Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 28 aprile 2018

Per un 1° Maggio di lotta! Contro tutti i governi! In difesa della rivoluzione socialista!

Dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale



132 anni fa la borghesia nordamericana condannò a morte gli operai che lottavano per una giornata di lavoro più corta. Il movimento operaio trasformò il 1° Maggio in un riferimento internazionale di lotta contro la borghesia.
Le burocrazie sindacali e i partiti riformisti cercano di trasformare questa data nel suo opposto, in un giorno di fraternizzazione con la borghesia i suoi governi. Noi diciamo no! Oggi esistono sempre più motivi per lottare contro la borghesia e i suoi agenti.
I salari continuano a diminuire in termini reali in tutto il mondo. Esiste una precarizzazione sempre maggiore dei contratti di lavoro, con attacchi al diritto alle ferie e alla pensione. La scuola e la sanità pubblica vengono smantellate.
Gli immigrati soffrono l'oppressione xenofoba dei governi e le condizioni umilianti di lavoro. Già oggi sono la maggioranza in molti settori nei Paesi imperialisti. È necessario impedire che i governi dividano l'insieme dei lavoratori dagli immigrati. Gli immigrati non sono colpevoli della disoccupazione, semmai lo è la borghesia. Come dice il testo dell'Internazionale “Paz entre nós, guerra aos senhores” [nella versione brasiliana, che riprende l’originale francese di Eugène Pottier; ndt.
Il crescente numero di assassinii di donne, la violenza poliziesca brutale contro i giovani di pelle nera, l'assassinio di LGBT segnano la quotidianità di tutte le città del mondo. L'oppressione nazionale continua ad approfondirsi come dimostrano la Catalogna e il Kashmir.
Esiste una repressione sempre maggiore delle lotte, con la criminalizzazione dei movimenti sociali e la persecuzione dei loro dirigenti, come l'assassinio di Marielle Franco in Brasile e la persecuzione di Sebastian Romero in Argentina dimostrano.
Il quadro entro cui si inseriscono questi attacchi è delineato dalla volontà delle grandi imprese multinazionali di imporre ai lavoratori un arretramento di 150 anni nelle conquiste, per far pagare loro i costi della crisi economica apertasi nel 2007-2009. Per questo, governi borghesi di destra e di “sinistra” applicano piani sempre più duri e reprimono sempre di più i lavoratori.
Non c'è motivo di celebrare la situazione attuale dei lavoratori. Ma esistono lotte importanti dei lavoratori contro lo sfruttamento. In tutto il mondo crescono esempi di scioperi importanti, scioperi generali, grandi mobilitazioni nelle piazze e persino insurrezioni popolari contro questa serie di attacchi alla condizione lavorativa.
Esiste una vera guerra sociale delle multinazionali contro i lavoratori. Mentre non esiste una risposta su vasta scala dei lavoratori contro la borghesia perché i partiti riformisti e le burocrazie sindacali sono alleate dei governi borghesi.
Il 1° Maggio del 2018 cade in un momento di polarizzazione della lotta di classe e di instabilità politica crescente in tutto il mondo. È necessario che sia un giorno di affermazione delle lotte dei lavoratori e della loro indipendenza dalla borghesia.
Trump è il vero volto dell’imperialismo!
Il governo imperialista ha la faccia dell'ultradestra xenofoba, razzista, maschilista, LGBTfobica di Trump. Il volto più visibile dell'imperialismo è quello di questo governo che attacca gli immigrati, vuole distruggere i sindacati negli Stati Uniti, appoggia il trasferimento della capitale israeliana a Gerusalemme con un chiaro intento provocatorio contro i palestinesi.
Ora Trump ha realizzato un attacco militare contro la dittatura di Assad in Siria, dopo avere avvisato Putin e lo stesso Assad. Noi ripudiamo questo attacco imperialista. Nulla di buono verrà dall'imperialismo. Trump fa questa pantomima militare solo per partecipare da migliori posizioni alle negoziazioni con Assad. Sono i siriani stessi che devono abbattere la dittatura genocida di Assad.
Ma il peso dell'imperialismo non si esaurisce in Trump. L’Unione Europea è l'altro pilastro dell'imperialismo mondiale, che cerca di presentarsi come una versione “democratica” ma è la base dell'imposizione dell'imperialismo tedesco sulle masse popolari d'Europa e del mondo.
L'imperialismo si esprime anche nei piani di austerità imposti da tutti i governi del mondo al servizio delle multinazionali. Il mondo vive un'intensificazione impressionante dello sfruttamento, al servizio di alcuni monopoli internazionali. La povertà si estende a livelli mai visti.
Nessuna fiducia nei governi borghesi, di destra o di “sinistra”
La polarizzazione mondiale della lotta di classe si esprime in governi dei partiti di destra come quelli di Trump, Macron (Francia), May (Inghilterra), Rajoy (Stato spagnolo), Macri (Argentina), Temer (Brasile), Santos (Colombia), Juan Orlando Hernandez (Honduras), Modi (India), Abbasi (Pakistan) e molti altri. Sono governi identificati dai lavoratori come loro nemici, per tutti gli attacchi durissimi già sferrati.
Ma i lavoratori non possono lasciarsi ingannare dai governi borghesi di “sinistra” che applicano gli stessi piani neoliberali dell'imperialismo. Così hanno agito i governi del Pt (Brasile) come così agiscono i governi di Maduro (Venezuela), Evo Morales (Bolivia), Cerém (Fronte Farabundo Martí, El Salvador) Ramaphosa (Anc, Sudafrica) Costa (Ps, Portogallo). Essi usano il peso che continuano ad avere tra i lavoratori per impedire le lotte e applicare piani neoliberali.
Il governo Ortega in Nicaragua ha cercato di imporre una riforma delle pensioni simile a quelle degli altri governi borghesi e con la stessa brutale repressione, uccidendo 25 persone.
