"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Abbiamo letto attentamente e valutato positivamente quanto
riportato nel COMUNICATOcongiunto delle
sette sigle sindacali del 10.04.15 in merito allo sfascio sanitario
della nostra provincia.
L’evolversi degli avvenimenti,
delle decisioni e delle posizioni assunte dalle forze politiche, istituzionali
e sindacali, da luglio dello scorso anno
fino ad oggi, impongono a tutti
un’opportuna riflessione profonda e
scrupolosa.
Il Coordinamento è stato
lungimirante, sin dai primi confronti messi in atto dal luglio 2014, nel prevedere le conseguenze disastrose e la
deriva cui era condannata la sanità provinciale alla luce dell’atteggiamento
iniziale della nuova dirigenza aziendale e delle linee guida del DCA 368/14.
In seguito all’azione insistente e caparbia del Coordinamento, con un susseguirsi di iniziative ed eventi che hanno visto la partecipazione di migliaia
di cittadini , c’è stata una progressiva maturazione e una presa di coscienza
da parte dell’opinione pubblica prima, e degli altri soggetti sociali poi.
Aperto il solco, perseguendo le giuste convinzioni senza mai
tentennare, si è riusciti a coagulare un quadro di forze (sindaci, partiti e
sindacati), sulle iniziali posizioni del Coordinamento provinciale della sanità.
Purtroppo, però, in modo
tardivo e a giochi fatti. Il non aver raccolto, da subito, l’appello del
Coordinamento ad agire uniti, non ci ha
permesso di andare a un confronto
proficuo, vero e onesto con la Regione
Lazio.
Il Coordinamento ha espresso soddisfazione quando i partiti hanno
firmato il comunicato, quando i sindaci hanno riveduto le posizioni, ed ora che
i sindacati hanno criticato l’atto. Tutti
oggi riconoscono la realtà drammatica della sanità provinciale e le sofferenze
quotidiane che provoca. E’ urgente proseguire uniti per arrestare il declino. Fermarsi
sarebbe delittuoso.
Se il comunicato delle sette
sigle sindacali è l’espressione della volontà di cambiamento e non è un mero atto formale, ci sono le condizioni per
concretizzare una progettualità condivisa che possa portare a un totale
riassetto di efficienza e qualità della gestione sanitaria in questa provincia.
Il Coordinamento continuerà a lavorare per costruire un largo e forte
movimento unitario per realizzare una
sanità moderna e per aprire, al nostro
territorio, una prospettiva di rilancio
e di sviluppo economico ed
occupazionale.
I SINDACI NON SONO TRA GLI STAKEHOLDERS. Ci sono solo le Province ( a che pro, ci chiediamo)
e ROMA CAPITALE.
Nella bozza l'elenco degli stakeholders:
Stakeholders "che potranno essere coinvolti nelle consultazioni" per la stesura final del piano.
c'è ITABIA (ITAlian BIomass Association) ma non ci sono i comuni, che quindi non potranno esprimere il proprio parere.
Non avrebbe più diritto un sindaco di un comune, ad essere consultato, rispetto, per esempio, ad ASCOMAC (associazione commercio macchine)?!
Pare proprio che la Regione non la pensi così.
Questo significa che se QUALCUNO decide che sul TERRITORIO di QUALCUN ALTRO deve sorgere, per esempio, un MEGA IMPIANTO DI COMPOSTAGGIO i comuni non potranno protestare? Ma allora...
Ecco l'elenco degli stakeholders.
Enti Territoriali:
Roma Capitale
Provincia di Roma
Provincia di Viterbo
Provincia di Rieti
Provincia di Frosinone
Provincia di Latina
Gestori/erogatori di servizi di interesse economico generale:
Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.A
TERNA S.p.A.
ENEL S.p.A.
Enel Green Power S.p.A.
ENI S.p.A.
Sorgenia S.p.A.
ACEA S.p.A.
ACEA Electrabel S.p.A.
Tirreno Power S.p.A.
BG Italia Power S.p.A.
AMA
RTR Rete Rinnovabile
Gdf-Suez Italia S.p.A.
Snam S.p.A.
Università ed Enti di Ricerca:
ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico
sostenibile
CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche
Università degli Studi di Roma Sapienza
Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Università degli Studi Roma Tre
Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
Università degli Studi della Tuscia
INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Agenzie per l’energia nella Regione Lazio:
ROMA ENERGIA - Agenzia per l'Energia e lo Sviluppo Sostenibile del Comune di Roma
A.P.E.F. scarl - Agenzia Provinciale per l'Energia Frosinone
E.S.Co. Provinciale "TUSCIA" S.p.A
Agenzia di gestione dell'energia di Latina (L.E.M.A.)
59
Associazioni di categoria:
ANCI Lazio - Associazione Nazionale Comuni Italiani
UPI Unione Provincie Italiane
FEDERLAZIO - Associazione delle Piccole e Medie Imprese del Lazio
ANCE Lazio UNCEL - Unione Regionale dei Costruttori
UNIONCAMERE Lazio
CCIAA di ROMA
CCIAA di LATINA
CCIAA di RIETI
CCIAA di FROSINONE
CCIAA di VITERBO
CONFARTIGIANATO IMPRESE LAZIO
UNINDUSTRIA - Unione degli Industriali e delle imprese Roma, Frosinone, Latina, Rieti,
Viterbo
COLDIRETTI Lazio - Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti
CONFAGRICOLTURA Lazio - Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana
Associazioni di categoria dei settore energia ed efficienza energetica:
AES - Azione Energia Solare
AGROENERGIA
AIEL - Associazione Italiana Energie Agroforestali
ANEST - Associazione Nazionale Energia Solare Termodinamica
ANEV - Associazione Nazionale Energia dal Vento
ANIE-GIFI - Gruppo Imprese Fotovoltaiche Italiane
ASSOGAS - Associazione Nazionale Industriali Privati Gas e Servizi Energetici
ANTER - Associazione Nazionale Tutela Energie Rinnovabili
ASCOMAC (Federazione Nazionale Commercio Macchine) – COGENA (Associazione Italiana
per la Promozione della Cogenerazione)
ASSIEME – Associazione Italiana Energia Mini Eolico
ASSO ENERGIE FUTURE
ASSOELETTRICA - Associazione Nazionale delle Imprese Elettriche
ASSOLTERM - Associazione Italiana Solare Termico
ASSORINNOVABILI - Associazione italiana dei produttori, dell’industria e dei servizi per le
energie rinnovabili (fusione ex ASSOSOLARE e APER)
ATER - Associazione Tecnici Energie Rinnovabili
CIB – Consorzio Italiano Biogas
COMITATO IFI – Industrie Fotovoltaiche Italiane
CPEM - Consorzio dei Produttori di Energia da Minieolico
FEDERPERN - Federazione Produttori Idroelettrici
FederEsco - (Federazione Nazionale delle Esco)
FIRE - Federazione Italiana per l'uso Razionale dell'Energia
FIPER - Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili
EUROSOLAR ITALIA
60
Stakeholders regionali energivori:
Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane (RFI, Grandistazioni, ecc.)
