Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 10 febbraio 2018

Chi meglio del Popolo può condurre il Popolo al potere?

Luciano Granieri





E’ iniziata ufficialmente, l’8 febbraio scorso, l’avventura elettorale  dei candidati per la  Provincia di Frosinone  di Potere al Popolo . Nella conferenza stampa, tenutasi presso la sede di  Rifondazione Comunista di Frosinone, gli aspiranti  consiglieri regionali, deputati e senatori si sono presentati agli elettori. In realtà, anche nella nostra Provincia, come nel resto d’Italia , Potere al Popolo non gode di una risonanza mediatica così ampia, anzi il modo con cui gli esponenti di questa lista vengono ignorati da stampa e  TV grida vendetta.  Comunque oltre alla nostra testata  era presente la TV locale Extra TV. 

Descrivere  Potere al Popolo per noi è semplice, la nostra conoscenza dei candidati è profonda. Sono persone che da decenni abbiamo avuto a fianco nelle lotte intraprese per i diritti sociali che, in  un territorio ai primi posti per disoccupazione,  degrado ambientale, e sfascio della sanità pubblica, sono state particolarmente aspre.  Anche l’impegno per l’acqua pubblica, contro il profitto privato che Acea realizza sul bisogno dei cittadini di accedere ad una risorsa così  vitale, e l’ultima vittoriosa battaglia in difesa della Costituzione,  ha visto protagonisti i candidati e molti militanti di Potere al Popolo. 

 Maddè Guglielmo, candidato in Senato nel collegio plurinominale Lazio 3, e in consiglio regionale in appoggio alla candidata  presidente Elisabetta Canitano, oggi consigliere comunale ad Esperia, è in prima linea nella lotta contro Acea e per l’acqua pubblica.  Si è opposto alla devastante opera di privatizzazione della sanità intrapresa dalla Regione Lazio.  Lo troviamo spesso ,con i militanti di Rifondazione Comunista,   davanti ai cancelli di quelle fabbriche che hanno deciso di mandare a casa i lavoratori in nome del profitto finanziario  (Videocon, Idealstandrd  Fca). 

Che dire di Marina Navarra, anch’essa candidata alla Regione e nella lista  plurinominale al Senato Lazio 3. Abbiamo condiviso con lei  la battaglia contro le politiche regionali e nazionali volte a deturpare e avvelenare la Valle del Sacco, sempre presente nelle manifestazioni contro gli inceneritori di Colleferro. Ma la sua attività sindacale in Sanofi, è delegata USB,  la pone anche  a contatto ogni giorno con i problemi legati all’organizzazione del lavoro con i reiterati tentativi della proprietà di succhiare diritti agli operai. 

E ancora  Vincenzo Durante, candidato alla Camera nel collegio uninominale del Cassinate, fortemente impegnato nelle problematiche abitative. Paolo Ceccano, candidato nella lista plurinominale alla Camera, ha rivitalizzato la segreteria Provinciale di Rifondazione Comunista, promuovendo e appoggiando le vertenze per il lavoro presenti nel nostro territorio.  

Molti di loro, si sono battuti per difendere la Costituzione dalla “Deforma” Renzi-Boschi . Dietro il sapiente coordinamento di Carla Corsetti, segretaria  nazionale di Democrazia Atea, candidata  alla Regione e  alla Camera , nel collegio uninominale comprendente Frosinone,  si è dipanata, in tutto il territorio, una serie di comizi ed incontri, utili a spiegare perché la riforma proposta da i novelli falliti costituenti, andava rigettata. Insieme a Carla, oltre a Marina Navarra, Paolo Ceccano, ricordiamo, in questa lotta, anche  Rosaria Gabriele, candidata alla Regione. 

 Dunque per eliminare il Jobs Act chi può essere più indicato  se non  persone che da anni si battono contro le devastanti politiche liberiste causa, nel  nostro territorio, di  disoccupazione, precarietà e povertà?  Chi, meglio di militanti ogni giorno impegnati  contro l’inquinamento della Valle del Sacco, può occuparsi della tutela ambientale?  Chi,  nel portare avanti le ragioni della sanità pubblica, può essere più credibile di qualcuno da  sempre impegnato nelle lunghe battaglie contro la svendita delle strutture ospedaliere pubbliche ai privati? 

