Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 24 dicembre 2011

Frosinone:Raffa e Smania assessore all'ambiente e consigliere eletti nella lista "LA SINISTRA" riconsegnano le deleghe al sindaco

fonte:  http://www.dimmidipiu.com con commento "FILMICO" di Luciano Granieri.

C'è da registrare, a livello politico, la  presa di posizione della lista "La sinistra", in merito alle ultime vicende giudiziarie che manifesta   la sua inquietudine con una lettera al sindaco Marini. Ecco il testo della lettera:


"Alla luce dei recenti avvenimenti di cronaca giudiziaria e politica che hanno registrato il coinvolgimento di diversi esponenti della maggioranza della coalizione di centro sinistra che si trovano al governo della nostra Città, si rende necessaria una approfondita riflessione che ci deve vedere tutti coinvolti in un'operazione di rilancio dell'attività politica e amministrativa per gli ultimi mesi della consiliatura in essere che ha visto in campo nel complesso la tua ottima guida ed ha ottenuto numerosissimi successi in tanti settori dell'attività del nostro Comune. A tal fine, onde evitare ogni possibile fraintendimento circa l'orientamento della nostra formazione politica, rappresentata in Giunta dall'Assessore all'ambiente Francesco Raffa e in Consiglio Comunale dal Consigliere Comunale Francesco Smania, si ribadisce la piena disponibilità della nostra delega assessorile (che viene quindi rimessa nelle tue mani) secondo gli orientamenti che crederai più utili ed opportuni in rapporto alla situazione determinatasi; si conferma la piena fiducia nella tua figura e nel tuo operato nella convinzione assoluta che tutti gli incresciosi avvenimenti non scalfiscono minimamente la correttezza e l'onesta dell'operato della persona del Sindaco, della Giunta e del Consiglio Comunale. Si rimane in attesa della tempestiva definizione del futuro assetto dell'organigramma che, a nostro avviso, dovrà essere in grado nel contempo di dare un segnale concreto di svolta pur rispettando la continuità con le esperienze della prima parte della consiliatura".

La lettera è firmata dall'assessore Francesco Raffa, dal consigliere comunale Francesco Smania e dal portavoce Daniele Caponi.
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Questo il fatto.
Ma Aut Frosinone non può accontentarsi della nuda cronaca,  dunque non posso esimermi da qualche commento. Spiccano  le lodi sperticate che i due amministratori della Lista la Sinistra, tributano al sindaco.  Si leggono espressioni    come "la tua ottima guida che ha ottenuto tantissimi successi in tanti settori dell'attività del nostro comune". Nel frattempo  però  Raffa e Smania  ritengono  che non debba esserci fraintendimento alla luce dei recenti fatti   inquisitori circa l'orientamento della propria formazione politica per  cui rimettono le deleghe. Interessante è anche la parte in cui si esprime la volontà di rimettere le deleghe. L'assessore e il consigliere così si esprimono: "si ribadisce la piena disponibilità della nostra delega assessorile (che viene quindi rimessa nelle tue mani) secondo gli orientamenti che crederai più utili ed opportuni in rapporto alla situazione determinatasi. Noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi senza chiederti neanche di stare fermo.  Puoi muoverti quando ti pare e piace e noi zitti sotto"  E' vero il virgolettato finirebbe alla parola "determinatasi" il resto l'ho aggiunto io. Ci sta bene vero? Infatti leggendo il comunicato mi  è balzata alla memoria la scena del film "Non ci resta che piangere"  dove Massimo Troisi Smania e Roberto Benigni Raffa scrivono una lettera a Savonarola Marini.



PUNTO, VIRGOLA, PUNTO E VIRGOLA !!!!! AVREBBERO AGGIUNTO TOTO' E PEPPINO
IO AGGIUNGO UN GROSSO PUNTO INTERROGATIVO.

venerdì 23 dicembre 2011

Auguri di buon feste da Aut

Con la speranza di trovare nuove forze per difendere i nostri diritti ad una vita dignitosa, contro gli attacchi del finanzcapitalismo auguro a tutti i naviganti attivi,  passivi  e a chi non ci fila proprio  BUONE FESTE.
Luciano Granieri

Buona resistenza

Carissimi,
non è retorico l'augurio che l'ANPI di Frosinone rivolge a tutti gli iscritti e a coloro che le sono vicini. Un anno terribile si sta chiudendo per lasciare il passo ad un altro prevedibilmente ancora più difficile. Le condizioni di vita dei cittadini italiani si fanno ogni giorno più pesanti, in molti casi drammatiche. Si torna a scelte di pura sussistenza in luogo di prospettive di affermazione e realizzazione delle aspirazioni legittime sul piano professionale e sociale, si fa la lista delle rinunce cui sottoporsi invece dei progetti da realizzare. I giovani sono sempre di meno e sempre più poveri, gli anziani sempre più soli e disperati, i lavoratori avviliti.
Ma proprio per questo siamo chiamati a resistere, e questo non è possibile se non collettivamente. Recuperare il senso stesso della società, ricostruire le basi della convivenza, delle scelte comuni, dell'interesse collettivo è il compito che abbiamo.
Lo dobbiamo fare attraverso la difesa della memoria e la progettazione del futuro.
Nel nostro piccolo vogliamo ribadire l'impegno dell'ANPI di Frosinone per portare alla società, ed alle giovani generazioni in particolare, il contributo di conoscenza e di fiducia di cui siamo capaci.
L'anno che si è chiuso ci ha visti impegnati con forze sicuramente inadeguate ma su molti fronti: abbiamo visitato scuole e parlato con gli studenti, presentato libri importanti, partecipato a discussioni impegnate e aderito a campagne e iniziative diverse e promosso noi stessi manifestazioni e confronti sempre partecipati e svolti con successo.
Il prossimo anno sarà ancora più impegnativo, e per questo invitiamo tutti a moltiplicare l'impegno per l'ANPI, convinti che ne valga davvero la pena. Vi invitiamo a partecipare alle decisioni, alla conduzione delle iniziative, a costruirne autonomamente nei vostri territori, a discutere fra noi e con gli altri in modo costante, tenendoci sempre informati reciprocamente.
Le prime iniziative che ci vedranno impegnati sono quella nazionale del 24 gennaio a chiusura dell'anno del 150°, cui parteciperemo con una delegazione ufficiale come richiesto dal Comitato Nazionale; e il convegno sulla figura del partigiano Ferdinando De Leoni recentemente scomparso, che stiamo iniziando a costruire e che terremo entro al metà di febbraio. Più lungo sarà il lavoro che intendiamo fare per la riqualificazione del campo di concentramento delle Fraschette di Alatri, tema sul quale cercheremo di lavorare in collaborazione con altre realtà organizzate, dall'APC dei Partigiani Cristiani ai partiti, sindacati, amministrazioni e movimenti che si vorranno impegnare. E saremo a fianco delle lotte per i diritti, per il cambiamento, per l'affermazione e la realizzazione della Costituzione. Abbiamo però bisogno del vostro lavoro, altrimenti ogni programma diventa solo illusione. Vi inviamo una foto dello stato attuale del campo, scelta fra quelle meno impressionanti disponibili, pensateci su e poi decidete che tipo di impegno potete garantire a questa battaglia di dignità.

Intanto vi auguriamo buone feste e un nuovo anno in cui la parola "Resistenza" torni a significare prospettiva, progresso, civiltà, e non più, in nessun contesto, rassegnazione.

ANPI - Frosinone
Comitato provinciale

Sulle Fraschette di Alatri  postiamo  una clip realizzata il 25 aprile scorso quando con il circolo Carlo Giuliani di Rifondazione Comunista abbiamo festeggiato la liberazione proprio nell'ex campo di concentramento delle Fraschette di Alatri. In questa clip salta ancora di più agli occhi lo stato di abbandono in cui versa il sito di grande importanza storica.
Auguri anche da Luc Girello

Auguri per il 2012

da "CamminaCittà" 



Federazione italiana per i diritti dei pedoni
     e per la salvaguardia dell'ambiente
 

Dall'alba del 19 dicembre 2011, gli scarponi dei soldati USA non calpestano più il suolo iracheno. Così, una brutta e cattiva macelleria (guerra), iniziata nel marzo del2003, durata quasi 9 anni, E' FINITA. Ma, quando finirà la ininterrotta ed immensa bassa macelleria che si registra sulle strade italiane? Dall'Iraq, in nove anni, sono rientrate in USA 4.500 corpi di soldati USA uccisi in guerra. Nello stesso periodo, 2003 - 2011, sulle strade italiane sono morti oltre 46.000 persone di ogni
età, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, seminando tanta paura, limitando la libertà alla mobilità e calpestando il diritto al rispetto della dignità della persona. Oltre 46.000 morti negli incidenti stradali in quei 9 anni, nel più assoluto silenzio, per non "disturbare" i quasi due punti di PIL annuali.
E' come far scomparire una intera città come Biella, Lecco, Mantova, Rieti, Vercelli, ecc..
Ma non finisce qui, perchè, quella macelleria ha lacerato la carne di quasi 3 milioni di persone ferite negli incidenti stradali di quei 9 anni; anche queste persone di ogni età, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E' come  ferire la popolazione di una intera provincia grande come quella di Milano o di Napoli. Mentre si va a caccia dei falsi invalidi (che vanno scovati e neutralizzati) si lascia lavorare in tranquillità e massima efficienza la fabbrica che produce grandi invalidi veri, reali accanto a milioni di feriti-invalidi di varia entità. Da oltre 5 anni Roma Capitale (di tanti primati negativi conquistati sulle sue strade insanguinate), ha il "Commissario delegato alla emergenza traffico e mobilità" (DPCM 4.8.2006; OPCM n. 3543 del 26.9.2006) ma nessuno se ne è accorto. L'hanno ignorato anche in un importante recente convegno alla LUISS su "Ambiente e mobilità: scelte per un futuro sostenibile", nel quale, abbiamo faticato molto (insistendo insistendo insistendo) a chiedere  la "voce" per 1 minuto.
Prima dell'incaricato alla chiusura, ce l'hanno data  ed immediatamente tolta perchè stavamo affermando di aver chiesto di dare "voce" a chi rivendica e vive la sua appartenenza alla razza umana che nasce Pedone; a chi rivendica l'uguaglianza nell'uso della "Strada, uno dei beni comuni"; dare voce a chi rivendica l'efficienza e l'efficacia del vostro ritenere il Pedone "Utente debole delle strade"; a chi rivendica il diritto al rispetto della dignità della persona insieme al diritto e alla libertà alla mobilità; a chi usa la parola "sostenibile" ..FINE..
 