Il governo Maduro in Venezuela, appoggiato da gran parte dei partiti riformisti di tutto il mondo, è un simbolo di questa “sinistra” decadente. Si tratta di una dittatura borghese corrotta, che affronta solo verbalmente l'imperialismo mentre mantiene le multinazionali nello sfruttamento congiunto del petrolio. Il Venezuela vive una brutale crisi economica, dopo quasi 20 anni di chavismo al potere. Una nuova borghesia sorta dal chavismo - la boliborghesia - conduce una vita lussuosa mentre i lavoratori guadagnano un salario minimo che equivale a un dollaro al mese.
I lavoratori non possono farsi ingannare dalla falsa polarizzazione “sinistra contro destra”. La polarizzazione reale è tra l'attacco dell'imperialismo basato sui governi di tutto il mondo e la reazione dei lavoratori. Vogliamo unire i lavoratori nelle loro lotte contro i governi borghesi, e non comporre blocchi con settori borghesi che impongono gli stessi piani economici.
La polarizzazione della lotta di classe sta portando anche allo sviluppo di gruppi fascisti, come è emerso a Charlottesville e Berkeley negli Stati Uniti, nell'attacco ai dalit in India, e negli episodi recenti in varie parti d'Europa. I fascisti sono differenti dall’ultradestra perché difendono l'utilizzo di metodi da guerra civile di repressione contro i lavoratori, la proibizione dei sindacati e dei partiti operai. Contro il fascismo occorre che ci sia una reazione all'altezza, che affronti direttamente nelle piazze i fascisti per evitare che crescano, come si è fatto a Charlottesville e a Berkeley.
Per questo non si può accettare la vecchia manovra dello stalinismo (oggi accettata da gran parte della “sinistra” del mondo) di fare appello a un “fronte antifascista” contro i governi della destra per giustificare un fronte elettorale con gli stessi partiti riformisti che sono stati o sono nei governi borghesi di “sinistra”, con gli stessi vizi di autoritarismo e corruzione.
Questo 1° Maggio vogliamo fare appello ad un'ampia unità d'azione, ma nella lotta diretta dei lavoratori contro tutti gli attacchi dei governi borghesi, siano di destra o di “sinistra”. E, allo stesso tempo, affinché la lotta dei lavoratori avanzi, vogliamo altresì smascherare i difensori dell'unità politica con settori della borghesia. Vogliamo smascherare i partiti riformisti e le burocrazie sindacali, che servono solo a dividere quelli che vogliono realmente lottare.
È necessario costruire nuove direzioni
Le burocrazie sindacali alleate dei padroni e corrotte ricoprono lo stesso ruolo. Ostacolano le mobilitazioni dei lavoratori, essendo in realtà alleate della borghesia. Per lottare contro la borghesia e i suoi governi, è necessario mobilitare la base anche per ribellarsi contro queste burocrazie, come già sta avvenendo in molte parti del mondo.
Per questo, le lotte stanno generando nuove direzioni dei sindacati e nuovi organismi di lotta come la CSP-Conlutas (Brasile), che raggruppa circa 200 sindacati. In Paraguay esiste il Frente sindical e social che raggruppa sindacati combattivi come quello dei lavoratori dell’azienda elettrica, e il movimento popolare. In Argentina hanno cominciato a svilupparsi nelle regioni le Coordinadoras de Lucha contro le riforme. In Costa Rica è sorto il Sitrasep che è l'unico sindacato dei lavoratori privati con un atteggiamento combattivo e classista. A El Salvador è sorta la Coordinadora, che raggruppa 12 sindacati in un polo di lotta. No Austerity in Italia è oggi un riferimento delle lotte che esistono, come il grande sciopero di base degli insegnanti. Nello Stato spagnolo, Cobas-Madrid unisce il sindacalismo contro le burocrazie della Ugt e delle CCOO. Esistono processi simili che stanno nascendo in Francia (Front Social) negli Stati Uniti (WSAN), e in altri luoghi. La Rete sindacale internazionale di solidarietà e Lotta è un polo che raggruppa il sindacalismo alternativo di tutto il mondo.
I partiti riformisti presentano ai lavoratori solo le stesse formule già usate per cercare di ottenere piccole riforme (sempre minori), mantenere il capitalismo, e incanalare tutto verso le elezioni borghesi. Questo è già stato testato, e i risultati sono sempre gli stessi. I partiti della socialdemocrazia in Europa hanno aiutato ad applicare dal governo o dall'opposizione i piani neoliberali nel continente. Ora è la volta del nuovo riformismo di Syriza che fa lo stesso in Grecia. Il governo di Ps, Pc e Bloco de Esquerda in Portogallo continua ad essere appoggiato da tutti i partiti riformisti del mondo. È presentato come una “novità”, nonostante mantenga tutti i punti essenziali dei piani neoliberali dei governi precedenti, con la scusa che non sferra nuovi attacchi. I governi del Pt in Brasile hanno garantito profitti record alle banche e alle multinazionali e sono stati applauditi dall'imperialismo, fino a che il Pt non ha perso la sua base tra i lavoratori. Così è stato per i governi del kirchnerismo in Argentina, del Frente Farabundo Martí a El Salvador, dell’Anc in Sudafrica. Il risultato è lo stesso: piani neoliberali, repressione e corruzione.
Basta con le vecchie finzioni riformiste! È necessario puntare verso una rivoluzione socialista. Questo è il nuovo cammino che si apre a partire dalla crisi economica, dalla polarizzazione della lotta di classe e dalla crisi del riformismo. Alcuni diranno che questa è un'utopia. Non lo è. Questo è essere realisti. Utopia è pensare che sia possibile migliorare la vita dei lavoratori dentro il capitalismo.
Per avanzare verso una rivoluzione socialista è necessario costruire partiti rivoluzionari in ogni Paese e un'Internazionale rivoluzionaria in tutto il mondo.
Viva il Primo Maggio, giornata internazionale di lotta dei lavoratori!
Contro i piani economici di austerità!
Pieno appoggio a tutte le lotte dei lavoratori in tutto il mondo!
Proletari di tutto il mondo, unitevi!
In difesa della rivoluzione socialista!

