Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

sabato 22 marzo 2014

“#NonCiFermate Tour fa tappa a Frosinone – I deputati del M5S incontrano i cittadini ciociari”.

Movimento 5 Stelle Frosinone


“Arriva anche a Frosinone il ‘Non ci Fermate Tour’, evento che vede la partecipazione di ventisei deputati del MoVimento 5 Stelle alla Camera. I portavoce pentastellati che prendono parte all’iniziativa sono stati sospesi dall’ufficio di Presidenza della Camera dopo aver occupato i banchi del governo in occasione dell’approvazione del decreto Imu-Bankitalia.

Il tour, partito lunedì 17 marzo da Verona è un percorso di agorà itineranti che si concluderà il 15 aprile a Torino. Comprende ventinove tappe principali e toccherà circa ottanta località in tutta Italia: da nord a sud. I portavoce visiteranno mercati e piazza parlando con i cittadini. “Ci trasferiamo a lavorare fuori dal Palazzo – affermano i parlamentari 5stelle – incontriamo i cittadini, informiamo le persone di quello che succede nelle stanze del potere, raccontiamo come la casta ha trasformato l’Italia in un bancomat da saccheggiare. Possono tentarle tutte per zittirci, ma non ce la faranno”.

L’incontro con i cittadini si terrà all’Auditorium Comunale “Paolo Colapietro” via Grappelli (nei pressi del campo CONI) a Frosinone – Lunedi 24 marzo 2014 alle ore 21:00.

Di seguito si riportano i deputati che parteciperanno all’incontro:
  1. ALBERTI Ferdinando;
  2. ARTINI Massimo;
  3. BARONI Massimo;
  4. BENEDETTI Silvia;
  5. CASTELLI Laura;
  6. DE LORENZIS Diego;
  7. DELLA VALLE Ivan;
  8. DI BATTISTA Alessandro;
  9. FERRARESI Vittorio;
  10. SORIAL Giorgio;
  11. VALENTE Simone.

Acqua: l’aumento delle tariffe è illegittimo.

I cittadini difendono ancora la legalità contro una politica che non rispetta il mandato democratico. 