I temi che abbiamo citato sono parte del programma presentato da Potere al Popolo. Ma le cose da fare, e questo contraddistingue questa formazione da molte altre, sono inserite all’interno di un progetto preciso di società.  Un progetto basato sul rispetto del principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione, sulla riaffermazione nella comunità di valori  inderogabili  come l’antifascismo, l’antirazzismo, la difesa dei diritti dei più deboli. La società prefigurata da Potere al Popolo, prevede il ritorno al predominio della partecipazione politica sulla dittatura del mercato, l’uscita dal pensiero unico  capitalista.  

I candidati di Potere al Popolo vivono ogni giorno nel Popolo, sono parte del Popolo e chi meglio di loro può portare il Popolo al Potere?

Di seguito un'intervista a Marina Navarra:





Tutti i candidati di Potere al Popolo della nostra Provincia:

Candidati alle elezioni Regionali del Lazio:  Maddè Guglielmo, Carla Corsetti, Emiliano Lanni, Rosaria Gabriele, Ivan Visentini, Marina Navarra. 

Candidati alla Camera dei deputati - Uninominale:  frusinate: Carla Corsetti,  cassinate: Vincenzo Durante. – Plurinominale: Paolo Ceccano, Antonella Spagnoli.

Candidati al Senato collegio plurinominale Lazio 3: Maddè Guglielmo, Ivan Visentini, Marina Navarra. 

venerdì 9 febbraio 2018

“DIRITTO DI MANIFESTARE GARANTITO DALLA COSTITUZIONE, QUELLE PUNITE SONO LE MANIFESTAZIONI DI ODIO RAZZIALE”

FELICE BESOSTRI AL SINDACO DI MACERATA

 “Il diritto di manifestare pacificamente - ha dichiarato Felice Besostri, coordinatore degli avvocati Antitalikum - è un diritto costituzionale fondamentale tutelato dall'art. 17 Cost., mentre sono punite le manifestazioni di odio razziale”.
E ha proseguito “Il Sindaco del PD Carancini sta sbagliando a vietare la manifestazione e a non ascoltare chi come l’ANPI dice che vietare tutte le manifestazioni, mette di fatto sullo stesso piano quelle fasciste e quelle antifasciste, mentre la manifestazione di domani va autorizzata e questo aiuterà a impedire incidenti”.
E ha concluso “Il Sindaco di Macerata, perché del PD, è stato incentivato in questa direzione dal Governo e da Ministro degli Interni, i quali dovrebbero garantire l'ordine pubblico costituzionale e repubblicano, invece di cedere alle minacce dell'estrema destra, che ha copertura nella Lega di Salvini”. 

mercoledì 7 febbraio 2018

I 6 Ato di Zingaretti sono uno schiaffo alla partecipazione e all'acqua pubblica

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone



Da oltre 3 anni comitati e sindaci hanno avanzato una proposta dettagliata di revisione degli Ato regionali, basata su solide argomentazioni scientifiche e gestionali, finalizzata alla creazione di una pluralità di ambiti di bacino idrografici, modellati sull'effettiva conformazione del territorio, al fine da garantire una gestione dell'acqua davvero sostenibile e vicina alle comunità locali.
Con questo metodo, radicato nei principi della legge regionale 5/2014 sulla gestione dell'acqua, venivano individuati 19 ABI, sui quali aprire un confronto con le istituzioni e i territori, considerando anche eventuali accorpamenti. Confronto mai realizzato, poichè dopo aver lasciato languire per anni quel testo, l'Assessore Refrigeri circa due mesi fa ha sottoposto una bozza di proposta su 6 Ato, stroncata dai comitati e da molti sindaci delle zone interessate.
Oggi apprendiamo che con un atto unilaterale la giunta ha approvato quella stessa proposta, rivendicando una partecipazion

e che è invece stata rifiutata e calpestata, così come i principi della legge 5, nel costituire un nuovo Ato 6 che non ha alcun fondamento idrogeologico. Un atto ancora più grave nel momento in cui diversi sindaci dell'Ato2 stanno discutendo la ripubblicizzazione di Acea Ato2, dimostrando la necessità e volontà di decidere in prima persona sull'acqua.


