proletari.
Educando le masse con l'ideologia dominante del profitto come scopo della vita, e privando le coscienze di una visione sociale e collettiva, il capitalismo diffonde insieme al virus anche una concezione individualistica, necessaria in un sistema basato sul mercato. Per questo è così difficile persino far rispettare quelle necessarie (anche se di per sé insufficienti) misure razionali per evitare il contagio. Governanti e pennivendoli si indignano perché nelle ore in cui non sono concentrati nei luoghi di lavoro i proletari non rispettano le distanze di sicurezza, i giovani non vogliono rinunciare al bar o alla festa e molti si mostrano indifferenti al contagio che è provocato anche da questi comportamenti egoistici. Ma anche l'egoismo individualistico è figlio legittimo del capitalismo.
Alcuni scienziati sostengono ora che l'unica via per fermare realmente il virus sarebbe quella di fermare la produzione e ridurre al minimo indispensabile le attività per quindici giorni. Ma questo non è possibile farlo finché a governare sarà la borghesia che non è disposta a rinunciare ai suoi profitti. Per questo il coronavirus costerà migliaia, se non di più, di vite umane. Vite degli anziani (che già vengono considerate sacrificabili, dato che non producono profitti) e vite di giovani (perché a breve il sistema sanitario collasserà, non essendo in grado di curare nemmeno altre malattie).
Ci vorrebbe una dittatura del proletariato, cioè un governo degli operai per gli operai, l'unico in grado non solo di porre fine in prospettiva alla distruzione del pianeta e dell'uomo, ma anche, in questa situazione disastrosa, di prendere tutte le misure realmente necessarie nell'immediato: fermare la produzione (con l'eccezione dei generi di prima necessità), fermare realmente i trasporti, interrompendo così realmente la catena del contagio del virus; stanziare i miliardi necessari per le strutture adeguate a curare chi già si è ammalato. Un governo che troverebbe immediatamente le risorse espropriando i grandi industriali e i banchieri.
Un governo operaio, l'unico vero governo di "salute pubblica", letteralmente.
Oggi tutto questo appare lontano ma non si tratta di un sogno: è una necessità, che deve vedere impegnati lavoratori e giovani da subito, nella costruzione attorno a un programma rivoluzionario della loro forza organizzata, del loro partito mondiale della rivoluzione socialista. Su questa via siamo impegnati come militanti della Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale.
Che non sia un sogno lontano ma piuttosto un incubo presente per la borghesia ce lo dicono le immagini di questi giorni (che sono non a caso censurate nei telegiornali e ignorate da tutta la sinistra riformista) dei milioni in piazza nella rivoluzione cilena, delle lotte di massa in tante parti del mondo. Ce lo dicono, vogliamo aggiungere con orgoglio, le bandiere del Mit, la sezione cilena della nostra internazionale, che sventolano sulle barricate di Santiago del Cile, simbolo di un progetto rivoluzionario internazionale in marcia. Quei vessilli sono, per dirla con Trotsky, le bandiere di una possibile vittoria che si avvicina, l'unica via di uscita possibile. Una vittoria delle masse proletarie, di quel socialismo senza il quale l'umanità è condannata alla barbarie del capitalismo e alla morte per i suoi virus, di questo o del prossimo. Una vittoria che siamo impegnati in tutto il mondo a costruire nelle lotte quotidiane dei lavoratori e dei giovani. Unisciti a questa lotta!
Socialismo o barbarie.
martedì 10 marzo 2020
Il Presidente della Camera annuncia la “riduzione concordata” dei parlamentari che affluiranno a Montecitorio: una scelta radicalmente incostituzionale
Dichiarazione di Massimo Villone, presidente
del Coordinamento per la democrazia
costituzionale
Il
Presidente della Camera informa che per ragioni di coronavirus è stata decisa
con il consenso di tutti i gruppi “una riduzione concordata nel numero di
deputati che affluiranno a Montecitorio che garantisca la proporzionalità fra i
gruppi stessi e il plenum della maggioranza assoluta dei componenti”. È un vero e proprio contingentamento degli
accessi, radicalmente e insanabilmente incostituzionale.
Il diritto di partecipare ai lavori e
di votare è l’essenza della funzione di ciascun parlamentare, e quindi della funzione di
rappresentanza dell’assemblea. Non c’è
nessuna autorità, monocratica o
collegiale, che possa privare di tale
diritto il parlamentare, fuori dei ristrettissimi casi che i regolamenti
contemplano, a fini essenzialmente sanzionatori (Camera, art. 58 segg.; Senato,
art. 66 segg.). Meno censurabile appare la decisione del Senato, che fa
riferimento a un “voto per scaglioni e attraverso appello nominale”, tale
quindi – a quanto sembra di dover intendere - da consentire comunque il voto a
tutti i senatori.
