Lunedì
scorso 6 gennaio 2020, alle ore 11,30, presso il monumento ai caduti di Viale
Mazzini, a Frosinone, l’Anpi provinciale
con la sezione di Frosinone, partiti, sindacati, movimenti antifascisti, hanno commemorato,
come ogni anno, l’eccidio nazifascista del 6 gennaio del 1944. Atto di sangue che ha visto passati per le armi degli
occupanti tedeschi, con la fattiva collaborazione dei "ragazzi di Salò", tre ragazzi (anche loro) , Giorgio Grassi,
Pierluigi Banchi, e Luciano Lavacchini.
Giovani toscani fucilati
non come partigiani combattenti contro l’occupazione tedesca e la vile
ferocia repubblichina, ma perché semplicemente volevano trascorrere il Natale
con i loro genitori. Perciò erano
scappati dal sanguinario occupante che
li aveva cooptati per ridurli schiavi lavoratori alla mercè degli aguzzini nazisti
e fascisti.
Una commemorazione,
dunque, del sacrificio di tre, delle
tante vittime civili, cadute sotto i colpi di una guerra che nessuno di loro
aveva voluto (a dire il vero non l’avrebbero voluta neanche i partigiani). Alle
12,00, ora dell’eccidio, presso la stele ad essi dedicata, le organizzazioni ed i movimenti
convenuti a fianco dell’Anpi, hanno osservato un minuto di silenzio per non
dimenticare un atto violento e feroce
contro tre ragazzi inermi rappresentanti involontari di tutta l’umanità.
Dopo
l’intervento di Giovanni Morsillo, presidente provinciale dell’Anpi, si sono
susseguiti i contributi dei rappresentanti
di partiti, organizzazioni sindacali e movimenti antifascisti presenti. Ognuno
di loro ha sottolineato l’importanza di condannare il fascismo anche alla luce
delle derive autoritarie che stanno invadendo l’Italia e l’Europa, richiamando
i valori di solidarietà e democrazia su cui si basa la Costituzione.
Se da un
lato è stato confortante rilevare la costante partecipazione, come ogni anno,
di tutte le forze democratiche, dall’altro mi piacerebbe che a seguito di certe
dichiarazione susseguissero atti politici coerenti, mi rivolgo in particolare
agli esponenti del Pd presenti.
Non si possono affermare i valori dell’antifascismo, la centralità della
Costituzione, che dalla lotta antifascista scaturisce, e poi operare per
sovvertire proprio i principi di partecipazione democratica inscritti nella
Carta stessa. Un tentativo di destrutturazione, cosa ancora più grave, che ha
come unico scopo convenienze di bottega elettoralistica e di consenso.
Non si
spiega come il Pd abbia votato contro l’ultima riforma costituzionale volta a ridurre il
numero dei parlamentari, in tutti i passaggi in Parlamento discussi all’epoca del governo giallo verde
e poi abbia dato via libera nell’ultima seduta, quando i colori dell’esecutivo sono cambiati. La realtà rivela che è in atto
un costante tentativo di ridurre la centralità del Parlamento, o anestetizzando , quasi
annientando, le funzioni di una Camera, (vedi la riforma Renzi sull’abolizione
di fatto del Senato, fortunatamente bocciata dagli Italiani) o riducendo il
numero dei parlamentari, la cui elezioni sarebbe di fatto decisa dei capobastone di partito, con la falsa motivazione del risparmio dei costi, quando
invece si tratta di una vera e propria desertificazione
della
rappresentanza.
La deriva pericolosa, non so quanto consapevole, è
quella di assicurare la governabilità attraverso la sterilizzazione del
confronto politico e il depotenziamento della partecipazione dei cittadini che
andrebbero ad eleggere un organo quasi inutile, del tutto succube del capo
dell’esecutivo. Le tensioni verso una
legge maggioritaria vanno anche in questo senso. Togliere centralità al
Parlamento, derubare i cittadini del loro diritto di scegliere i propri rappresentanti,
trasferire il confronto dalle aule parlamentari ai talk show e ai social rischia di acuire le già presenti derive autoritarie del tutto
contrarie allo spirito costituzionale.
Non a caso la riforma sulla riduzione
del numero dei parlamentari piace anche a tutta la destra, quella moderata e
quella truce di Salvini e Meloni. Quella,
cioè, che è stata evocata nella
commemorazione del 6 gennaio come nuovo pericolo per la tenuta democratica del
Paese. Se è così pericolosa perché si condivide con essa il tentativo di
distruzione della Costituzione?
Ecco quindi
che, con ancora negli occhi la
commozione sincera di tutti i partecipanti alla commemorazione dell’eccidio dei
tre ragazzi toscani, faccio appello a quella moltitudine antifascista commossa, ai militanti di partito compresi in essa, affinchè, anche in contrasto con
le proprie segreterie, tornino sulla retta via e dicano con forza no a questo
ulteriore tentativo di sovvertire lo spirito democratico della Costituzione.
Quella Costituzione nata dal sangue dei partigiani e anche dal sangue di
Giorgio, Pierluigi e Luciano. Glielo dobbiamo.
Antifascisti
Sempre