Rete per la tutela della Valle del Sacco
Il DL del Ministero dell’Ambiente, a firma Corrado Clini, in
attesa solo della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, declassa i Siti di
bonifica di Interesse Nazionale (SIN) “Bacino del fiume Sacco” (ex DPCM 19
maggio 2005 e L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 11 quaterdecies, comma 15) e
“Frosinone” (ex DM Ambiente 18 settembre 2001, n. 468) a Siti di
Interesse Regionale (SIR), insieme a un terzo degli attuali SIN presenti sul
territorio italiano.
In primo luogo, va sottolineato che tale processo, al solito,
si compie “dall’alto”, senza coinvolgere i portatori di interesse locali, e in
particolare le associazioni ambientaliste.
Dichiara al proposito Alberto Valleriani, presidente
RETUVASA: “È sconcertante che provvedimenti di tale rilevanza si apprendano per
vie traverse attraverso il Web e non, nei tempi e nei modi dovuti, dalle
istituzioni, che peraltro non hanno mai dato alle associazioni veri segnali di
condivisione, per non parlare della trasparenza e della completezza informativa
sullo stato dei SIN”.
Ma su quali fondamenti poggia la conversione dei SIN in
questione in SIR, e quali conseguenze dovrebbe comportare?
La risposta richiede considerazioni piuttosto articolate e
precisi riferimenti tecnici e normativi.
Spiega Francesco Bearzi, coordinatore RETUVASA Frosinone:
“Ad un primo esame della normativa, l’impatto sembra chiaro: una sostanziale
dequalificazione, per cui diversi SIN, non più considerati in possesso dei
requisiti prescritti, passano sotto la responsabilità diretta delle Regioni, le
quali avrebbero potuto opporsi al provvedimento. Nel nostro caso, la Giunta
Polverini non l’ha fatto, con nocumento dell’interesse pubblico”.
“Tuttavia per i SIN che ci riguardano, Valle del Sacco e
Frosinone, la valutazione della mancanza di tali requisiti appare assolutamente
discutibile e appellabile. Infatti i nuovi criteri per la definizione dei
SIN previsti dall’art. 36 bis della L. 7 agosto 2012, n. 134, che integra quelli
stabiliti dall’art. 252 del D. Lgs. 152/2006, dovrebbero includere a pieno
titolo a tutt’oggi entrambi i SIN in questione. In particolare, ma non
solo, ammesso e non concesso che l’emergenza socio-economico-ambientale
dichiarata dal DPCM 19 maggio 2005 possa dirsi completamente rientrata,
entrambi i SIN condividono la situazione prevista dall’art. 36 bis, comma
2, punto f bis della succitata L. 134/2012, ovvero la
presenza, attuale o storica, di impianti chimici integrati.
[Gli impianti chimici
integrati sono definiti dal DPCM 377/88, art. 1, come ‘impianti
per la produzione su scala industriale mediante processi di trasformazione
chimica di sostanze in cui si trovano affiancate varie unità produttive
funzionalmente connesse fra di loro per la fabbricazione di prodotti chimici
organici di base, per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base,
per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio
(fertilizzanti semplici o composti), per la fabbricazione di base di
fitosanitari e biocidi, per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base
mediante procedimento chimico o biologico, per la fabbricazione di
esplosivi’].
“Notoriamente la Valle del Sacco è ed è stata interessata da
queste situazioni. Ma il problema di fondo - prosegue
Bearzi - è un altro. Nonostante la maggior parte del SIN “Bacino del
fiume Sacco” ricada sul territorio di Frosinone, da Anagni a Falvaterra, non si
è compiuta la saldatura di questo SIN con quello di “Frosinone”, riconoscendo
dunque l’opportunità di un’azione normativa strutturale volta alla risoluzione
delle criticità ambientali dell’intera Valle del Sacco, foriera di adeguate
risorse e di interventi di respiro europeo”. Il SIN “Bacino del fiume Sacco”
è stato definito inizialmente per la presenza di beta-HCH nelle acque e nel
sedimento del fiume Sacco, quello di “Frosinone”, in sé di rilevanza forse più
modesta, per la disseminazione di depositi di rifiuti solidi urbani (ex
discariche). A prescindere dall’incompletezza delle relative azioni di
bonifica, il grave vizio metodologico che abbiamo in più occasioni denunciato
consiste nel non riuscire ad andare “al di là del proprio naso”, non collegando
i due SIN a un inquinamento ancora più grave e strutturale, quello di tutte le
aree produttive e soprattutto ex produttive, presenti ad esempio a Colleferro,
Anagni/Paliano, Frosinone, Ceccano, Ceprano. Ciò avrebbe richiesto l’istituzione
di un SIN a sé, in aggiunta agli altri due, o ancor meglio la saldatura di tutte
le situazioni in oggetto in un unico SIN “Valle del Sacco”. Peraltro, tale
opportunità comincia a risultare, ad esempio, dalla Convenzione stipulata tra
Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio e ARPA Lazio che, avviata la
sub-perimetrazione del SIN “Bacino del fiume Sacco”, ha prodotto nel giugno 2011
una Carta dei siti censiti potenzialmente contaminati che registra un numero del
tutto incompleto ma estremamente significativo di aree industriali ancora in
attività, aree soggette a rischio di incidente rilevante, attività estrattive e
minerarie, discariche autorizzate e non autorizzate, ecc. Ed è appena il caso
di ricordare, ad esempio, la presenza del’ex Cemamit di Ferentino (rilevante tra
l’altro per il riconoscimento del SIN in base alla L. 134/2012, art. 36 bis,
comma 2 bis)”.