Il 5 marzo scorso la maggioranza dei Sindaci dell’Ato di Frosinone riuniti in Conferenza hanno votato contro la cittadinanza stabilendo un aumento delle tariffe per gli anni 2012- 2013, facendosi così responsabili di un atto gravissimo al di fuori della legalità e dei principi democratici nella nostra Provincia. 
Sono state messe in campo le solite mistificazioni e falsità per poter continuare a fare gli interessi di chi sull’acqua, da anni ormai, specula violando non solo la volontà dei cittadini ma un diritto inalienabile e un bene essenziale alla vita come quello dell’acqua. 
Ci hanno raccontato che privatizzare era giusto, ci hanno fatto credere che era necessario far 
entrare investimenti dal privato per un servizio che fosse di qualità senza far crescere il deficit 
pubblico, invece, dal 2004, la gestione di Acea Ato 5 S.p.a. ha significato il vertiginoso 
peggioramento del servizio idrico, e mentre gli investimenti effettuati si attestano solo in una 
percentuale minima rispetto a quanto previsto del Piano d'Ambito scaturito dalla gara
(decretando il fallimento dell’attuale meccanismo proprio sul tema della realizzazione degli investimenti), il gestore da sempre inadempiente, pretende di vedersi riconosciuti maggiori costi nelle fatture emesse nei confronti degli utenti! 
L’Autorità d’Ambito dall’altra parte (quella pubblica, dei cittadini?), invece di porre ACEA ATO 5 S.p.A. di fronte alle proprie responsabilità, di pretendere dal gestore il rispetto delle leggi e dello stesso contratto sottoscritto, di applicare le penali e le revisioni tariffarie previste in relazione alla qualità del servizio erogato, di difendere i cittadini vessati da fatturazioni illegittime ed irregolari, di ottenere almeno dal gestore il pagamento degli onori concessori dovuti...aumenta le tariffe raccontandoci che se l’Ambito non avesse determinato le tariffe 2012-2013 entro i termini stabiliti dall’AEEG (Autorità dell’Energia Elettrica e il Gas) sarebbe passata la proposta di tariffa del gestore con un aumento molto più consistente!! 
Continuano a raccontarci falsità. In relazione alla determinazione delle tariffe relative al servizio idrico integrato per gli anni 2012 -2013 dovevano essere preliminarmente esaminati gli elementi di fatto e di diritto che non consentono in maniera assoluta di elaborare una tariffa
sulla base delle regole e della normativa vigente. 
In primo luogo mancando il piano d’ambito relativo agli anni in questione vengono meno i fattori e gli elementi necessari alla determinazione delle voci che dovrebbero comporre le somme ammissibili nel computo dei costi operativi. A questo proposito qualunque pretesa di determinare i costi operativi sulla base dei bilanci elaborati dal gestore è priva di qualunque presupposto giuridico e verrebbe determinata in danno dei cittadini, chiamati a farsi carico del rischio d’impresa di un gestore che manifestamente ha dimostrato di non saper fare il proprio lavoro. In punto di diritto la pretesa di determinare una tariffa sulla base del metodo transitorio predisposto dall’Autorità dell’Energia Elettrica e Gas, oltre che impossibile dal punto di visto fattuale non esistendo il piano d’ambito, presenta almeno due gravissimi vizi di incostituzionalità (e di fatti a questo proposito pende il ricorso presso il TAR della Lombardia, essendo la delibera dell’A.E.E.G. un atto amministrativo e non già una norma giuridica). Da una parte il metodo che viene prospettato è incostituzionale perché reintroduce nella determinazione della tariffa la quota relativa alla remunerazione del capitale sotto altra 
denominazione, contravvenendo all’esito del secondo quesito referendario che ha cancellato detto parametro dalla tariffa. D’altra il deliberare nell’anno 2014 le tariffe relative agli anni 2012 e 2013 viola il principio di “irretroattività” degli atti amministrativi con un comportamento già sanzionato dal supremo organo della giurisdizione amministrativa. 
Nella sostanza una qualunque determinazione della tariffa 2012 e 2013 poteva essere presa in considerazione solo se avesse prodotto un risultato a vantaggio degli utenti. Ciò sarebbe stato possibile comunque applicando il precedente metodo normalizzato, facendo ricorso all’unico piano d’ambito esistente - cioè all’originale del 2001 -, applicando le relative rivalutazioni annue sulla base degli indici ISTAT, calcolando il coefficiente che considera la qualità del servizio reso, e detraendo la quota di ammortamento degli investimenti mai effettuati e la remunerazione del capitale investito a partire dal 21 luglio 2011. 
I cittadini non si fanno carico delle inadempienze del gestore né di quelle dell’Autorità d’Ambito, per tanto il Coordinamento Acqua Pubblica di Frosinone impugnerà davanti al Tar la decisione presa in Conferenza dei Sindaci riguardante la determinazione delle tariffe 2012-2013, e porterà la situazione all’attenzione della Corte dei Conti per l’accertamento delle responsabilità individuali che l’hanno determinata. 
Intanto, il 17 marzo scorso, è stata approvata la legge regionale sul servizio idrico che ha accolto senza stravolgimenti la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dagli Enti Locali e dai cittadini. Prima in Italia, questa legge contempla un governo e una gestione pubblica e partecipata del servizio idrico ed è sulla base di questi principi che si lavorerà nei prossimi mesi per un nuovo assetto istituzionale e gestionale del servizio idrico integrato. 

IL COORDINAMENTO ACQUA PUBBLICA DI FROSINONE 
Portavoce 
Severo Lutrario.

(Prossimamente tutti i video della conferenza stampa del coordinamento acqua pubblica di Frosinone n.d.r.) 

Bonifica e rilancio della Valle del Sacco. Convegno promosso da Legambiente Lazio

Luciano Granieri


 L’unione europea ha stanziato 2 miliardi e 600 milioni per la nostra regione, di questi 567 milioni  saranno destinati alla riqualificazione ambientale del territorio. Quanto di tali finanziamenti   e come le  risorse saranno utilizzate per la bonifica e il rilancio della Valle del Sacco era uno dei temi sui quali Legambiente Lazio ha invitato a ragionare cittadini e movimenti, in un convegno che si è tenuto ieri a Frosinone presso la sala convegni della CIA . 


Oltre ai dirigenti di Legambiente:  Giorgio Zampetti responsabile scientifico, Roberto Scacchi direttore per il Lazio, Marioadolores Furlanetto presidente del Centro di Azione Giuridica e Francesco Raffa coordinatore provinciale, hanno partecipato l’assessore all’ambiente della Regione Lazio Fabio Refrigeri, la consigliera regionale Cristiana Avenali e il presidente della Rete per la tutela  della Valle del Sacco, Alberto Valleriani. 