Una norma che poteva e doveva avviare un percorso di rinnovamento nella governance dell’acqua e concludere l’esperienza fallimentare dell’attuale servizio idrico integrato nella provincia di Frosinone che la popolazione paga profumatamente e garantisce ogni anno rilevanti utili alla società privata che lo gestisce e ai suoi azionisti.

Invece, addirittura, la giunta Zingaretti propone la separazione di netto del bacino idrografico del Sacco in due ATOBI distinti e molto eterogenei, spazzando via ogni ipotesi di governo efficace del nostro territorio e di soluzione reale delle criticità che lo caratterizzano in termini ambientali, sociali ed economici.

Se questo atto della giunta aveva lo scopo di raccogliere consensi elettorali sull'acqua pubblica, la mira è sbagliata! Se si intendeva invece far finta di cambiare tutto, per non cambiare nulla, probabilmente i poteri forti di Acea ne saranno soddisfatti.


Come si comporterà la politica locale in Valle del Sacco in difesa del proprio territorio e delle sue risorse rispetto a quest’atto amministrativo regionale che ci fa perdere un’enorme occasione verso una tutela della qualità e della quantità delle risorse idriche, un governo sostenibile del territorio e una partecipazione adeguata degli enti locali e della comunità?

Naturalmente come coordinamento regionale continueremo la nostra azione nei territori e nelle sedi istituzionali a difesa dell'acqua pubblica senza se e senza SpA.


La promessa dell'assessore  Refrigeri ai comitati di mandare la proposta ai sindaci e ai comitati per discuterla prima di mandarla in giunta.......

martedì 6 febbraio 2018

CONSIGLI UTILI PER VINCERE LE ELEZIONI

Luciano Granieri



Non so per chi voterò il 4 marzo alle politiche e alle regionali. Una mezza idea ce l’avrei, ma devo ancora riflettere. Dal momento però che fa trendy occuparsi di campagna elettorale, ci permettiamo di dare qualche consiglio utile  ai candidati per sbaragliare la concorrenza ed arrivare a sedere sul tanto agognato scranno,    parlamentare o del consiglio regionale pur che sia  . Questo sempre nell’ottica di offrire un servizio pubblico, elargito  volentieri pur non essendo richiesto.

Punto primo: 
Promettere piccole cose  fattibili  come : il bonus bebè, il bonus mamme, il bonus papà  il bonus studenti, il bonus suocere, il bonus condominio, bonus tumulazione,  soldi per comprare libri, Cd, andare al cinema, a teatro, al museo, in discoteca,gli ottanta euro, ridurre il cuneo fiscale ad una piatta e sconfinata pianura. Tutte cose che non costano molto e accontentano molti. Ma se proprio si vuole   fare gli sboroni consigliamo di annunciare  la riduzione  del deficit rispetto al Pil dal 135% al 100% in cinque anni. Sarà una mazzata da 50 miliardi all’anno tale da azzerare tutti i provvedimenti citati, prima, ma vuoi mettere come fa fico promettere una cosa del genere!
Ovviamente il dagli al negro è un must a cui non ci si può sottrarre.

Punto secondo:
Evitare le maxi cene elettorali, che non sai mai chi cazzo ci viene. Magari rischi di abboffare gente che manco ti vota. Molto meglio “l’aperivoto”. Una kermesse conviviale a cui invitare, 10, massimo 15 persone. Ad essi   verrà offerto un Aperol sola, un Campari sola, uno sptitz sola, l’ovo sola ,(sola, sola, non soda avete letto bene)  un caffè, una tisana con roba strana dentro. Bisogna avere la costanza di organizzare un aperivoto al giorno, curando di invitare gente furbina  convinta di fotterti, mentre invece la fotti tu.

Punto terzo: 
La comunicazione social:
Mai scrivere su Facebook da stanchi, affamati, ubriachi, drogati. Quando volete scrivere  una cosa aggressiva, scrivetela su un documento word. Poi alzatevi andate in cucina, bevete un bicchiere di latte, mangiate due biscotti. Tornate rileggete il testo. Nel 99% dei casi non lo posterete. Ricordate che la reputazione di cazzari si può compromettere  per un solo epic fail.