Si tratta dunque non solo di riconsiderare la conversione dei
due SIN in SIR, non giustificata dalla stessa normativa di riferimento del DL
Clini, ma di avviare un processo di più ampio respiro, che riconosca la
criticità ambientale dell’intera Valle del Sacco in termini da non dequalificare
l’attività agricola ancora fiorente in alcune aree sane o anche integre e di
pregio, e di promuovere, con fondi nazionali ed europei, la parziale
riconversione dell’attività industriale in termini di risanamento ambientale e
green economy. E qui non possono non essere ricordati l’ODG proposto
da Angelo Bonelli nel febbraio 2011 e approvato dal Consiglio regionale, volto a
dichiarare la Valle del Sacco area ad alta criticità ambientale, lasciato poi
cadere dalla Giunta Polverini; il Master Plan ‘Progetto per la valorizzazione
strategica della Valle del Sacco’ proposto dalla Fondazione Kambo alla fine del
2010, caduto purtroppo anch’esso nel vuoto, il convegno tenutosi a Colleferro lo
scorso novembre con la partecipazione di Hanns-Dietrich Schmidt, responsabile relazioni internazionali del distretto della Ruhr,
organizzato da RETUVASA e Gruppo Logos per rilanciare la Valle del Sacco
adattando al territorio il ‘modello Ruhr’.
“È bene chiarire - conclude Bearzi – che in
base al DL Clini, art. 2, commi 1 e 4, il Ministero dell’Ambiente
ovviamente manterrebbe gli impegni economici in corso, e potrebbe anche
stipularne di nuovi nel contesto di futuri accordi di programma con le
Regioni e gli Enti locali competenti. Ma ciò non toglie che nella filosofia
del provvedimento e dei riferimenti normativi a monte prevalga l’intenzione di
dismettere competenze governative, e che soprattutto ciò comporti una
sostanziale dequalificazione della rilevanza delle aree soggette a bonifica,
delegando alle Regioni compiti di coordinamento e di spesa che spetterebbero a
istituzioni di livello superiore. Lasciamo ad altra sede riflessioni sullo
smantellamento dell’intervento pubblico in ogni ambito e la perdita di autonomia
reale da parte delle amministrazioni locali, sotto i vincoli di bilancio, in un
quadro di disarticolazione delle politiche di risanamento del territorio”.
“Infine - afferma Alberto Valleriani - la
situazione dei due SIN della Valle del Sacco appare forse più grave, ma non così
diversa da altri, per cui ci giungono segnalazioni da diverse parti d’Italia.
Sarebbe dunque opportuno che il Ministero dell’Ambiente riconsiderasse il
provvedimento in oggetto, avviando un procedimento partecipativo voluto
fortemente dall’Europa, volto a definire, con il contributo delle associazioni
ambientaliste territoriali e gli enti locali, una nuova lista dei SIN davvero
fondata e funzionale. In ogni caso, siamo pronti a impugnare l’atto con ricorsi
sia in ambito giuridico nazionale che europeo, come presumibilmente avverrà
anche in altri territori interessati. E premeremo sulla Regione perché sani la
propria mancata opposizione al provvedimento. Riteniamo che il tema dovrebbe
anche costituire un punto di riferimento programmatico essenziale su cui tutte
le forze politiche impegnate in campagna elettorale dovrebbero
confrontarsi”.
Filmati di Luciano Granieri
Per
completezza, i SIN che il DL Clini trasforma in SIR sono i seguenti:
Abruzzo –
Fiume Saline Alento.
Campania –
Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano; Pianura; Bacino Idrografico del fiume
Sarno; Aree del Litorale Vesuviano.
Emilia-Romagna
– Sassuolo-Scandiano.
Lazio – Bacino
del fiume Sacco; Frosinone.
Liguria –
Pitelli (La Spezia).
Lombardia –
Milano-Bovisa; Cerro al Lambro.
Marche – Basso
Bacino del fiume Chienti.
Molise –
Guglionesi II.
Piemonte –
Basse di Stura.
Sardegna – La
Maddalena.
Toscana – Le
Strillaie.
Veneto –
Mardimago-Ceregnano.
Provincia
autonoma di Bolzano – Bolzano.
Valle del
Sacco, 21 gennaio 2013