Umberto Baldocchi Coordinamento Democrazia Costituzionale
Difficile dire cosa riuscirà a decidere davvero l’assemblea convocata d’emergenza a Roma per sabato 18 novembre dai giovani dell’ OPG di Napoli, Je so pazzo. Difficile dire se riuscirà ad autogestirsi in modo efficace ed innovativo, cioè in modo democratico. Forse un miracolo è ancora possibile. Ma, comunque vadano le cose, credo che due cose almeno questa convocazione le metta in chiaro.
Prima cosa. Questi giovani saranno certamente “radicali”, ma nulla hanno a che fare con la “sinistra che c’è” ( un tempo si sarebbe detto col “socialismo reale”, cioè col “socialismo che c’è”), ma non hanno neppure a che fare, fortunatamente, con la sinistra “che ancora non c’è”, ma vorrebbe far finta di esserci. Lo deduco dalle loro parole, ingenue e semplificanti, ma anche libere e chiare. Non direi che nelle loro parole non ci sia “testa” né consapevolezza. Né tanto meno che c’è soltanto da ridere. Direi che c’è invece la medesima “ingenuità” sconcertante e inesorabile che si trova spesso nelle domande e nelle intuizioni a bruciapelo dei bambini. Come quella del bambino della nota favola, che è l’unico a trovare il coraggio incosciente di gridare che “il re è nudo”. Ho riascoltato il discorso semplice, ma lineare, della rappresentante dei giovani dell’ OPG occupato: la denuncia dettagliata dei diritti sociali negati non è condotta in nome della lotta anticapitalistica o antimperialista, o della “rivoluzione sociale”, ma in nome della democrazia, senza attributi. Quale è il problema centrale che essi denunciano? Stupefacente, ma anche semplicissimo, anche se nessuno mi sembra lo abbia mai denunciato: il fatto è che da anni manca una vera “rappresentanza democratica” dei cittadini, dato che da anni o forse decenni ( dal 2006 il Parlamento si è “autoblindato” grazie note leggi elettorali anticostituzionali) le forze politiche non si fanno più carico dei problemi concreti del Paese in generale, ed, in particolare, della massa ormai debordante degli “esclusi sociali”. Per questo, dicono i giovani, bisogna restituire alla parola democrazia il suo senso esatto, cioè il potere al popolo. Bisogna cioè fare in modo che non i partiti già esistenti ma i “comuni cittadini” utilizzino “ il diritto di associarsi liberamente” in nuovi raggruppamenti, partitici o no, “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Niente di più, ma anche niente di meno dell’art. 49. Perché i cittadini comuni non dovrebbero presentare una lista elettorale che nulla ha a che fare coi partiti esistenti e presenti in Parlamento?
Se si eccettua il movimento 5 stelle, da quanti anni i cittadini non entrano in Parlamento attraverso una nuova associazione o un nuovo partito? Da quanti anni gli oligarchi del parlamento sbarrano la strada a nuova partecipazione civile imponendo persino la scelta dei singoli deputati con le liste bloccate? I “nuovi partiti” che nascono anche in queste ore sono solo una nuova versione dei “vecchi partiti”, sono cioè partiti finti, sottoprodotto finale di suddivisioni strategiche e riaccorpamenti spasmodici dei gruppi parlamentari che cambiano in continuazione etichetta, per non rispondere mai di ciò che hanno fatto. Sono partiti che esistono in una realtà puramente virtuale e mediatica, quella degli studi televisivi, che accreditano l’idea che vi sia anche troppa…democrazia. Questi giovani ci ricordano allora che la sovranità appartiene al popolo, non ai partiti, secondo l’articolo 1 e che essa può essere tale solo se è esercitata dai cittadini. Ce lo eravamo dimenticato. Un grazie dunque è dovuto a chi ce lo ha ricordato.
Se i giovani di Je so pazzo terranno fede a questo impegno, a quello di restituire la sovranità ai cittadini, saranno nei fatti il popolo della Costituzione, comunque decidano di chiamarsi. E allora si salveranno i valori profondi e essenziali della “sinistra”, quelli che la “sinistra che c’è”- salvo lodevoli ma isolate eccezioni- ha da tempo nei fatti messo da parte. Si potrà salvare la nobiltà della politica, che è l’equità vera, l’eguaglianza, il lavoro come fonte di dignità e non solo di reddito, il rispetto rigoroso del merito, la partecipazione civile, la libertà di pensiero, di parola e di coscienza, il coraggio della critica, lo sforzo di comprensione dell’altro, il dovere della solidarietà, spesso barattati con la retorica della solidarietà e la pratica del trasformismo. Forse l’errore più grosso del “Brancaccio” è stato proprio quello di pensare che questi valori possano essere difesi soltanto insieme alla “sinistra che c’è”.
Secondo punto. Questi giovani si rivolgono non a coloro che “non ce l’hanno fatta”, a quelli che “sono rimasti indietro”, ma alla massa degli esclusi, dall’operaio disoccupato cinquantenne al brillante laureato che lavora nel call center magari grazie al Jobs Act. A questi esclusi quale linguaggio riservano i partiti al potere ( di centro, di destra e di sinistra)? Mi riferisco qui all’altra testimonianza registrata. Il linguaggio del potere è quello solito del “ricatto” del debito sovrano ( non pubblico, ma sovrano!) e delle privatizzazioni. Prima vengono i debiti, il rendimento dei bond sul mercato, poi- PIL e banche permettendo- migliorando i conti, ci sarà forse spazio per recuperare gli “esclusi”, o gli “scartati” per usare un termine più forte, quello che può permettersi Papa Francesco. E’ la voce di questi “esclusi” quella da riportare in Parlamento. Forse sarà un tuono più che una voce, se tutto questo riuscirà. Quale sinistra “anticapitalista” ha mai usato questo linguaggio, ha mai denunciato apertamente il ricatto del debito pubblico? Quale sinistra ha mai fatto appello a tutti gli “esclusi”?
Questi i motivi per cui varrà la pena votare una lista di democrazia costituzionale , che si chiami Popolo della Costituzione o in qualsiasi altro modo, se riuscirà a superare gli ostacoli terribili che la nuova legge elettorale ha disseminato dietro di sé per difendere le caste . Ostacoli che non devono scoraggiare ma che devono essere ben conosciuti.
Un incoraggiamento sincero allora a chi ha promosso l’iniziativa ed a chi sarà sabato 18 a Roma. Un unico suggerimento, quello che proporrei se fossi presente: se volete sul serio ricostruire una democrazia vera, dovete fare quello che mai i partiti politici italiani hanno voluto fare sinora, applicare il metodo democratico a voi stessi, sempre e comunque, senza se e senza ma, come impone l’art. 49 della Costituzione. E’ questo l’unico modo per non tradire le buone intenzioni e per non diventare uguali in tutto e per tutto ai partiti che hanno umiliato la democrazia. Tutto deve passare attraverso la discussione,la trasparenza, il confronto delle idee, lo sforzo di comprensione della realtà, la valorizzazione delle competenze degli altri, a partire da quelle dei Comitati del NO che saranno presenti. La vera politica è dialogo e confronto aperto. Non vi preoccupate dei leader, anche se essi sono importanti. Preoccupatevi invece della democrazia interna. Perché i leader veri nasceranno di lì, non dal marketing elettorale o dai consigli elargiti dai “guru” americani. La “leadership” di Renzi è un esempio perfetto delle cose da non fare. Non dimenticate poi il 4 dicembre e la ricorrenza del referendum costituzionale. Potrebbe essere quella l’occasione di un prossimo incontro, organizzato con maggior serenità.