Come è noto La Valle del Sacco da sito di bonifica di interesse nazionale è stato dequalificato a sito di bonifica di interesse regionale. Il tutto con un blitz operato dal ministero dell’ambiente del governo Monti, guidato allora dal ministro Clini, il quale ha concesso alla Regione destinataria del provvedimento solo 15 giorni per produrre delle osservazioni ed eventualmente opporsi. 

La giunta Polverini, a quel tempo   in altre faccende affaccendata, non si è neanche accorta della patata bollente che il governo centrale gli stava rifilando. La  questione della Valle del Sacco quindi è stata ereditata dalla giunta Zingaretti, la quale, non ritenendo la decisione dell’ex ministro Clini, in linea con le direttive della legge, per cui i  siti inquinati da agenti chimici, così come la Valle del Sacco,  dovevano necessariamente rimanere di interesse nazionale, ha presentato ricorso al Tar insieme a Legambiente e l’intervento ad adiuvandum di Retuvasa. 

Si è, ad oggi in attesa, di un pronunciamento. Giova ricordare che all’udienza  di qualche giorno fa l’avvocatura dello Stato in difesa del Governo non è intervenuta. E’ bene ricordare, altresì,  che  l’ente regionale  non ha gli strumenti normativi per gestire la bonifica dei siti inquinati, per cui la sua azione dovrebbe semplicemente consistere nel trasferire il tutto ai Comuni. Ciò dà l’idea di come il provvedimento emanato dall’ex ministro Clini fosse mirato esclusivamente a risparmiare risorse sulla bonifica di questi siti, non curante delle conseguenze nefaste che tale decisione avrebbe avuto sui cittadini delle aree  interessate. 

Tornando ai fondi   messi a disposizione  dall’Unione europea, c’è da rilevare che probabilmente 30 milioni costituiranno le risorse destinate alla bonifica della Valle del Sacco, somma da aggiungere  ai circa 9 milioni di euro in dotazione dell’ufficio commissariale. Risorse del tutto insufficienti perché le stime che vennero fatte dal ministero dell’ambiente per il risanamento della Valle del Sacco, quando questo era sito di interesse nazionale, ammontavano a 660 milioni di euro almeno. Un altro grave impedimento all’avanzamento dei progetti di bonifica risiede nel fatto che,  a seguito dell’ordinanza di protezione civile n. 0061 del 14 marzo 2013,  è stato incaricato di continuare la bonifica il Dott. Luca Fegatelli ex direttore del Dipartimento Istituzione e Territorio. Ogni   stanziamento di fondi deve presentare l’autorizzazione  di questo dirigente il quale per attualmente  si trova agli arresti domiciliari perché coinvolto nello scandalo della gestione dei rifiuti per Roma e dintorni e dunque impossibilitato ad autorizzare alcunché. Nessun altro dirigente ha sostituito Fegatelli alla guida dell’Ufficio commissariale incaricato, per cui si rischia di non poter  neanche utilizzare i  pochi fondi stanziati. 

Come si  vede un intricato coacervo di procedure, nate per velocizzare i piani di bonifica, sta ottenendo il risultato opposto cioè bloccarle. L’assessore all’ambiente della Regione Fabio Refrigeri, insieme alla consigliera Cristina Avenali, hanno assicurato, il loro impegno nel seguire il ricorso al Tar in modo da ottenere la riqualificazione della Valle del Sacco a sito di bonifica nazionale, e  di coinvolgere i movimenti e i cittadini nell’individuare  i provvedimenti più adatti per la riqualificazione di un sito di primaria importanza per il nostro territorio. 

Dal dibattito le proposte avanzate sono state  quelle che chi segue il nostro sito consce bene. La moratoria sulla costruzione di ogni insediamento che preveda combustione, dagli inceneritori di biomasse agli impianti di trattamento di car fluff, una riconversione dell’area in chiave turistico agricola, e soprattutto il controllo diretto dei cittadini su ogni tipo di intervento. 