venerdì 27 aprile 2018

Festa d'Aprile in Ciociaria

Luciano Granieri




E’ stato un 25 aprile perfetto quello di   Ciociaria? Non proprio.  La  perfezione è ancora lontana , però si può dire che il sol dell’avvenire incomincia   a sorgere. Il sole indubbiamente c’era, e pure potente, l’avvenire? A giudicare dalla manifestazione organizzata dalla sezione ANPI di Frosinone, anche.  Infatti non è vero,  come si dice, che la resistenza è diventata roba da vecchi nostalgici, una storia ai quali i giovani ormai non sono più interessati.  Gli interventi dei militanti delle associazioni giovanili invitate si sono rivelati, oltre che interessanti ,documentati. 

I “Partigiani” Frusinati, guidati dal Presidente della sezione Simone Campioni,  per celebrare degnamente la liberazione hanno ricordato Sandro Pertini a quarant’anni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica. Partendo dalla dichiarazione proprio del Presidente Partigiano sull’inutilità della libertà se non supportata dalla giustizia sociale,  i  ragazzi dei Giovani Socialisti, del Fronte della Gioventù Comunista, della Rete degli Studenti   Medi , dei  Giovani  Democratici non hanno perso l’occasione per mettere in relazione i valori della resistenza, con la vita quotidiana. Non hanno esitato  a considerare la Costituzione come via mastra per decriptare le complessità  e le criticità di un sistema sociale di fatto ormai dissolto . 

Nel corso dell’evento sono state trasmesse alcune registrazioni di interventi di Pertini  su cui i partecipanti sono stati chiamati ad offrire un loro contributo con riflessioni e ragionamenti.  Proprio l’esercizio della ragione  - una funzione  ormai diventata  aliena quando si discute di prospettive sociali,  resa afona dall’assuefazione  ad una comunicazione   basata sull’immediatezza, sugli slogan , su postulati propagandistici -ha segnato un elemento rivoluzionario nel procedere degli interventi, qualcuno magari anche prolisso, ma evviva la prolissità!  Sinceramente sono stanco di sentir parlare del “fare” del “non perdersi in  chiacchiere”. Secondo me le chiacchiere, quando veicolo di profonde riflessioni, sono utilissime, fondamentali, non sono  mai abbastanza.  

Dopo aver scoperto che il ragionamento e le riflessioni sono rivoluzionarie, abbiamo sorprendentemente recepito che anche la Costituzione è un pericoloso documento sovversivo,  come ha bene illustrato Carla Corsetti, segretario nazionale di Democrazia Atea e militante di  Potere al Popolo.   Pretendere  di garantire i diritti inviolabili dell’uomo e richiedere l’adempimento  dei DOVERI inderogabili  di solidarietà politica economica e sociale, così come è scritto nell’art.2 , è un atto pericolosamente destabilizzante in un sistema dove l’unico diritto da assicurare è la stabilità finanziaria  e forse anche “mentale” dei mercati.  

Un’affermazione illuminante su questo tema specifico l’ha anche proposta  il Presidente dell’associazione Osservatorio Peppino Impastato del Capoluogo , membro del direttivo  ANPI di Frosinone, Francesco Notarcola . Nel  suo intervento ha ribadito che la Costituzione impegna i  Parlamenti a dare risposte a chi rimane senza lavoro, a chi non può permettersi un’assistenza sanitaria , un’istruzione, una vita decenti . Non c’è scritto in quel documento  che le risposte vanno date ai mercati. Eppure chiunque si candidi alla gestione della “Cosa Pubblica” pare debba  assumere come principale impegno quello di soddisfare i mercati.  Il potere del mercato!  E’  un dei tanti  poteri diffusi  e straripanti ,oggi forse il più forte, che tiranneggiano la nostra vita . Proprio  per limitare la potenza, la prevaricazione  di questi poteri sono state scritte, nel corso della storia,  le Costituzioni, le quali mettono al centro del loro dispositivo la supremazia della dignità della persona umana. 

Oltre a Democrazia Atea sono intervenute altre forze politiche,  fra cui il  Pd, il  Partito Socialista, il  Partito Comunista , Potere al Popolo, Possibile , organizzazioni sindacali fra cui  Cgil, Usb, movimenti della società civile :  l’Osservatorio Peppino Impastato, l’associazione culturale “Oltre l’Occidente”. La sezione ANPI di Frosinone aveva invitato anche movimenti politici , sindacali ed associativi  che non sono intervenuti, forse perché impegnate in altre manifestazioni.  

Ovviamente, come in un nuovo CLN, si sono confrontate diverse opinioni spesso non concordi  fra di loro, ma tutte improntate alla condivisione dei valori della Resistenza. Giovani, meno giovani, anziani, si sono alternati al microfono in una rinnovata alleanza intergenerazionale a testimonianza che la liberazione non è solo un evento ormai confinato nei manuali di storia, ma un atto fondante della nostra  comunità democratica  , anche se molti ancora oggi fanno fatica a capirlo. 