ADR Aeroporti di Roma S.p.A.
Consorzi per lo sviluppo industriale del Lazio (Csi Frosinone, Csi Rieti, Csi Roma-Latina, Csi
Sud Pontino, Cosilam – Lazio Meridionale)
Autorità Portuale di Civitavecchia Fiumicino Gaeta
Grandi Aziende ospedaliere (Azienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Azienda Ospedaliera
San Camillo-Forlanini, Policlinico Agostino Gemelli ecc.)
Ordini e collegi professionali:
Ordini professionali di ingegneri, architetti, geologi, agronomi-forestali del Lazio
Organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente, le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica:
ISES ITALIA- International Solar Energy Society
ITABIA - Italian Biomass Association
KYOTO CLUB
GIGA - Gruppo Informale per la Geotermia e l'Ambiente
La mattanza del Luglio 2001 a Genova , rimane come un fantasma malefico che ogni tanto riemerge dal passato a disturbare i manovratori di turno. Se fosse per loro( i manovratori) quei fatti potrebbero cadere nell'oblio. La rassegna dell' "a volte ritornano" ha aggiunto al suo attivo una nuova puntata, questa volta messa in onda dalla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo, che accogliendo il ricorso di Andrea Cestaro, vittima e testimone dei pestaggi alla Diaz ha decretato che la legislazione italiana è" inadeguata rispetto agli atti di tortura ". Cioè le forze dell'ordine all'interno della scuola Diaz, per le normative in vigore negli altri Stati Europei commisero atti di tortura , ma il reato in Italia non esiste. E rischia tutt'ora, anche in applicazione della legge approvata nottetempo alla Camera, di non esistere. Infatti nel testo arraffazzonato che dovrà passare all'esame del Senato, per essere considerate tortura le violenze devono essere provocate a persone private dalla libertà personale e sotto custodia delle forze dell'ordine. Le vittime delle torture della Diaz non erano private della libertà personale e non erano sotto custodia delle forze dell'ordine. Una deliberazione ben lontana da quanto ci chiede Strasburgo. In realtà l'introduzione del reato di tortura è una brutta tegola per il governo in periodo in cui, le ultime leggi approvate in materia economica e la dittatura del capitale finanziario imperante in Italia come nel mondo globalizzato, tendono a fomentare le rivolte sociali che vanno in ogni modo represse. La vocazione negazionista che ha investito i drammatici fatti del G8 a Genova è testimoniata anche dall'ostracismo che il documentario redatto per la Rai da Giusti, Freccero e Torelli, dal titolo "Bella Ciao" ha avuto per essere trasmesso. Di seguito riportiamo la storia i questa documentazione negata tratta da un articolo pubblicato su "il manifesto" da Marco Giusti, e postiamo l'intero documentario "Bella Ciao" ovviamente diviso per puntate, format imposto dal nostro account Youtube.
Luciano Granieri
Giusti, Freccero e
Torelli sono gli unici in Rai ad aver girato in tempo reale un documentario
completo sulle giornate, gli scontri e le torture del G8 di Genova nel 2001. Da
quell'iniziativa nacque un film, proiettato solo a Cannes nel 2001 e a Fuori
Orario nel 2006. La Rai, che l'ha realizzato e prodotto, non l'ha mai voluto
trasmettere in un canale generalista. Troppo forti quelle immagini. Immagini
vere.
. La penso come Carlo Freccero. Sarebbe giusto che Rai Uno trasmettesse
in prima serata Bella Ciao, il documentario sul G8 di Genova che
realizzammo io, Roberto Torelli e Carlo Freccero, allora direttore di
Rai Due, e che da allora non è mai stato trasmesso da una rete generalista.
Né, malgrado le tante richieste, dopo la proiezione a Cannes nel 2002
nel più totale disinteresse aziendale ma nella luce fin troppo clamorosa
dei media internazionali, venne mai mostrato a altri festival, rassegne,
né ebbe diffusione come film.
Sarebbe giusto sia per cosa racconta, sia per come lo
racconta, rappresentando anche i sentimenti che provavamo quindici
anni fa, sia per una sorta di risarcimento morale per i tanti che ci
lavorarono, meravigliosi operatori e tecnici della Rai che ci dettero
le immagini da loro riprese che nessuno prima di noi aveva voluto trasmettere,
e i tanti video maker indipendenti che ci passarono le loro riprese
per ricostruire una storia terribile di violenza e repressione che
ha segnato per sempre gli anni che seguirono.
Bella Ciao fu il primo film a raccontare senza censure i fatti di
Genova
Bella Ciao fu il primo film a raccontare senza censure i fatti di
Genova e ne rappresenta ancora, assieme a Diaz di Daniele Vicari, la documentazione
storica più completa.
E’ una storia complessa. Nell’estate del 2001, con il ritorno di Berlusconi,
ma in una Rai ancora in mano al centrosinistra, Zaccaria presidente
e Cappon direttore generale, sotto la direzione di Carlo Freccero
a Rai Due, stavo realizzando la seconda serie di “Stracult”. Uno dei
registi del programma, Roberto Torelli, mi aveva chiesto di seguire il
Social Forum che si sarebbe svolto a Genova nei giorni del G8, visto che
avevamo deciso di dedicare una puntata al movimento no-global. Roberto
avrebbe seguito anche le tre giornate del G8, pronto a riprendere quello
che poteva servire non solo alla nostra trasmissione. Avevamo pensato, con
Freccero, che era meglio avere una telecamera in più. Ma certo non dovevamo
essere noi a fare informazione.
Non si sa perché nessuno del gruppo di Santoro, allora a Rai Due,
ma in quei giorni in vacanza, e nessun altro da Rai Uno o Rai Tre,
tiggì esclusi, avesse voluto seguire il G8 e il Social Forum, malgrado
i ripetuti avvertimenti di un possibile scoppio di violenza
e la vicinanza con i fatti di Napoli.
Così, a due giorni dalla fine del G8, nello stupore generale, mentre
Santoro trasmetteva uno speciale sul sushi, eravamo i soli
a poter andare in onda, come “Stracult”, delle riprese assolutamente
inedite su Genova, che mostravano quello che era accaduto fuori dalla Diaz
e gran parte degli scontri. Facendo capire, magari, che avevamo qualcosa
in più di quel che realmente avevamo.
Il programma, intitolato Bella Ciao, doveva andare in onda
mercoledì 25 luglio, ma venne immediatamente sospeso.
Il motivo ufficiale, allora, era la mancanza di equilibrio politico.
Mancava la controparte. Una cosa buona, però, quel 25 luglio era accaduta.
IlTg1, col ritorno dalle vacanze di Albino Longhi, aveva deciso infatti
di mandare in onda nell’edizione delle 20 riprese mai viste degli scontri
a Corso Europa relative a sabato 21. Immagini senza commento, fortissime,
di una violenza che nessuno sospettava si fosse scatenata da parte della
polizia e della guardia di finanza. Immagini che arrivavano però con
5 giorni di ritardo, girate dagli operatori della Rai per i Tg.