Come sottolinea Valleriani nella nostra intervista, spesso sono le associazioni a possedere i dati sul territorio, ad avere un quadro preciso sullo stato dell’inquinamento, elementi che il ministero, e le regioni non possiedono. Un controllo diretto dei cittadini è auspicabile anche per scongiurare l’utilizzo di procedure poco trasparenti e illegali a carico, sia di chi deve occuparsi delle azioni sul  territorio,  sia degli organi preposti al controllo. 
L’istituzione da parte delle Asl di un registro dei tumori per mettere in relazione  i danni alla salute con le zone d'’inquinamento della Valle del Sacco ,  è stata un’altra proposta fortemente sostenuta dalle associazioni, da Legambiente in particolare.  

In verità  dall’incontro di ieri non sono emerse delle grandi novità rispetto a quanto già noto , a parte l’erogazione dei fondi europei che, come abbiamo visto, sono insufficienti. La situazione della Valle del Sacco è, e rimane critica, si discute di bonifica, ma ancora esistono fonti di inquinamento nel fiume Sacco da identificare, ancora non si sono individuati i colpevoli del disastro ambientale, per cui diventa impossibile richiedere i risarcimenti.

 Ancora non si ha ben chiaro in mente  come sia  necessario rivoluzionare il modo di rapportarsi, con la devastazione di questi territori. Riqualificazione e riconversione, queste sono le parole d’ordine. L’intervento del Presidente della Camera di Commercio  di Frosinone  Pigliacelli - il quale di fatto ne ha approfittato per battere cassa nei confronti della Regione allo scopo di  finanziare un progetto di smart city che dovrebbe aiutare lo sviluppo del territorio, la difesa della categoria che costui ha operato indicando una limitata  responsabilità delle imprese    nel  disastro ambientale , la pretesa avanzata con il piglio dell’imprenditore  tutto d’un pezzo,  orgogliosamente ignorante  delle procedure di gestione ambientale del territorio,  di operare  non per  evitare ulteriore inquinamento ma per limitarlo nei limiti del possibile, -forniscono l’inconfondibile segno che la mentalità sulla gestione del territorio non è mutata. E in mancanza di un radicale cambiamento di prospettiva sarà dura  difendere la Valle del Sacco anche disponendo di risorse illimitate.




giovedì 20 marzo 2014

G8, licenziato il seviziatore di Bolzaneto

Checchino Antonini. fonte http://www.informarexresistere.fr/

La Asl 3 di Genova ha licenziato il medico Giacomo Toccafondi, 60 anni che durante il G8 del luglio 2001 a Genova avrebbe (incredibilmente dopo tre sentenze l’Ansa usa ancora il condizionale!) compiuto violenza sui ragazzi che lo avevano descritto come «il seviziatore di Bolzaneto»”. Lo rivela Il Secolo XIX. Nei giorni del G8 genovese Toccafondi indossa una tuta mimetica della polizia penitenziaria ed era il responsabile dell’infermeria di Bolzaneto, ‘la caserma degli orrorì. Anche nel suo ufficio di Pontedecimo c’era un poster con un suo ritratto militare. Secondo i giudici Toccafondi «agì con particolare crudeltà». In Appello era stato salvato dalla prescrizione, ma condannato a risarcire le vittime. Prescrizione anche in Cassazione. Era accusato di omissione di referto, violenza privata, lesioni, abuso d’ufficio. Bisogna ricordare che l’Italia non ha ancora una legge sulla tortura e si avvia a votare un testo che la definisce in modo piuttosto fumoso proprio come hanno dettato alla politica i vertici del Viminale.
Terminato l’iter giudiziario, ieri pomeriggio, dopo 12 anni e 8 mesi di distanza da quei fatti, Toccafondi è stato licenziato con decorrenza immediata e senza preavviso. Stamani non si potrà presentare all’ospedale Gallino di Pontedecimo, dove lavora come chirurgo. Potrà presentare ricorso d’urgenza contro il licenziamento. In questi anni era stato premiato dalla Asl per i raggiungimento degli obiettivi. Il 16 luglio del 2008, all’indomani di una sentenza di primo grado che aveva provato a minimizzare l’accaduto, il medico Giacomo Toccafondi s’era mostrato soddisfatto: «La sentenza – dichiarò – ha cancellato l’impostazione dell’accusa che fossi una sorta di “Menghele” nella caserma di Bolzaneto». Invece.