 Ridete?  Fate bene a ridere, perché questa cosa  è alquanto surreale e ridicola, ma non è inventata.  Salvo qualche piccola modifica è pari pari ciò che raccomanda Renzi ai propri candidati. 

E poi dice che uno si butta a sinistra!



Mercoledì 7 febbraio - Assemblea permanente di lotta per l’acqua

Il Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone promuove l’avvio di una
Assemblea permanente di lotta per l’acqua

L’attività settimanale di sportello del comitato che si svolge il mercoledì dalle 16 alle 18, come più volte ribadito nell’ultimo anno, non è più uno strumento adeguato per proseguire la nostra battaglia per l’acqua pubblica e partecipata. Promuoviamo, quindi, in alternativa l’avvio di un’assemblea permanente a partire da mercoledì 7 febbraio alle ore 18.00 presso la sede dell’associazione Oltre L’Occidente (Largo A. Paleario 7, Frosinone)
Si sta ormai chiudendo il cerchio che vede l’acqua divenire a tutti gli effetti una merce assoggettata alle regole di mercato a beneficio unico delle grandi società quotate in borsa e a discapito della qualità della risorsa e dei servizi alla popolazione.
Da questo modello di gestione dell’acqua sono esclusi i cittadini, chiamati solo a pagare le bollette decise da un’autorità nazionale (L’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico, oggi rinominata ARERA Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente), trasformata appositamente dopo l’esito referendario del 2011 per legalizzare i profitti sull’acqua come voluto dalle multinazionali e come assecondato dalle istituzioni.
Il Referendum del 2011 aveva stabilito l’eliminazione del profitto dei gestori dei servizi idrici e frenato la corsa verso la privatizzazione. Da allora sono cambiati 5 governi, tutti hanno ignorato e contraddetto il referendum favorendo la privatizzazione del servizio idrico e degli altri servizi pubblici locali, e reinserendo in tariffa un profitto garantito ai gestori.
Il comitato non intende fermarsi e prosegue più che mai le attività avviate negli ultimi anni, con l’obiettivo di raggiungere la vera gestione pubblica dell’acqua, fuori dal mercato finanziario.
Continuiamo a sostenere con forza lo strumento legislativo regionale che attua l’esito referendario: la Legge regionale n. 5 del 2014 “Tutela, governo e gestione pubblica delle acque”.
Continuiamo quindi a sostenere la necessità di ripensare interamente gli attuali ATO e di definire al loro posto ambiti territoriali più piccoli in cui poter gestire le risorse idriche in modo realmente sostenibile, per l’ambiente e per le tasche dei cittadini.
Continuiamo a sostenere la primaria necessità di tutelare il ciclo dell’acqua nella sua interezza e difendere le sorgenti presenti nella provincia di Frosinone, sempre più a rischio di “privatizzazione” oppure a rischio di scomparsa o inquinamento per la mala gestione del territorio. 
Continuiamo a sostenere la proposta di un Ambito centrato sul bacino del fiume Sacco, con il quale poter affrontare e risolvere le tante criticità ambientali, sociali ed economiche legate all’acqua, che attualmente sono solo oggetto di slogan per le campagne elettorali.
   Primo incontro: mercoledì 7 febbraio ore 18.00
presso la sede dell’associazione Oltre L’Occidente (Largo A. Paleario 7, Frosinone)

lunedì 5 febbraio 2018

Piccola storia rivoluzionaria del jazz

Luciano Granieri



"Panem et circenses", era   l’espressione con la quale Giovenale, sintetizzava le aspirazioni della plebe romana nell’età imperiale.   Ad essa  bastavano  po’ di generi alimentari,  giochi  - spettacoli,   lotte di gladiatori, esibizioni di belve esotiche, corse di carri rappresentazioni teatrali -  per rimanere tranquilla senza alcuna voglia di contestare l’imperatore. In seguito l’espressione "panem  et circenses" sarà usata proprio per indicare un consolidato escamotage utile a  tenere buono il popolo, o comunque  funzionale alla  sottomissione di un’identità collettiva scongiurando  gli effetti collaterali di una rivolta sociale. In particolare, i "circeneses" i giochi, lo spettacolo sono sempre stati un mezzo per incantare il popolo una narrazione diversa rispetto alla realtà. 