Ad ogni persona vittima dell'incidente sulla strada o nel cantiere va celebrato il funerale di Stato con la presenza fisica almeno di un'alta personalità dello Stato accompagnata dai deputati e senatori eletti in quella località; decretato il lutto cittadino; in coincidenza con i funerali, in tutte le scuole di quel Comune, svolgere mezzora di interruzione-lezione sulla sicurezza stradale e sul lavoro al fine di educare alla "convivenza civile".
Non dovremmo chiedere questa eguaglianza con altre morti. Dovrebbe essere culturale. Nel prossimo anno 2012 aumenteremo il nostro sforzo su questa civile ed umana richiesta. Tra 365 giorni vorremmo essere qui, ancora tutti insieme (ed ancora più numerosi), a congratularci per aver ridotto, in maniera massiccia, gli incidenti stradali con i suoi lutti e lacerazioni non per effetto della crisi (vendita meno carburante) ma perchè siamo stati più umani, più civili ed aver culturalmente recepita quella sicurezza stradale che educa alla "convivenza civile", patrimonio acquisito dai cittadini di altri Stati della UE. Per questo riteniamo necessario inviare a tutti un forte Augurio di Buona salute, Buone Feste e Buon e felice 2012..
 
Vito Nicola De Russis
presidente di "CamminaCittà"
3393484370 - Fax 0668195175
via di S. Ambrogio, 4  -  00186 Roma


Lazio, dolce vitalizio

http://www.lettera43.it

Sacrifici sì, ma non per la Casta. Soprattutto per quella del Lazio, dove la stangata della manovra Monti colpirà solo chi la politica la osserva dall'esterno.
Per gentil concessione della presidente Renata Polverini, infatti, 14 consiglieri esterni della Regione (11 in carica e 3 decaduti) avranno vitalizi di 3 mila euro una volta raggiunti i 55 anni di età.
SACRIFICI PER TUTTI, PRIVILEGI PER POCHI. Una decisione in controtendenza rispetto al periodo di lacrime e sangue che attende l'Italia, ai tagli alle pensioni che hanno fatto infuriare i sindacati e alle numerose nuove tasse da pagare per tappare il buco dei Conti dello Stato.
Ma la Polverini ha voluto lo stesso inserire un emendamento al Bilancio e così il taglio ai costi di caste e periferie, tradotto per la Regione Lazio, si è trasformato in inno al privilegio. «Che c'è di male? Risolviamo un'anomalia», ha spiegato la politica a capo della Regione».
«IL VITALIZIO È UN DIRITTO». Una norma che ha dell'incredibile se si pensa che già i consiglieri regionali vanno in pensione a 55 anni anche se in carica per un giorno. E pazienza se, come ha scritto il Fatto Quotidiano «Luciano Ciocchetti (Udc), Teodoro Buontempo (La Destra), Stefano Zappalà (Pdl) hanno doppi contributi e doppio ‘bonus’ per i mandati a Bruxelles o in Parlamento. Soltanto sei assessori rientravano nel listino Pdl escluso dal voto perché presentato in ritardo, il resto faceva politica nei comuni o nel sindacato Uglm del governatore. La 37enne Fabiana Santini, per esempio, nemmeno si è candidata: arriva direttamente dai collaboratori dell'ex ministro Claudio Scajola. La Polverini ha il merito di aver sistemato un esercito di anomalie sparando un sol colpo».
ESTENSIONE ANCHE PER CHI HA CESSATO L'INCARICO. L'anomalia continua, quindi, e, l'inchiesta del Fatto ha rivelato anche che «per un'errata distribuzione dei seggi, i consiglieri Enzo Di Stefano, Giancarlo Gabbianelli e Gianfranco Sciscione sono tornati a casa dopo pochi mesi. Di Stefano ha un'intera legislatura in tasca, e dunque sogni d'oro. Ma l'imprenditore Sciscione (61 anni) e l'ex sindaco viterbese Gabbianelli (62 anni) rischiavano di aver viaggiato a Roma per nulla ma la Polverini si è ricordata di amici e alleati e ha esteso il vitalizio ai consiglieri cessati dall’incarico». Sembra proprio che in questo caso il sistema contributivo possa attendere poichè qualsiasi modifica sui vitalizi sarà decisa entro i prossimi tre anni.
GONGOLANO ANCHE I CONSIGLIERI. E anche i consiglieri hanno di che gioire, sempre grazie al governatore che per loro ha pensato una ‘leggina’ che prevede l'impossibilità di toccare gli stipendi di 10 mila euro più diaria mensile e spese, facendo riferimento alla busta paga del novembre 2011. Qualsiasi variazione pare sia inutile. Aumentano le tasse così come gli stipendi dei consiglieri laziali e ha fatto sorridere la citazione di Esterino Montino (Pd) a proposito della vicenda: «Questa giunta regionale ha come modello lo sceriffo di Nottingham. Toglie ai cittadini per dare rendite ai dignitari di corte. Siamo nel medioevo». Già, ridere per non piangere.







Pupazzi in cerca d'attori


Augurando buone feste, mi permetto di invitarvi alle seguenti iniziative di teatro di figura dell'Associazione Marionette in Libertà.

Ciao Paolo Iafrate

23 dicembre h. 17.30 PUPAZZI IN CERCA D’ATTORI presentazione del laboratorio di danza hip hop “Il filo magico” Frosinone, Oltre l'Occidente, Piazza Aonio Paleario, 7,

23 dicembre, ore 21.00 PUPAZZI IN CERCA D’ATTORI "I! l canto di natale" di C. Dickens Lettura scenica con musica, di e con Luca Mauceri e Davide Rorato c/o Oratorio San Gerardo, Missionari Redentoristi P.zza Risorgimento Frosinone

26 dicembre, ore 11.00 PUPAZZI IN CERCA D’ATTORI "La comare secca" spettacolo di burattini di Fulvio Cocuzzo c/o Società Operaia -Via San Martino Frosinone Centro Storico

27/dicembre h. 16 PUPAZZI IN CERCA D’ATTORI  Presentazione del laboratorio “Il circolo delle storie. Laboratorio di cantastoria e drammatizzazione” a cura di Davide Fischanger. Frosinone incontro. Sede Oltre l'Occidente, l.go Paleario 7

2 gennaio h.16, PUPAZZI IN CERCA D’ATTORI "Chura e Marwe" Una fiaba africana letta da Davide Fischanger c/o Oratorio San Gerardo, Missionari Redentoristi P.zza Risorgimento Frosinone






Lettera a Babbo Natale: perché i ricchi in Italia non pagano?

Fonte: http://sbilanciamoci.info/

Venti docenti di economia chiedono a Monti perché la ricchezza “liquida” – titoli, depositi, investimenti finanziari – sfugge del tutto alla manovra. È annullata così la pretesa di equità con cui il governo si era presentano agli italiani. Una brutta storia di Natale, su cui vale la pena discutere.