L'illusione di "democratizzare" l'Ue imperialista

Valerio Torre

Verso le elezioni europee
“L’altra Europa" di Tsipras
e dei riformisti nostrani

Nei giorni dal 13 al 15 dicembre del 2013 si è tenuto a Madrid il IV congresso della Sinistra europea (Se), cioè quell’agglomerato dei partiti della sinistra riformista tra i quali Izquierda unida (Spagna), Die Linke (Germania), Bloco de Esquerda (Portogallo), Front de gauche e Pcf (Francia), Syriza (Grecia), Rifondazione comunista (Italia). Il congresso ha deciso di candidare per le prossime elezioni europee Alexis Tsipras, leader di Syriza, a Presidente della Commissione europea.
Chiaramente, in ogni Paese del continente era prevista la presentazione di una lista del relativo partito della Se a supporto di Tsipras. Logica avrebbe voluto, dunque, che in Italia Rifondazione comunista – da poco uscita da un lacerante congresso che aveva ulteriormente allargato le divisioni al suo interno fra le aree di Grassi e Ferrero – si fosse apprestata, nella consapevolezza dell’impossibilità di superare lo sbarramento del 4%, a ripercorrere lo stanco rituale della presentazione di una lista col proprio simbolo a sostegno del politico greco.
E invece, il 22 dicembre (1), Barbara Spinelli, editorialista di Repubblica e intellettuale facente riferimento al gruppo dei “professori” di Alba, rilasciava al giornale greco Avgi, molto vicino a Syriza, un’intervista (2) in cui si faceva essa stessa promotrice della candidatura di Tsipras e della costruzione di una lista di supporto, “una lista civica, di cittadini attivi, una lista di persone della società civile che scelgono Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea (…) È chiaro che non dovrebbe essere una coalizione dei vecchi partiti della sinistra radicale, perché non avrebbe alcuna possibilità di successo. Abbiamo bisogno di qualcosa di più grande, qualcosa per scuotere la coscienza della società, superando i margini molto stretti delle formazioni politiche della sinistra radicale”.
Il 28 dicembre la proposta della Spinelli era ripresa e rilanciata in un’altra intervista allo stesso giornale greco, rilasciata questa volta da Paolo Flores d’Arcais, che usava nei confronti del Prc, di Sel e degli altri partiti della sinistra riformista, parole, se possibile, ancor più dure e sferzanti: “In Italia – a livello politico organizzato – la sinistra non esiste (…) Sel e gli altri piccoli partiti non contano più nulla (…) Rifondazione, i Verdi e gli altri gruppi politici non rappresentano nulla (…) c’è oggi una sola forza politica di sinistra in Europa e si chiama Syriza (…) Rifondazione o i Verdi o i Comunisti Italiani (…) godono di una credibilità negativa (…) sono dei marchi negativi. Per questo pensiamo che una lista rigorosamente della società civile con Tsipras potrebbe avere un buon risultato” (3).  E sempre lo stesso giornale greco Avgi, il 12 gennaio, intervistava stavolta lo scrittore Andrea Camilleri, che rincarava la dose propugnando anch’egli una “lista Tsipras” della società civile, e non di “partiti frammentati [che] … così come sono oggi non hanno peso” (4).
Un lettore distratto avrebbe allora potuto pensare – e l’ha, infatti, pensato ciò che resta del corpo militante di Rifondazione – che si trattava del tentativo scoperto, da parte dei “professori” di Alba, di ripercorrere il tragitto iniziale di “Cambiare si può”, prima che il Prc e compagnia varia scippassero loro il progetto da sotto il naso trasformandolo in quella che sarebbe poi stata la fallimentare esperienza di Rivoluzione civile con Ingroia. Questi intellettuali, insomma, veri e propri generali senza esercito, forti anche dell’ulteriore tracollo di quei partiti alle scorse elezioni, avrebbero avuto in animo di passare all’incasso e ricambiare loro il “favore”, questa volta però mettendosi nel ruolo degli scippatori: questi erano gli umori degli attivisti di Rifondazione, che reclamavano, su blog e social forum, la primogenitura della candidatura di Tsipras, rivendicando l’emarginazione degli intellettuali.
Il grande inganno: un’operazione ardita o “ordita”?
