Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 8 novembre 2019

"Humanify" torniamo ad essere umani è il messaggio in musica dei Bravo Baboon

Luciano Granieri





Il regista Gianni Amelio una volta disse che se dopo aver visto un film esci dal cinema riflettendo profondamente  sui temi che pellicola ha proposto  allora vuol dire che hai visto un bel film. Lo stesso concetto secondo me può essere riferito ai dischi. Ed è ciò che accade ascoltando   Humanify”,  il nuovo  disco del gruppo “Bravo Baboon” registrato per la Auand Record,  finanziato da Puglia Sounds. Un progetto guidato dalla Regione Puglia e realizzato grazie all’accesso ai fondi europei per lo sviluppo e la coesione.  Un’evidenza che dimostra come un’Unione Europea scorporata dalla sua vocazione liberista e mercantilista, ogni tanto serve. 

Esaurite  le formalità burocratiche veniamo alla musica. “Bravo Baboon”.   Chi sono  costoro? Semplicemente si tratta di  tre amici, solidi e virtuosi musicisti,  che si sono ritrovati a Roma per formarsi alla  Saint Louis College of Music. Un posto dove si  studia tutto: dal jazz, al blues, al latin, pop, rock, fusion,funk , soul, big band.  

Si parla di   Dario Giacovelli 29 anni da Martina Franca, suona basso e contrabbasso.  Dal 2008 è a Roma dove vive la sua attività artistica ottenendo diversi riconoscimenti -ad Umbria jazz e al Fara Music, fra gli altri -  e suonando in modo costante nella scena jazz nazionale, ma anche in collaborazione con molti musicisti rock. 

Insieme a Dario c’è  Gianluca  Massetti, anch’egli ventinovenne, di San Benedetto del Tronto, pianista compositore, trasferitosi pure lui a Roma.  Ha registrato diverse colonne sonore per la Rai, collabora con molti artisti della musica pop italiana  accompagnandoli in giro per l’Europa. 

Infine il trentaquattrenne  Moreno Maugliani, batterista e percussionista. Ha  perfezionato gli studi in batteria jazz e tamburo rudimentale, alterna l’attività con il trio ad un  denso impegno di turnista essendo richiesto da molti cantanti e artisti della musica leggera. 

 I tre amici decidono nel 2013 di unire le proprie forze  per  proporre una musica che raccoglie e convoglia, in una espressione artistica innovativa  e  unitaria, i loro studi, le loro esperienze, la loro concezione della vita e dell’arte.  Nel 2015 registrano il loro primo EP live all’Auditorium Parco della Musica di Roma  con ospiti d’eccezione come Rosario Giuiani e Javier Girotto

 Dopo le presentazioni torniamo al disco. Perché Humanify? Lo spiegano gli stessi Bravo Baboon: “ Come artisti abbiamo l’obbligo di non restare in silenzio”, si tratta di utilizzare la musica come mezzo potentissimo per raccontare storie ed opporsi  : “a qualsiasi forma di sopruso, razzismo, abuso e mancanza di rispetto verso i nostri simili e versi il pianeta che ci ospita”. Quindi il fine dei Bravo Baboon è quello di prendere posizione attraverso la musica : “In un’epoca come la nostra abbiamo deciso di raccontare storie con la nostra musica e provare a sottolineare quanto importante sia ritrovare il senso di umanità.  Il nome Bravo Baboon – sottolinea Dario Giacovelli  - è un modo ironico per apostrofare l’essere umano di oggi con un “Bravo Scemo” dato che , anziché evolverci , stiamo tornando indietro”.   

Humanify” è un viaggio fatto di tante storie.  Il titolo del brano di apertura “Overseas” (oltremare) e quello di chiusura “A Casa “ danno proprio l’idea di una percorso che comincia attraverso rotte perigliose ed impervie per concludersi nell’auspicabile accoglienza di una casa. Ogni pezzo è una storia che si dipana attraverso momenti melodici molto diversi fra di loro, come quadri narrativi, apparentemente scollegati,  ma che alla fine conducono  alla rassicurante sequenza tematica di un approdo sicuro. Anche quando  la struttura melodica è ripetuta  è trattata secondo prospettive ritmiche molto diverse fra loro, è il caso di “Under the Bridge”. 

