Mauro Buccheri
Riflessioni sul M5Sche perde il suo guru Casaleggio
Giorni fa è deceduto Gianroberto Casaleggio, fondatore del Movimento cinque stelle. Le varie forze politiche borghesi e i diversi organi di “informazione” di sistema, anche quelli che in questi anni lo hanno attaccato, ovviamente non da una prospettiva anticapitalista ma da quella della competizione interna al sistema stesso, hanno dedicato ampio spazio alla notizia della sua morte. Se leggiamo le dichiarazioni ufficiali in merito dei politicanti dei vari schieramenti, il denominatore comune è il moralismo ipocrita, che si traduce nella manifestazione di “rispetto” e “stima” per il grande “innovatore” politico - al di là del “dissenso su molte cose”, come specifica ad esempio il premier Matteo Renzi - e nel “cordoglio" generale per la perdita.
Su questo tenore, infatti, si pongono in maniera pressoché identica le dichiarazioni dei vari Mattarella, Renzi, Maroni, Razzi, Bertolaso, Boldrini, Fassino, Emiliano, Ferrero ecc: un coro unanime, dalla maggioranza alla minoranza del Pd, da sinistra a destra, da Rifondazione Comunista alla Lega (1). Ed anche alcuni “intellettuali illuminati”, come ad esempio Dario Fo, hanno espresso il loro dispiacere, sottolineando l'”umanità” e la “generosità” del defunto leader del M5s ed esprimendo preoccupazioni per le conseguenze che questa morte possa avere sulla tenuta del Movimento.
Casaleggio e il suo progetto politicoDa comunisti abbiamo analizzato fin da subito da una prospettiva di classe il contenitore politico creato da Casaleggio, prendendo nettamente le distanze da quello che consideriamo un fenomeno populista e reazionario, e mettendo nel frattempo in guardia quegli attivisti e quei settori della sinistra e della classe operaia che via via si lasciavano suggestionare dalle sirene del grillismo (2). Effetti di una confusione alimentata dall'ideologia dominante nonché dagli agenti della borghesia nel movimento operaio e delle grandi e piccole burocrazie che nel M5s hanno cercato la sponda, cioè dai dirigenti della sinistra politica riformista (Rifondazione) e dalle direzioni di alcuni sindacati “di base”.
Sebbene il M5s si sia sempre definito opportunisticamente “né di destra né di sinistra”, per cercare di raccogliere un consenso quanto più largo e trasversale possibile, noi consideriamo il grillismo come un fenomeno populista di destra, pur circoscrivendolo rispetto ad esperienze politiche similari nel tempo e nello spazio, caratterizzazione che ha trovato continue conferme nella realtà concreta: dalle esternazioni xenofobe dei leader del Movimento agli accordi a livello europeo con l'Ukip di Farage e altre forze di destra nazionaliste.
La democrazia borghese come unico orizzonte possibile del grillismoI grillini, del resto, si sono sempre limitati ad attaccare la “casta” politica - almeno a parole, salvo poi riprodurla laddove sono entrati nelle istituzioni - senza mai mettere in discussione il sistema economico vigente, cioè il capitalismo, un sistema, fondato sullo sfruttamento di una minoranza parassitaria sull'immensa maggioranza, che i politicanti si limitano a gestire assecondando - dietro lauti compensi – i diktat dall'alto di banche e multinazionali cui devono render conto.
I pentastellati utopizzano, come hanno sempre fatto tutte le forze di sistema (che siano di destra, di sinistra, o “né di destra né di sinistra”), un capitalismo “buono”, dal volto umano, in cui evidentemente il padronato possa sfruttare ma con umanità – e nel rispetto della legalità! - la classe lavoratrice (con non troppa umanità, a dire il vero, visto il supporto dato da Grillo ai padroni che delocalizzano, ad esempio rispetto alla vicenda Electrolux)!
Nascondendo la natura di classe dello Stato, e cioè il fatto che quest'ultimo non è neutro e super partes – come vuole un luogo comune diffuso dalla borghesia - ma funzionale agli interessi delle classi dominanti, i grillini hanno continuato ad illudere le persone rispetto alla riformabilità del sistema attraverso le vie istituzionali, creando non pochi danni rispetto allo sviluppo delle lotte nelle piazze e nei luoghi di lavoro, l'unica via che può spianare la strada al cambiamento, e assumendo dunque la funzione di tappo rispetto allo sviluppo del conflitto sociale a tutto vantaggio dei padroni.
