Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 26 gennaio 2013

Giù le mani dal Mali

Nicola De Prisco
“Quei tempi sono finiti”
In questo modo rispondeva Francois Hollande a chi lo interpellava sulla possibilità che il suo esercito potesse intervenire in Mali. Poi l’11 gennaio l’aviazione francese ha iniziato i bombardamenti. Il 14 è entrato in gioco anche il 1º Reggimento straniero di cavalleria della Legione straniera francese. Mentre scriviamo questo articolo, le unità francesi schierate sul campo sono 750, e ne sono state già annunciate altre 1700. I Paesi nordafricani dell’Ecowas invece, promettono l’invio di 3000 soldati. Il governo italiano a sua volta manda aerei da guerra.
Ma stiamo parlando dello stesso Hollande che veniva acclamato dalla socialdemocrazia di tutta Europa come nuova speranza "socialista"? Lo stesso che aveva incentrato la sua campagna elettorale sul ritiro delle truppe dall’Afghanistan? “E’ lui o non è lui? Ma certo che è lui..” direbbe un noto presentatore. E tra l’altro è lo stesso che sta subendo aspre contestazioni per le sue politiche economiche e per la disoccupazione in costante crescita.
La motivazione ufficiale non si discosta di molto da quelle utilizzate da J.W. Bush per invadere l’Afghanistan: l’integralismo islamico minaccerebbe la sicurezza dell’Occidente. E nonostante ciò, il Pcf e il Parti de Gauche (le principali organizzazioni del Fronte di Sinistra, indicato anche da Ferrero e da tutta la sinistra governista nostrana come punto di riferimento) legittimano l'intervento coloniale limitandosi a chiedere che l'imperialismo... si nasconda sotto la bandiera dell'Onu.
Qualche cenno storico-politico sul Mali
Colonia francese fino al 1960, il Mali assaggiò prima otto anni di stalinismo con Modibo Keita, poi la dittatura militare di Moussa Traoré fino al ’91. Data, questa, di un altro colpo di Stato, dopo il quale però la borghesia optò per la variante “democratica”, indicendo delle elezioni. Da queste emerse Alpha Oumar Konare, al quale seguì nel 2007 Amadou Toumani Touré. Quest’ultimo è durato fino al colpo di Stato del marzo 2012 eseguito dai militari che richiedevano palesemente più risorse per reprimere i ribelli indipendentisti nel Nord del Paese (soprattutto tuareg). Fu sospesa la Costituzione e imposto il coprifuoco. Ma la resistenza non si è piegata ed è stata guerra civile. Il Movimento Nazionale per la Liberazione dell'Azawad (Mnla), facendo fronte comune militare con il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (denominato al-Qa'ida nel Maghreb islamico) ha preso il controllo del nord (Azaward), dichiarandone l’indipendenza nell’aprile 2012. Il resto è noto.
Ma facciamo un passo indietro e soffermiamoci su un’altra questione che gioca un ruolo importante nelle dinamiche di questo Paese.
Questione indipendenza Azaward e vere ragioni dell'imperialismo
Tradizionalmente esiste un certo risentimento nei confronti del controllo centralizzato del Mali, e numerosi gruppi indipendentisti sono attivi nella regione. In questo senso va ricordata la guerra civile del Mali dei primi anni Novanta. In questo periodo apparvero per la prima volta gruppi che reclamavano l'indipendenza dell'intera regione. Alla fine del 2006 lo scoppio di una rivolta nella regione di Kidal fu sedata grazie alla collaborazione del governo algerino con quello maliano. Centrale è il ruolo dei tuareg nelle dinamiche di resistenza che si sono sviluppate nella regione. La società tuareg tradizionale è divisa in caste (nobili, vassalli, schiavi). Ad oggi questa divisione sociale è per lo più scomparsa e con essa la schiavitù, anche se permangono forti divisioni di classe. Le entità collettive di appartenenza sono: la famiglia, il clan, la tribù e la confederazione. La religione dominante è l’Islam e il ruolo della donna è molto più importante che in altri contesti: la successione è spesso matrilineare, c’è il diritto al divorzio e in questi casi l’abitazione resta alla donna. Permane quindi un forte retaggio dell’antichissima società matriarcale. Questo punto risulta molto importante nella misura in cui uno degli espedienti retorici più in voga per giustificare queste “guerre sante” è appunto la caratterizzazione islamico-fondamentalista delle forze di resistenza.