E arrivavano lo stesso giorno (un caso?) della nostra “sospensione”.
Perché non le avevano mandate in onda prima?
Intanto, Bella Ciao, non era stato cancellato. Così decidemmo
di andare avanti con il programma. La vera rivoluzione a Genova era
stata mediatica, decine e decine di telecamere, di operatori esperti
e di ragazzi alle prime armi. Era possibile ricostruire ogni scontro,
ogni azione. Il materiale più forte, però, veniva proprio dagli operatori
della sede Rai di Genova, e ce lo dettero subito.
Molti pensavano che la Rai avesse in qualche modo bucato Genova, ma non
era vero. Ma c’era anche moltissimo materiale, inedito, che iniziava
a uscire dalle piccole società indipendenti presenti a Genova,
Charta, Indymedia, Radio Sherwood. Roberto Torelli aveva lavorato tutta
l’estate a questa ricostruzione. Io avevo cercato di dare al tutto una
forma, un montaggio, diciamo qualcosa di cinematografico. Carlo Freccero
ci aveva dato l’idea buona per iniziare: l’attacco alla Diaz, da lì sarebbe
partito il racconto delle giornate come un lungo flashback. E ci
aveva illuminato sul commento sonoro. Nessuna voce off, nessuna intervista,
solo le voci e i rumori veri della strada e una colonna sonora di canzoni
rock scelte da una ragazzina, mia figlia Elena, che aveva allora quattordici
anni e aveva appena finito la quarta ginnasio (oggi ne ha ventotto
e insegna Latino a Cambridge). I Blonde Redhead, gli International
Noise Conspiracy, i Kent, i Tool, i Blur. Quello che sentivano
i ragazzi. La musica funzionava per ricostruire l’energia giovanile
che si deve essere sentita a Genova.
Così, alla fine di agosto, eravamo pronti alla messa in onda, o a
presentarlo a un festival importante come Venezia. Chiamai l’allora
direttore della Mostra, Alberto Barbera, un mio caro amico. Senza neanche
vederlo, mi disse che lui e l’allora presidente Baratta (gli stessi che
ci sono oggi), per motivi diversi avevano deciso di non presentare nessuna
immagine di Genova a Venezia, né nostra né della pattuglia dei cineasti
italiani capitanata da Citto Maselli, che fece poi un film deludente sul G8
e sul Social Forum, escludendo quasi del tutto gli scontri.
Perché? Paura, pressioni, una distanza un po’ morettistica dai televisivi,
un tentativo di non accettare provocazioni di alcun tipo? Boh!
Intanto cerchiamo di mandare in onda “Bella ciao” a metà settembre,
quando i ragazzi sono tornati a scuola. Ma dopo l’11 settembre
i fatti di Genova erano diventati impresentabili in tv. O, forse, la
nuova situazione politica non permetteva questa messa in onda.
A novembre, grazie a Steve Della Casa, allora direttore del Festival
di Torino, si mostrò per la prima volta Bella Ciao in una versione
lunga in video, alla presenza di Heidi e Giuliano Giuliani. Due proiezioni
strapiene, di grande intensità emotiva.
Intanto, con il cambio di direzione alla Rai, Saccà al posto di Cappon,
ogni speranza di mandare in onda Bella ciao era andato perduto,
e Freccero era sicuro di andarsene da Rai 2 entro la primavera.
L’ultima possibilità era Cannes.
Con l’aiuto di Italia Cinema, mandiamo un video ai selezionatori.
A Cannes non accettavano video, programmi tv, ma se Bella ciao fosse
stato trasformato un film in 35 mm, la cosa sarebbe stata possibile. Dobbiamo
però saperlo in tempo per organizzare la stampa, che ha un costo. E dobbiamo
farlo stampare prima che Carlo Freccero lasci la rete. Claire Clouzot,
allora responsabile de “La Semaine de la Critique” a Cannes ci
chiama e ci dice che il film aprirà la sua sezione. Grazie al suo fax,
con l’aiuto di Frederick Fasano, riesco a far stampare una copia del
film e la vedo il giorno prima dell’addio di Carlo alla direzione di
Rai Due.
E’ uno strazio, ma il film è pronto. Tutto regolare, aziendalmente. Bella
Ciao può andare a Cannes, ufficialmente distribuito da Rai
Trade e prodotto da Rai Due. Se Rai Cinema, ovvio, non si offre di distribuirlo
in sala, lo fa Domenico Procacci della Fandango. Non ce la farà, perché
trova in Rai un muro di cavilli che ne impediscono la diffusione e la
vendita, ma almeno lo presenterà in anteprima al Politecnico. E da
quel suo impegno, magari, nascerà poi il progetto di Diaz.
Il film viene presentato a Cannes nell’edizione del 2002 con grande
rumore. Prime pagine sui giornali (ricordo l’Aspesi su Repubblica),
fischi a Sgarbi, presente in sala, che rimprovera al film di essere di
parte (“non si sentono i genovesi…”). L’intero staff di Rai Cinema, che
presentava lìL’ora di religione di Bellocchio, ci evita accuratamente.
E un po’ anche il cinema italiano impegnato che, Procacci a parte,
non vede di buon occhio il fatto che dei televisivi facciano un film
e lo portino a Cannes.
Guai a far della politica, per carità. Inoltre, allora, un documentario
non aveva ancora il diritto di essere visto in un festival. Ci chiedono in
tanti di distribuire il film all’estero, di presentarlo in altri festival.
Ma il permesso ci viene sempre negato.
Dopo la Fandango anche la Teodora vuole distribuire il film. Ma la risposta
è sempre no.
Bella Ciao è un film scomodo su una storia ancora più scomoda, con immagini
che non devono essere viste, ma che in mille modi si vedranno e circoleranno
in rete o in mille altre proiezioni.
Ma le tre reti generaliste della Rai non lo manderanno mai in onda
come doveva andare.
Finirà alle tre e mezza di notte su Rai 3 il 29 luglio del 2006
con una presentazione poco simpatica di Ghezzi. Poi Santoro, ritornato
in Rai, deciderà di usarlo a pezzi dentro una puntata di “Anno Zero”
dedicata a Genova.
Infine Carlo Freccero, diventato presidente di Rai Sat lo manderà in
onda su Rai Sat Movie nel luglio del 2008.
Non era quello che volevamo.
Bella Ciao avrebbe dovuto essere un motivo d’orgoglio per la Rai, un programma
ideato e concepito da uomini dell’azienda, con operatori interni, talmente
forte che diventa un film e viene presentato a un festival come
Cannes e viene richiesto in tutto il mondo.
Non del materiale da rimontare a piacimento dentro altri programmi.
Ma un caso unico nel panorama televisivo e cinematografico italiano.
E tale è rimasto. Nel bene e nel male.