Spett. Direttore, i firmatari di questa lettera sono tutti docenti universitari di economia. Chiediamo ospitalità ad alcuni giornali, fra cui il suo, per rivolgere al Presidente Monti una domanda che riteniamo piuttosto importante. Ci auguriamo che lui stesso o qualche altro esponente del governo vorrà darci risposta.
La domanda è questa: perché nella manovra economica da poco approvata non è presente una seria tassazione di tipo patrimoniale della ricchezza mobiliare? Si tratta di un'assenza conturbante, in quanto questo provvedimento avrebbe alcuni ovvi vantaggi. In primo luogo potrebbe fornire un gettito sostanzioso: secondo i dati ufficiali dell'Associazione Italiana Private Banking, "Il valore della ricchezza investita nel PRIVATE BANKING in Italia nel 2010 ha superato i livelli pre-crisi, al livello più alto da sempre, con 896 miliardi". Questa naturalmente è solo una parte dell'imponibile. Aliquote anche molto miti consentirebbero di mantenere inalterata l'indicizzazione delle pensioni, con ovvi guadagni di equità e riducendo drasticamente gli effetti recessivi della manovra. Infine è il caso di sottolineare il guadagno di consenso che il governo ne ricaverebbe, per effetto della maggiore equità del prelievo complessivo della manovra; ed è noto come il consenso sia un capitale prezioso nei momenti di difficoltà.
Ciò che soprattutto ci preoccupa come economisti è però che accanto a questi ovvi effetti positivi non riusciamo a vederne di negativi. In altri termini, ci sembra che non vi sia alcun motivo di efficienza che possa giustificare l'assenza del provvedimento che auspichiamo. È diffusa fra l'opinione pubblica la convinzione che tale assenza dipenda solo da ragioni di iniquità, e cioè dalla volontà di proteggere i redditi alti scaricando il peso del riequilibrio dei conti su quelli più bassi. Vogliamo sperare che non sia così; ma per fugare ogni dubbio è essenziale che il governo fornisca una spiegazione chiara e convincente. E anche sincera. Una motivazione che circola ufficiosamente, e cioè che non sia possibile sapere dove si trova la ricchezza mobiliare, è smentita dai dati che abbiamo citato più sopra, nonché da quelli forniti dalla relazione della Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane nel 2010. Né si può dire che la manovra così com’è preveda implicitamente un serio intervento sulla ricchezza mobiliare: il gettito proveniente dalla tassazione dei capitali scudati e dei beni di lusso ammonta solo al 6% della manovra complessiva netta, e al 4% delle maggiori entrate. Neanche la motivazione che non è possibile tassare la ricchezza mobiliare perché questa fuggirebbe all'estero è credibile. Come dimostrano i dati sul private banking, la ricchezza mobiliare dei cittadini italiani più ricchi è enorme, e non è certamente una tassazione con una piccola aliquota che li indurrebbe a trasferirne surrettiziamente la proprietà a prestanome stranieri. Al rischio che una patrimoniale di tal fatta possa colpire anche i risparmi della classe media si può facilmente porre rimedio stabilendo un’equa quota esente, che renderebbe oltretutto l’imposta progressiva. Possibili problemi di liquidità per il pagamento dell'imposta sarebbero facilmente evitabili concedendo adeguate (ma non eccessive) rateizzazioni.
In sostanza, ci sembra che ci siano molti argomenti a favore di una tassazione con un’aliquota non predatoria dei grandi patrimoni mobiliari, che non ci siano validi argomenti contrari sul piano dell'efficienza economica e che non vi siano rilevanti ostacoli di natura tecnica tali da impedirne l’adozione. Un chiarimento sulle ragioni della sua assenza dalla manovra sarebbe quindi opportuno.

Confidando in un'autorevole risposta, e ringraziandoLa per la sua ospitalità,

Giovanni Balcet (università di Torino)
Piervincenzo Bondonio (università di Torino)
Giorgio Brosio (università di Torino)
Roberto Burlando (università di Torino)
Paolo Chirico (università di Torino)
Ugo Colombino (università di Torino)
Alessandro Corsi (università di Torino)
Bruno Dallago (università di Trento)
Silvana Dalmazzone (università di Torino)
Aldo Enrietti (università di Torino)
Mario Ferrero (università del Piemonte Orientale)
Magda Fontana (università di Torino)
Ugo Mattei (università di Torino)
Letizia Mencarini (università di Torino)
Guido Ortona (università del Piemonte Orientale)
Matteo Richiardi (università di Torino)
Lino Sau (università di Torino)
Francesco Scacciati (università di Torino)
Roberto Schiattarella (Università di Camerino)
Vittorio Valli (università di Torino)

giovedì 22 dicembre 2011

Tahrir

Giovanni Morsillo



Quando tutto il mondo, al solito ben inzuppato dalla informazione dominante (cioè delle classi dominanti) si spellava le mani per gli applausi alle varie primavere nordafricane, mi permisi di avanzare un punto di vista meno "embedded" e fondato sulla semplice osservazione dei processi reali, per l'Egitto e per le altre "primavere". 
Ognuno dei movimenti sviluppatisi nei vari paesi nordafricani in quel periodo aveva ragioni e caratteristiche diverse, anche se si preferì una visione semplicistica e fuorviante alla verità storica.
Per l'Egitto in particolare il punto era che la famosa "piazza" non aveva alcun ruolo nella determinazione delle strategie e degli obiettivi, non essendo dotata di alcuna struttura organizzativa e quindi decisionale.
Mi permisi di invitare tutti a riflettere invece sul ruolo dei militari, vera e costante struttura di potere egiziano, e sostenevo che, con ogni evidenza, i militari che avevano messo Mubarak sul trono, lo stavano rimuovendo e non certo per anelito di democrazia. C'era la difficoltà di garantire una successione perché, nella cosiddetta "unica democrazia araba" il figlio del "presidente" non si era dimostrato all'altezza di ereditarne il potere, i Fratelli Musulmani erano l'unica organizzazione politica che avesse riconoscimento nella società, e rischiava di vincere le elezioni, ecc. ecc.


Mi permisi insomma di affermare che andrebbe fatta l'analisi reale della situaizone reale se si vogliono comprendere i processi e magari intervenire a governarli. Ma fui tacciato di un sacco di epiteti, dall'accusa di catastrofismo a quella di ideologismo incrostato, fino ovviamente a quella di marxismo, che alle orecchie dei democratici riformisti di ogni tempo risulta la più infamante.
Adesso tutto il mondo, al solito inzuppato dalla informazione dominante (cioè delle classi dominanti) si asciuga le lacrime sulla tomba della "rivoluzione" e sulla fine del mito di piazza Tahrir sotto i colpi piuttosto rudi della repressione militare. La poveraccia presa a calci dai soldati diventa icona di una nuova mitologica lettura di quello che succede.
Tanto per rimanere nella tradizione, tutti i governi repressivi occidentali deplorano il comportamento di quei militari, non so se per il fatto che sono stati filmati e diffusi o se per aver violato il monopolio della violenza antisociale che, ça va sans dire, spetta alle potenze economiche "occidentali". Forse quella ragazza, che ha tutta la mia solidarietà in quanto vittima, è considerata più importante delle centinaia di americani arrestati e picchiati non solo a Zuccotti Park ma in molte città statunitensi. Forse quella donna ha una dignità superiore a quella di 84 anni cui i democratici poliziotti newyorkesi hanno condito la faccia con ottimo spray al peperoncino democratico.
Non dico questo, oggi, per vantare alcunché. Vorrei che fosse, invece, l'occasione per la messa in discussione di una montagna di certezze ingannevoli che, essendo diventate senso comune, continuano ad ingessare ogni ipotesi di cambiamento perché subalterne alla cultura dominante e come tali funzionali al sistema.
Continuare a difendere situazioni oggettivamente reazionarie solo perché tatticamente (o ingenuamente) viste nel piccolo ambito del momento in cui avvengono annulla tutte le eventuali buone intenzioni e non è l'ultima delle cause del degrado che oggi ci sovrasta e ci soffoca. Pensare che Monti è buono solo perché ha preso il posto di Berlusconi, o che le armi nucleari e di sterminio della NATO siano migliori e più salutari di quelle dell'Iran o della Cina o della Russia è un modo illusorio di rimuovere i problemi e di scrollarsi di dosso la sensazione di responsabilità (non la responsabilità, che invece resta tutta e si aggrava).
Fraterni saluti.

Lettera a Renata Polverini

                                                                                              Gentile Presidente,
                                                                                               Renata Polverini



Con la presente voglio portarLa a conoscenza del fatto che mio figlio, Jacopo Granieri, iscritto al 3° anno di architettura, presso l’università “La Sapienza", facoltà "Ludovico Quaroni" non usufruirà più dell’abbonamento gratuito relativo al trasporto pubblico locale. Fino all’anno scorso, grazie ai fondi, 12 milioni annui, stanziati dalla giunta Marrazzo per il triennio 2009-2011, mio figlio ha potuto risparmiare i costi degli spostamenti da Frosinone a Roma compreso l’utilizzo dei mezzi pubblici all’interno della città.  Nonostante l’annuncio pubblicato in pompa magna  sul sito della Regione in merito alle agevolazione di  cui potranno usufruire gli   studenti al di sotto dei trent’anni di età grazie  allo stanziamento di 18 milioni di euro a favore delle politiche per la mobilità e il trasporto pubblico locale,  nonostante il mio reddito ISEE sia rimasto invariato, da quest’anno dovrò sborsare 208 euro di abbonamento. Inoltre la mancata erogazione  da parte della regione dei 29milioni e 520mila euro messi in bilancio a favore del comune di Frosinone ha costretto l’amministrazione cittadina a tagliare  i servizi sociali ed aumentare i tributi locali. Gentile presidente Polverini, trovo profondamente ingiusto il fatto che le ultime manovre della sua giunta debbano incidere così profondamente sulla mia pelle e su quella di tutti i cittadini.  Lo trovo inaccettabile anche per il fatto che a fronte di questi tagli, uniti alla chiusura di sette ospedali  nella nostra provincia, la sua giunta si impegna a sottoscrivere entro il 31 dicembre  le quote di ricapitalizzazione della Società "Aeroporto di Frosinone  Spa" per un importo di 1milione e 350mila euro. Come è noto questa società dovrebbe occuparsi della realizzazione dell'aeroporto Ferentino Frosinone, opera  bocciato dall’ENAC  e anche dal ministro Passera. La corte dei conti nella  recente deliberazione n.4/2011, ha consigliato la messa in liquidazione proprio di quella "Aeroporto di Frosinone Spa" che lei sta foraggiando  distraendo 1milione e 350mila  euro di soldi pubblici per realizzare un opera devastante in termini di impatto ambientale per il nostro territorio. Dunque le chiedo se è buona amministrazione  tagliare fondi per il trasporto pubblico  degli  studenti ,  lasciare nel degrado più completo le obsolete ferrovie che collegano Frosinone, come le altre province, alla capitale e sprecare denaro pubblico per la realizzazione di un opera nociva   destinata ad essere, qualora si dovesse realizzare, l’ennesima cattedrale nel deserto . Le chiedo se è giusto discutere e approvaere vitalizi agli assessori regionali e  contestualmente tagliare i fondi per i servizi sociali dai 228milioni stanziati in precedenza ai 184 attuali.  Le chiedo se è a conoscenza dei danni che queste manovre produrranno sulla nostra pelle. E’ molto grave se non si rende conto del disastro che sta provocando, ma è ancora più grave se  le sua azione, essendo consapevole,  sia   finalizzata all’arricchimento della sua casta a dispetto della collettività. Sperando in una sua risposta, porgo
Distinti  Saluti.