Non  poteva mancare il Comitato 4 Dicembre per la Costituzione di Frosinone, sezione locale del Comitato Democrazia Costituzionale,  con il banchetto per la raccolta firme sulle leggi d’Iniziativa Popolare, sulle Scuola della Costituzione, sulla riforma degli articoli costituzionali per eliminare  il pareggio di bilancio introdotto dallo sciagurato sfregio montiano  nel 2012. Ha chiuso la manifestazione il Presidente provinciale dell’ANPI Giovanni  Morsillo.   Non solo a Frosinone è stato celebrato, degnamente il 25 aprile, anche ad Anagni, l’evento organizzato dalla sezione locale di Rifondazione Comunista, ha avuto molto successo, così come a Cassino. Intendiamoci tali commemorazioni, degne di nota perché non asetticamente paludate in una veste rigidamente istituzionale, non hanno visto la partecipazione delle masse. Ma forse qualcosa in Ciociaria si sta muovendo. Se sono pani   e rose, lieviteranno  e fioriranno.
  

giovedì 26 aprile 2018

CHI ESCLUDE CHI

Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese 



La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese esprime ancora una volta  il proprio rammarico  per la mancata partecipazione anche quest’anno della Comunità Ebraica Romana alle celebrazioni del 25 Aprile organizzate dall’Anpi.
Come è avvenuto negli scorsi ultimi anni, l’autonoma ed unilaterale decisione  della Comunità Ebraica ha rotto l’unità del fronte romano antifascista che la Presidenza Romana dell’Anpi ha sempre perseguito e che quest’anno sembrava  ricomposta. Per come  si è manifestata,  la presa di posizione della   Comunità Ebraica rivela senza possibilità di dubbi “chi esclude chi” e fa definitivamente giustizia della falsa vulgata con la quale negli anni scorsi si è ripetutamente tentato, ribaltando la verità dei fatti, di sostenere che sarebbero state la Comunità Palestinese di Roma e del Lazio e l’associazionismo che milita a supporto della Resistenza Palestinese a volere escludere dal Corteo dell’Anpi, contestandola, la partecipazione della Comunità Ebraica, dell’Associazione dei sopravvissuti alla Shoa e della Brigata Ebraica.
La realtà è che la presenza della bandiera del Popolo Palestinese nel corteo del 25 Aprile, qualificando quel popolo come resistente, costituisce un atto di accusa contro l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi, più volte dichiarata illegale da Risoluzioni dell’Onu e da atti ufficiali dell’Unione Europea. E’ per negare questa realtà che si cerca di contestare la presenza dei Palestinesi  nelle celebrazioni del 25 Aprile e di farli  apparire come “intrusi” nel corteo dell’Anpi. Ma il 25 Aprile non è solo la commemorazione di un evento glorioso ma  passato; è  da sempre la celebrazione della LIBERTA’ e per questo raccoglie, ed ha sempre raccolto, tutti coloro  che lottano per la Libertà propria e di tutti i popoli oppressi.

Per questo motivo  la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese  riafferma con forza la piena legittimità  della presenza anche dei Palestinesi nella Festa della Liberazione e ribadisce la propria ferma  opposizione  e la propria intransigente lotta ad ogni forma di discriminazione  razziale, in primo luogo all’antisemitismo  che ne è, senza dubbio, una delle forme più spregevoli.

martedì 24 aprile 2018

Resistere Resistere Resistere

Appello 

Per un 25 Aprile antifascista, antisionista, anticapitalista, antirazzista!


 Come realtà pro-Palestina e antisioniste, anche quest’anno aderiamo alla manifestazione indetta dall’ANPI a Roma per il 25 Aprile, anniversario della Liberazione dal nazifascismo, e invitiamo tutte le forze politiche e sociali democratiche, antifasciste e anticapitaliste ad una mobilitazione unitaria con contenuti internazionalisti, antisionisti e antimperialisti, la cui portata è ancora più ampia alla luce dell’attuale situazione interna e internazionale.

Quest’anno ricorre infatti l’80° anniversario della promulgazione delle infami “Leggi sulla Razza” da parte dello Stato monarchico e fascista. Oggi ricordiamo e condanniamo quella famigerata legislazione, che però tanto assomiglia a quella attualmente adottata dallo stato sionista, che, unico al mondo, discrimina la popolazione in base al credo religioso, imponendo a milioni di arabo-palestinesi un regime di Apartheid.
Il razzismo è effetto del sistema capitalistico in crisi, che costringe le classi subalterne a una guerra fratricida alimentata dalla retorica neofascista e reazionaria delle forze politiche padronali. Con la nostra presenza, quindi, vogliamo lottare contro tutte le moderne discriminazioni razziste, di genere, xenofobe, e contro il nuovo schiavismo, per il diritto all’ accoglienza e alla cittadinanza.
Vogliamo anche ribadire che la Festa della Liberazione dal nazifascismo non deve essere ridotta ad una rituale celebrazione, ma va intesa come una sfida per rinsaldare i vincoli di solidarietà internazionalista, di classe, attualizzando i valori della lotta partigiana nel concreto contesto storico.
Vogliamo essere parte attiva nel movimento delle resistenze organizzate nel nostro paese contro la disoccupazione, la precarietà, lo sfruttamento, la chiusura degli spazi sociali, la militarizzazione del territorio; così come in  un punto di vista internazionalista nel sostegno alle resistenze popolari che si battono contro l’imperialismo, lottando per tirare fuori l’Italia dalla partecipazione a tali aggressioni.
Infine crediamo che sia necessario denunciare in particolare i disegni di criminalizzazione del movimento popolare di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), contro le politiche sioniste di Apartheid e di colonizzazione; politiche che hanno compiuto un terribile balzo in avanti dopo il riconoscimento, da parte della Presidenza degli USA, di Gerusalemme come capitale del sionismo anziché della Palestina; questa forzatura politica e diplomatica è assecondata dalle multinazionali interessate ai capitali sionisti che, come il gruppo finanziario-editoriale RCS Mediagroup (Gazzetta dello Sport, Corsera, ecc.), non hanno esitato a piegare un evento sportivo come il Giro d’Italia alla propria convenienza politico-affaristica, decidendo di farlo partire dallo stato sionista, riconoscendo quindi, de facto e a differenza della comunità internazionale, Gerusalemme come capitale di Israele, usurpandola al popolo palestinese.
Invitiamo tutti e tutte a partecipare massicciamente e unitariamente alle celebrazioni del 25 aprile 2018 a Roma e nel resto d’Italia. Porteremo con noi la bandiera della Palestina e di tutte le Resistenze metropolitane e internazionali, contro gli invasori, gli oppressori e gli sfruttatori dei nostri tempi!
Primi firmatari:
Forum Palestina, Comitato “Con la Palestina nel Cuore”, Fronte Palestina, Comitato “Per Non Dimenticare Sabra e Chatila”, Comitato “Per Non Dimenticare il Diritto al Ritorno”, CIP Alessandrino, CIRC Internazionale, Ecomapuche, G.A.MA.DI., NO WAR Roma, ISM Italia, PCI Federazione di Roma, FGCI Nazionale, Rete dei Comunisti, JVP Sri Lanka, Eurostop, Unione Sindacale di Base …….