Salviamo il Cittadino Ciociaro. Sotto uno spesso strato di derisioni, villanie e vergogna per le proprie origini (ben manifesta in molti comportamenti nostrani), era rimasto sepolto per decenni il Cittadino Ciociaro. Spintonato dalla folata di scherno e insulti, egli sembrava essersi rintanato sotto una cupa coltre di silenzio e oscurità, di smemoratezza, per scansare i frizzi e i lazzi del pubblico ludibrio. Ma il Cittadino Volsco, risvegliato fortuitamente in queste settimane dal suo sonno millenario, sembra avergli ridato voce e memoria, riportando alla luce le radici ciociare nelle coscienze di tutti noi. Così noi oggi possiamo sentire la sua antichissima presenza suggerirci che forse questa terra nasconde in sé qualcosa di cui invece andar fieri; e che la causa della nostra scarsa considerazione di noi stessi potrebbe risiedere soltanto in quell'oblio in cui abbiamo segregato la memoria. Senza di essa, difatti, i peggiori istinti scavezzano dalla guida dell'esperienza e della tradizione, oltre che della scienza, continuando indisturbati a produrre strati e strati di modernissime nefandezze di cui vergognarsi davvero. Felici del nostro ritorno alla luce del nuovo giorno ciociaro, abbiamo dunque pensato di andare a trovare l'antico antenato, potenziale nostro salvatore, presso la nuova dimora della sua maestosa antichità: il Museo Archeologico Comunale di Frosinone.
Il Museo, come deve, è situato nel centro storico della città, a pochi passi dalla Cattedrale, in una delle anse architettoniche disegnate da Via XX Settembre, al civico 32. Non è difficile trovarlo, neanche per chi venisse da fuori e non conoscesse il borgo. Basterebbe chiedere al primo viandante e si avrebbe la giusta indicazione, come occorso a noi. Entrati nell'antico portone, ansimando un poco per la breve camminata in salita, ci ritroviamo in una situazione inaspettata: una pletora di bambini incuriositi che attorniano una ragazza intenta a spiegare questo e quello, mentre indica le teche che ha alle spalle e intorno. Ci facciamo annunciare da qualcuno che pare essere assiduo del luogo e, neanche il tempo di rammaricarci per la nostra involontaria intrusione, veniamo ricevuti da un'ospite d'eccezione: la dottoressa Maria Teresa Onorati, direttrice del Museo, che ci accoglie calorosamente e ci invita ad accomodarci nel suo ufficio al primo piano. Lì giunti, siamo gradevolmente travolti da un profluvio di narrazioni, su come il Museo sia riuscito ad attrarre l'attenzione di alunni e insegnanti delle scuole del territorio, delle numerose attività di laboratorio a cui partecipano quotidianamente bambini e adulti; su come siano sempre più frequenti i contatti con la città e quanto siano assidui gli appassionati che lo frequentano; su quanto siano importanti i ritrovamenti sparsi per il territorio cittadino e di quanto sia difficile farlo comprendere a chi ne avrebbe la responsabilità; e di quanto sia stato gratificante ottenere l'attenzione della studiosa americana Molly Lindner, che sull'annuario del museo ha pubblicato un approfondito studio su uno dei reperti lì custoditi. Poi riceviamo depliant, riviste e pubblicazioni varie, produzione del Museo stesso. Una gradevolissima ondata d'entusiasmo, senza alcun allarmismo.
Non vi racconteremo invece della bella vista ai reperti in mostra, di cui ci ha gratificato la stessa Direttrice Onorati, suscitandoci ad ogni passo curiosità e stupore; poiché non è cosa che si possa raccontare, senza amputarne gravemente il senso. Bisogna andar lì, vedere e ascoltare, con occhi e orecchie, per sentire compiutamente il possente flusso del passato che in un istante lì si fa presente; per cogliere in un sguardo il passare del tempo, e sentire i colpi dell'uomo che scolpisce la storia, trasformando un umile sasso in una meraviglia di freccia acuminata e tagliente; per scorgere l'indissolubile nesso che lega un vaso di terracotta rozzamente formato ad un iphone di ultima generazione; e sentirsi così parte vitale di quel prodigioso cammino che conduce fino a noi, ma su cui noi sembriamo non saper mantenere più l'ancestrale passo. Bisogna andar lì, per comprendere appieno il meritorio lavoro che, tra mille difficoltà e sottovalutazioni, ella e i suoi misconosciuti e giovani collaboratori e collaboratrici profondono per riportare alla luce, e mantenere e studiare, le espressioni antropiche dei nostri lontanissimi avi. Per tutto questo bisogna andar lì, senza indugio alcuno.
E il Cittadino Volsco, quello capace di suscitare cotanto risveglio in noi, dov'è? Al momento è custodito in un armadio, con tutte le precauzioni del caso, in attesa del restauro e degli studi. Poi verrà esposto opportunamente in una delle sale del Museo, per la fruizione di studiosi, appassionati e semplici curiosi. Ma il suo compito lo sta svolgendo già: ci sta indicando la strada per la salvezza del Cittadino Ciociaro.
Comune di Frosinone rinuncia “all’esecuzione dell’opera denominata “Sistemazione MuseoArcheologico” e cancellazione dal Programma delle OO.PP.”, dove insiste prestito Cassa Depositi e Prestiti
Le Associazioni in epigrafe intendono porre alla attenzione della Cassa Depositi e Prestiti e della Commissione Bicamerale di Vigilanza Cassa DD.PP. l’attività che sta compiendo l’Amministrazione Comunale di Frosinone, riguardo a mutui già contratti con la Cassa Depositi e Prestiti.
Nell’allegare la lettera inviata, riteniamo opportuno descrivere – anche se brevemente – il contesto generale all’interno del quale si incardina questa vicenda che, benché apparentemente non attinente, rende più chiaro e comprensibile il senso di preoccupazione e di sgomento che accomuna tanti cittadini e che ci ha indotto a lanciare questo ulteriore “grido di allarme”, visto che l’Amministrazione Comunale – più volte chiamata ad un confronto, sia a mezzo stampa che direttamente, in occasione di sedute consiliari – continua imperterrita nel proprio percorso.
Tutto ha inizio nel maggio del 2014, quando con la delibera di C.C. n. 31 del 19.05.2014 l’Amministrazione Comunale guidata dal Sindaco Avv. Nicola Ottaviani approvava la “rimodulazione del Project Financing degli stadi Matusa e Casaleno”. Questo Project Financing, che nasceva nel 2003, dalla Giunta guidata dall’Avv. Domenico Marzi, prevedeva la cessione al soggetto Privato, a scopo edificatorio ed in variante al PRG – trattasi di un’area a Servizi “F” – della “centralissima” area che ancora oggi ospita lo stadio comunale (detto il Matusa); il Privato, a sua volta, in cambio, avrebbe dovuto realizzare a proprie spese un nuovo impianto sportivo in località Casaleno. Orbene, questa operazione non vide mai la luce – ed aggiungiamo noi, fortunatamente, senza proseguire nella narrazione delle ulteriori interessantissime vicende, proprio per non uscire troppo “fuori tema”.