 Dario Giacovelli spiega come  hanno preso vita gli 11 brani del CD .  Alla base di tutto c’è «un lavoro di ricerca e studio della musica contemporanea che abbraccia più stili. Successivamente c’è stata una parte compositiva e di pre-produzione a 4 mani con Massetti. E infine una fase in post produzione che ha aggiunto la componente elettronica. Alcuni brani sono stati concepiti come una storia in divenire, con una struttura aperta e momenti dinamici molto diversi all’interno anche dello stesso brano. Altri hanno caratteristiche strutturali che appartengono al mondo del jazz. Altri ancora sono basati su un flusso musicale dettato dal groove e dal senso di loop appartenente al mondo dell’hip hop».  

Al progetto hanno partecipato altri amici del trio come Simone Alessandrini al sax alto e Francesco Fratini alla tromba. Si possono ascoltare in “Na Ballad” un pezzo molto sofisticato in cui eccelle la performance di Fratini e in “Afrodanish” dove l’estetica free mette in risalto l’agilità e la brillantezza di fraseggio di Alessandrini.  Humanify” ,il brano che da il titolo al CD, vede la partecipazione della voce di Carolina Bubbico.: “«È il pezzo più ibrido di tutto il disco – spiega Giacovelli – c’è il jazz, il pop, il groove. Ci rappresenta al 100%”. 

In effetti l’insieme delle 11 tracce è un caleidoscopio di suggestioni armonico-melodico-ritmiche, in cui l’abilità e il grande bagaglio tecnico dei tre strumentisti emergono in modo lampante.  Funky ed Hip Hop si mischiano con una ricerca della sonorità particolare una sperimentazione provata già   negli anni ’70 , ad esempio, dal Perigeo, ovviamente con strumenti di codificazione degli impasti sonori non paragonabili a ciò che la tecnologia ha messo  a disposizione di Bravo Baboon. “Forget to be present” e “I Heard You” sono  chiaro ed affascinante esempio di questa sperimentazione in chiave post-post moderna. 

Non manca neanche la rabbia, espressa con una ritmica pressante e sonorità elettroniche aggressive,  tipica di certi pezzi degli  Area anche questo un celebrato gruppo degli anni ’70 con alla guida l’immenso Demetrio Stratos.  Redwood e Space Donut  evocano le atmosfere del gruppo di “Gioia e Rivoluzione”con delle alchimie  elettroniche che ricordano le diavolerie inventate allora  da Paolo Tofani. 

Insomma “Humanify” è una  storia raccontata in musica da tre artisti che non voglio arrendersi alla barberie e usano tutti i quasi illimitati mezzi a disposizione del loro linguaggio artistico per sottolineare che per restare umani bisogna tornare ad essere umani.