Luciano Granieri.

inviata all'indirizzo E.Mail presidente@regione.lazio.it

Un futuro drammatico per la Regione Lazio

Marina del Monte  Ufficio Stampa Fds Regione Lazio 


 “Il 2012 sarà un anno drammatico per il Lazio a causa delle manovre del Governo Monti e della Giunta Polverini. Quella regionale è una manovra di tagli e tasse che colpiscono ancora le fasce sociali più deboli e che incidono in maniera recessiva sull’economia laziale”. E’ quanto affermano, in una nota congiunta, il capogruppo e il consigliere della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile.
 “I cittadini –proseguono- dovranno fare i conti con doppi sacrifici: da un lato con le misure introdotte dal Governo come l’innalzamento dell’Iva, la reintroduzione dell’imposta sulla prima casa, l’incremento delle accise sui carburanti e la mancata indicizzazione delle pensioni al di sopra di una determinata soglia. Dall’altro con i tagli previsti dalla legge di bilancio della Giunta Polverini che prevede l’incremento del 10% delle tasse automobilistiche e l’innalzamento dell’1,73% dell’addizionale Irpef regionale, oltre ad un ulteriore aumento delle accise sul carburante, 0,0258 al litro”.
“Costretti a pagare di tasca propria una crisi economica che viene da lontano e che il Governo nazionale non ha saputo affrontare, i cittadini del Lazio –continuano i consiglieri- dovranno fare a meno di tanti servizi pubblici che rischiano di svanire per effetto dei minori investimenti della Regione. Trasporto e welfare sono i settori sui quali si è concentrata la scure della manovra regionale. I fondi destinati al sociale passano dai 228 milioni stanziati in precedenza a 184. I pesantissimi tagli al Tpl, non recuperati dagli accordi nazionali, comprometteranno situazioni già critiche come quella di Atac a Roma dove si rischia di aprire le porte a licenziamenti, tagli dei servizi e privatizzazione”.
“A fronte di tutto questo –proseguono- viene messo in scena il balletto sui vitalizi che peggiora la situazione preesistente. E’ necessaria –concludono Peduzzi e Nobile- una rivolta politica, sociale e morale che investa l’Italia, la regione e la città contro gli effetti di queste manovre e una politica economica e sociale che apparentemente è neutrale ma in realtà sta uccidendo il Paese”. 

mercoledì 21 dicembre 2011

“MILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO E RESISTENZA”

Simonetta Zandiri

Forse è la vostra, certo non è la mia.


Lacrimogeni sparati ad altezza uomo, feriti gravi tra i NO TAV, anche un ragazzo di soli 16 anni che ha aspettato più di un'ora perché gli sono stati negati i soccorsi. E' successo in Valsusa, ultima data 8 dicembre 2011. Dal 1° gennaio la militarizzazione attuata di fatto con lo sgombero del 27 giugno diventa ufficiale, con la dichiarazione di Chiomonte come sito strategico nazionale.
 
Come da più di 20 anni ripetiamo, la realizzazione della linea Tav Torino-Lione è solo nell'interesse di un ridotto numero di speculatori

Alcuni motivi essenziali del NO:
 La linea costerebbe almeno 20 miliardi di euro (normalmente i consuntivi sono 4-5 volte di più), e a tutt’oggi non è ancora stato fornita un’analisi COSTI-BENEFICI;
risulterebbe un 'opera del tutto inutile, dal momento che esiste già un collegamento ferroviario utilizzato, per quanto riguarda il decisivo trasporto di merci, attualmente a circa il 10% delle sua potenzialità, in costante calo da dieci anni a questa parte;
la realizzazione stessa dell’opera produrrebbe un numero di posti di lavoro estremamente contenuto rispetto alla spesa; per di più si tratterebbe comunque di lavoro per la grandissima parte non specializzato e a tempo determinato;
il dispendio di energia per la realizzazione della linea sarebbe tale da rendere il trasferimento merci su di essa più inquinante rispetto a qualsiasi altra soluzione di trasporto utilizzabile (come dimostrano studi realizzati da docenti universitari);
infine tale opera comporterebbe la distruzione irrimediabile di beni non rinnovabili come il territorio e le falde acquifere, oltre che rendere il traffico e la vita invivibile per 20-30 anni.

Una documentazione sintetica si può trovare null’opuscolo ”Le 150 ragioni contro la Nuova Ferrovia Torino-Lione”, anche sui siiti NOTAV, citati in fondo.
Tutte queste ragioni sono state oggetto di decine e decine di conferenze, tra cui a Torino l’ultima ha visto al Politecnico il 4 novembre confrontarsi le ragioni e i dati degli esperti NOTAV con rappresentanti a favore dell’opera che hanno solo riportato i soliti ritornelli sul progresso, futuro…il tutto nel silenzio dei media, che sono invece sempre pronti a cogliere la “violenza” delle manifestazioni NOTAV.
A novembre, l'ultimo atto del governo Berlusconi, con l'avallo dell'opposizione, è stata la “Legge Stabilita’ 2012”, che entrerà in vigore il 1º gennaio 2012, che all’Art. 19. (“Interventi per la realizzazione del corridoio Torino – Lione e del Tunnel del Tenda”), formalizza lo stato di militarizzazione della Val Susa.
Il cantiere-fortino della Maddalena diventerà un "sito di interesse strategico nazionale", cioè un'area militare a tutti gli effetti, con le conseguenze previste all’art. 682 del c.p. per chi lo vìoli: una pena tra i tre mesi e l'anno oppure una multa da 51 a 309 euro.
Non solo, ma anche l’annullamento delle procedure per gli espropri dei terreno dove dovrebbe sorgere il cantiere, di proprietà di persone contrarie all’opera e che hanno fatto ricorso.
In risposta all'approvazione della legge che ha formalizzati la militarizzazione (iniziata di fatto il 27 giugno), il Movimento NO TAV ha dichiarato che avrebbe risposto con iniziative di protesta e disobbedienza civile che avrebbero coinvolto tutto il territorio che va dalla Val Susa alla Val Sangone a Torino.
E così è stato: dall’8 all’11 dicembre, in occasione della commemorazione dell’8 dicembre 2005, giorno di lotta per la ripresa di Venaus, ci sono state diverse manifestazioni:
- una all’autostrada Torino –Bardonecchia, per contestare la connivenza della SITAF che agevola il passaggio dei mezzi delle FFOO su corsie preferenziali per farle accedere al fortino, che ha concesso i terreni di sua proprietà sotto l’autostrada per costruire l’attuale cantiere-fortino;
- un’altra intorno alle reti illegali, che è stata impedita con idranti e lancio di lacrimogeni ad altezza d’uomo, che hanno provocato 22 feriti, di cui 3 gravi;

Per aggiornamenti e documentazione NOTAV andare sui siti :
http://www.notav.info/ http://www.notav.eu/ http://www.notav-valsangone.eu/http://www.notavtorino.org/
/http://www.lavallecheresiste.blogspot.com/ http://www.ambientevalsusa.it/
http://www.tgmaddalena.blogspot.com/