Tornando quindi alle questioni più attinenti al tema, con questa “rimodulazione” del Project Financing l’Ente è di fatto tornato a disporre dello Stadio Casaleno (che si specifica essere un impianto fatiscente, non rispondente alle norme e mai entrato in funzione dalla sua realizzazione, risalente agli anni ’90) e non ha trovato nulla di meglio da fare – oltre che “riaffermare” la possibilità di edificare sull’area del Matusa al soggetto Privato – che “far confluire” una ingente quantità di risorse pubbliche proprio per il completamento dello Stadio Casaleno non prima, ovviamente, di aver provveduto ad inserire l’opera all’interno del Programma Triennale delle OO.PP. (tra l’altro, con modalità procedurali fortemente indiziate da più di qualche vizio). Tutto ciò accadeva nel dicembre 2014, con la Deliberazione di C.C. n. 80 del 01.12.2014 e con la quale si sono fatti confluire circa 6 Mln di Eurodi fondi pubblici sull’opera “stadio”, DEFINANZIANDO una serie di Opere Pubbliche(di cui alcune ad iter già avviato) tra cui menzioniamo, a mero scopo indicativo e non esaustivo: “realizzazione di una struttura sportiva per disabili – UNITALSI”, “realizzazione del Teatro Comunale”, “realizzazione nuova Scuola Elementare in località Madonna della Neve”, “perimetrazione del sito in frana in località Polveriera”, “riqualificazione area Fontanelle” (trattasi di un’area destinata a parco pubblico lungo le sponde del fiume Cosa), ecc..
A questo atto – e qui veniamo al punto – fece seguito la Deliberazione n. 81 del 01.12.2014 avente ad oggetto: “Rinegoziazione prestiti ordinari della Cassa Depositi e Prestiti SpA ai sensi dell’art. 5 del D.L. 27/10/1995 n. 444 convertito con modificazioni con la Legge 20/12/1995 n. 539”, con la quale, appunto, l’Ente deliberava di aderire alla proposta di rinegoziazione di prestiti ordinari con Cassa Depositi e Prestiti Spa secondo le condizioni previste dalla Circolare CDP n. 1281 del 07/11/2014.
A questi due atti, susseguiva una copiosa e solerte attività dell’Ente Comunale che provvedeva ad indire gare ed affidare incarichi ed appalti, nonostante da più di qualche parte – compresa quella che scrive – si sollevassero “dubbi” circa, sia l’opportunità politica di rinunciare ad una serie di Opere Pubbliche, di cui alcune dall’elevato contenuto sociale, sia riguardo alla poca chiarezza di queste operazioni riguardo alle “coperture finanziarie”, unitamente alle altrettante incertezze circa i“rischi” eventualmente correlati all’interruzione in itinere dei procedimenti de-finanziati.
Ma far traboccare il vaso è arrivata la proverbiale goccia, che in questo caso si chiama “Museo Archeologico”. L’Amministrazione infatti, non paga della cancellazione in un solo colpo di “parchi pubblici”, “scuole”, “strutture per disabili” e tanto altro, in nome del “pallone” – e forse, anche di qualche “promessa elettorale” - con la Deliberazione di G.C. n. 93 del 25.02.2015decide di “rinunciare all’esecuzione dell’opera denominata “Sistemazione Museo Archeologico” e cancellazione dal Programma delle OO.PP.” al fine di utilizzare la somma di € 97.917,02 per la “Sistemazione delle aree esterne, supporti logistici, piazzali dello Stadio Casaleno”. Nelle considerazioni a supporto di questo atto, l’Amministrazione adduce queste motivazioni:
il mutuo posiz. 4324455/01 è stato contratto per l’esecuzione di un intervento di ampliamento del museo archeologico, reso impossibile per il successivo ritrovamento di reperti archeologici nell’area di sedime del predetto intervento, e che l’importo residuo, di cui è decisa la diversa destinazione, è insufficiente ad un concreto ed efficace utilizzo per l’ampliamento dei locali del Museo;
al fine di completare la documentazione per l’istruttoria da parte della Cassa DD.PP. della richiesta di diverso utilizzo del mutuo sopra richiamato occorre rendere palese, mediante atto formale di quest’Organo, la volontà dell’Amministrazione di non eseguire i lavori previsti e finanziati con il mutuo in posizione 4324455/01;
per quanto innanzi si ritiene di dover provvedere alla cancellazione dal programma delle opere pubbliche l’intervento denominato “Sistemazione Museo Archeologico”, inserito nella scheda 2, progressivo 81, per il precedente considerato.”
Quindi, a giustificazione dello storno della somma di € 97.917,02, occorrente per la copertura dell’intervento relativo allo Stadio Casaleno, si sottace,nelle motivazioni che supportano la decisione del diverso utilizzo della somma e la cancellazione dell’opera, sia dell’esistenza del contributo regionale di€ 339.072,95, sia del reale importo del mutuo, di € 139.831,83, contratto dall’Ente proprio a completamento del finanziamento regionale. Importo che, tra l’altro, risulterebbe già essere stato oggetto di fenomeni di “erosione” per altri scopi a seguito delle Delibere di G.C. n. 314/2014 Scuola elementare “Selva Piana”. Acquisizione arredi scolasticie Delibera G.C. n. 451/2014 Scuola elementare “Selva Piana”. Acquisizione arredi scolastici.
Sempre nell’atto di Giunta in questione, si asserisce che l’intervento di ampliamento del Museo, appaltato nel mese di ottobre del 1999, sarebbe “reso impossibile per il successivo ritrovamento di reperti archeologici nell’area di sedime del predetto intervento”. In effetti vi fu un’interruzione dei lavori risalente al luglio del 2000 ad opera della Soprintendenza Archeologica, ma non fu tale blocco – superato dai fatti – a determinare la mancata ripresa dei lavori e la rescissione del contratto di appalto, deliberata nell’anno 2002; rescissione che determinò l’apertura di un contenzioso tra Ditta Appaltatrice e Comune di Frosinone (costituzione in mora dell’Ente originariamente per € 515.023,27, ora sentenza I grado del dicembre 2013 per una somma di circa € 100.000). E’ doveroso aggiungere, infine, che negli uffici del Comune giace un progetto di ampliamento del Museo Archeologico, redatto dagli stessi organi tecnici dell’Ente.
In conclusione quindi, alla luce dei fatti sin qui esposti e fatti salvi gli ulteriori aspetti emersi nella narrazione di questa vicenda e circa i quali saranno comunque informati con le dovute modalità i soggetti deputati, le scriventi Associazioni e i singoli cittadini, nella speranza di aver più diffusamente informato le SS.LL. su codesta vicenda
Esse chiedono
All’Istituto Cassa Depositi e Prestiti chiarimenti in merito agli atti adottati o che la stessa adotterà, in riferimento alla “disponibilità alla rinegoziazione dei finanziamenti concessi a Province e Comuni attualmente in ammortamento a tasso di interesse fisso secondo le condizioni stabilite nella Circolare n. 1281 del 07/11/2014” richiamata nella DCC n. 81 del 01.12.2014.
