Il jazzista di strada dove lo metti suona. Suona nei club,
certamente, ma lo puoi trovare nei posti più impensati, soprattutto d’estate.
Se da una piazza senti le note di” Lady Bird”, girando l’angolo li trovi li. Sono loro. I jazzisti di strada. Con il batterista che swinga su un malfermo piatto reso instabile dai
sanpietrini.
Se da una via sale una coinvolgente
improvvisazione su “Now’s The Time”, affacciandoti dalla terrazza
sovrastante, ti accorgi che sono sempre
loro, creativi, brillanti, magari alle prese con un’amplificazione non
eccellente, che comunque non ne
influenza più di tanto la performance …..e
nessuno se ne accorge.
Addirittura può capitare di ascoltare “Blue Bossa” provenire
dagli alberi di un bosco. Sono ancora i
jazzisti di strada che diffondono quei fraseggi. Suonano sassofoni , bassi, chitarre usando
altoparlanti a batteria, per non disturbare troppo la natura con
generatori di corrente ed altre
diavolerie.
Perché il jazzista da strada dove lo metti suona? Perché ama il
jazz. Perché ama condividere con gli altri suoni ed emozioni. Ma anche
perché il jazzista di strada ha una grande sensibilità umana, una precisa coscienza civile e sociale. Dove
c’è da suonare per una causa
giusta, lui suona.
Questo, e i complimenti di chi ascolta, lo ricompensano abbondantemente, anche se non
disdegna, comunque, una qualche
remunerazione.
Il più delle volte il compenso si concretizza
in un piatto di pasta, in un panino e una bottiglia di vino. In altri
casi, pochi, arriva qualche spiccio. Il jazzista di strada, proprio perché di strada,
è puntiglioso, cura ogni particolare del brano, dallo svolgimento armonico alla ricerca melodica nell’improvvisazione,
alla varietà ritmica.
Certo il jazzista di strada sogna un palco vero con tanto di service, e quanto serve per la
riuscita di un’eccellente performance. Ma
poi, quando suona un blues al chiarore
della luna, e vede la gente in piazza battere il piede coinvolta e soddisfatta, sente il cuore riempirsi di gioia.