Pomgliano è nostra

Luciano Granieri

Questo è il  piccolo diario di una giornata passata con i padroni  all’interno dello stabilimento FIAT G.B.Vico di Pomigliano. L’occasione era la presentazione della nuova Panda ai concessionari.  Trattandosi  dei titolari di piccole e medie imprese, quali sono le concessionarie,  forse anziché padroni sarebbe meglio parlare  di padroncini , comunque è sempre gente che ha il medesimo brutto vizio di sfruttare al massimo i propri dipendenti .  Ma procediamo con ordine. Il mio titolare, come sapete mi occupo di vendite auto all’interno della concessionaria FIAT di Frosinone, mi ha fatto l’onore di accompagnarlo alla scoperta della nuova Panda. Così in una fredda mattina di dicembre mi ritrovo all’ingresso “due” dello stabilimento G.B. Vico. Sullo sfondo spicca il Vesuvio  imbiancato di neve . A metà delle pendici  sbucano le case di un paese per me troppo pericolosamente vicino alla bocca del vulcano.  Una navetta ci porta all’interno dello stabilimento, ci scarica  davanti alla sala dove verrà  effettuato l’accredito e distribuiti i pass.  Il programma dei lavori prevede, dopo il caffè di  benvenuto, una  conferenza dove ci  verrà presentata la nuova macchina, pranzo e visita  allo stabilimento, in particolare al reparto lastratura, orgoglio della fabbrica, dove sono  assemblate le scocche.  Le ore all’interno della sala, in attesa della conferenza, trascorrono lente.  Per la solita ansia del mio capo siamo arrivati con largo anticipo.  Per ora l’unica cosa positiva è la colazione,  una  sfogliatelle calda accompagnata da un buon caffè. La cravatta mi soffoca non sono abituato ad indossare il vestito buono. I concessionari si scambiano opinioni, la crisi falcidia anche le loro aziende,  e cercano avidamente  i vari dirigenti e responsabili di zona, per  mettersi in mostra e chiedere trattamenti di favore. Annoiato, esco fuori   mi incammino per i vialoni della fabbrica che dividono gli ampi capannoni. Ogni tanto si incontra un gruppo di operai che  si avvia  alla postazione di lavoro .   Mi giunge alle orecchie un commento che mi disturba non poco “ecco se stavamo dentro la Volkswagen col cavolo che si vedevano operai in giro” mi volto e un distinto signore, presumo un concessionario,  grasso e bolso fasciato in un impermeabile di lusso continua a sparare cazzate. Mi viene voglia di rispondergli per le rime, ma  è ora di rientrare, delle gentili signorine ci invitano a ritornare in sala  per  accedere all’area conferenze ricavata all’interno di un’isola produttiva.  La zona carrozzerie è pulita,  sterilizzata, come tutta la fabbrica, sembra  di stare in una clinica per ricchi.  Entrando  nell’area predisposta per le conferenze passiamo fra due ali di operaie e operai  che ci applaudono con entusiasmo, non so quanto sincero.  Monta la voglia di ribellione mi verrebbe da dirgli  “ma che cazzo vi applaudite!!!  D’accordo che  il nostro lavoro è importante perché vendiamo il prodotto che voi costruite, ma che è questa piaggeria, questa sottomissione,  forse capisco i motivi per cui nel referendum farsa è passata la linea Marchionne.   Del resto a vedere queste donne   e  questi uomini l’idea dell’operaio in tuta blu è totalmente superata.  Mi trovo di fronte a persone vestite con pantaloni e felpe bianche  eleganti, qualcuno indossa un giubbotto  in tinta, gli sguardi  sono quelli dei manager in erba, pronti a scalare le tappe che dalla catena portano  a diventare responsabile dell’isola produttiva, costi  quel  che costi, altro che coscienza di classe!  Inizia la conferenza  ci sciorinano le mirabile della nova Panda “More & Simply”.  Quando prendono  la parola i manager un brivido mi passa lungo la schiena . Dai ragionamenti  di Lorenzo Sistino e Sante Ficini  esce una sola e inequivocabile strategia. “Cari concessionari fate come noi riorganizzate le vostre  aziende per renderle più snelle, flessibili, ed efficienti, se no chiudete”  Tradotto in Italiano: Cari concessionari fate come noi,  abbiamo investito 800 milioni di euro per il nuovo stabilimento di Pomigliano, ma per far questo abbiamo messo in mobilità 2.300 operai,  per gli altri 2.400 rimasti   abbiamo cancellato i diritti ad ammalarsi,   a scioperare e ridotto le pause.  Cari concessionari, licenziate, riducete il personale e quello che rimane spremetelo come un limone.  Per mostrare la piena condivisione degli operai al piano Marchionne, è stato incluso nella eletta schiera dei conferenzieri  il responsabile tecnico dello stabilimento, l’operaio Sebastiano Garofalo, orgoglioso di guidare una squadra di gente motivata e appassionata. Gli operai motivati ed appassionati saranno anche protagonisti dello spot pubblicitario che abbiamo visto in anteprima.  Nel claim promozionale la Panda è prodotta da donne e uomini orgogliosi di mostrare la loro eccellenza nel costruire la nuova vettura e di essere italiani. Le maestranze FIAT devono essere la prova provata che l’Italia non è solo pizza e mandolino ma è anche voglia di fare, fare bene e  con passione. TUTTI FELICI E CONTENTI.  La strategia mediatica va oltre la semplice promozione della vettura nuova. L’obbiettivo è mostrare che negli stabilimenti Fiat si lavora con gioia e passione. La FIOM non ci risulta, come direbbe Jannacci.  Il must  è conquistare ogni centimetro delle opportunità concesse  da un mercato asfittico sputando sangue e facendo sputare sangue ai propri sottoposti. Il messaggio è stato affidato ad Al Pacino che in una scena del film “Ogni maledetta domenica” proiettata ai convenuti, da allenatore di una squadra di football arringa i propri giocatori reduci da un serie di sconfitte spingendoli a sputare sangue e a far sputare sangue a chi gli sta intorno per conquistare ogni centimetro di campo. RIBUTTANTE.  Finalmente finisce la tortura e ci avviamo verso l’uscita. Passando davanti agli operai, che avevano ripreso la loro postazione di lavoro,   non mi sono trattenuto e ho fatto il mio piccolo gesto rivoluzionario. Ho iniziato a battere le mani,  assecondato da tutti gli altri concessionari,  che evidentemente hanno creduto fosse un atto predeterminato, per cui si è prodotto un fragoroso applauso indirizzato gli operai che per quanto costretti o convinti,  a sposare la nuova linea strappa diritti imposta da Marchionne,  sono sempre quelli che stanno peggio e sono sfruttati dal potere del mercato e della finanza che fagocita gli ingenti dividendi azionari, prodotti dalla messa in mobilità della forza lavoro e dalla delocalizzazione della produttività.  Dopo il pranzo, allestito all’interno della mensa, ma servito da un catering -in effetti se la pausa mensa è stata spostata a fine turno, quindi di fatto cancellata, non si vede a cosa possa servire la sala mensa -  altro trasferimento  in navetta verso il reparto lastratura dove viene allestita la scocca della nuova Panda. Il viaggio all’interno dell’unità produttiva, equipaggiati con occhiali protettivi e cuffiette, mostra in effetti un impianto all’avanguardia,  completamente robotizzato,  i pezzi transitano davanti agli operai ad un’altezza per cui possono essere allestiti in modo che l’addetto operi con le braccia all’altezza delle spalle e dunque si affatichi il meno possibile.  Efficienza sicurezza sul lavoro, tutto molto   bello, ma se il prezzo per ottenere ciò che dovrebbe essere la normalità  è mettere in mobilità, 2.400 operai, escludere una parte importante della rappresentanza sindacale, chiudere stabilimenti come Termini Imerese e la Irisbus, significa che gli  800 milioni di euro per ammodernare Pomigliano non li ha tirati fuori la FIAT, ma lo Stato, quindi noi,  erogando i fondi per la mobilità degli operai accantonati da queste operazioni di “RAZIONALZZAZIONE PRODUTTUVA”. DUNQUE DI FATTO POMIGLIANO NON E’ DELLA FIAT MA E’ NOSTRA.  Con questa profonda convinzione sono uscito dai cancelli del avveniristico stabilimento G.B. Vico  di Pomigliano  Incazzato e amareggiato.  Sulla strada del ritorno dall’autoradio ho appreso    delle farneticazione del ministro “iena piangens” Fornero sull’articolo 18. Dopo un ulteriore scoramento, la rabbia è arrivata a un punto tale per cui tutto è diventato più chiaro. Facciamo nostre le raccomandazioni di Al Pacino. Sputiamo sangue non per ingrassare i padroni ma per riconquistarci, centimetro per centimetro  i diritti che ci hanno scippato.  BASTA SUBIRE.



I brani che accompagnano la clip edita con le foto scattate dal sottoscritto dentro la fabbrica sono:
Hystoire de l'ouvreire di Danele Sepe e Zyg Crescita Zero degli Area.

martedì 20 dicembre 2011

La tempesta della BCE spazza via le alleanze “democratiche”. E ora?

Comunisti  Uniti 2.0 fonte  http://www.comunistiuniti.it/
La tempesta della BCE spazza via le alleanze “democratiche”. E ora?