In ogni
caso, colpisce la stupidità politica di una scelta che tutela la sicurezza dei
parlamentari al di sopra della necessità che l’istituzione Parlamento dia al
paese un esempio di fermezza e di capacità di resistere in una condizione
difficile. Un regalo ai nemici della “casta” e a chi vorrebbe sostituire il
Parlamento rappresentativo con gli strumenti – attaccabili solo dai virus
informatici - della democrazia diretta in rete.
Roma, 10
marzo 2020
lunedì 9 marzo 2020
8 marzo ai tempi del colera
Oggi (ieri ndr) se vorremo ricordare il sacrificio delle
operaie della Cottons bruciate vive e la Giornata Internazionale della Donna,
dovremo farlo da sole, a casa nostra. Perché il Covid-19, il corona virus, ha
fatto una grande vittima: il pensiero e l’azione collettivi.
Dovunque risuona l’appello alla paura: non
avvicinatevi, non toccatevi, statevene lontani gli uni dagli altri. Sospesi, in
nome della salute pubblica, persino i diritti costituzionali come la libertà di
riunione e di manifestazione. Il tutto senza che nessuno alzi la voce o
esprima, perlomeno, un dubbio.
Per restare in argomento, una conquista
fondamentale del femminismo di classe degli anni ’70 fu proprio questo: il
riconoscimento dell’importanza del pensiero, dell’analisi e della lotta
collettiva, in prima persona, per i
propri diritti e contro lo stesso nemico della parte maschile del proletariato,
contro il capitale. Parallelamente si sviluppava in quegli anni lo stesso
fenomeno nei riguardi della salute in fabbrica:
insieme a Giulio Maccaccaro e ad altri medici e tecnici, gli operai
della Montedison di Castellanza e della Franco Tosi, della Breda di Sesto San
Giovanni, imparavano a fare l’inchiesta sulle loro condizioni di lavoro e di
salute, imparavano a definire il loro diritto alla salute senza delegarlo ad
altri ma ragionando, appunto, collettivamente.
Da questo sforzo collettivo nacquero i
movimenti e le lotte per i diritti delle
donne e per la salute in fabbrica e sul
territorio.
Ed è questa capacità di pensare e agire
collettivamente che oggi viene cancellata, con la scusa del corona virus.
Sì, scusa, e lo dicono i numeri. A ieri 7 marzo 233
morti per il corona virus.
Nel 2019 (secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente)
l’Italia, primo paese per morti premature da biossido di azoto, ha avuto 14.600
decessi; 3.000 morti da ozono; 58.600 per particolato fine.
I morti da amianto sono – ormai da decenni e
purtroppo anche per gli anni futuri - più di 4.000 all’anno.
La scrittrice statunitense Naomi Klein scrisse
alcuni anni fa un libro interessante, “Shock Economy”, in cui mostrava come
l’uso della paura può essere utilizzato per distruggere persone, organizzazioni
e società, per riscrivere nuove regole più favorevoli ai potenti. Ed è ciò che
sta accadendo oggi, quando lo Stato prova a riscrivere le regole per un
prossimo futuro, militarizzato e ordinato in base agli interessi del capitale,
con il consenso di tutti i partiti e di una parte della popolazione,
accuratamente terrorizzata dai mezzi di disinformazione.
Bene, allora oggi pensiamo, ad esempio, a tutte quelle lavoratrici (e lavoratori,
naturalmente) che sono precarie, che lavorano in nero, che non hanno un contratto di lavoro regolare,
che non hanno diritto né alla cassa integrazione né alla malattia: chi le
pagherà per la sospensione forzata del lavoro? Chi pagherà i costi di questa
“crisi”?
Una cosa è certa: la necessità sempre più pressante
di difendere la possibilità di pensare e agire collettivamente, il che
significa un’organizzazione politica che sappia dare voce agli interessi degli
sfruttati, perché non siamo tutti, neppure riguardo al corona virus, sulla
stessa barca.
E vogliamo rivolgere un saluto a tutte le donne che
nel mondo oggi fanno dell’8 marzo una giornata di lotta e, in particolare,
nella vecchia Europa, alle lavoratrici francesi che, con i loro gilet gialli,
hanno sfidato e sfidano i decreti di Macron, tolti direttamente dal codice di
guerra, e rappresentano così un esempio da seguire.