La musica annoverata nella categoria dei  "circenses"  ha però costituito un’eccezione. Spesso,cioè, da elemento di ludica spensieratezza, o mezzo di controllo delle masse, si  è trasformata in veicolo di protesta e inno alla ribellione. Proprio questa è stata una delle caratteristiche originali, fra le tante, che ha dato vita alla musica jazz accompagnando  le vicende degli schiavi importati dall’Africa verso le Americhe.  

Prove di colonizzazione musicale
Già agli albori del ‘500 la Spagna di Re Carlo V,  conquista parte dei territori del nuovo mondo.  Qui,  ancora prima che negli Stati Uniti , si sviluppa un fiorente mercato di braccia africane e non solo.  Nel  1517, con il bene placido del Vaticano, che non solleva obiezioni sulla tratta  degli schiavi e sul loro sfruttamento, circa un milione di lavoratori neri sbarca in Brasile. Il commercio degli schiavi verso le colonie spagnole è già bene avviato. S’impone quindi  un modello di amministrazione delle colonie  finalizzato  all’omologazione culturale e  conseguente asservimento all’occupante   degli schiavi,  delle popolazioni indigene sottomesse. 

  A tale scopo la musica è elemento fondamentale. Serve cioè ad attirare la gente deportata e  convertirla alla religione cattolica,   omologandola al sistema. Un' èlite di specialisti, abili nello scrivere musica polifonica, s’incarica di comporre armonie in grado di coinvolgere gli  schiavi africani, ma anche gli indios, i gitani, e qualsiasi altro gruppo etnico abitasse quei territori, per  distoglierli da ogni proposito di ribellione. 

Spritual
La stessa operazione per  uguali  finalità fu replicata circa  300 anni dopo nelle piantagioni dell’America sudista in cui la popolazione schiavizzata nera era numericamente molto superiore ai padroni bianchi. Nel 1850 gli schiavi nel sud erano circa sette milioni  e appena  347.525 i loro padroni. Per governare una tale massa di gente, era indispensabile un strumento di controllo  basato sull’annessione culturale da affiancare ai metodi consueti basati su   violenza e   prevaricazione. 

Anche in questo caso, come all’epoca  delle occupazioni spagnole del ‘500 il connubio religione –musica parve essere la soluzione.  In capanni costruiti  con tavole grezze  vicino alle baracche nelle piantagioni  si svolgevano le funzioni proprie  della Chiesa  Battista. In esse, da un lato il nero trovava un rimedio  per lenire le frustrazioni e le fatiche del lavoro nei campi, dall’altro il  bianco poteva  imporre a realtà tribali, considerate ignoranti, il rispetto del Dio del "padrone conquistatore" , prefigurando   una cornice   dottrinale in cui il padrone era un semidio, ovvero il tramite fra lo schiavo e Dio, per cui disobbedire al proprio aguzzino, ribellarsi,  significava  disobbedire  e ribellarsi  al Dio stesso. 

In queste chiese  o nei piazzali in mezzo alle baracche era consentito cantare coralmente inni religiosi i cui versi erano ispirati alla Bibbia. Ma lo stile musicale, anziché essere basato su polifonie composte dal padrone conquistatore  -come accadeva nelle terre occupate dagli spagnoli nel ‘500 - era lasciato al patrimonio culturale atavico degli sfruttati. Al ritmo africano si aggiungeva il cantare urlato di certe popolazioni del sud e le armonie europee. Nacque lo Spiritual  una forma assolutamente originale che, proprio per la sua originalità, finì per sfuggire al controllo degli aguzzini.  