Bastonare il cane che affoga…

In queste settimane abbiamo potuto constatare con attenzione l’evoluzione del dibattito congressuale di Rifondazione Comunista e del PdCI.
Gli esiti di questi congressi ci hanno visto parte “interessata”, perché siamo fermamente convinti che per poter ricomporre la diaspora verso la ricostruzione di un partito comunista degno di questo nome oggi nessuno è autosufficiente e ogni energia disponibile è importante. D’altra parte ci siamo sempre distinti per non cercare di perseguire questo obiettivo con nuove “microscissioni” e crediamo fermamente che vada ricucito innanzitutto il dibattito e la strategia politica tra i comunisti ovunque oggi organizzativamente collocati. Pensiamo, infatti, che ci siano oggi troppi partiti comunisti e non troppo pochi da pensare di risolvere il problema con la costruzione dell’ennesimo.
Per quanto riguarda il congresso di Rifondazione abbiamo sostenuto apertamente l’ipotesi politica, tra quelle che si sono confrontate, più in sintonia coi temi che poniamo da mesi al centro del dibattito nel movimento comunista: la terza mozione. Questa area di dibattito politico, senza i mezzi organizzativi delle correnti storiche e in maniera totalmente autoconvocata, ha raggiunto un risultato più che dignitoso e soprattutto ha dimostrato che esiste ancora lo spazio anche in quel partito per sostenere un processo di riaggregazione dei comunisti fuori dalle alleanze governiste col centrosinistra e fuori dalle compatibilità imposte dal capitalismo.
Con moltissime di queste compagne e compagni abbiamo lanciato a Livorno, all’inizio di questo anno, un laboratorio politico unitario che dovrà occuparsi di collegare questo spazio anche all’esterno del PRC e di rafforzarlo ulteriormente all’interno.
La posizione che si è affermata al congresso tuttavia merita qualche riflessione.
Nel PRC vi è da Chianciano un’ampia ma composita maggioranza (formata dalla convergenza di almeno 4 anime differenti) che ha presentato al congresso di Napoli una mozione incentrata sulla “alleanza democratica” con il PD; l’unica cosa sulla quale, probabilmente, questo gruppo dirigente è oggi unito sia al suo interno che col gruppo dirigente del PdCI.
Individuando come contraddizione principale il pericolo del “fascismo” berlusconiano, si trattava di sacrificare ancora una volta l’autonomia e mettere in piedi, per la terza volta dopo il fallimento della partecipazione ai due governi Prodi e in condizioni oggettive ancora più difficili, una sorta di nuovo CLN.
Negli anni passati, questa linea politica – presentata come obbligata per parlare alle larghe masse lavoratrici, assecondando la propensione al “voto utile” in un contesto bloccato dal sistema politico bipolare – aveva già portato i comunisti sotto il 2%. E questo, a nostro avviso, anche perché i comunisti in parlamento si erano dimostrati incapaci di incidere sulle scelte concrete dei governi di centrosinistra e di offrire uno sbocco credibile alle istanze del vecchio e del nuovo mondo del lavoro, non ottenendo per esso nessun risultato concreto e nessun avanzamento nei rapporti di forza nei confronti del padronato. Anzi non riuscendo a impedire neanche una delle controriforme che le classi dominanti hanno fatto passare in questi anni, oltre che per mano di Berlusconi, anche grazie ai governi di centrosinistra (guerre, precarietà, scippo del TFR, leggi discriminatorie nei confronti degli immigrati, smantellamento dell’istruzione pubblica, privatizzazioni).
Al di là di alcune autocritiche dell’attuale segretario del PRC su quell’esperienza politica, cosa sicuramente da rimarcare, con il rilancio di una “alleanza democratica” col PD sembra mancare la capacità di trarre le conseguenze dagli insegnamenti di questo recente passato e di sviluppare un’adeguata analisi della fase e dei suoi drammatici rapporti di forza.
Ecco però che arriva in soccorso del PRC la dura realtà: nemmeno il tempo di aprire il dibattito congressuale e la mozione Ferrero-Grassi diventava obsoleta, perché il colpo di Stato della Commissione europea e della Bce, con la sponda del presidente della Repubblica Napolitano, dopo aver creato uno stato d’eccezione finanziario e aver messo a rischio i risparmi e i mutui di milioni e milioni di cittadini, abbatteva il Cavaliere per insediare Mario Monti. Questo con l’obiettivo esplicito di attuare quei provvedimenti neoliberisti (in primis la controriforma delle pensioni e a breve la libertà di licenziamento) che né Berlusconi, né qualsiasi altro governo “politico” avrebbe probabilmente potuto realizzare in Italia. Quei provvedimenti, cioè, volti a tamponare temporaneamente la crisi di accumulazione del capitale tramite un ulteriore trasferimento di reddito dalle classi subalterne a quelle dominanti.
In un sol colpo il capitalismo finanziario ha demolito le architravi politiche della strategia principale che i gruppi dirigenti di PRC e PdCI avevano pensato per rilanciare il ruolo dei comunisti, oggi purtroppo molto marginale. Svanito Berlusconi e la conseguente prospettiva del governo di centrosinistra e, soprattutto, svanita la prospettiva di salvare la democrazia mediante l’alleanza con un partito, il PD, che invece sta contribuendo pesantemente a metterla in soffitta.
In realtà, che la prospettiva fosse questa, e che l’anomalia Berlusconi fosse ormai inservibile, era piuttosto chiaro già dopo il fallimento della spallata al governo del 14 dicembre 2010. Al di là della fragile tenuta temporanea del ducetto di Arcore mediante la compravendita di parlamentari, i segnali erano chiari. I cosiddetti “poteri forti” stavano pensando da tempo a un cambio di strategia utilizzando come scusa gli scandali personali del decadente presidente del Consiglio. Confindustria lo aveva cominciato a scaricare, la trojka UE-BCE-FMI lo teneva nel mirino da tempo, il Vaticano non lo sosteneva più. Questo, insieme alle difficoltà economiche e alla crescita di malessere sociale nel paese, ha provocato uno sgretolamento del suo blocco di riferimento evidenziato prima dall’abbandono dei fascio-futuristi di Fini e poi con la ripresa delle bizze e dei distinguo della Lega.
Ciò nonostante, la grande maggioranza dei dirigenti di PRC e PdCI consideravano che mantenere un rapporto di comunicazione con il PD, e realizzare con questo partito un’alleanza elettorale per tornare in parlamento, fosse un obiettivo talmente vitale da non favorire un’attenta e spassionata analisi di quanto stava avvenendo sul piano politico-economico.
Il giubilo nazionale seguito alla caduta del governo Berlusconi, da questo punto di vista, si è rivelato effimero: con buona pace dell’anti-berlusconismo volgare, al pericoloso quanto goffo parvenu che non sapeva tenere in mano coltello e forchetta sarebbero subito succeduti i ben più raffinati squali della finanza e delle banche, con il solo scopo di incrementare la redistribuzione della ricchezza verso l’alto e di condurre con maggiore efficacia il conflitto di classe della borghesia proprietaria, dedita alla faticosa incombenza del taglio delle cedole, contro il lavoro dipendente e parasubordinato. In questo mutato contesto, il PRC ha riaggiustato la linea in corsa, dichiarando la propria opposizione al governo Monti ed esprimendo un certo disappunto verso il PD che ha fatto saltare l’ipotesi di nuove elezioni e di possibili alleanze elettorali a sinistra.
Le ipotesi di “Costituente dei beni comuni” e il sostegno, fortemente voluto soprattutto dalla base, al movimento “No Debito” lanciato da Cremaschi possono essere una buona piattaforma di rilancio se non le si relegano nell’alveo delle eccentricità alle quali Rifondazione ci ha abituato dai tempi di Bertinotti senza che avessero conseguenze pratiche.
Quello che in realtà conterà sarà la nuova collocazione politica del partito. Prevarrà lo spostamento deciso verso l’ipotesi di costruzione di un polo alternativo all’intero sistema bipolare con altre forze comuniste ed anticapitaliste? Oppure prevarrà una linea di galleggiamento nell’attesa della fine della nuova “anomalia” Monti per poi riproporsi alleati al PD?
Una collocazione, ovviamente, che andrà verificata alla prova dei fatti anche perché la geografia politica e sociale nel paese potrebbe mutare profondamente dopo mesi di dittatura finanziaria e massacro sociale. Certo che le prime dichiarazione di alcuni dei massimi dirigenti del PRC, che già formulano la necessità di tenere comunque la “porta socchiusa” al PD, per il futuro non fanno ben sperare. Ma staremo a vedere.
Ma la fortuna tempistica toccata in sorte al PRC non ha favorito invece il PdCI che al momento delle dimissioni di Berlusconi il suo congresso lo aveva appena chiuso da qualche giorno. Non è sufficiente abbracciare il feticcio dell’unità dei comunisti. Anche qui, il vero argomento del congresso è stato, e per gli stessi motivi del PRC, la disperata ricerca dell’alleanza con il PD.
Un obiettivo perseguito con ossessività e a dispetto della funzione politica sistemica e dell’orizzonte strategico del gruppo dirigente di questo partito. E perseguito anche a rischio di vanificare quanto di indubbiamente buono sul piano della politica culturale e della politica estera il PdCI – caso unico in Italia, bisogna ammetterlo – è stato in grado di fare in questi anni di difficile resistenza.
La sostanza politica che ha lasciato più di una perplessità è quella delle dichiarazioni pubbliche di “affidabilità” e di disponibilità a sostenere un eventuale governo di centrosinistra per l’intero mandato, anche mettendo in conto che questo eventuale esecutivo di centrosinistra avrebbe preso provvedimenti di natura antipopolare. E tutto questo – vista l’improbabilità di una reale svolta a sinistra del paese – come amara medicina in nome della salvezza della democrazia dal pericolo rappresentato da Berlusconi e dalle destre.
Sembra che il PdCI, a differenza del PRC, stenti ancora a modificare la propria linea politica rispetto alla questione delle alleanze persino di fronte alle rotture più evidenti e al “vulnus” di democrazia provocato dal golpe della BCE con l’instaurazione del governo Monti sostenuto con convinzione anche dal PD di Bersani.
Quello che stupisce di più è che non si sia opposta a questa linea politica, che tiene aperta la porta nei confronti del PD anche a dispetto dei santi, chi è entrato nel PdCI dopo aver condotto all’interno del PRC una battaglia collocata a sinistra, una battaglia che – come sarebbe possibile dimostrare testi alla mano – aveva contestato con durezza il “governismo” e l’“opportunismo” di destra dell’allora gruppo dirigente bertinottiano.
Ecco allora che al CLN antiberlusconiano si sostituisce d’un tratto l’evocazione di un “ampio arco di forze di sinistra, democratiche e sindacali in grado di resistere all’attacco antisociale, rilanciando un’alternativa al polo neodemocristiano che rischia di trovare la propria incubazione nel governo Monti”. Una sorta di CLN antibocconiano, si direbbe, visto che – come viene ammesso – la nascita del nuovo governo “ha già fatto virare la barra politica generale a destra”.