martedì 5 novembre 2019

Nazionalizziamo l'Ilva per la tutela del lavoro, della salute e dell'ambiente

Paolo Maddalena



Il caso Ilva, che si aggiunge a quello di Whirlpool e di Alitalia, dimostra che ormai il nostro paese è nelle mani avide e ciniche delle multinazionali.
ArcelorMittal, chiedendo l’immunità penale e la riapertura dell’altoforno 2, per continuare nell’affitto e poi nel conseguente acquisto dell’Ilva, dimostra per tabulas che essa non vuole assolutamente seguire le prescrizioni del piano ambientale e non ha nessuno scrupolo di lucrare sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini di Taranto.
È evidente che per l’Ilva economia e salute sono entità inconciliabili. E che per Lei ha valore solo il suo personale guadagno. Essa specula sull’eroismo dei lavoratori che, pur di portare a casa un misero salario, non esitano a rischiare la propria salute e la propria vita.
L’errore sta a monte. Il nostro governo e il nostro Parlamento non avrebbero mai dovuto privatizzare le fonti di produzione di ricchezza nazionale e, in particolare, le acciaierie di Taranto, Piombino e Genova, eliminando così la possibilità, nei casi di cicli economici sfavorevoli, di trasferire in parte gli operai da una fabbrica all’altra e, se del caso, anche dal settore siderurgico ad altri settori produttivi.
Ingannevole e deplorevole è stato l’atteggiamento della televisione, della stampa e di buona parte dei politici, i quali, assecondando le intenzioni di ArcelorMittal, hanno fatto apparire come una “mazzata” la minaccia della chiusura della fabbrica, addossandone la colpa alla forza politica che aveva tolto, con legge, l’immunità penale. Quasi che la vita dei lavoratori e dei tarantini non avesse nessun valore nei confronti dell’attività della fabbrica stessa.
A questo punto l’Italia è davvero a un bivio: o si capisce che dobbiamo sottrarci al potere cinico e intransigente delle multinazionali, o non abbiamo più alcuna possibilità di salvare, non solo l’ambiente, ma addirittura la salute e la vita dei nostri concittadini.
È arrivato il momento che gli italiani si sveglino e escano dal loro torpore, evitando di farsi ingannare dalle menzogne di tutti quei politici, nel caso di specie Salvini e Renzi in testa, che ancora vedono nella nostra subordinazione alle multinazionali l’unica via d’uscita.
Senza pensare che questa via d’uscita conduce direttamente alla povertà, alla schiavitù e alla morte.
È assurdo che si faccia di tutto per pregare, senza un minimo di dignità, le multinazionali straniere a restare in Italia, donando loro i profitti che spetterebbero agli italiani.
Il territorio, dove ha sede questa industria, è italiano, e in virtù dell’articolo 42, comma 2, della Costituzione, l’abbandono di questo sito da parte della multinazionale in questione comporta il venir meno di qualsiasi diritto da parte di essa, nonché il ritorno della fabbrica nella piena disponibilità dello Stato italiano, il quale non deve pagare assolutamente nulla alla società che specula in modo tanto palese sui nostri beni e sulla salute dei nostri cittadini e deve anzi chiedere il risarcimento dei danni conseguenti al chiusura dell’azienda.
Il problema è stabilire quanta produzione di acciaio occorre nel momento attuale, e ridimensionare l’azienda nei limiti del dovuto. Tutto il resto, come avvenuto nella Rhur deve essere riconvertito in altre attività che producono egualmente reddito senza danneggiare l’ambiente e la salute, occupando nel contempo tutti i lavoratori.
Occorrono oggi decisioni coraggiose e limpide. E soprattutto è necessario uscire dalla china pericolosa nella quale si è ficcato il governo, mostrando la sua debolezza nei confronti delle prepotenze delle multinazionali straniere.
La soluzione è soltanto una: nazionalizzare le imprese per tutelare la salute, il lavoro e l’ambiente.
Le risorse economiche finora sono state impiegate per finalità inutili e soltanto per rendersi graditi alla pancia degli elettori.
Adesso le risorse vanno trovate, anche mediante una richiesta di un prestito nazionale, per riportare in campo lavorativo l’utilità sociale, la libertà, la sicurezza e la dignità umana. Lo impongono gli articoli 41 e 42 della Costituzione Italiana Repubblicana e Democratica.

domenica 3 novembre 2019

Il sindaco Ottaviani e i dati oggettivi

Luciano Granieri



Il 10 Ottobre scorso, come esponente del Tribunale per i diritti del malato sono stato invitato dalla Asl di Frosinone alla “Giornata della Salute nei distretti sanitari”. Un evento focalizzato sul tema “Lo stato di Salute della popolazione e gli effetti delle cure erogate”. Nello specifico il nuovo direttore generale della Asl il Dott.Stefano Lorusso, oltre ad incontrare  i coordinatori del sistema socio sanitario di distretto,  i membri della associazioni dedicate, nonché il sindaco, ha illustrato il sito “Open Salute Lazio”, nel  quale sono raccolti i dati sull’incidenza  delle malattie, le cause di ricovero, insomma tutto quanto è  necessario per fornire un quadro esatto sulle condizioni di salute della popolazione nel territorio. 

In quel frangente    Ottaviani,   oltre a celiare con le solite amenità di colui  che si crede spiritoso, ha focalizzato il suo intervento sulla veridicità e  la corretta lettura dei dati. Si  è scagliato  contro  chi, attraverso una lettura faziosa di certi riscontri, ricava  narrazioni  completamente fuorvianti per di più usate per attaccare amministratori e  amministrazioni. 

Lo stesso ammonimento fu rivolto alle associazioni da lui convocate dopo l’incendio della Mecoris a cui personalmente ho partecipato. Anche in quel caso  non era ammissibile un’interpretazione diversa da ciò che i dati sulla qualità dell’aria rilevate dalle diverse centraline sancivano, e cioè che tutto andava bene madama ma la marchesa. 