Daniela Trollio
Centro di Iniziativa Proletaria
“G.Tagarelli”
Via Magenta 88, Sesto S.Giovanni
domenica 8 marzo 2020
Il tappeto volante di McCoy Tyner non ci farà volare più
Luciano Granieri
Un altro grande musicista ci ha lasciato. E morto il 6
marzo scorso McCoy Tyner. Il pianista, nato a Filadelfia nel 1938, è
stato uno fra i più grandi jazzisti che abbiano mai calcato i palchi di tutto il mondo. Ma la sua
capacità di innovatore, insieme al sassofonista John
Coltrane, con cui ha condiviso gran parte della sua vita creativa, concentrata soprattutto su un nuovo modo di
concepire l’armonia, lo annovera a pieno diritto nella categoria dei maestri di
tutto il panorama musicale e non solo
del jazz.
Il protagonista di un vero e proprio collettivo, formato dal quartetto con Coltrane, Elvin Jones alla batteria e il
contrabbassista, Jimmy Garrison, impegnato
nella definizione di una nuova concezione armonica il cui principale obiettivo era rafforzare
quel rapporto fra tensione e relax sui
cui il materiale improvvisativo fluisce libero e crea correnti emozionali senza pari. Un
discorso iniziato da Miles Davis e lo
stesso Coltrane con il disco Kind of Blue, ma che con Tyner ebbe la massima evoluzione anche quando il
sassofonista di Hamlet decise di intraprendere altre strade.
Un esempio mirabile è il brano “Atlantis”, registrato dal vivo al
Keystone Korner di San Francisco nel 1974 e inserito nell’album omonimo
registrato per la Milestone, con Juni
Booth al contrabbasso Wilby Fletcher
alla batteria Guilherme Franco alle percussioni, Azar Lawrence al sax tenore. Ma al di la dei rilievi più tecnici
ciò che impressiona è l’arioso tappeto di note che il pianista di
Filadelfia riusciva ad intavolare con la mano sinistra, mentre con la destra
volava con arpeggi contrappunti mozzafiato. Una tessitura dagli orizzonti
infiniti e nello stesso tempo incalzante
e percussiva. Il fatto che fosse mancino avrà potuto influire ma il suo stile
era veramente unico, ripreso da molti pianisti.
Importante anche la sua
funzione di stabilizzatore della fruizione ritmica. Ad esempio nel
quartetto con Coltrane, Jimmy Garrison tendeva a suonare “indietro”
come si dice in gergo, cioè a rallentare il fraseggio, al contrario Elvin Jones, aveva la marcata
attitudine a “tirare in avanti” cioè
ad anticipare leggermente rispetto alla pulsione base portandosi dietro
Coltrane anch’egli in sintonia con il suo batterista nell’anticipare il ritmo. McCoy Tyner grazie al suo pianismo, fiammeggiante ma preciso, era l’equilibratore
di tutta la struttura. Una manna per tutti i batteristi, ancora più liberi di
inventare le più ardite poliritmie.
Elvin Jones era un maestro in questo, ma
anche drummer del calibro di Tony
Williams e Jack DeJohnnette,
hanno avuto la possibilità, suonando con lui, di esprimersi al meglio. L’album doppio “Supertrios”
uscito nel 1977 per la Milestone, in cui nel primo vinile suona con Tony
Williams e Ron
Carter al contrabbasso, nel secondo è accompagnato dal contrabbassista Eddie Gomez e DeJohnnette, è una
splendida testimonianza delle preziose perle
che Tyner è stato in gradi di regalarci con due batteristi straordinari.
Insomma Tyner era un elemento
fondamentale per quel tipo d’improvvisazione trasversale. Una forma in cui ogni
solista improvvisa dialogando sempre con
il suo compagno. Così era il quartetto del pianista di Filadelfia con Coltrane.
Nel 1985 ricordo un concerto a Roma, mi sembra al Teatro OIimpico, in cui McCoy Tyner si esibì con Avery
Sharp al basso, Babatunde alle
percussioni ed un altro grande della batteria, Louis Hayes. Una performance esaltante anche se l’accordatore del
pianoforte era seriamente preoccupato per
lo stile percussivo, rutilante, aperto,senza confini , che avrebbe
probabilmente “scordato” il piano, ma avrebbe donato agli appassionati delle emozioni straordinarie.
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