25 aprile, festa di liberazione. Liberiamoci dagli ignoranti.

Luciano Granieri




Domani 25 aprile la sezione ANPI di Frosinone organizzerà, in Piazzale  Vittorio Veneto, un momento di confronto fra le varie forze politiche, sindacali, della società civile e fra i cittadini che vorranno partecipare  (speriamo numerosi), sul tema evocato da una frase di Pertini, per cui  La libertà senza giustizia sociale è una conquista vana” .   Qui ci sarebbe da aprire un fronte polemico per il comunista che alberga in me, ma non mi sembra questo il contesto adatto,  per cui  liquido "togliattianamente"  il contenzioso. 

Riepilogando: la nostra Costituzione -invisa a  JP Morgan,  alla BCE, a tutta la comunità finanziaria  a Berlusconi,  a Renzi,  (anche per questo è la più bella del mondo) -  all’art.2 assicura i diritti inviolabili dell’uomo,  richiede  l’adempimento dei doveri inderogabili  di solidarietà politica, economica e sociale.   All’art.  3  rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana. All’art.4 riconosce il diritto al lavoro.  All’  art.36, assicura una retribuzione sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.  All’art.41 sancisce che l’iniziatica economica  privata, pur essendo libera, non può svolgersi in contrasto   con l’utilità sociale  o in modo da recare danno alla sIcurezza,  alla libertà, alla dignità umana. Non vado oltre, ma ci sono molti altri articoli della Costituzione, anzi, potremmo dire che tutta la Costituzione, prezioso  lascito  della Lotta di Liberazione,  è scritta con il basilare scopo di assicurare giustizia sociale. 

Se  questo è,  perché Pertini ,  quarant’anni fa   eletto Presidente della Repubblica,   ha sentito la necessità di ribadire che senza giustizia sociale non c’è libertà?  Per assicurare equità sociale  basterebbe rispettare la Costituzione.  Probabilmente Pertini capì  che la Carta, scritta come documento  fondante di una comunità cementata dalla solidarietà sociale, sarebbe diventata “Carta Straccia”,  colpita e affondata da un analfabetismo istituzionale, fomentato dalla dittatura capitalista,  che ha sovvertito, peggio di un rigurgito reazionario,  tutto quanto la lotta di Liberazione aveva costruito in termini di promozione civile, sociale,  e umana.  

Non è un caso che nel corso dell’evento di  domani raccoglieremo le firme su due leggi d’iniziativa popolare che prevedono: 

1) Un sistema scolastico basato sulla conoscenza e non sulla competenza   (declinata come ulteriore artificio per fornire braccia fresche  e aggratis ai padroni),  

2) La  riformulazione dello stravolgimento Costituzionale imposto dall’oligarchia finanziaria, mascherata da Unione Europea , in  base al quale gli interessi della finanza arrivano prima di quella giustizia sociale invocata da Pertini.  

Questi  temi  sicuramente  verranno  abbondantemente discusso domani. 

Personalmente auspicherei un’altra, fra le tante, liberazioni che ancora non  si sono realizzate.  Riguarda proprio l’analfabetismo istituzionale sopra richiamato. Vorrei liberarmi di tutti quei burocrati, falsi e ignoranti   che scambiano le elezioni  per Giochi Senza Frontiere: una competizione  in  cui, anziché vincere la coppa , si   conquista il governo. Il governo?  o il comando?   Vorrei segnalare a costoro che l’Italia è una Repubblica Parlamentare, per cui chi si assicura il consenso degli elettori  non vince nulla, ma anzi deve assumersi  la responsabilità di proporre e discutere soluzioni per il  benessere dei cittadini .  Vorrei ancora segnalare  a tali asini istituzionali, con tutto il rispetto per gli asini,  che non sono le risultanze delle urne a proclamare un capo, il capo non esiste, il Presidente della Repubblica,  e solo lui, incarica qualcuno per formare il Governo, ma questi non è un capo. Non fa le leggi, o almeno non dovrebbe farle.  Gli innumerevoli tentativi per  imporre un  leader , modificando la forma dello Stato così come sancita dalla Costituzione , sono stati sonoramente bocciati dai cittadini. 

E ancora,  come giudicare la  posizione , non a-ideologica, ma addirittura a-cefala,   a-nfame,   che prevede la possibilità di governare indistintamente con qualsiasi forza  senza commisurarla   alla propria idea di società?  Le cose sono due, o si ha una visione dittatoriale per cui chi decide di allearsi  deve soccombere  a diktat e ferrei postulati derivanti dal tale posizione, oppure  un’idea di società è talmente latitante che  chiunque possa appoggiare l’ascesa alla poltrona governativa del sintomatico leader alla guida del partito più votato,   è bene accetto.  

Tutto il casino  sollevato intorno alla possibilità di far partire la legislatura  scaturisce dal fatto che i ragionamenti ( ragionamenti mi pare una parola grossa)  sono basati su un falso: cioè che la nostra è una Repubblica Presidenziale  per cui chi vince le elezioni deve fare il leader. Ecco. Io vorrei liberarmi da tutta questa gente che ha completamente sovvertito e travisato il quadro costituzionale ed istituzionale. 