Però, a seguito  delle valutazioni trionfalistiche  che lo stesso sindaco aveva profuso in pompa magna sui media locali, in relazione ai risultati sull’inquinamento diffusi  dalla stessa Legambiente nel rapporto “Mal’aria di città 2019”,per esaltare il proprio operato in termini di tutela ambientale, il movimento ecologista ammoniva il primo cittadino  ad evitare toni enfatici, a seguito di una sua  lettura parziale  e fuori contesto dei dati presenti nel rapporto. 

Dunque il bue dice cornuto all’asino.  Ovvero colui il quale  ha ammonito  in più frangenti a non usare una lettura di parte di dati oggettivi per agitarli come strumento di propaganda, è il primo a percorrere questo fallace e fastidioso sentiero e, cosa grave, costui è il sindaco del capoluogo, non un semplice “solarolo da tastiera”. 

In particolare   i  riscontri    messi  in evidenza  sono positivi se valutati singolarmente ma del tutto insignificanti se inseriti in un contesto che vede la nostra città in piena crisi ambientale. Ad  esempio vengono citati dal sindaco  solo gli anni 2016 -2017 come indice di perdita di posizioni sulle città più inquinate. Viene omesso il 2018  in cui Frosinone schizza al secondo posto  per poi tornare al 13 nel 2019 anno prontamente esaltato. Ciò a significare, come sostiene Legambiente, che per sancire un definitivo miglioramento della qualità dell’aria bisogna realizzare un trend positivo di più anni. 

Sui dati del consumo di suolo, in cui il cemento si sta mangiando la città in modo irrefrenabile e devastante per l’inquinamento, il sindaco non proferisce parola, eppure in questo campo  l’amministrazione comunale può incidere  in modo decisivo. Del resto, in base a quanto  ancora sostiene Legambiente,  non si vede come le irrisorie misure messe in campo da Ottaviani, possano poter cambiare qualcosa sulla pesante condizione ambientale della città. 

Sicuramente nulla può il “grande polmone verde” del Matusa, così lo definisce il sindaco . Se il prato spelacchiato  dell’ex campo sportivo contornato da quattro alberelli incastrati fra i palazzoni di Piazza Caduti di Via Fani  è un polmone verde, la Villa Comunale è la foresta amazzonica prima che fosse devastata dagli incendi. Ma, come è noto, la Villa Comunale è stata fatta da altri, quindi non risulta  proprio nella  personale google map dell’amministrazione attuale. Anzi è in atto un vero e proprio smantellamento  del sito come centro di divulgazione culturale. 

Personalmente mi sento preso in giro da questo sindaco e dai suoi fedelissimi sostenitori. Fino a quando la popolazione di Frosinone riuscirà a non sentirsi anch’essa presa in giro? 

A proposito proprio ieri un’altra azienda è  andata  fuoco sull’asse attrezzato, e ha  infestato  di fumi mefitici l’aria. Adesso ricomincerà il rosario di proteste, di interrogazioni, verremo inondati da dati sulla qualità dell’aria che, volete scommetterci?  Non saranno preoccupanti. 

La gente s’indigna e s’impegna e poi getta la spugna con dignità”  canta De Andrè. Ecco visto come sono andate le cose  con la Mecoris, con la schiuma nel Sacco, stavolta non voglio neanche fare la fatica d’indignarmi e d’impegnarmi, getto fin da ora la spugna con dignità. Ciò per non confondermi con certi esponenti di  associazioni che fanno solo  finta di impegnarsi  gridano strepitano e  poi gettano ugualmente la spugna,  ma senza dignità perché non sono altro che  attori di un gioco delle parti  utile solo a  quel potere che nulla può o vuole fare per risolvere il problema dell’inquinamento.  

Di seguito pubblichiamo il comunicato di Legambiente.



ECOSISTEMA URBANO 2019, FROSINONE ANCORA AI BASSIFONDI.