Ad una forma di esecuzione rutilante, basata sul battito di migliaia di piedi sui tavolacci di legno delle chiese, alle urla di un canto impetuoso, si aggiungeva una reinterpretazione dei testi della  Bibbia destinati diventare metafora di  battaglia e ribellione.  I sorveglianti spesso non capivano che l’inno di lode a Dio si trasformava in incitazione alla sollevazione o, se lo capivano, facevano finta di nulla. Accadde così che fra i pastori neri incaricati di guidare la funzione  (all’inizio erano solo bianchi,   ma poi tale compito  fu concesso anche ai neri), qualcuno diventasse un vero e proprio capo rivolta.Nel 1831 uno di questi ,Nat Turner , capeggiò una sollevazione  a Southampton in Virginia il cui bilancio fu  di   ben 56 vittime  fra  i bianchi. L’intervento dell’esercito   soffocò nel sangue la ribellione.



Work Song
Dalla Chiesa Battista, il canto egemone  di controllo  si estese nelle aree di lavoro. Il work song, basato, più o meno, sulle stesse cadenze ritmiche dello Spiritual e del  Gospel (forma simile allo spiritual ma di carattere non esclusivamente religioso) , era utilizzato , da un lato per coordinare meglio i  movimenti  dei lavoratori impegnati in sforzi collettivi, dall’altro consentiva al padrone, o al sorvegliante, di capire, ascoltando cantare,  se  chi lavorava  lontano dal posto di sorveglianza  era presente o meno. Il work song, era una forma comune sia ai bianchi che ai neri. Le parole pronunciate nei canti risultavano spesso sarcastiche e irridenti verso i padroni. In molti casi  incitavano alla fuga e alla ribellione. Il work  song ebbe diffusione anche nei porti e sulle navi. Proprio fra gli  scaricatori attivi nei porti, ed in particolare in quello di New Orleans,avvezzi alla forme di chiamata e risposta proprie  del work song crebbero musicisti che, in particolare  nella città del Delta, riscossero uno straordinario  successo .Uno di questi fu  Jelly Roll Morton.

 E’ da sottolineare come il work song era intonato  sia nei campi di cotone che nelle città portuali. Spesso chi scappava dalla dura realtà delle piantagioni  vagabondava alla ricerca di nuove opportunità nei porti, per cui il canto di lavoro divenne un’espressione comune , nel  sud , e in   tutti gli Stati Uniti trasformando le traversie di mansioni schiavizzanti, da   romanzi personali, in storie collettive riguardanti sia  neri che    i bianchi.




Il Blues
Un altro tentativo di cooptazione  musicale tentato ai danni degli schiavi al fine di indurli all’acquiescenza consistette  nel sequestrare  loro gli strumenti musicali a percussione per evitare che potessero esprimersi  nel  loro atavico bagaglio culturale. Un’azione  inutile. Infatti  gli schiavi, mentre ricostruivano i loro tamburi, continuavano  a diffondere la loro cultura musicale attraverso il solo canto. Un canto improvvisato,  contente  forme armoniche tipiche della musica araba. Le  popolazioni deportate dall’area sub-sahariana erano di origine musulmana dunque profondamente influenzate dalle armonie arabe. Esse,   una volta deportate in America,    fusero il loro linguaggio con  la poliritmia  tipica delle popolazioni prelevate dalla parte costiera della Slave Area Africana.

Questo canto fu uno degli elementi principali  del blues arcaico. Dunque dal sequestro di un armamentario strumentale, nacque una forma musicale originale, anch’essa veicolo di condivisione dei propri intimi stati d’animo:   come la  paura, la voglia di scappare dalla propria condizione di schiavo, la  denuncia per le ingiustizie subite. In buona sostanza, un’altra espressione  musicale di protesta. Una forma talmente potente che darà seguito ad  altri  stili ribelli    come il rock n’roll , almeno fino a quando quest’ultimo  non verrà fagocitato dalle predatorie fauci dello show-business.

A proposito di show-business, questo fu lo strumento  forse più infido ed efficace   con cui si provò, in parte riuscendovi, a trasformare    la musica di ribellione a prodotto utile per  fare un sacco di soldi, a beneficio dei bianchi evidentemente.  Una delle prime vittime fu proprio, per certi versi, il blues. Negli anni ’20 le case discografiche,  gestite sempre da bianchi, in cerca di nuovi affari, scoprirono la redditività del canale nero. Cominciarono cioè a pubblicare dischi solo per il mercato afroamericano, nacquero   i  Race Record (dischi della razza). Nel 1920 Crazy Blues di Mami Smith vendette per mesi circa 8000 copie a settimana, con sommo gaudio della Okeh.

