Fred Gray 25 anni deceduto
a seguito delle terribili percosse subite mentre era in custodia presso un
centro di polizia dopo essere stato arrestato a Baltimora.
Laquan Mc Donald 17 anni ferito a morte da un poliziotto a
Chicago.
Mike Brown 17 anni assassinato a Fergusson da un poliziotto.
James Crawfords 22
anni ucciso dalla Polizia in Ohio.
Eric Garner,43 anni ucciso per soffocamento dagli agenti, mentre
con la faccia pressata a terra gridava di non riuscire a respirare.
Brandon Webber 21
anni crivellato di colpi dagli agenti a
Memphis.
Come la maggior parte di
musicisti e artisti afroamericani,
dai jazzisti Ambrouse Akinmusire, o Jazzmeia
Horn, a star del Pop come Byonce, Pharrell Williams, o rapper
come Kendrick Lamar, voglio iniziare l’articolo
elencando solo l’inizio di una lista di afroamericani uccisi dalla ferocia della
polizia. Quelli che ho citato non sono che una piccola parte, l’appello che i musicisti sopra citati declamano prima
di ogni loro esibizione è molto più lungo, una triste e dolorosa litania di
vite spezzate.
Ad essa si è aggiunto
George Floyd 46 anni ammazzato il 25 maggio scorso con le stesse modalità di Eric Garner: soffocato con la gola compressa dal ginocchio del poliziotto bianco Derek
Chauvi. Anche in questo, caso come per
Garner, il lamento strozzato in gola “I
can’t breath, non posso respirare, è stata l’ultima espressione di George Floyd
prima di morire.
I can’t breath è
diventata lo slogan gridato dai manifestanti, esasperati dall’ennesima uccisione di un
innocente, davanti al commissariato di
polizia di Minneapolis dato alle fiamme.
Manifestazione che ha visto un’altra vittima. I can’t breath è diventato l’ennesimo grido di battaglia che
sta coinvolgendo, dal Minnesota, tutta l’America, tanto che Trump, dopo aver
condannato l’assassinio di Floyd, ha twiittato minaccioso che “dove c’è
saccheggio si spara” intendendo per saccheggio l’incendio della stazione di
Polizia dove operavano gli assassini di Geroge. Così rivelando, dopo una flebile
indignazioni per il sopruso degli
agenti, le reali intenzioni di continuare l’azione repressiva senza fare prigionieri.
La lista di morte ha dunque aggiunto un’altra vittima e, disgraziatamente
ne aggiungerà delle altre. La
repressione della polizia bianca è una costante che si abbatte su i neri,
ovviamente poveri. Già perché non
bisogna dimenticare che la crudeltà WASP (White Anglo-Saxon Protestant) investe tutti coloro ritenuti, non in
grado di vincere la lotta per l’affermazione individualista tesa alla
massimizzazione del profitto, ma anzi ne
sono un inutile e lamentoso ostacolo.
Non è
solo discriminazione razziale, ma anche sociale. E’ la discriminazione che
passa per la ghettizzazione nei sobborghi dormitorio, dove chi vi abita, per sopravvivere , deve accettare una
condizione di schiavitù legalizzata
oppure galleggiare in uno stato sospeso fra la negazione della vita e la
precarietà . Una condizione a cui non è consentito ribellarsi pena la morte.
Una società in cui lo schiavismo non è
stato mai abolito, anzi è stato pericolosamente esportato in forme più subdole anche nella civilissima Europa attraverso il
working-poor , i “lavoretti”, il capitale “disumano”.
Il fatto che la lotta per i diritti civili e
sociali, trovi in America, un supporto da parte degli artisti e
degli sportivi di colore, può quantomeno lasciare accesa la speranza che non
tutto possa essere perduto.
Jazzmeia Horn, che intona “Lift Every Voice ad Sing”,
(ovvero il “Black National Anthem” scritto dal leader del NAACP James
Weldon Johnson) per poi confluire nel brano “Moanin” reso celebre da Art Blakey
-dove Moanin sta per lamento, ma un lamento che evoca rivendicazione -. Ambrouse Akinmusire che incide un intero
album di protesta contro le violenze della polizia bianca ai danni gli afroamericani, o il rapper Kendrick Lamar, con la sua invocazione di un angelo
nero non violento che difende i diritti del suo popolo , sono segnali di una grande
consapevolezza sulla necessità di una rivoluzione culturale oltre che sociale.
Sono
manifestazioni da sempre patrimonio del popolo nero, a cui tutti dovremmo
guardare nella convinzione che la lotta al razzismo è una parte, di un più
grande ed aspro conflitto per i diritti inviolabili e incomprimibile della
persona umana. Valori universali che oggi
sono traditi e svenduti alle ragioni dell’accumulazione capitalista .
E’ possibile evitare che mai più un
afroamericano perda la vita soffocato da un poliziotto? O che un immigrato affoghi
nel mediterraneo, che l’infanzia venga
violata, che un Italiano non abbia i soldi per curarsi? E’ possibile. Ma serve
unire tutte le lotte, da quelle dei neri d’America a quelle dei precari e
disoccupati Italiani e degli esclusi di tutto il mondo, in un'unica rivendicazione: quella per l’ottenimento dei diritti inviolabili, quali quelli necessari ad una
vita dignitosa.
Diritti che vengono definiti "inviolabili" proprio perché sono dovuti ad ognuno di noi dal
momento che veniamo al mondo. Dunque nessun altro valore, men che meno monetario, potrà venire prima.
Di seguito tre contributi in video di Jazzmeia Horn, Kendrick Lamar e Ambrouse Akinmusire.