Ma stavano davvero così le cose? Noi siamo convinti di no e lo affermiamo citando un testimone “d’eccezione”, che non è stato finora smentito da nessuno dei diretti interessati: quell’Alfonso Gianni, alter ego di Fausto Bertinotti ai tempi d’oro della segreteria del Prc, prima confluito in Sel e poi uscitone e oggi nuovamente un po’ più vicino a Rifondazione, che, subito dopo l’intervista di Barbara Spinelli, dichiarava nella propria pagina Facebook: “Insieme a una delegazione di Alba avemmo un incontro con una delegazione ufficiale di Syriza nella sede nazionale del Prc, che gentilmente ospitò questo incontro e vi partecipò seppure in funzione di collegamento, l’11 ottobre 2013. Nel corso di quella giornata la delegazione di Syriza, guidata da Nikos Pappas, persona molto vicina a Tsipras, incontrò diverse forze politiche italiane e personalità, fra cui certamente Sel, M5Stelle, Fausto Bertinotti e probabilmente altri che non so. L’obiettivo esplicito della delegazione greca era tastare il terreno per valutare la praticabilità di una lista che appoggiasse la candidatura di Tsipras alla commissione europea. La discussione si orientò poi sui caratteri di questa lista che dovevano andare anche al di là della tradizionale sinistra radicale. In quel contesto feci il nome della Spinelli, e di altre figure possibili, che aveva da poco scritto un articolo su Repubblica in cui elogiava il programma di Tsipras, incontrando il favore della delegazione greca. Da lì partì il lavoro di una presa di contatti di varie intellettualità che è poi sfociata nell’intervista della Spinelli, cui altre tra pochi giorni seguiranno, sempre sul giornale greco. Il tutto indipendentemente dal congresso del Partito della Sinistra europea, al quale la delegazione di Alba venne invitata come semplice osservatore, come è ovvio”.
E allora, proviamo a rimettere i fatti nella giusta sequenza. L’11 ottobre 2013 (e quindi ben due mesi prima del congresso della Sinistra europea da cui sarebbe uscita la candidatura di Tsipras!), una delegazione di Syriza incontra presso la sede nazionale di Rifondazione una delegazione del Prc, di Alba, Sel e altre personalità, per verificare la praticabilità di una lista di appoggio alla candidatura Tsipras che andasse oltre l’unica organizzazione che sarebbe potuta essere la “naturale proponente” del leader greco, cioè Rifondazione. Perché questa “preoccupazione” di Syriza?
È evidente che dietro questo percorso c’era la piena consapevolezza da parte di Tsipras che la sua candidatura in Italia, con la sola lista del Prc in appoggio, non avrebbe avuto alcuna possibilità: sicché, mentre negli altri Paesi europei sarebbe stato il candidato della Sinistra europea, in Italia sarebbe stato invece appoggiato da una lista della “società civile”, considerata più “attrattiva” di quella fondata su un partito ridotto ai minimi termini (5). Presa questa decisione, la confezione delle interviste ai “professori” di Alba sarebbe stata solo un diversivo per preparare il terreno per un’operazione così ordita.
Dunque, nel mese di ottobre – ripetiamo, ben due mesi prima della formalizzazione della candidatura di Tsipras – i giochi in Italia erano fatti dai dirigenti di Rifondazione sulla pelle dei propri attivisti. Nessuna invasione di campo da parte degli intellettuali di Micromega, ma il ruolo attivo della segreteria nazionale del Prc nel subordinare ulteriormente il partito a un’accozzaglia di piccolo borghesi al solo scopo di ritornare – costi quel che costi – sugli scranni parlamentari.
Gli avvenimenti successivi avrebbero poi ulteriormente dimostrato che di questo si è trattato.
I “garanti” padroni del vapore e la ruota di scorta della sinistra riformista
Il 18 gennaio è stato pubblicato un appello alla formazione della “lista Tsipras” in cui erano dettate le linee per la formazione dell’aggregazione elettorale: “Una lista promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici, (…) che candidi persone, anche con appartenenze partitiche, che non abbiano avuto incarichi elettivi e responsabilità di rilievo nell’ultimo decennio. Una lista che sostiene Tsipras ma non fa parte del Partito della Sinistra Europea che l’ha espresso come candidato” (6). I sei firmatari di quell’appello – Camilleri, Flores d’Arcais, Gallino, Revelli, Spinelli e Viale – si autoproclamavano “garanti” della lista (cioè, di fatto, i proprietari). E mentre Tsipras “accettava” la candidatura con una lettera in cui spiegava con precisione che prima di tutto venivano “i semplici