In questo caso però la necessità commerciale rese un servizio alla rivendicazione  nera. Grazie ai Race Record le ingiustizie subite e denunciate dai neri, si diffusero per tutta l’America e forse contribuirono a costruire una coscienza condivisa sulla necessità di intraprendere una lotta più incisiva sui diritti civili.



Swing era, il rifusso
In seguito proprio il successo commerciale rappresentò la più seria minaccia al depotenziamento del messaggio insito nella nuova musica. Dopo la grande depressione, un'espressione   musicale originale, culturalmente rilevante, rappresentazione di un popolo oppresso, non solo per etnia ma anche  soprattutto per classe economica ,  fu derubricata a semplice musica da ballo. Le orchestre bianche degli anni ’30 s’incaricarono dell’operazione. Depurarono la struttura musicale dalle scorie,  per così dire, nere e lasciarono solo un’impalcatura ritmica tesa a  riprodurre quell’esotismo africano da esibire come effetto emozionale preconfezionato , ad uso e consumo di una platea esclusivamente bianca.  Alcuni musicisti neri trovarono posto come star nelle orchestre bianche, ma rivestivano il ruolo dell’animale selvatico da esibire come una belva nello zoo, dovevano usare l’entrata di servizio per accedere ai locali dove suonavano ed alloggiare in posti diversi rispetto ai loro compagni d’orchestra bianchi.  Fra questi ricordiamo la Billie Holiday, a suo modo molto rivoluzionaria, confinata nella gabbia dell’orchestra del bianchissimo Artie Shaw e Roy Eldridge, anch’egli funambolo  della tromba relegato ad attrazione circense  nella formazione di Gene Krupa.  


Be Bop
Fu proprio la frustrazione di questi straordinari musicisti neri che portò al "sol dell’avvenire" di un nuovo stile rivoluzionario. Quello in cui si suonava non per far ballare, o per compiacere un pubblico bianco, ma per riappropriarsi delle proprie radici e combinarle con una struttura musicale veramente rivoluzionaria, assolutamente nera.  Fu la rivoluzione del Be Bop, cui Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Kenny Clarke, e Thelonius Monk , furono gli assoluti capiscuola, e messaggeri .  Uno stile dirompente rivoluzionario non per le parole, i brani non prevedevano quasi mai un intervento canoro, ma per la destrutturazione ritmica e musicale, dove gli stessi strumenti ritmici uscivano dalla loro semplice funzione di mantenere il tempo, e gli strumenti armonico-melodici, si prendevano poche note di un tema per stravolgerlo, renderlo irriconoscibile.

Fu una prima forma di  rivendicazione, del tutto musicale  evidentemente, in cui i neri non solo reclamavano  la parità di diritti, ma intendevano   imporre perfino una superiorità culturale. La nuova musica si diffuse anche in Europa,anzi fu li che trovò maggiore successo ed ebbe la capacità di coinvolgere altre espressioni artistiche, letterarie e figurative, ebbe addirittura la forza di imporre un vero e proprio stile di vita rivoluzionario , basato su rifiuto degli stilemi borghesi quello della beat generation.  I boppers, forse inconsapevolmente, riuscirono  con la loro arte, profondamente politica  ad elevare il  livello della ribellione nera .