LEGAMBIENTE RISPONDE AL SINDACO OTTAVIANI
In tutta sincerità, l'entusiasmo con il quale il Sindaco Ottaviani ha commentato i dati del rapporto Ecosistema Urbano di Legambiente ci ha colto di sorpresa. Consigliamo al Sindaco maggiore prudenza e lo invitiamo a una lettura più attenta dei dati che riguardano Frosinone. Gioire per una promozione dal 101esimo al 92esimo posto nella graduatoria dei capoluoghi di provincia ci sembra francamente eccessivo e fuori luogo. Un tale atteggiamento non solo tende a far dimenticare i gravi problemi irrisolti della città su cui il ritardo rispetto alle realtà più virtuose del nostro Paese sembra ormai incolmabile, ma rischia di far abbassare la guardia rispetto a battaglie che sono ben lungi dall’essere vinte.
Partiamo dalla qualità dell’aria.
Il Sindaco ha richiamato i risultati dell'edizione speciale di Mal'aria di città 2019, rapporto curato sempre da Legambiente, e segnatamente la discesa al 13mo posto nella classifica del numero di superamenti delle soglie limite delle PM10 sulla base delle misurazioni dalla centralina dello Scalo fino a settembre. A nostro parere, questo dato estrapolato dal contesto non giustifica affatto la soddisfazione del primo cittadino. Per poter affermare che siamo davvero in presenza di un trend di miglioramento della qualità dell'aria non possiamo limitarci al dato di soli nove mesi ma dobbiamo guardare ad un arco temporale più lungo, tanto più che nella stessa classifica relativa al 2018 Frosinone era ancora al secondo posto, circostanza questa omessa nella nota diffusa dall’amministrazione. Variazioni anche sensibili dei livelli di inquinamento da un anno all’altro possono spiegarsi con l'andamento dei parametri meteoclimatici locali, mentre suona davvero poco credibile che interventi sporadici e residuali di limitazione del traffico veicolare o l'introduzione di un numero irrisorio di automezzi del trasporto pubblico alimentati a metano possa aver apportato miglioramenti significativi della qualità dell'aria. Peraltro, ad incidere sui livelli di inquinanti atmosferici c’è una molteplicità di fattori, il cui ruolo non è ancora del tutto definito, che sono completamente al di fuori del controllo dell’amministrazione del capoluogo.
C'è poi molto altro che emerge dalla lettura di Ecosistema Urbano e che il Sindaco si guarda bene dal commentare:
-ad esempio il poco invidiabile primato nazionale di Frosinone in termini di numero di auto circolanti per 100 abitanti (ben 77 - a riprova di uno stato di vera e propria tossicodipendenza dei cittadini nei confronti del mezzo privato e della perdurante assenza di una vera politica per lo sviluppo della ecomobilità), o del livello ridicolo di potenza installata di impianti di energie rinnovabili su edifici pubblici (solo 2,75 kW per 1000 abitanti).
Ma soprattutto il primo cittadino tace accuratamente sul peggioramento dell'indice di consumo di suolo per numero di residenti, che passa in un anno da 5,50 a 6,00: dato, peraltro, verosimilmente destinato ad aggravarsi alla luce del numero di permessi a costruire rilasciati di recente dall'amministrazione nella parte bassa, del tutto privi di senso in una città che avrebbe un gran bisogno di riqualificare il patrimonio edilizio esistente nella direzione del risparmio energetico. E ciò in un contesto nazionale ed europeo nel quale sempre più spesso si procede alla rinaturalizzazione di spazi edificati o asfaltati.
Bene fa, invece, il sindaco a sottolineare, finalmente, il dato forse più scandaloso ribadito anche quest’anno dal rapporto,
ovvero il livello mostruoso, inaccettabile di dispersione idrica.
Ma l'auspicio di un miglioramento della situazione sulla base degli investimenti previsti dal gestore non può bastare: il comune capoluogo ha infatti il dovere di tallonare Acea per pretendere che venga reso pubblico un cronoprogramma con tempi certi di rifacimento delle condutture, fissando obiettivi vincolanti di riduzione della dispersione.
Quanto ai rifiuti,
la collaborazione attiva dei cittadini e l’ovvio incremento avvenuto nella percentuale di raccolta delle frazioni differenziate a seguito dell’introduzione della raccolta porta a porta rischia di essere vano se il Comune non fa la sua parte per chiudere il ciclo dei rifiuti ed evitare che si ripetano sciagure come l’incendio Mecoris.
Il nostro Circolo intende insomma mettere in guardia da facili trionfalismi ed auspica un più attivo coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni sul versante della vivibilità di Frosinone, su cui sarebbe necessario un impegno attivo di tutti e l’adozione di politiche decisamente più ambiziose di quelle perseguite fino ad ora.

Il Presidente del Circolo
Stefano Ceccarelli