cittadini” e solo dopo “le associazioni e le forze organizzate” (così, di fatto, legittimando tutte le decisioni e il ruolo dei sei), Rifondazione cominciava ad ingoiare il primo di una serie di amari bocconi caratterizzanti la propria subalternità, tentando di addolcirli con le zuccherose perifrasi di Paolo Ferrero, secondo cui attraverso la formazione di questa lista si sarebbe infine costruita la famosa “sinistra d’alternativa” di cui vagheggia da anni (e vedremo poi quanta “sinistra” e quanta “alternativa” vi siano confluite) attraverso “un processo unitario condiviso, pubblico, democratico e partecipato (…) rinunciando a steccati identitari e a logiche escludenti”.
Per tutta risposta, i “garanti” procedevano come carri armati, senza interpellare nessuno, com’è accaduto ad esempio per la nota questione del simbolo, su cui erano chiamati a pronunciarsi via web – in “stile Grillo” – gli iscritti al sito dell’aggregazione, che avrebbero avuto la possibilità di “scegliere” fra ben quattro ipotesi grafiche confezionate dai “magnifici sei” nel loro splendido isolamento d’intellettuali illuminati. A nulla valevano le proteste di tanti attivisti del Prc sul fatto che nessuno dei simboli presentasse almeno la parola “sinistra”. La risposta, sprezzante, la forniva Marco Revelli in nome degli altri “garanti”: “Il termine sinistra non compare nei nomi proposti almeno per tre buone ragioni: 1) perché da anni non è più, in Italia, portatore di un preciso contenuto programmatico ma ha finito per rappresentare un’etichetta generica in cui c’è tutto e il contrario di tutto; 2) perché rischia di farci confondere con quanti si sono in questi anni dichiarati ‘di sinistra’ stravolgendone i valori, sostenendo nei fatti politiche liberiste o più semplicemente, mirando alla propria auto perpetuazione personale; 3) infine perché il nostro obiettivo è quello di conquistare il cuore e la mente dei milioni di elettori che non si sentono più di sinistra, o non si sono mai sentiti tali – soprattutto se giovani – perché in quello che è stato presentato loro come sinistra non hanno mai trovato una risposta ai loro problemi” (7).
Anche quest’altezzosa e arrogante presa di posizione veniva “derubricata” dai dirigenti del Prc a semplice “errore politico”, mentre di fronte alla marea montante di proteste dei militanti di Rifondazione, il povero Paolo Ferrero non trovava di meglio che annaspare dalla propria pagina di Facebook: “Cari compagni e care compagne, è il momento della pazienza”!
Intanto, il congresso di Sel portava alla paradossale situazione di una dirigenza – Vendola in testa – decisa a puntare all’appoggio della candidatura di Martin Schulz (in Italia appoggiato dal Pd) e di una platea dei delegati che in maggioranza votavano per la confluenza nella lista Tsipras. E così Vendola si vedeva costretto a piegare il capo rispetto a una scelta di cui avrebbe volentieri fatto a meno, ricorrendo a picchi di equilibrismo sinora mai raggiunti nella sua carriera di affabulatore e pifferaio magico (“Con Tsipras ma per incontrare Schulz”).
Infine, solo di passata va segnalato che a questo carrozzone si aggregavano entusiasticamente anche i sempre eterni vessilliferi del riformismo in salsa “antagonista”, Toni Negri, Casarini e tutta l’area dei disobbedienti in tuta bianca, che vi vedevano l’occasione per tentare di riconquistare un po’ di protagonismo.
“L’altra Europa con Tsipras”: una vera e propria lista civica
E infine si arrivava al momento clou (alla “ciccia”, direbbe qualcuno dotato di senso pratico): quello delle candidature, dal momento che questo passaggio rappresentava il cuore del progetto della sgomitante sinistra riformista italiana per rientrare nelle istituzioni parlamentari riguadagnando un po’ di visibilità (e soprattutto di risorse economiche, poiché parliamo di micro burocrazie che hanno da sempre vissuto delle prebende del sistema elettorale borghese e che oggi sono alla canna del gas).
