Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 7 agosto 2021

Harlem, la rivolta è finalmente in onda

 Tratto dall'articolo di Antonio Bacciocchi su Alias del 7 agosto 2021


“We are black, we are beautiful, we are proud” urla il reverendo Jesse Jackson durante lo svolgimento del The Harlem Cultural Festival a Mount Morris Park (ora Marcus Garvey Park), a Harlem, New York.  

Una serie di concerti che andranno in scenda dal 29 giugno al 24 agosto dal 1969. Un festival, che svoltosi in contemporanea al ben più rinomato, famoso e storicizzato Woodstock, venne rinominato, sbrigativamente e superficialmente “Black Woodstock”. 

Parteciparono circa 300 mila persone al cospetto di nomi come: Stevie Wonder, Nina Simone, B.B King, Sly & The Family Stone, Chuck Jackson, Abbey Lincoln & Max Roach, The 5th Dimension, Gladys Night & The Pips, Mahalia Jackson, Chambers Brothers e tanti altri, presentati da Tony Lawrence. Il tutto venne accuratamente filmato e i nastri archiviati in attesa di un produttore che ne facesse buon uso. Ma il materiale è stato lungo (mezzo secolo…..) “dimenticato”, abbandonato ogni tentativo di farne un film probabilmente destinato ad essere rifiutato. 

Ahmir “Questlove” Thompson (membro del The Roots) è riuscito finalmente a mettervi mano e a ricavarne un documento spettacolare, realizzando probabilmente il miglior film musicale di sempre, Summer of Soul (or when the revolution could be not televised) il cui titolo, riassume alla perfezione contenuto e vicissitudini della pellicola.

 Ad esibizioni mozzafiato (un incredibile Stevie Wonder che si lancia in un funambolico solo di batteria, Nina Simone, catartica, solenne, spietata, Sly & The Family Stone che confermano di essere stati uno dei migliori act dei Sessanta, Gladys Night & The Pips, con una versione unica di I Heard It Through Grapevine, e quel saluto a pugno chiuso ballando, Mavis Staple che duetta con Mahalia Jackson in un gospel da brividi, David Ruffin che incanta con My Girl, Ray Barreto e Mongo Santamaria che portano il latin sound sul palco, mentre Max Roach porta il jazz e Mahalia Jackson lo spiritual) si uniscono interventi di spessore socio politico, interviste alle persone e agli spettatori, immagini della New York dell’epoca.

PAROLE CHIARE

Il reverendo Jesse Jackson parla alla folla, usa parole chiare, dure, incisive, sui diritti degli afroamericani. Gli artisti sono sempre elegantissimi, con look impeccabili, ricercati raffinati. Uno dei principali protagonisti è però il pubblico, quasi totalmente nero e locale. Elegante, composto, sorridente, partecipe, consapevole. Che fossero membri del Black Panther, o coppie di anziani, famiglie della borghesia nera più agiata, bambini che giocano, giovani di varia estrazione sociale, tutti sfoggiano estetiche esuberanti e raffinatissime, pulite, essenziali, fresche. Ridono, si divertono. La gente è coinvolta ma rispettosa, non si accalca, applaude, pensa, riflette, ha sguardi e sorrisi solari. E’ una festa.

 Immagini antitetiche al contemporaneo Woodstock, tra giovani presi in un utopico edonismo escapista, droghe, fango e finto ribellismo. Un vuoto che, alla luce di quanto poi si è verificato, appare oggi sconsolatamente evidente. Ad Harlem c’era invece consapevolezza, sguardo al futuro, necessità di cambiamento. Uno dei momenti topici, che riassume la divergenza tra il significato di Woodstock e dell’Harlem Festival, è quando Sly Stone alza il pugno gridando il refrain “I Want Take you Higher”. “Higher!. Il pubblico nero di Harlem risponde con il pugno, “Higher!” simboleggiando la speranza di riuscire ad innalzarsi dalla precarietà e dalla diseguaglianza. Quando Sly lo urla a Woodstock la platea bianca lo prende come un invito a “volare alto”, grazie alle droghe. Stessi giorni, stessi luoghi, più o meno.

Forse c’è un motivo di fondo per cui per tanto tempo è stato in qualche modo snobbato il contenuto culturalmente eversivo di questi filmati. Gli afroamericani che nel 1964, proprio ad Harlem, avevano incominciato devastanti e sanguinose rivolte per acquisire diritti ed equità sociale, si mostrano in queste immagini molto più “civili”, rispettosi e avanti rispetto a chi, nello stesso momento, mandava a morire migliaia dei suoi giovani in Vietnam o reprimeva le più che legittime istanze di parità. Lo stesso regista Questlove sintetizza bene il concetto: “Non volevo confrontare e contrastare Woodstock, ma è stato solo facendo questo film che ho pensato: Ohhh, ho capito. Woodstock in sé non è stato l’evento che ha cambiato la vita. L’evento che ha cambiato la vita è stato il film di Woodstock. 

Ciò che ha reso grande Woodstock è stato il fatto che è stato detto che Woodstock era fantastico”. Forse sarebbe stato lo stesso con il “Black Woodstock” se avessimo potuto vederlo ai tempi.


giovedì 5 agosto 2021

La sofferenza (altrui) è la virtù degli sfruttatori

 Coniare Rivolta




Un tema che sta particolarmente a cuore alle classi dominanti di ogni epoca è quello della sofferenza. Per i poveri, s’intende. 