Vorrei liberarmi da questi ignoranti, in buona o mala fede,  che hanno la responsabilità di aver offeso e infangato il sacrificio dei Partigiani e di milioni di persone, le quali,  con la loro lotta hanno determinato un  ferreo, basilare,  principio:  Una società democratica non può subire dittature,  neanche quelle del mercato , con buona pace della J.P Morgan, della BCE, di Renzi , Berlusconi,  Salvini e Di Maio.

lunedì 23 aprile 2018

25 Aprile: l’antifascismo è sempre attuale!

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia 



 Se è vero che le recenti elezioni hanno dimostrato il flop delle formazioni nazifasciste, è anche vero il successo della Lega xenofoba e del M5S populista che hanno mandato in parlamento decine di ultrareazionari.
Il tentativo di queste forze antioperaie è ora di trasformare il voto di protesta in una base organica, proseguendo nella lercia demagogia secondo cui “se vuoi la giustizia sociale devi impedire ai migranti di entrare”, “frontiere aperte e welfare state non stanno insieme", etc.
Per impedire la ribellione della classe operaia e di vasti ceti popolari, per occultare l’origine della miseria di massa nel capitalismo, la borghesia sta giocando sempre più l’arma della divisione tra sfruttati diffondendo le ideologie più retrive, nazionaliste e scioviniste.
Si diffonde un tipo di demagogia e di retorica che fa presa nella confusa base socialdemocratica e fra molti lavoratori, ma che non porterà alla classe operaia e ai lavoratori nulla di buono se non l’intensificazione sfrenata dello sfruttamento, l’aumento della disoccupazione, l’abbassamento del livello del salario reale, l’aumento della povertà.
La borghesia non rinuncia ai suoi piani reazionari. Nel nostro, come in altri paesi capitalisti e imperialisti, è in atto un processo di fascistizzazione delle istituzioni statali e civili che viene portato avanti per dare ancora più libertà di manovra al capitale.
Siamo di fronte a una profonda trasformazione reazionaria della società e a una corrispondente modificazione del rapporto fra i partiti che la rappresentano sul piano politico ed elettorale.
Parlare di fascismo non è una cosa superata, come dicono quelli che gli preparano il letto caldo. Ciò per un semplice motivo: finché ci sarà il capitalismo, il pericolo del fascismo sarà sempre presente perché esso è il regime feroce e dittatoriale degli elementi più reazionari, più imperialisti, più sciovinisti del capitale monopolistico finanziario.
Con l’aggravarsi della crisi generale di questo sistema, la situazione interna e internazionale peggiorerà e farà sì che il dominio e l’oppressione dei gruppi decisivi della borghesia saranno più duri. Lo impone la sfrenata concorrenza internazionale, il parassitismo e il declino storico  dell’imperialismo (in particolar modo quello italiano), l’approfondirsi delle sue contraddizioni, la politica di guerra portata avanti dalle potenze imperialiste, in testa gli USA di Trump.
In questa situazione la borghesia favorisce l’ascesa di gruppi ed elementi razzisti e nazifascisti, giustifica le loro azioni criminali, sponsorizza iniziative revisioniste. 
Tutte cose che dobbiamo combattere apertamente, nelle piazze e nei posti di lavoro, ovunque accrescendo la vigilanza,  senza lasciare spazio ai più spietati nemici della classe operaia. Proprio come hanno fatto i compagni antifascisti al confine fra Italia e Francia in risposta all’infame azione xenofoba volta a bloccare i migranti.
Di fronte al pericolo dell’avanzare della reazione e del fascismo, occorre formare il fronte unico di lotta della classe operaia e un’ampia coalizione popolare diretta dalla classe operaia per battere le manovre del capitale finanziario e aprire la strada all’alternativa di potere.
Lo sviluppo della resistenza di classe nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro e nel territorio, l’unità d’azione della classe lavoratrice contro il capitale e la sua politica di sfruttamento e di oppressione, per la difesa intransigente degli interessi e dei diritti degli operai, contro le minacce di guerra imperialista, sono il mezzo migliore che abbiamo per far fallire i tentativi della borghesia, per strappare gli strati proletari più arretrati e incolti dalle grinfie del capitale e dei suoi servi, per sconfiggere il fascismo, il razzismo, la xenofobia e avanzare sulla strada indicata dai settori più avanzati e conseguenti della Resistenza, i comunisti.
Tutti in piazza il 25 Aprile, con le bandiere rosse al vento!