Free Jazz  e Rhythm Blues profumi  diversi di rivolta musicale

Dopo che ancora una volta il musical business provò a spazzare via questa pericolosa svolta, riuscendo però a preservare quegli stilemi che caratterizzarono il jazz dagli anni ‘40 in poi, arrivò il momento di una maggiore coesione fra musica di protesta  e politica. Ci riferiamo al ventennio  compreso fra gli anni  ’60 e ’70. Anche in questo caso la rivoluzione partiva  dalla struttura musicale, resa ancora più libera svincolata da costruzioni  ritmico armoniche definite.   Era  l’epopea del free jazz che però avrà il limite di essere troppo sofisticato , colto , lontano  dall’urlo dei Black Panther . Fu invece il Rhythm and blues,  una particolare evoluzione del blues, più cattiva supportata dalle forti amplificazioni degli strumnti  a diventare la colonna sonora delle rivolte di Harlem e di tutti gli altri  ghetti.  ad accompagnare i discorsi di Malcom -X . Furono le chitarre elettriche,  i   riff mozzafiato,  le canzoni urlate nei microfoni a ribadire che neri, bianchi, gialli, rossi, ricchi, poveri, uomini, donne, gay dovevano avere gli stessi diritti. Ma al contrario del free-jazz proprio la semplicità della struttura tipica del Rhythm and blues ne decretò la normalizzazione e la sterilizzazione  all’interno del musical business.



Jazz Rock

In realtà alla nostra storia andrebbe  aggiunta una sperimentazione, dalle origini del tutto svincolate da qualsiasi intento di rivendicazione politica, ci riferiamo al jazz-rock. Fu Miles Davis a tentare la via di una fusione delle dinamiche jazzistiche con le figure elettriche ed elettroniche tipiche del rock. L’album Bitches Brew, fu la straordinaria sintesi di tale progetto. Proprio al jazz-rock in particolare in Europa ed in Italia, diversi gruppi si ispirarono per proporre una musica nuova, fatta anche di rivendicazione politica.  Una corrente che andò a combinarsi con un rinnovato impegno proposto da cantautori e autori provenienti dal rock e dal pop che si contaminò col progressive  . Ma qui siamo fuori dalle tematiche  sulle quali avevamo basato questo testo che voleva descrivere come nella storia della musica, ed in particolare del jazz ,spesso un’espressione  usata come strumento di egemonizzazione culturale, e controllo del conflitto sociale si sia trasformata nell’esatto contrario,   cioè strumento di rivolta.

domenica 4 febbraio 2018

And Here I Am»: da Jenin alla Norvegia e ritorno

Monica Macchi

Il teatro è un’arma seria,
anche più potente di una pistola,
perchè puoi usarlo
per cambiare il modo in cui la gente pensa
Juliano Mer Khamis


Ahmed Tobasi è nato nel campo profughi di Jenin ed è cresciuto sotto l’occupazione israeliana. Diventato membro della Jihad, finisce in carcere in detenzione amministrativa a soli 17 anni; liberato dopo quattro anni, cambia completamente la sua vita grazie al folgorante incontro con Juliano Mer Khamis e il teatro.

“And Here I Am” racconta il viaggio di Ahmed alla scoperta di sé e della propria identità fra la prima e la seconda intifada ed il suo percorso da combattente ad artista a rifugiato dalla Cisgiordania alla Norvegia… e viceversa.

Scritta da Hassan Abdlrazzak e diretta dalla regista inglese Zoe Lafferty, è una storia che fa divertire, commuovere e indignare con una sequela di episodi tragicomici vivacizzati con musica, danza e animazione sullo sfondo delle foto di tanti, troppi amici uccisi – fra cui Juliano Mer Khamis fondatore del Jenin Theatre ammazzato nel 2011 proprio mentre stava entrando in teatro.

Sul palco pochi oggetti utilizzati per ricreare fisicamente ambiti e spazi dello spettacolo e soprattutto gli effetti sonori di Max Pappenheim che ti immergono nel traffico e nei check point prima di catapultarti in carcere.

Questo progetto è stato ideato da un collettivo legato all’associazione Developing Artists per informare ed educare la comunità britannica e internazionale sulla realtà dei giovani palestinesi e sulle loro effettive opportunità di migliorare o superare le difficili situazioni in cui si trovano costretti a vivere.

La produzione è stata eseguita in inglese nel Regno Unito, ma sarà presto disponibile anche in arabo: infatti, visto il grande successo, sarà presentato al pubblico di Jenin prima di girare in tour in Cisgiordania per tutto il 2018… Arriverà anche in Italia?

(*) ripreso da www.peridirittiumani.com
(**) cfr Arna’s Children – Danniel Danniel, Juliano Mer-Khamis, Arna’s Children e scor-data: 4 aprile 2011
( Fonte: peridirittiumani.com )