Quindi fino a ieri eravamo di fronte a una sorta di fascismo postmoderno guidato da Berlusconi, la cui pericolosità eversiva ci poneva di fronte alla necessità di allearci “anche con il diavolo”, rappresentato da un PD social-liberista e filo-confindustriale. E oggi si dichiara che Berlusconi è stato messo nel cassetto da un esecutivo che congela la democrazia e sposta l’asse politico ancora più a destra con il sostegno deciso anche del PD!
Ma se questo spostamento a destra è reale, (e lo è), non si capisce quindi perché ci si vuole allora contrapporre alla “parola d’ordine – qui ed ora – troppo rigida, adialettica, che non tiene conto delle contraddizioni reali e positive già emerse all’interno del centro sinistra”, e cioè a chi vorrebbe lavorare per la costruzione di un polo dei comunisti e della sinistra anticapitalista che sia autonomo dal PD e indisponibile ad alleanze fatte a prescindere dai contenuti e da un programma minimo di classe.
Il PD costituisce un puntello fondamentale del governo Monti. Il governo Monti, anzi, non sarebbe mai nato senza la presenza di questo partito e senza il ruolo di direttore d’orchestra di un suo esponente storico: il Presidente della Repubblica Napolitano. Così come sarebbe in difficoltà a sinistra già con questa prima manovra finanziaria che ha spinto a una (seppur ancora timida) reazione di protesta la Cgil e persino Di Pietro, prontamente rimbrottato e minacciato da Bersani.
Il PD, al di là di alcune dichiarazioni di facciata, approverà la manovra economica e si renderà responsabile di una serie di provvedimenti antipopolari quali mai si sono visti nel nostro paese.
Questo fatto, di conseguenza, costituisce oggettivamente una rottura che renderà impraticabile ogni ipotesi frontista, perché è difficile immaginare che si possa realizzare un’alleanza “democratica” proprio con chi ha consentito che il golpe neoliberista avesse luogo.
Non siamo così ingenui da non capire che in questa avventura il PD, che aveva di fronte a sé la prospettiva di una probabile vittoria elettorale, è stato trascinato obtorto collo. O meglio: che vi è stato trascinato dallo scontro tra settori della borghesia travolta dalla crisi e dal conseguente duro conflitto che al suo interno si sta svolgendo. E comprendiamo bene che per questo partito l’esperienza Monti potrebbe essere un suicidio.
Quella parte del PD che guarda ancora al sindacato e al mondo del lavoro, e che è stata messa sotto scacco da Napolitano e dalla tendenza liberal (ma anche dalla corrente di D’Alema), pensa di reggere il colpo facendo un po’ di equilibrismo per un anno e mezzo e di rimediare alla situazione dopo le prossime elezioni. Ma questo ragionamento si potrebbe rivelare una pia illusione visto che questo governo rischia di essere “costituente” di una nuova fase della politica e che probabilmente è impensabile pensare che se ne uscirà con la medesima geografia politica con cui vi siamo entrati.
Anche il modo in cui guardano al mondo del lavoro i vari “laburisti” del PD alla Fassina e Marino (sostenitori della concertazione, della flexsecurity e della controriforma dello Statuto dei Lavoratori) è ovviamente diametralmente opposto a quello con cui dovrebbero guardarlo i comunisti. Ma soprattutto abbiamo già visto all’opera questo modo di ragionare: prima il risanamento, poi lo sviluppo e la redistribuzione; per ora “ingoiamo il rospo”, poi raddrizzeremo la barca. E’ un sillogismo che non funziona, perché nella situazione data di una profonda crisi di sovrapproduzuione non esistono margini di riformismo che un partito possa praticare con palliativi e concessioni agli strati sociali meno abbienti. E questo non perché siamo in presenza di una situazione pre-rivoluzionaria ma, al contrario, perché il capitale non ha oggi il “surplus” da redistribuire ed è anzi in preda a una feroce guerra internazionale tra potenze e frazioni della borghesia per accaparrarsi fette dei profitti una a danno delle altre. Questa crisi profondissima obbliga il capitalismo a sviluppare la competizione abbassando sempre più il costo del lavoro.
Questa constatazione valeva già prima del governo Monti e inficiava sin dall’inizio l’ipotesi alleantista e concertativa mostrandola per quella che è: una finzione strumentale. Nessun governo di ricostruzione democratica o di inversione di tendenza sarebbe stato possibile, anche in caso di elezioni. Tutt’al più, sarebbe nato un governo di “liberismo temperato” e di “riduzione del danno”, nel quale nessun comunista avrebbe potuto sperare in alcun modo di utilizzare una pattuglia parlamentare per rilanciare un partito comunista in Italia. Al contrario, sarebbero stati stritolati, dopo essere stati costretti a votare i peggiori provvedimenti, a partire dai crediti di guerra, esattamente come è già avvenuto nel recente passato. E questo avrebbe creato ancora più sconcerto e scollamento nei confronti dei propri naturali referenti di classe, alimentando ulteriormente la frammentazione nel movimento comunista, allontanando di fatto ancora di più qualsiasi possibilità di riconquista del ruolo e dell’internità dei comunisti nel conflitto politico e sociale del paese.
A questa considerazione più strutturale bisogna aggiungerne un’altra di natura più immediatamente politica. Finita l’ubriacatura generale per l’avvenuta “salvezza” del paese, è probabile che il PD potrebbe soffrire la contraddizione tra le istanze della propria base sociale, ancora radicata nel lavoro dipendente, e l’appoggio alle misure neoliberiste del governo. E’ possibile che questo partito ne esca ancora più mutato in senso liberale di quanto non sia adesso, e che la partita interna si risolva a favore dei liberaldemocratici piuttosto che dei cosiddetti “laburisti”, anche per una parziale modifica dell’elettorato di riferimento. E’ anche possibile che questo partito non regga e si spezzi in due tronconi. Ma è in ogni caso estremamente probabile che il PD dovrà scontare una crisi e un calo di consenso. Anzi, diciamo pure che ciò è auspicabile dal punto di vista dei comunisti che dovrebbero avere l’obiettivo di porsi al centro dell’opposizione di classe a questo esecutivo e alle sue politiche di massacro sociale.
Di conseguenza, come dicevamo, la geografia politica che ci troveremo di fronte tra un anno e mezzo potrebbe essere profondamente mutata, sempre “se” si tornerà subito a un periodo di normalità “democratica” in cui il sistema di sfruttamento capitalistico si faccia garantire da un comitato d’affari per lo meno costituzionalmente eletto.
Un’eventuale nuova coalizione di centrosinistra alle prossime elezioni politiche pertanto non è nemmeno scontata, col PD che potrebbe allearsi con il Terzo Polo e con l’incognita che il suo approccio servile nei confronti della trojka UE-BCE-FMI non riesca persino a resuscitare Berlusconi. Proprio a queste prospettive guarda non a caso Di Pietro, che comincia a pensare di dover contendere al PD l’elettorato di sinistra contestando apertamente la complicità con Monti nel massacro sociale imminente. Con lo stesso approccio, ma avendo nel mirino il PdL, c’è l’atteggiamento della Lega che si sta dando un profilo di opposizione social-territoriale in chiave regressiva e secessionista. Comunque vada il dato è che siamo di fronte a probabili scomposizioni e ricomposizioni del quadro politico, con una forte spinta alla convergenza verso il centro. In queste condizioni, si aprirà inevitabilmente un ulteriore spazio a sinistra che potrebbe essere conteso tra l’ipotesi di un polo anticapitalista alternativo all’intero quadro bipolare, se come speriamo questo vedrà la luce, e un nuovo rigurgito di antipolitica (che potrebbe occupare l’IDV oppure il movimento neopopulista 5 Stelle). Sempre che non si vada incontro ad avventure autoritarie ancora più pericolose o a rischi di secessione e persino di guerra civile.
Dopo il 2008 troppi comunisti sembrano aver rimosso la loro sconfitta. E sembrano aver cercato di congelare il tempo, come nobili decaduti che non si rassegnano alle improvvise ristrettezze, nell’attesa di rientrare in quel club esclusivo della politica dal quale erano stati ingiustamente, a loro avviso, emarginati. Per questo, tutti i loro sforzi sono stati tesi a garantire tale rientro tramite una politica di alleanze, o meglio di cooptazione. Ed è così che sono stati persi anni preziosi, anni che invece sarebbe stato meglio utilizzare per modificare la linea e l’organizzazione politica adeguandola alla fase in corso. E’ necessario smetterla con l’illusione di scorciatoie che sembrano facili ma che sono impraticabili. Bisogna sottrarsi al ricatto del bipolarismo (e all’illusione di scardinarlo dall’interno) e praticare l’autonomia, il conflitto, l’opposizione più determinata, bastonando a dovere il cane che sta affogando…e cioè il PD.
Preso atto che i comunisti oggi sono sparsi in molte organizzazioni differenti, e che tantissimi sono ormai quelli “senza tessera” disillusi dai percorsi politici che abbiamo attraversato, pensiamo sia sempre più urgente un confronto e un’iniziativa tra tutte le compagne ed i compagni, indipendentemente dalla loro attuale collocazione organizzativa, per dare urgentemente un segnale di “unità utile” alla prospettiva di ricostruzione di un Partito Comunista degno di questo nome e all’altezza dello scontro di classe oggi. E non perché questa scelta assicuri di per sé un successo immediato e improvvisamente attiri le masse rivoluzionarie. Ma perché di fronte ad una crisi di questa portata, che ha travolto la socialdemocrazia e persino il liberalismo democratico, non c’è altra strada che quella - lunga e complicata – di offrire alle classi subalterne vecchie e nuove un riferimento nettamente alternativo.
Questo riferimento si costruisce attorno a un programma minimo di classe che sappia prefigurare un blocco sociale antagonista agli interessi del capitalismo in crisi. Ricostruendo in tal modo un profilo di coerenza e di credibilità che consenta di recuperare consenso. E accumulando forze tali da poter riconquistare autonomamente una visibilità e un ruolo politico oltre che istituzionale e, al momento giusto, incidere nella realtà politica. Solo a quel punto la discussione su quale politica di alleanze e su quale programma politico avrebbe un minimo di praticabilità.
Nessun facile ottimismo propagandistico e nessuna fraseologia rivoluzionaria, dunque. Ma anni e anni – e forse decenni e decenni – di duro lavoro politico e sociale, probabilmente nel discredito generale, senza onori ma con molti oneri. Tuttavia, se questa strada è difficile e con poche probabilità di successo, l’altra, quella consueta della cooptazione dall’alto, conduce al fallimento assicurato.