Alla Commissione Bicamerale di Vigilanza Cassa DD.PP. di mettere in atto tutte le proprie attività di controllo sulle susseguenti azioni della Cassa DD.PP. in riscontro al procedimento messo in atto dall’Amministrazione Comunale di Frosinone.
Associazione Antiqua, Associazione Oltre l’Occidente, Comitato del “Sì” al referendum sul Matusa, Osservatorio Peppino Impastato Frosinone, Consulta della Associazioni, AIPA, Aut Frosinone, Federazione Giovani Socialisti Frosinone, Ass. Frosinone Bella e Brutta
Come si apprende dall’ Espresso della settimana scorsa i
circoli locali del Pd in tutta Italia sono in profonda crisi. Non fa eccezione il Pd
della provincia di Frosinone. Come è noto ancora non si è riusciti ad
organizzare il congresso provinciale, dopo la triste vicenda della presunta
campagna di tesseramento farlocca che ha indotto gli avversari dell’attuale
segretario Simone Costanzo (Sara Battisti, Alessandro Martini, e Mario
D’Alessandro) ad auto sospendersi dall’agone congressuale.
L’attuale assetto
dirigenziale , Costanzo segretario e Sara Battisti presidente, è frutto di una
forzatura del vecchio e consolidato manuale Cencelli. Addirittura nel consiglio provinciale
concorrono due Pd uno di maggioranza, sostenitore dell’attuale presidente Antonio Pompeo, e uno di
minoranza, oppositore del già citato presidente, comunque esponente, ufficiale
o ufficioso che sia, del partito dei
democrat.
L’ultimo terremoto in seno alla martoriata sopravvivenza del Pd
ciociaro, l’ha scatenato l’Avv. Domenico Marzi. Il buon Marzi ha deciso di iscriversi al partito di Renzi. L’esordio
è stato subito scioccante con l’attacco all’esponente Pd ex sindaco Michele Marini, accusato di incapacità amministrativa. La risposta di
quest’ultimo non si è fatta attendere con la contro accusa
nei confronti del suo censore ritenuto
responsabile della debacle elettorale subita nel corso delle
ultime amministrative frusinati, per la sua decisione di candidarsi in proprio,
appoggiato dal Psi e da qualche pezzo della diaspora fascista locale, contro il
mainstream riformista incarnato dallo stesso Marini.
Il Memmo, già sindaco di Frosinone, stampella salvifica
della giunta Ottaviani, con la sua
decisione di entrare nel Pd, formazione in cui milita l’amico-nemico Marini,
sta creando non pochi scompigli negli equilibri già precari dell’assetto
provinciale piddino. “Marzi intende
riconoscere Marini come suo capogruppo nel consiglio comunale di Frosinone?
Perché lo stesso Marzi non vuole sciogliere la lista che lo supporta nel citato
consiglio e neanche si impegna a
stipulare un patto federativo con i consiglieri
frusinati del Pd, partito a cui si accinge ad entrare? “ Questi sono
i dubbi che agitano correnti e militanti dei riformisti ciociari.
Come è noto
il nostro blog non è mai particolarmente tenero con il Pd, ma i compagni, anche se ex, sono sempre compagni,
per cui non esitiamo a fornire un nostro contributo e avanzare una proposta concreta per risolvere i
casini del Pd provinciale. L’idea è semplice. Il Pd ciociaro deve seguire il
percorso del partito nazionale.
C’è bisogno di una guida che abbia la stessa
personalità del segretario presidente Renzi. Uno che abbia in dispregio le
regole di partecipazione democratica, che vada dritto per la sua strada,
asfaltando le voci dissenzienti avanzate dalla varie opposizioni che di volta in volta si mettono di traverso nel
suo percorso. Uno disposto, se
necessario, a venire a patti col nemico anche a costo di affossare l’amico. Un
soggetto, insomma, guidato dagli interessi dei poteri forti
(lobby finanziarie) che da sempre assicurano
successo e potere ai propri esecutori
politici. Uno che per la tutela di questi interessi, fa strage dei diritti del lavoro, della salute pubblica, del libero accesso ai beni comuni.
Sembra strano ma uno così nella Provincia di Frosinone c’è. E’ il sindaco del
capoluogo Nicola Ottaviani. Come Renzi, è insofferente rispetto alle
prerogative decisionali del consiglio, spesso asfalta la sua maggioranza,
quando questa si mette di traverso, pescando consensi nell’altro lato della
sala consiliare. Il neo piddino Marzi è stato uno dei più preziosi sostenitori del sindaco, quando è servito. L’Erode di
Frosinone ha
ridotto praticamente al silenzio gli oppositori di centrosinistra i quali si
fanno scivolare addosso ogni nefandezza, compreso il recente annacquamento
della delibera di iniziativa popolare inerente la rescissione del contratto con
il gestore del servizio idrico integrato.
Lo stesso disprezzo per i lavoratori mostrato da Renzi nel Jobs Act, è
espresso da Ottaviani, nella vicenda Multiservizi, dove il sindaco del
Capoluogo non ha esitato a mettere per strada centinaia di famiglie, per
svendere i servizi, prima assicurati dagli addetti licenziati, a cooperative amiche.
In relazione alla tutela
dei poteri forti, Ottaviani come Renzi, non ha rivali. Strenuo difensore di
Acea, della privatizzazione selvaggia nella sanità, primo firmatario dell’atto
aziendale "distruggi ospedali" redatto dalla manager Mastrobuono sotto dettatura
di Zingaretti, gran ciambellano dei potentati edilizio-speculativi che governano la città, Ottaviani ha sempre anteposto
l’interesse del suo gregge elettorale all’interesse della collettività.
Qualcuno
potrebbe obbiettare che Ottaviani è di Forza Italia e non del Pd. Che problema
c’è? In consiglio comunale, la minoranza democrat in diverse occasioni ha
votato a favore del sindaco podestà, o
comunque non ne ha mai ostacolato
seriamente le mire. Su Acea il presidente della Provincia, il piddino Pompeo è
sulle stesse posizioni di Ottaviani, così come lo stesso Nicola "il breve" ha
condiviso le scelte dell’altro Nicola, presidente della Regione, anch’egli del
Pd, in relazione alla distruzione della sanità pubblica ciociara. Considerate
le macerie in cui la destra berlusconiana si sta sbriciolando, è sufficiente
che il Pd offra al sindaco di Frosinone un posto sicuro di capolista (BLOCCATO)
alla Camera per le prossime elezioni e il gioco è fatto. E i militanti, gli
iscritti? E chi se ne fotte!
.............Scusate compagne e compagni di Aut mi
squilla il cellulare, mai che si possa scrivere qualcosa in pace……..Pronto…..si? oh ciao France', senti per il 25 tutto a posto ho chiamato ………..France' sei tu? Ah ma non è Notarcola…… scusi lei è Francesco…..? Francesco chi ? Francesco del Pd,....... prego mi
dica………No non ho parlato con Ottaviani……no scusi…..NOOO…. non lo so se è d’accordo…….Ma
che dice!……che ne so se ci vuole stare domandateglielo.
