CAMPAGNA DICO32/COORDINAMENTO NAZIONALE PER IL DIRITTO
ALLA SALUTE
In Italia la conduzione dell’emergenza pandemica ha
fatto emergere gravi inadeguatezze frutto delle politiche attuate negli ultimi
due decenni.
Il servizio sanitario pubblico ha dovuto reggere
l’impatto dell’emergenza mostrando limiti derivanti dal definanziamento (a
favore della sanità privata) e dall’indebolimento della medicina territoriale.
Le responsabilità dei governi, centrali e regionali,
sono divenute palesi: le leggi di privatizzazione, sono le principali
responsabili e vanno abrogate come va avversato l’approccio che le ha prodotte.
La “normalità” ante covid si è dimostrata malata
e occorre una inversione di rotta.
E’ il momento di una nuova riforma della sanità
fondata sull’affermazione della salute, dell’ambiente salubre e sulla riduzione
delle diseguaglianze quali diritti costituzionali da attuare da parte degli
enti pubblici.
Le nostre priorità :
1)
UNA VISIONE
DELLA TUTELA DELLA SALUTE COLLETTIVA BASATA SULLA PREVENZIONE PRIMARIA
Per noi la salute non è solo uno stato di benessere
psico-fisico ma il risultato del rapporto tra gli individui nel proprio
contesto di vita, se quest’ultimo è malato il malessere individuale è un
sintomo e occorre curare il contesto.
La salute è un bene e un diritto, l’organizzazione del
Servizio Sanitario Nazionale e una spesa sanitaria pubblica adeguata va indirizzata
verso la prevenzione primaria, basata su condizioni di vita, di lavoro e
ambientali sane.
I Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) vanno
rimodulati e finanziati sulla base della appropriatezza e sostenuti da prove di
efficacia.
La salute della
donna va promossa a partire dal
riconoscimento delle specificità, attraverso la medicina e la farmacologia di
genere, il diritto all’autodeterminazione nelle scelte di
vita, alla partecipazione, al lavoro vanno affermati con il rafforzamento di
azioni strategiche di prevenzione.
Rimodulare in modo unitario le competenze di tutele
della salute (dentro e
fuori i luoghi di lavoro), dell’ambiente,
della sanità animale e delle produzioni alimentari in quanto connesse e
interdipendenti. Il riconoscimento
delle malattie professionali deve passare dall’INAIL alle USL/ASL; il medico
competente deve essere convenzionato con il SSN pubblico. Gli infortuni dei
medici di base devono essere riconosciuti dall’INAIL.
Nei luoghi di lavoro occorre adottare una nuova
organizzazione fonte di benessere per i lavoratori e non di stress, rafforzare il
ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), va affermato
l’obiettivo del MAC zero (cambio delle produzioni, eliminazione dalle
produzioni delle sostanze tossiche).
2) IL SUPERAMENTO DI UNA CONCEZIONE PRIVASTICA DEL SERVIZIO
SANITARIO
L’accesso al servizio sanitario deve essere
universale, senza discriminazioni di accesso e finanziato dalla fiscalità
generale; l’efficacia va misurata in termini di incremento della salute
collettiva, anziché di volumi e tempi di prestazioni erogate.
Il sistema sanitario pubblico deve essere costituito
da personale sanitario e non sanitario, stabile e numericamente congruo, con
livelli retributivi consoni con posti letto ospedalieri in linea con le
esigenze di prevenzione, assistenza, cura e riabilitazione che si vogliono
perseguire.
Occorre intervenire nell’ambito della formazione
universitaria e delle specializzazioni conseguenti evitando la precarietà dei
giovani medici laureati (e in generale di
tutti i Professionisti Sanitari e Sociali) e “l’imbuto” della
specializzazione. Il settore della formazione e ricerca in ambito sanitario
deve essere prioritariamente guidato da realtà pubbliche adeguatamente
finanziate senza conflitti di interesse e, dove non possibile, da provider
indipendenti.
Va superata l’impostazione aziendalistica fondata
esclusivamente sulle “compatibilità” economiche”, slegata dai reali risultati
di salute, basata sulla figura monocratica dei direttori generali; i lavoratori
vanno liberati dalle catene del “rapporto fiduciario” che li riduce al silenzio
anche in caso di gravi inadempienze dei vertici. Va azzerata la normativa che
permette la libera professione intramoenia, altro fattore di diseguaglianza.
Va rimosso ogni finanziamento alla sanità privata e
abolite le agevolazioni fiscali per la spesa sanitaria privata veicolata da
assicurazioni e fondi sanitari; va ripresa una programmazione sanitaria partecipata
a livello locale e nazionale eliminando ogni commistione pubblico-privato. Va realizzata
un'industria pubblica del farmaco, dei reattivi di laboratorio e dei
dispositivi biomedicali. Garantire un servizio sanitario davvero nazionale per
diffusione e qualità dei servizi, rimuovendo ogni ipotesi di “regionalismo
differenziato”.
3) IL SUPERAMENTO DI UNA VISIONE OSPEDALOCENTRICA DEL
SERVIZIO SANITARIO
La
prevenzione deve avere come perno una medicina territoriale che includa
partecipazione, riconoscimento e attenzione alle esigenze sanitarie e sociali
locali, alle specificità di genere e di età come pure di riconoscimento di ogni
diversità.
La medicina
territoriale deve essere in coordinamento e non subordinata al settore
ospedaliero. Lo strumento è quello delle “case della salute”, non semplice
sommatoria di ambulatori, ma come punti di incontro delle esigenze locali (servizi
sanitari, socio-sanitari e sociali). Il sistema deve essere partecipato dagli
utenti e dagli enti locali e avere anche una funzione di “sentinelle”
dell’ambiente e comprendere servizi di medicina del lavoro. Nei nuovi distretti
socio-sanitari locali, confluiranno le Case della Salute, i Dipartimenti di
Salute Mentale, eliminando ogni forma di contenzione anche in caso di Trattamenti
Sanitario Obbligatori le cui modalità vanno ripensate.
Le unità sanitarie devono essere territorialmente
limitate per una risposta più precisa ai problemi e per permettere una reale
partecipazione della popolazione e il controllo delle attività
Vanno
ripristinati i servizi che un tempo si chiamavano di medicina scolastica,
rivalutandoli come Centri per la Salute nelle Scuole, quali servizi territoriali
fondamentali.
Le residenze sanitarie assistenziali per gli anziani e
per i disabili fisici e psichici vanno poste in carico al SSN: va riconosciuta
la necessità di cura della persona anziana, cronica, non autosufficiente;
devono avere requisiti e caratteristiche di valutazione e presa in carico, di
cura, assistenza e riabilitazione uguali in tutte le Regioni rivedendo
parametri e qualità, prevedendo Comitati di familiari che si riuniscono regolarmente;
le strutture devono essere aperte al territorio.