Comunisti Uniti



lunedì 19 dicembre 2011

Siamo qui per il gridare al mondo "VIVA LA RIVOLUZIONE"

Luciano Granieri


 Domenica scorsa 18 dicembre è andato in scena il secondo atto della nostra piccola rivoluzione (il PRIMO risale al  4 dicembre).  Stiamo tentando di provocare  in città una piccola rivolta. Insieme con la confederazione dei  COBAS di Frosinone , con l’associazione “Oltre l’Occidente” e  il movimento “La Colomba”, noi del Circolo Carlo Giuliani di Rifondazione Comunista di Frosinone stiamo provando a portare in piazza, la nostra rabbia e l’insoddisfazione per la situazione sociale attuale. Una stato che precipita sempre più in basso il ceto medio e il proletariato, mentre, al contrario, con la scusa della crisi e dell’indebitamento della Nazione, arricchisce sempre di più, speculatori, evasori, corrotti e corruttori. Vogliamo capire se la gente comune che passeggia la domenica mattina tra le bancarelle del mercatino di  L.go Turriziani  è indignata come noi, percepisce come noi  la precarietà di un futuro le cui certezze sono continuamente preda della voracità finanziaria. Vogliamo anche confrontarci con chi la pensa diversamente da noi, aprire discussioni, INSOMMA TORNARE A PARLARE CON LA GENTE E FARE IN MODO CHE LA PERSONE TORNINO A PARLARE FRA DI LORO. Questa è la RIVOLUZIONE. Come domenica sosteneva Carlo, uno degli amici che si è fermato al nostro banchetto, gli scenari che si sono vissuti in Islanda o in Ecuador o in Argentina, in cui l’intera popolazione si è ribellata alla dittatura delle banca centrale e del FMI, non sono possibili in Italia  perché, secondo lui, il popolo italiano non è aduso ad atteggiamenti rivoluzionari o comunque di ribellione organizzata. Allora se tale rivoluzione per ora non è possibile, noi ne tentiamo un’altra. Proviamo a ribellarci alla socialità precostituita e indotta, figlia  della moltitudine  teledipendente, in cui pensieri e parole sono preconfezionati dalle onde televisive. Proviamo a far agitare le persone, a suscitare in loro   rabbia, indignazione, o anche condivisione e solidarietà reciproca. In effetti ci siamo resi conto che basta molto poco per accendere  questa piccola rivoluzione. E’ sufficiente un volantino, un intervento al megafono, per innescare la discussione e il confronto. Ci siamo resi conto che le persone muoiono dalla voglia di dire la loro, di esplicitare le proprie necessità di condividere le proprie aspirazioni. Sappiamo che il potere odia questo tipo di socializzazione. La odia talmente tanto che ha provveduto a parcellizzare i luoghi dove questa di solito avviene . Il decentramento delle città, priva i cittadini della piazza principale dove confrontarsi e crea le solitudini che impediscono di restare umani scatenando la barbarie  contro chi è più povero come gli immigrati. LA NOSTRA  RIVOLUZIONE è  provare a ripristinare quel tipo di socialità che può diventare pericolosa PER I SUPERBURCRATI DELLA FINANZA INTERNAZIONALE  perché rende consapevoli un sempre maggior numero di persone di quanto sia devastante il potere esercitato dal finanzcapitalismo.  Come detto quello di domenica era solo il secondo atto. L’OPERA NON E’ FINITA prevede altri atti che animeranno altre piazze di Frosinone. Arrivederci a presto.



Il brano del  video è "La Ballata di Aureliano" dei Modena City Ramblers. Il testo descrive la situazioni dei paesi sudamericani quando questi erano sotto il giogo dei Chiacgo Boys e del Fondo Monetario Internazionale. Eravamo nel 1997 . LE PAROLE DI QUESTA CANZONE SONO ATTUALISSIME .

domenica 18 dicembre 2011

Qualità dell’aria nella provincia di Frosinone

CITTA’ DI  FROSINONE
Assessorato alla Tutela dell’Ambiente, Servizi Ecologici ed Energie Rinnovabili

Invitiamo al Convegno che il Comune di Frosinone, con la collaborazione dell’Università di Cassino, della Regione Lazio e dell’Istituto Tecnico per Geometri "F. Brunelleschi", ha organizzato per

martedì 20 dicembre 2011 dal titolo:
"Qualità dell’aria nella provincia di Frosinone: esposizione urbana alle polveri aerodisperse”
Il convegno si terrà a partire dalle ore 9,30 presso l’Aula Magna dell'Istituto Tecnico per Geometri "F.Brunelleschi" in Via Piave 39 a Frosinone, con il seguente programma:

Ore 9.30 Registrazione dei partecipanti

Ore 9.45 Saluti del Sindaco di Frosinone, Michele Marini,

del Dirigente Scolastico dell'ITG/FR, Mario Venturino e delle Autorità intervenute

Ore 10.00 “ Il piano di risanamento dell'aria della Regione Lazio e i provvedimenti per la Città di Frosinone”, Francesco Raffa, Assessore all’ambiente del Comune di Frosinone

Ore 10.20 “Inquinamento atmosferico e salute umana”,

Giancarlo Pizzutelli, Azienda Sanitaria Locale di Frosinone

Ore 10.40 “Il sistema di monitoraggio della qualità dell’aria nella Regione Lazio”,

Roberto Sozzi Responsabile Qualità dell’aria della Regione Lazio

Ore 11.00 “Esposizione alle polveri aerodisperse in area urbana: il PM10 nella provincia di Frosinone”,

Giorgio Buonanno, Università di Cassino

Ore 11.40 Discussione e dibattito

Alla luce delle recenti e preoccupanti rilevazioni del PM10 prodotto nella nostra realtà territoriale, l'Assessorato all'Ambiente del Comune di Frosinone ha voluto mettere insieme il mondo della ricerca, i soggetti preposti a vario titolo per affrontare il problema e i rappresentanti delle varie istituzioni coinvolte contribuire a definire il quadro complessivo del problema delle polveri sottili che attanaglia la nostra vita quotidiana.
Nel convegno a cui si riferisce l'NVITO  sopra riportato si parlerà della natura delle possibili fonti emissive, delle diverse responsabilità e competenze istituzionali, delle novità previste nel sistema di monitoraggio della ricaduta della presenza del PM10 sulla salute umana e di tanto altro ancora.
Sarà sicuramente una buona occasione per aggiornare e approfondire le conoscenze su una problematica che, come rilevato dalle centraline di monitoraggio dell'ARPA Lazio, interessa molto da vicino la qualità ll'aria della intera Valle del Sacco.
Premesso tutto ciò,  informaiamo che il Comune di Frosinone con la collaborazione dell’Università di Cassino, della Regione Lazioe dell’Istituto Tecnico per Geometri "F. Brunelleschi", ha organizzato per Martedì 20 dicembre 2011 dalle ore 9,30 presso l’Aula Magna dell'Istituto Tecnico per Geometri "F. Brunelleschi" sito in Via Piave 39 a Frosinone,
il Convegno dal titolo "Qualità dell’aria nella provincia di Frosinone: esposizione urbana alle polveri aerodisperse”, che si svolgerà secondo il programma sopra  riportato

Prof. Francesco RAFFA
Assessore alla tutela dell'ambiente,
ai servizi ecologici e alle energie rinnovabili
del Comune di Frosinone