Sottomessi (almeno nominalmente) dai francesi intorno agli inizi del Novecento, i tuareg poterono mantenere a lungo i propri capi e le proprie tradizioni. Ma dopo la decolonizzazione, videro il loro Paese frammentato in una serie di Stati, con la conseguente creazione di frontiere e di barriere che rendevano estremamente difficile, quando non impossibile, il modo di vita tradizionale basato sul nomadismo. L'attrito con i governi al potere si fece sempre più forte e sfociò, negli anni Novanta, in aperti scontri tra tuareg e i governi di Mali e Niger; la sanguinosa repressione che questa popolazione ha dovuto subire è stata tremenda. Non mancano episodi nei quali interi villaggi sono stati trucidati (Tchin Tabaraden, Niger, maggio 1990).
E’ in questo contesto che matura la resistenza e la conseguente necessità indipendentista.
Fatto questo doveroso inciso, ora cerchiamo di inquadrare le vere ragioni dell’intervento militare. 
Il Mali si trova al centro della “fascia dell’oro”, che si estende in tutta l’Africa occidentale, comprendendo il Senegal, la Guinea, il Ghana, il Mali, il Burkina Faso, il Niger, la Nigeria e il Camerun.
Si tratta del terzo produttore africano di oro dopo il Ghana e il Sudafrica, anche se le pepite non si estraggono da strati sotterranei di roccia e la ricerca, che avviene tramite il setaccio della sabbia, appare più difficoltosa che altrove. Oltre all’oro, il sottosuolo maliano può offrire petrolio, gas naturale, fosfati, rame, bauxite, diamanti e altre pietre preziose. Nell’ovest del Paese è stato persino trovato dell’uranio, che nessun produttore di energia atomica, quale è la Francia, disprezzerebbe.
Ma il fattore determinante da considerare, per comprendere le ragioni di una così viva attenzione da parte dell’ex potenza coloniale francese (e non solo) sul Mali, è il ruolo geopolitico che questo Paese assume nel delicato contesto sub-sahariano. 
Somalia, Sudan, Niger, Ciad, Nigeria, sono solo alcuni dei Paesi dove si stanno sviluppando gruppi di resistenza armata contro la depredazione imperialista nella regione. Proprio la produzione atomica francese, ad esempio, dipende prevalentemente dai giacimenti situati nei pressi di Arlit, a nord di Agadez, in Niger (2). E non è sempre vero che le direzioni di questi gruppi sono di orientamento islamista. Non solo i tuareg, ma, a dispetto delle mistificazioni borghesi, la maggior parte degli abitanti dell’Africa occidentale, professano un Islam tollerante.
Una partita tutta da giocare
A differenza di quanto potrebbe emergere da un’analisi superficiale dei rapporti di forza, la guerra in Mali è un conflitto tutt’altro che di facile soluzione per l’imperialismo francese. Nonostante i fautori di questa ennesima guerra di rapina provino a rassicurarsi, cercando forzate similitudini con la guerra in Libia, esistono enormi somiglianze tra questa campagna e quelle  in Afghanistan e Iraq. A differenza della Libia, dove l’imperialismo a un certo punto ha iniziato ad appoggiare (col fine di disarmarli) i rivoluzionari, qui l’appoggio è per il governo composto dagli stessi criminali in divisa che nel marzo scorso hanno preso il potete con un colpo di Stato.
Lo stato maggiore del Mnla è costituito da reduci della rivolta del 1990  e di quella del 2006 , da combattenti provenienti dalla Libia, in gran parte anti-Gheddafi, da volontari di diverse etnie (tuareg, songhai, peul e mauri), oltre che da ex-ufficiali e soldati che hanno disertato dall'esercito del Mali (3).
Inoltre le truppe della resistenza si sono già dimostrate capaci di fronteggiare i raid su Konna, abbattendo un elicottero francese e mantenendo la città nelle loro mani. Di più: con un contrattacco a sorpresa, hanno espugnato anche la città di Diabaly.
I comunisti sono sempre al fianco dei popoli in lotta per la propria autodeterminazione:
AL FIANCO DELLA RESISTENZA TUAREG!
PER L’ABBATTIMENTO DELLA DITTATURA MILITARE!
CONTRO L’AGGRESSIONE COLONIALE E LE GUERRE DI RAPINA DELL’IMPERIALISMO!

(1) “Se l’Occidente bombarda un Paese musulmano” di Gwayne Dyer, The Tripoli Post, Libia.
(2) “L’importanza delle materie prime” di C. Von Hiller, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania.
(3) http://www.tamazgha.fr/Les-combattants-du-MNLA-ne-sont.html

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