GIRO 2018: Le tappe della memoria

 cura di Dirar Tafeche fonte: Parallelo Palestina





















In Palestina le prime tre #tappe del Giro dovrebbero transitare sulle macerie dei paesi distrutti dalle forze armate sioniste e sulle tombe della popolazione palestinese sterminata.
La prima tappa non poteva non partire da #Gerusalemme. E’ un percorso a cronometro tecnicamente impegnativo. Da subito, appena presentato il Giro negli studi RAI nel novembre 2017, i sionisti hanno ottenuto l’eliminazione della dicitura “Ovest” dopo “Gerusalemme”. Evidentemente già sapevano quello che sarebbe accaduto dopo pochi giorni, ai primi di dicembre, e cioè la dichiarazione di Trump di riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele senza alcuna distinzione tra Ovest ed Est. Questo riconoscimento contrasta le molteplici Risoluzioni ONU che attribuiscono a Gerusalemme uno status internazionale e che ordinano a Israele il ritiro dai territori occupati nel 1967 (tra cui Gerusalemme est). Il riconoscimento azzera uno dei principi cardine del diritto internazionale, quello che vieta l’acquisizione di territorio con la forza. Bando a sottili disquisizioni giuridiche, da tempo tenute in alcun conto; torniamo al percorso della tappa che tocca luoghi significativi. I corridori dovrebbero transitare vicino a #KfarSha’ul, una cittadina sorta sulle macerie di #DeirYassin. Costretti dalla necessità della gara contro il tempo, essi non potrebbero soffermarsi a rendere omaggio alle centinaia di vecchi, uomini, donne e bambini massacrati il 9/4/1948. In oltre 144 case abitavano 708 persone. La pulizia etnica è stata totale e nessuno è rimasto vivo a Deir Yassin: o uccisi o espulsi. Doverosamente il percorso tocca #Talbiyya, città natale di Edward Said. Si passa poi vicino a via#Jabotinsky, una delle tante vie d’Israele dedicate a questo signore, onorato eroe nazionale benché grande estimatore di Mussolini (sì, Benito, quello delle leggi razziali) nonché fondatore dell’Irgun, organizzazione terroristica ebraica nata nel 1935 da una scissione dell’Haganah e responsabile, con la banda Stern, tra l’altro, dell’attentato all’Hotel King Daviddi Gerusalemme ove nel 1946 furono uccise 91 persone tra cui 17 ebrei. Il crimine più significativo della banda Stern (subito dopo essere stata integrata nell’esercito israeliano) è l’omicidio del conte Bernadotte del settembre 1948: la sua sgradita attività di mediatore ONU prevalse sui suoi immensi meriti nell’attività a favore dei prigionieri nei campi di concentramento nazisti: grazie a Bernadotte si salvarono circa 30.000 persone tra cui migliaia di ebrei (tra 6000 e 10.000). I corridori dovrebbero andare poi verso la porta di #Giaffa, ove sorgeva il quartiere marocchino, distrutto nel 1967, al quarto giorno della guerra cosiddetta “dei sei giorni”, per fare posto al grande slargo avanti al Muro del pianto. Il villaggio di #Lifta non è lontano dal percorso; fu parzialmente distrutto nel Gennaio 1948 e i suoi 2958 abitanti furono uccisi o espulsi. La tappa di Gerusalemme non poteva non toccare lo #YadVashem, l’Ente nazionale per la memoria della Shoah. Nel suo Giardino dei Giusti trova posto anche Gino Bartali, usato dagli organizzatori del Giro e dalla propaganda israeliana come astuto espediente per giustificare la scelta di #Israele come luogo di partenza del #101° #GiroDItalia. Nonostante la massiccia campagna mediatica qualche sospettoso ha notato che l’inserimento di #Bartali tra i #Giusti è stato piuttosto tardivo (2013) e ha insinuato il dubbio che sia stato solo funzionale alla realizzazione dell’attuale Giro. Tanti ebrei antifascisti e antisionisti hanno chiesto di togliere il nome dei loro familiari dallo Yad Vashem per non sentirsi complici dei crimini sionisti commessi anche strumentalizzando il genocidio subito. I corridori, chini sul manubrio, non avrebbero tempo e voglia di pensare a tutto questo.
#PRIMATAPPA: Gerusalemme





















1 – Deir yassin
  •   Attaccata il 9 apr. 1948.
  •   N. abitanti nel ’48, 708.
  •   N. case 144, nel 1944.
  •   Pulizia Etnica: totale.
  •   Distruzione villaggio: parziale.
  •   Oggi è la cittadina Kfar Sha’ul.
Testimonianza del massacro:
Dal libro “Vittime” di Benny Morris, pag. 265:
“Avvenne con l’approvazione dell’ Haganah e in stretta collaborazione con esso … [fornirono] il fuoco di copertura e due squadre delle Palmah con alcuni blindati parteciparono alla battaglia”. “ Intere famiglie crivellate di colpi e frammenti di granate, e sepolti sotto le macerie delle loro case, uomini, donne e bambini falciati mentre fuggivano dalle abitazioni, prigionieri passati per le armi. E dopo la battaglia gruppi di vecchi, donne bambini, trasportati su autocarri scoperti per le vie a Ovest di Gerusalemme in una sorta di “trionfo” nello stile dell’antica Roma”. “Alcuni sono stati brutalmente eliminati dai loro catturatori” “I maschi adulti sono stati portati in città su alcuni camion, fatti sfilare per le strade, riportati al punto di partenza e fucilati con mitragliatrici e fucili mitragliatori. Prima di caricarli sui camion, gli uomini dell’ IZL e della LHI hanno frugato donne, uomini e bambini e prendendo denaro e gioielli. Il trattamento riservato a costoro è stato particolarmente barbaro, con calci, pressioni con le canne dei fucili, sputi e insulti (alcuni abitanti di Givat Shaul hanno partecipato alle sevizie)”.
2 – Musrara è un quartiere dove esiste un museo chiamato Museum of the Seam. La palazzina, edificata nel 1928, appartiene alla famiglia palestinese Baramki, che tutt’oggi vive a Gerusalemme, ma è considerata assente.
3 – Talbya è il quartiere dove nacque Edward Said.
4 – Jabotensky St. Ze’ev Jabotensky fu un sionista che aveva sempre ammirato Benito Mussolini. La strada incrocia il percorso (o forse per un breve tratto lo percorre), quindi è in contrasto con gli ideali di Bartali.
5 – International Christian Embassy, un’associazione di evangelisti tra i più fanatici e fondamentalisti. Il loro sito non lascia alcun dubbio sulle loro aspirazioni. Loro sede è la villetta della famiglia Haqq, il cui nonno, fuggito dal Caucaso ai tempi della repressione dello Zar si era stabilito in Palestina e, successivamente il figlio e il nipote, tutti e due architetti, progettarono e costruito la villetta. Il figlio Hani, oggi vive come profugo ad Amman in Giordania.
6 – Il Quartiere Marocchino è stato distrutto il 10.6.1967, quattro giorni dopo l’inizio della guerra, per far spazio alla piazza del muro del pianto.
7 – Lifta è un emblema della Pulizia Etnica Vivente in quanto la maggior parte dei suoi abitanti sono tutt’ora residenti a Gerusalemme, vedono le loro case ma sono “assenti” in quanto alla loro proprietà.
  •   Attaccata il 1 gennaio 1948.
  •   N. abitanti nel ’48: 2.958.
  •   N. case nel 1931: 410
  •   Pulizia Etnica: totale.
  •   Distruzione del villaggio: parziale.
  •   Oggi è abbandonata.