Come?...... La mia idea per la guida del Pd è
buona? Come? Ci devo parlà io co’ Ottaviani ! Ma io manco lo conosco bene! Aho
ma io stavo a scherzà……ma che davero?
Poi come fa già a leggere quello che sto scrivendo? Ah è rimasta aperta
la pagina di editing del blog mentre sto digitando. …….ma sicuro?...... NON LO
SOOOO se Ottaviani vuole entrare nel Pd, sig. Francesco lei lo conosce sicuramente meglio di me , glielo
chieda……..No……io non gli parlo……..non me ne frega niente della solidità del Pd……
ma chissenefrega se l’attuale segretario non capisce un cazzo……...Ohhh ma stavo
a scherzà!!!!!……….. lo capisce o no………si, è no’ scherzo……..senta io co’ Ottaviani non
ci parlo sig. Francesco mi lasci finire il post…. Oh insomma mi lasci stare,
vedetevela voi con Ottaviani, non mi rompa i coglioni…su…..Senta delle vostre
beghe non me ne può fregare di meno. Buona sera France'.
E che noia!!!! Uno non può neanche mettersi la sera a scrivere due cose che subito
ti scocciano. Scusate compagne e compagni di Aut……dunque dicevo……..Oh sentite
sto’ rompicoglioni m’ha fatto scordà il finale del post. Finitevelo un po’ voi
come vi pare.
Antonio Gramsci, Quaderni dal Carcere, Quaderno 4 [XIII] voce 55, "Il principio educativo nella scuola elementare e media"
"Non si impara il latino e il greco per parlare queste lingue, per fare i camerieri o gli interpreti o che so io. Si imparano per conoscere la civiltà dei due popoli, la cui vita si pone come base della cultura mondiale. La lingua latina o greca si impara secondo grammatica, un po’ meccanicamente: ma c’è molta esagerazione nell’accusa di meccanicità e aridità. Si ha che fare con dei ragazzetti, ai quali occorre far contrarre certe abitudini di diligenza, di esattezza, di compostezza fisica, di concentrazione psichica in determinati oggetti. Uno studioso di trenta-quarant’anni sarebbe capace di stare a tavolino sedici ore filate, se da bambino non avesse «coattivamente», per «coercizione meccanica» assunto le abitudini psicofisiche conformi? Se si vogliono allevare anche degli studiosi, occorre incominciare da lì e occorre premere su tutti per avere quelle migliaia, o centinaia, o anche solo dozzine di studiosi di gran nerbo, di cui ogni civiltà ha bisogno. [...]
Il latino non si studia per imparare il latino, si studia per abituare i ragazzi a studiare, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere ma che continuamente si ricompone in vita. [...] Naturalmente io non credo che il latino e il greco abbiano delle qualità taumaturgiche intrinseche: dico che in un dato ambiente, in una data cultura, con una data tradizione, lo studio così graduato dava quei determinati effetti. Si può sostituire il latino e il greco e li si sostituirà utilmente, ma occorrerà sapere disporre didatticamente la nuova materia o la nuova serie di materie, in modo da ottenere risultati equivalenti di educazione generale dell’uomo, partendo dal ragazzetto fino all’età della scelta professionale. In questo periodo lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere disinteressato, cioè non avere scopi pratici immediati o troppo immediatamente mediati: deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete.
Nella scuola moderna mi pare stia avvenendo un processo di progressiva degenerazione: la scuola di tipo professionale, cioè preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola "formativa" immediatamente disinteressata. La cosa più paradossale è che questo tipo di scuola appare e viene predicata come "democratica", mentre invece essa è proprio destinata a perpetuare le differenze sociali. [...] Il carattere sociale della scuola è dato dal fatto che ogni strato sociale ha un proprio tipo di scuola destinato a perpetuare in quello strato una determinata funzione tradizionale. Se si vuole spezzare questa trama, occorre dunque non moltiplicare e graduare i tipi di scuola professionale, ma creare un tipo unico di scuola preparatoria (elementare-media) che conduca il giovane fino alla soglia della scelta professionale, formandolo nel frattempo come uomo capace di pensare, di studiare, di dirigere o di controllare chi dirige. Il moltiplicarsi di tipi di scuole professionali tende dunque a eternare le differenze tradizionali, ma siccome, in esse, tende anche a creare nuove stratificazioni interne, ecco che nasce l'impressione della tendenza democratica. [...] Ma la tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un manovale diventi operaio qualificato, ma che ogni "cittadino" può diventare "governante" e che la società lo pone sia pure astrattamente nelle condizioni generali di poterlo diventare [...].
Anche lo studio è un mestiere e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio anche nervoso-muscolare, oltre che intellettuale: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo e il dolore e la noia. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media tende a rallentare la disciplina dello studio, a domandare facilitazioni. Molti pensano addirittura che la difficoltà sia artificiale, perchè sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale. È una quistione complessa. Certo il ragazzo di una famiglia tradizionalmente di intellettuali supera più facilmente il processo di adattamento psicofisico: egli già entrando la prima volta in classe ha parecchi punti di vantaggio sugli altri scolari, ha un'ambientazione già acquisita per le abitudini famigliari. Così il figlio di un operaio di città soffre meno entrando in fabbrica di un ragazzo di contadini o di un contadino già sviluppato per la vita dei campi. [...]
Ecco perchè molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un trucco a loro danno; vedono il signore [...] compiere con scioltezza e con apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un trucco. In una nuova situazione politica, queste quistioni diventeranno asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo corpo di intellettuali, fino alle più alte cime, da uno strato sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini psico-fisiche adeguate, si dovranno superare difficoltà inaudite."
Resistenza A metà marzo abbiamo richiesto una intervista alla Console Generale della Repubblica Bolivariana del Venrezuela a Napoli, Amarilys Gutierrez Graffe
Con grande disponibilità la Console ha risposto alle domande offrendo una serie di elementi di grande interesse che offrono una comprensione più profonda dei contenuti e delle forme della Rivoluzione Bolivariana.Nel testo che segue, comunque, due cose emergono con estrema chiarezza: il ruolo della classe operaia nella Rivoluzione Bolivariana (la stessa Console appartiene alla classe operaia) e la grande fiducia che il governo Bolivariano ha nella solidarietà internazionale, che deriva dalla grande fiducia che ripone nelle masse popolari venezuelane.
Un esempio pratico di trasformazione dei rapporti di produzione nel Venezuela Bolivariano
“Permettete una breve introduzione da chi era un’operaia come me, senza alcun tipo di protezione o garanzia lavorativa. Faccio questa precisazione in modo da avere presente che prima di tutto io sono, e sarò per sempre, un’orgogliosa operaia che, a partire l'arrivo di Chavez è divenuta un’operaia al servizio della rivoluzione bolivariana.