Coerentemente a questa linea, i grillini hanno celebrato la “legalità” (come se anche questa fosse qualcosa di neutrale e non piuttosto il prodotto dell'attività di parlamentari e governanti, cioè dei servi dei poteri forti), e hanno civettato con le “forze dell'ordine” e la magistratura, cioè coi principali apparati di repressione dello Stato borghese. E, in certi frangenti, hanno persino scavalcato a destra le forze borghesi al governo, arrivando a sdoganare il “fascismo delle origini”, come nel caso della parlamentare Lombardi, ed aprendo le porte del Movimento alle forze di estrema destra. Il tutto mentre i vari Grillo e Di Battista (3) si sono sempre rifiutati accanitamente di definirsi “antifascisti”, con l'argomento – di per sé indicativo del livello profondo di ignoranza politica se non di malafede - che il fascismo sarebbe ormai “superato” e consegnato definitivamente ai manuali di storia.
L'ascesa di Casaleggio: un “innovatore” della politica?Tornando a Casaleggio, in un articolo di tre anni fa (al quale rimandiamo; 4) ci concentrammo sulla sua figura e su come avesse costruito il Movimento 5 stelle, un (non) partito-azienda di cui il fu Gianroberto è stato il vero organizzatore, forte della sua grande esperienza in campo di comunicazione e marketing via internet. La stessa scelta di utilizzare il vulcanico Beppe Grillo (col quale ha gestito in questi anni in maniera verticistica il M5s) come uomo immagine rispondeva a una precisa strategia mediatica.
La stampa di sistema negli ultimi giorni si è esercitata nel ripercorrere l'ascesa di Casaleggio, dalla Webegg spa alla fondazione della Casaleggio associati (5), celebrandone il successo imprenditoriale. Ovviamente, la borghesia decanta i suoi sedicenti self made man, ieri i Berlusconi, oggi i Casaleggio. Per motivi diametralmente opposti, e quindi dalla prospettiva di una classe diametralmente opposta, noi abbiamo visto invece in Casaleggio l'imprenditore miliardario che promuove interessi opposti a quelli delle classi subalterne. Abbiamo visto in Casaleggio l'uomo che ha iniziato la sua carriera politica a braccetto con Forza Italia (6), che è entrato in competizione coi leghisti per l'interlocuzione con la borghesia imprenditoriale del Nord Est, che ha preso posizione a favore del reato di clandestinità (posizione che ne dimostra pienamente la grande umanitàattribuitagli dagli intellettuali della borghesia buona!; 7). Un innovatore dunque certamente rispetto alla forma - in quanto inventore dei meetup e della sedicente “democrazia della rete” in cui uno varrebbe uno - ma non nella sostanza del suo progetto politico, profondamente reazionario.
L' “onestà” per il grillismo e per i comunisti
Al funerale di Gianroberto Casaleggio, il pubblico presente gridava commosso: “onestà, onestà!”. Ma l''“onestà” proposta da Grillo è quella che al massimo si limita al rispetto della legalità borghese, è quella che facendo leva sulla “legalità” stessa ritiene legittimo ad esempio che un padrone delocalizzi, licenziando i lavoratori e spostando l'impresa in altri Paesi, per meglio sfruttare nuovi operai e tenere alti i profitti. L'“onestà” dei Casaleggio è quella che riconosce il “diritto democratico” dei fascisti di potere esprimere liberamente le loro posizioni, che reputa giusto che una persona che fugge dalla miseria e dalla fame – benefici umanitari degli Stati imperialisti – sia considerata “clandestina” e venga dunque espulsa dai civili Paesi occidentali per essere rispedita al suo inferno di provenienza. In sintesi, la loro onestà è quella di chi nei fatti accetta, e difende, la proprietà privata dei mezzi di produzione e distribuzione della ricchezza, origine delle profonde diseguaglianze economiche e sociali esistenti in tutto il mondo (e che per il grillismo, nella migliore delle ipotesi, si tratta semplicemente di ridurre); è l'“onestà” di chi legittima l'esistenza nella società di sfruttatori e sfruttati.
Siamo fieramente nemici di classe di questa “onestà” ipocrita e borghese. L'unica “onestà” che da rivoluzionari riconosciamo è quella di chi lotta contro questo sistema economico disumano, causa ultima – a tutte le coordinate geografiche - di sfruttamento, oppressione e miseria generalizzati. Riteniamo “onesto” chi rifiuta la mercificazione dell'essere umano, chi non riconosce frontiere fra le persone nel globo terrestre, chi non distingue fra nativi e stranieri, fra persone “regolari” e “clandestini”, chi lavora alla costruzione di un mondo diverso, senza padroni né schiavi, un mondo finalmente libero da ogni forma di sfruttamento e oppressione.
Note