Rigenerare Frosinone
La formulazione della richiesta di rinvio a giudizio per i vertici amministrativi e di controllo di ACEA-ATO5- depositata il 25 febbraio scorso presso il Tribunale di Frosinone, a seguito delle indagini condotte dai Pubblici Ministeri Dr. Adolfo Coletta e Dr. Vittorio Misiti –costituisce il quadro preciso delle dinamiche insite nella privatizzazione di un bene comune come l’acqua e il danno che essa arreca ai cittadini.
Nel documento si chiede di accertare processualmente reati commessi al fine di: “Far conseguire -così si legge nell’atto di accusa - ad ACEA, e ad altre società del gruppo ACEA, un ingiusto profitto derivante dalla gestione illecita del servizio idrico integrato nell’ATO5, attraverso più azioni ed omissioni dal medesimo disegno criminoso. "
Come sempre ribadito dai comitati per l’acqua della Provincia di Frosinone e da altre associazioni che da decenni si sono battuti, e si battono, per l’erogazione pubblica e partecipata della risorsa idrica, il profitto è ingiusto solo per il fatto che si debba realizzare su un bene necessario alla vita delle persone, così come sancito dal referendum del 2011. In questo senso l’acqua non è che un elemento al quale possiamo aggiungere: la salute, l’istruzione e la salvaguardia sociale.
I PM aggiungono, al danno sociale accertato dai movimenti, quello derivante da un - cosi lo definiscono - “disegno criminoso”. La formulazione dell’accusa di peculato, esplica come il principale obiettivo delle lobby finanziarie, e della multinazionale in questione, sia assicurare i profitti degli azionisti ad ogni costo. Questo è il mantra a cui obbedire, sacrificando tutto, compresa la qualità del servizio verso i cittadini indispensabile per una vita dignitosa.
In particolare si accusano i vertici di ACEA del mancato trasferimento su un fondo di ATO5, quindi dell'ente pubblico, delle quote derivanti da una parte della tariffa di depurazione. Tale fondo, come da obbligo legale e da disciplinare tecnico, era necessario a finanziare gli interventi di manutenzione e riparazione della rete. Le quote in questione, invece, hanno preso un'altra strada: sono magicamente finite nelle tasche degli azionisti, per un importo totale di 53 milioni e seicento mila euro calcolato per il periodo 2009- II trimestre 2017.
Dunque si accusa Acea di furto privato ai danni del pubblico. Cioè aver arricchito i propri azionisti con i soldi necessari a riparare la rete distributiva, incuranti del fatto che, ad oggi, il 70% della preziosa risorsa idrica si perde per strada.
Un altro elemento, fra i tanti, che emerge dalle indagini dei PM è come la tariffa inusitatamente lievitata, tre volte superiore a quanto pagano le altre province del Lazio, sia illegittima. Essa sarebbe frutto di false comunicazioni ad ARERA (l'ente di controllo che la determina) , inerenti i costi operativi. In base alla legge, più questi sono elevati, più la tariffa è alta. Nell'accusa di falso in bilancio si contesta l'inserimento di spese e addebiti inesistenti, con la mancata segnalazione delle entrate attive, proprio allo scopo di aumentare fittiziamente le spese operative.
Ciò che i PM espongono nella richiesta di rinvio a giudizio dei vertici di Acea ATO5 non fa altro che corroborare tutte gli abusi e le storture denunciate dai movimenti per l'acqua e da altre associazioni, in decenni di proteste, contro la multinazionale. Istanze raramente accolte, o al massimo strumentalizzate a fini elettorali, dai gruppi politici e dalle istituzioni locali, che mai hanno operato per ottenere l'unico vero risultato plausibile: la rescissione per colpa del contratto con Acea e la gestione della risorsa idrica attraverso un ente pubblico partecipato dai cittadini.
Ci piace pensare che sia stata proprio l'azione dei movimenti, insieme alla protesta dei cittadini, ad indurre i PM a condurre le indagini e richiedere il rinvio a giudizio, la cui udienza per l'eventuale concessione è stata fissata, dal giudice per le indagini preliminari Dott. Antonio Bragaglia Morante, il 26 ottobre 2021.
Ma ciò che si può affermare con ancora più forza è che il confine sul profitto legale e illegale è estremamente labile. Esso è comunque sempre illegittimo, quando proviene dall'azione malevola di multinazionali private alle quali una politica, succube dei comitati d'affari liberisti, ha ceduto la vita delle comunità.
Ciò dovrebbe far riflettere. La vicenda di Acea, non costituisce un'eccezione ma è lo sviluppo di una dinamica consolidata nella vulgata capitalista e liberista per la quale i privilegi di pochi ricchi speculatori prevalgono sui diritti universali di tutti.
Proprio per questo Rigenerare Frosinone invita cittadini, movimenti , associazioni (quelli già attivi e quelli che vorranno aggiungersi) a proseguire la lotta. Andando oltre la contestazione al singolo sopruso prevaricatore da parte di una lobby privata ai danni dei cittadini, per impegnarsi, con forza, a mettere in discussione il sistema capitalista, liberista e ordoliberista, elargitore di questi frutti avvelenati che stanno dispensando, anche nella nostra terra, diseguaglianze, povertà e disagio sociale.