Con la nuova Costituzione del 1999, la Repubblica del Venezuela è stata rifondata nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, ottenendo il passaggio da una democrazia meramente rappresentativa a una democrazia partecipativa per definizione costituzionale, dando vita così alla Costituzione originaria di uno Stato sociale, di diritto e di giustizia, di partecipazione popolare, configurato politicamente come uno Stato Federale Decentralizzato.
Con decreto presidenziale si è proceduto alla conversione immediata al Potere Esecutivo Nazionale, che agisce attraverso il ‘Ministerio del Poder Popular para las Obras Publicas y Vivienda’, dei beni che compongono l'infrastruttura portuale e le competenze per la conservazione, la gestione e lo sfruttamento dei Porti Pubblici, in particolare quelli commerciali, così come indicato nella Gaceta Oficial Nº 39.143, del 20 marzo 2009. Nel momento in cui Chavez ha ordinato la revoca delle concessioni portuali alle imprese private il governo ha nominato un gruppo multidisciplinare di esperti per la valutazione e le indagini scientifiche su tutte le informazioni raccolte, coinvolgendo i lavoratori, passo dopo passo, nell’intero processo produttivo. I risultati hanno mostrato che nell’anno 2009 quando Bolipuertos riceve tutti i porti e i lavoratori delle imprese private, la situazione è critica, tutti i diritti sono stati violati. Le strutture si sono rivelate carenti, in uno scenario regionale e mondiale altamente competitivo, con una struttura funzionale e amministrativa poco operativa, mancanza di informazioni strategiche, scarsa accessibilità ai porti per via terrestre.
(…) I porti del Litoral Central venezuelano, in particolare il porto de La Guaira(uno dei pochi porti al mondo a gestione esclusiva dello Stato a partire dal decreto emanato nel 2009) si è cominciato a trasformare in un modello per la Gestione dei Porti nella Repubblica Bolivariana del Venezuela socialista, esempio per tutti i porti commerciali presenti sul territorio venezuelano e per tutte le imprese recuperate attraverso l’autogestione, basate su principi etici, umani, sociali e strutturali.
Dalla mia prospettiva operaia, come ex lavoratrice, come ricercatrice sul tema dal 2009 al 2013, è possibile affermare che un modello teorico per lo sviluppo e il mantenimento della Gestione dei Porti nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, valido per qualsiasi azione e per qualsiasi dimensione, sia un approccio concettuale del processo operativo che deve utilizzare il sistema di pianificazione portuale come risorsa metodologica per mantenere l'efficacia e l'efficienza in tutti i porti del paese
E’ possibile che le imprese siano in mano di lavoratori in base alle tendenze socialiste di rango costituzionale e legale, basate sui principi di solidarietà, fraternità, amore, libertà e uguaglianza. E per onorare e rendere degno il lavoro delle nostre lavoratrici e dei nostri lavoratori, in virtù del principio d’inclusione sociale con l’obiettivo di ottenere un equilibrio tra le mansioni svolte e la remunerazione corrispondente, l’ordine costituzionale evidenzia: “...a pari lavoro...pari salario...”.
Le imprese private passate in mano ai lavoratori sono divenute produttive.
La gestione dal 2009 all’anno 2013 è stata inquadrata nelle linee strategiche stabilite dal Progetto Nazionale Simón Bolívar, Primo Piano Socialista di Sviluppo Economico della Nazione 2007-2013, governato da principi e valori etici, diretto a garantire le attività dell’Esecutivo Nazionale, attraverso politiche di integrazione delle risorse nazionali strategiche, con l’obiettivo di avanzare verso l’orizzonte socialista ed elevare la felicità sociale del nostro popolo.
Durante l’autogestione operaia, i lavoratori dell’azienda Bolivariana de Puertos, hanno seguito i piani e i progetti della Nazione, con l’obiettivo di accelerare la costruzione del nuovo modello produttivo socialista, al fine di puntare alla crescita dell’istituzione e quindi ottenere prestazioni efficaci ed efficienti dei processi amministrativi e operativi di Bolivariana de Puertos e le sue diverse unità a livello nazionale, con lo scopo di ottimizzare il funzionamento dei porti: La Guaira, Estado Vargas; Puerto Cabello, Estado Carabobo; Maracaibo, Estado Zulia; Guamache, Estado Nueva Esparta; Guanta, Estado Anzoátegui y La Ceiba, Estado Trujillo.
Le esigenze e le opportunità di azione per migliorare lo stato di funzionamento di questi porti, a breve, medio e lungo termine, furono stabilite dagli operai stessi, come priorità strategiche aventi l’obiettivo di poter far fronte alle sfide future poste dalla crescita del traffico marittimo internazionale, e la crescita dei volumi di carico che fanno il loro ingresso nei porti pubblici ad uso commerciale del paese. In riferimento a questa realtà, il rafforzamento della produttività portuale, risulta determinante per Bolivariana de Puertos, in qualità di Amministratore Portuale dello Stato Venezuelano. Concludo con questa riflessione del Presidente Hugo Rafael Chávez Fría – del 30 aprile 2010 – indirizzata alla Classe Operaia Venezuelana:“Io credo in voi, metto in gioco la mia vita per la Classe Operaia, chiedo a tutto il governo di mettere in gioco la propria vita per la Classe Operaia (...) Dobbiamo essere un governo sinceramente operaista, un governo delle lavoratrici e dei lavoratori, nelle parole e nei fatti: non possiamo mettere in pratica azioni istituzionali e governative, che contraddicano la nostra definizione operaista”.
Il Presidente Nicolas Maduro, che tiene alta la bandiera rivoluzionaria del Presidente Eterno e del Pensiero Bolivariano, ha detto: “La destra venezuelana non può concepire com’è il mondo del lavoro, pretende che la classe operaia sia sottomessa, che i lavoratori non assumano posizioni di fermezza e militanza per la patria e l’indipendenza”.
Sul ruolo del Venezuela a livello internazionale e sulla solidarietà internazionalista
“Nel caso del Venezuela, conquistare la rivoluzione è stato molto duro; inoltre un caso atipico, perché abbiamo contato con un leader carismatico, il Comandante Eterno Hugo Chávez, educatore dei popoli, di estrazione popolare (…) e con l’eroismo e sacrificio dei nostri aborigeni e predecessori, proveniente dal seno della Fuerza Armada Nacional forgiatrice di libertà, di una patria libera e sovrana, di una patria amata come una donna, concepita como una “Matria” più che come una Patria.
Chávez ci ha liberati, ci ha svegliati, ci ha ridati dignità. La Repubblica Bolivarianadel Venezuela è ciò che è grazie a lui, e di conseguenza grazie al nostro “operaio presidente”, il primo presidente chavista, Maduro. Il popolo italiano è un popolo eroico, patriota ed è stato fondamentale il ruolo delle masse popolari per ciò che hanno contribuito a realizzare concretamente con la solidarietà verso il popolo venezuelano per far conoscere la realtà e contrastare l’opinione della dittatura mediatica. L’Italia ha offerto sostegno attraverso più di 60 gruppi con molti e differenti associazioni, collettivi, organizzazioni, movimenti, partiti, associazioni di migranti, una rete articolata.