Dopo un incessante e continuo lavorio del Governo Draghi su varie tematiche (vedasi, tra le altre, alla voce sblocco dei licenziamenti), sembra ora essere diventato fertile il terreno per uno dei prossimi passi: il progressivo abbattimento del reddito di cittadinanza. E chi poteva incaricarsi di aprire le danze, se non uno dei massimi alfieri della lotta non alla povertà, ma ai poveri, ergo Italia Viva capitanata da Matteo Renzi? Nell’ultimo mese il prode di Rignano si è infatti reso protagonista di una escalation continua di dichiarazioni contro il reddito di cittadinanza. Dopo aver attaccato il provvedimento del fu Governo giallo-verde accusandolo di essere diseducativo e clientelare, il nostro torna alla carica affermando ancora più esplicitamente: “Io voglio mandare a casa il reddito di cittadinanza perché voglio riaffermare l’idea che la gente deve soffrire, rischiare, provare, correre, giocarsela, se non ce la fai ti diamo una mano, ma bisogna sudare ragazzi”. Su questo tipo di attacco hanno subito fatto trapelare il loro malcelato consenso esponenti di varie fazioni, tra cui (immancabilmente) Salvini, Meloni e Calenda. 

Non è ovviamente difficile mettere in luce il portato d’odio ferocemente diretto alle fasce più deboli della popolazione che tale operazione politica contiene. Basta infatti riportare alcuni dei dati che il rapporto INPS ha segnalato con specifico riferimento all’applicazione del reddito di cittadinanza. La platea dei tre milioni e settecentomila soggetti che fino ad ora hanno percepito il sussidio beneficiari è infatti composta da un fiume di persone disoccupate di lungo periodo, scoraggiate, disabili e minori. In media l’importo percepito è stato di 583 euro. Questo tipo di intervento sarebbe quindi per Renzi diseducativo. Sì, ma per chi? Ci troviamo qui infatti di fronte a un caso da manuale di avversione dei ceti dominanti nei riguardi di quelle misure che possano in qualche modo costituire un seppur minimo trasferimento di risorse alle classi meno abbienti volto a, minimissimamente, alleviarne la povertà e ridurne la ricattabilità. In tale ottica, sembra chiaro come Renzi si faccia portavoce del desiderio di andare a fare uno screening certosino ad ogni tipo di contributo che possa anche solo pallidamente allontanare le grandi masse di poveri e disgraziati da quella che, in maniera altrettanto candida, Padoa Schioppa definì a suo tempo la “durezza del vivere”.  E allora perché non lasciare che proprio l’ex Ministro del fu Governo Prodi ci spieghi per filo e per segno qual è il (neanche tanto) retro pensiero che anima oggigiorno Renzi?

“Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali deve oggi spaziare nei campi delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola e in altri ancora. Ma dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità. Cento, cinquanta anni fa il lavoro era necessità; la buona salute, dono del Signore; la cura del vecchio, atto di pietà familiare; la promozione in ufficio, riconoscimento di un merito; il titolo di studio o l’apprendistato di mestiere, costoso investimento. Il confronto dell’uomo con le difficoltà della vita era sentito, come da antichissimo tempo, quale prova di abilità e di fortuna. È sempre più divenuto il campo della solidarietà dei concittadini verso l’individuo bisognoso, e qui sta la grandezza del modello europeo. Ma è anche degenerato a campo dei diritti che un accidioso individuo, senza più meriti né doveri, rivendica dallo Stato.” In maniera esplicita, Padoa Schioppa afferma ciò che Renzi solo accenna: un distillato dell’odio delle classi dominanti, messo nero su bianco.

Eppure, oltre a questo c’è anche un ulteriore dato politico da sottolineare. Il reddito di cittadinanza, insieme a Quota 100, ha rappresentato una novità introdotta dal Governo giallo-verde rispetto al corso generale delle politiche economiche degli ultimi decenni. Ad oggi possiamo però vedere, su un orizzonte più ampio di quello dei mesi immediatamente successivi all’approvazione di queste misure, quale fosse il reale portato politico di quegli interventi. M5S e Lega non avevano infatti altro in mente se non un contentino necessario a dar seguito all’incredibile ondata anti-euro e fintamente anti-sistema che aveva sospinto entrambi i partiti verso percentuali fino ad allora impensabili. Tuttavia, tali contentini non sono stati accompagnati da una adeguata lotta ai vincoli europei, senza la quale, dal punto di vista strettamente economico, il mantenimento di qualsivoglia forma di tutela sociale viene posto immediatamente sotto pressione. In più, dal punto di vista politico, entrambi i partiti si sono immediatamente convertiti all’appoggio all’attuale Governo Draghi, vero alfiere delle ‘riforme strutturali’ che metteranno ulteriormente alle strette lo Stato sociale nostrano. 

Quel timidissimo e subito rimangiato passo in una direzione differente può quindi ora essere messo sotto attacco, in modo da potersi riprendere anche qualche briciola inopinatamente caduta dal tavolo dei ricchi verso terra. E’ allora qui il caso di ricordare come, se implementato a regime, il reddito di cittadinanza possa per vari canali non essere quella panacea di tutti i mali che i suoi sostenitori della prima ora credono possa rappresentare. Tuttavia, le critiche ad una misura di questo tipo volte a metterne in luce criticità e punti deboli nulla debbono avere a che vedere con un ignominioso rigurgito atto a togliere il pane a chi più ne ha bisogno, che in quanto tale va respinto con forza al mittente.