#SECONDATAPPA: Haifa – Tel Aviv
I corridori, le ammiraglie e le moto dovrebbero passare sulle macerie di 18 villaggi e paesi distrutti.Subito dopo Haifa i corridori dovrebbero transitare da #AlManshiyyah per un doveroso omaggio a Ghassan Kanafani, qui nato l’8/4/1936. Poi, giunti ad #AlBirwa, dovrebbero ricordare Mahmud Darwish, qui nato il 13/3/1941. Nessuna targa ricorda la nascita di questi due grandi scrittori e poeti anche perché non c’è più alcuna casa palestinese su cui affiggerla. Al posto dei due villaggi ci sono, infatti, i quartieri di Shomrot e Bustan Ha Galil e i kibbutz Yas’ur e Ahihud. Sulle macerie di tutti gli altri villaggi attraversati ci sono o colonie o distese di boschi e campi. Così sino a #ShekhMuannas, #Jarisha e #Salama, oggi quartieri di Tel Aviv. Le case demolite lungo il percorso della seconda tappa tra marzo e luglio 1948 sono state più di 5.341. La popolazione palestinese uccisa o espulsa ammonta a oltre 29.354 persone. Nessuna possibilità per costoro, per i loro figli e per i loro nipoti di assieparsi sul bordo della strada per applaudire i corridori. I palestinesi sopravvissuti alla Nakba potrebbero avere l’occasione di vedere i luoghi della loro infanzia in televisione da Amman, da Beirut, dai campi profughi e dai luoghi nel mondo della diaspora.
















#TERZATAPPA: da Be’er Sheva a Eilat

Attraverserebbe il deserto del Negev. Gaza resta lontana, non si vede e, comunque, i suoi 2 milioni di abitanti non potrebbero uscire dalla loro prigione per andare a guardare la corsa. #BeerShevaè stata occupata il 18 Ottobre 1948 ma non è noto quanti abitanti siano stati uccisi o espulsi. Nel #Negev vi sono 45 villaggi “fantasma”, cioè villaggi di cui Israele non riconosce l’esistenza. Pende su di loro un progetto di distruzione (piano Prawer) ma la resistenza lo sta impedendo (famoso il caso del villaggio di #AlArakib demolito e ricostruito 111 volte). Anche l’Alta Corte di giustizia di Israele ha sentenziato contro i beduini del Negev, sostenendo che devono lasciare il posto ad “ebrei etnicamente puri”. I corridori transiterebbero vicino a due dei villaggi e potrebbero fare una breve sosta per bere del tè, che sarebbe sicuramente loro offerto, e per solidarizzare con i nomadi palestinesi. Nella zona di #Asluj oggi c’è un grande parco dedicato a Golda Meir. Questa signora, considerata una madre della Patria, è famosa anche per alcune sue celebri frasi; vale la pena ricordarne due: “Arabi, non potremo mai perdonarvi per averci costretto ad uccidere i vostri figli” e soprattutto “Non esiste una cosa come il popolo palestinese. Non è come se noi siamo venuti e abbiamo preso il loro posto. Essi non esistono”. #Eilat si chiamava #UmRashrash ed era luogo di sosta per i pellegrini diretti alla Mecca.


1 – Be’er Sheva Caduta il 18 ottobre 1948. Nel 1945 contava 5.500 abitanti . Tre giorni dopo l’occupazione, l’esercito israeliano controllava la città e tutto il Negev.

2 – Tel Be’er Sheva (in arabo: Collina di Be’er Sabe’). A 5 km da Be’er Sheva, sito archeologico dove giacciono numerose stratificazioni di resti umani, la più antica delle quali ha 7.000 anni. Residenza di diverse civiltà attraversate da eventi bellici e naturali, è stato distrutto, abbandonato e ricostruito più volte fino agli inizi del 1900, quando gli Ottomani vi costruirono, nelle vicinanze, una stazione di polizia, una moschea nel 1905, e una ferrovia che, attraverso la linea Hijaz, raggiunge l’ Arabia Saudita.
3 – Farahin Accampamento di nomadi palestinesi
4 – Asluj Occupata l’11 giugno ’48, liberata dalle forze egiziane e rioccupata da Israele il 25 dicembre ‘48. La maggior parte del suo territorio ora è coperto dal parco dedicato a Golda Meir.
5 – Abdah Accampamento di nomadi palestinesi
6 – Um Rashrash Oggi la città di Elat. Nel ’48 vi erano solo alcuni edifici stagionali di servizio ed una postazione per i pellegrini diretti alla Mecca. Nel ’48 non vi furono scontri.
INFINE:


Questo Giro non solo coincide con il 70° anniversario della nascita dello Stato ebraico ma è anche il #101° Giro. Questo numero piace ai sionisti perchè evoca in loro l’Unità 101. Questa squadra terroristica, creata nel 1953, fu formata da una cinquantina di incursori al comando di un giovanissimo ma promettente Ariel Sharon, allora maggiore, (sì, lui, quello di Sabra e Chatila). L’Unità 101 deve la sua fama in Israele soprattutto per la strage nel villaggio di Qibiya nell’Ottobre 1953. Furono uccise 69 persone, per due terzi donne e bambini; furono minati 45 edifici, incluse scuole e moschea, e furono fatti esplodere con dentro le persone.