Anche in quest’occasione, i “garanti” hanno esercitato il loro dispotico controllo sul processo, tanto da scontentare tutti: dal Pdci che è stato arbitrariamente escluso decidendo poi di non appoggiare più la lista Tsipras (8), agli ingenui attivisti della lista che si sono visti catapultare come candidata addirittura un’imprenditrice che aveva partecipato a iniziative del partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia (9); da Rifondazione che si è vista assegnare solo qualche candidatura di “gregari” (10), a sinceri attivisti ambientalisti che hanno platealmente rinunciato alla candidatura, vista la presenza nella loro circoscrizione di personale politico di Sel legato, non solo come partito ma anche personalmente, a vicende di distruzione dell’ambiente (11); per finire con due degli stessi “garanti” (Camilleri e Flores d’Arcais), dimessisi in polemica non solo con la decisione dell’organismo che ha portato all’autoesclusione di Antonia Battaglia (12), ma anche con quella di candidare in lista il leader dei cc.dd. “disobbedienti”, Luca Casarini.
Alla fine di tutto questo rabberciato processo, cosa è venuto fuori? Non vogliamo essere accusati di essere i soliti faziosi e settari, per cui ci limiteremo a riportare qui le parole di Paolo Ferrero in una disperata lettera aperta che si è visto obbligato a scrivere ai propri militanti, sempre più imbestialiti dal percorso che andava dipanandosi sotto i propri increduli occhi: “Noi abbiamo puntato a fare una lista unitaria di sinistra, costruita dal basso in forme democratiche e partecipate. Abbiamo puntato a fare una lista che fosse il primo passo della costruzione di una Syriza italiana. Così non è. Ci troviamo piuttosto di fronte a una lista civica, di cui condividiamo la sostanza delle posizioni politiche senza che ne condividiamo i modi di costruzione e larga parte della cultura politica che è proposta dai promotori. Il risultato concreto è una lista civica antiliberista e non la costruzione di uno spazio pubblico di sinistra”; nondimeno, “la lista per Tsipras promossa dai professori, con tutti i suoi limiti può essere un valido strumento attraverso cui raggiungere e superare il 4%” (13). Perciò – sintetizziamo noi – ingoiate anche questo rospo e via, senza fiatare, a raccogliere le firme e attaccare manifesti!
Le prospettive
Quali prospettive elettorali può avere questo progetto che non suscita il minimo entusiasmo nella stragrande maggioranza di attivisti di Rifondazione comunista? Poiché lo scopo è quello appena descritto con le parole di Ferrero, ecco che, per motivarli nuovamente, si stanno facendo circolare sondaggi che danno la lista Tsipras al 7%. Giova però ricordare che anche quando nacque la lista di Ingroia, Rivoluzione civile, i primi sondaggi erano lusinghieri e furono poi smentiti dalla catastrofe elettorale; e va pure segnalato che più recenti rilevamenti statistici fanno pericolosamente “ballare” l’aggregazione intorno alla quota del 4%.
Non abbiamo sfere di cristallo e non siamo dunque in grado di azzardare previsioni. Certo è però che, se lo sbarramento non sarà superato, quest’esperienza sarà sicuramente ricordata come l’ultimo soffio vitale del Prc, un partito già da tempo sull’orlo della bancarotta politica e finanziaria (14). Se invece dovesse riuscire nell’impresa di eleggere almeno un parlamentare europeo, Rifondazione godrebbe di qualche briciola in più in termini economici per prolungare però la sua agonia politica, dal momento che il programma che la lista Tsipras – e lo stesso Prc insieme ai partiti della Sinistra europea – porta avanti s’inscrive nei limiti della salvaguardia del sistema capitalistico che fa della c.d. “integrazione europea” il caposaldo dell’ordine borghese nel Vecchio continente. La proposta di “democratizzare l’Ue e la sua struttura istituzionale” esplicita quella di conservare l’architettura istituzionale costruita dalle borghesie europee e il fulcro su cui essa poggia: l’euro. Il progetto della Sinistra europea, di Tsipras e del Prc, non è di rompere quest’ingranaggio imperialista che, difendendo l’attuale divisione del lavoro nel continente, approfondendo le diseguaglianze fra i Paesi e isolando all’interno delle frontiere continentali la lotta del proletariato, ne impedisce la reale unità. Al contrario, è di rendere quest’ingranaggio più “accettabile”, allertando anzi il grande capitale che senza “democratizzarlo” il suo progetto è in pericolo. Di qui la necessità di “rifondare” l’Ue, nel programma della lista Tsipras.
In definitiva, nell’una come nell’altra ipotesi, le prossime elezioni mostreranno che “uno spettro s’aggira per l’Europa”. E, purtroppo, non sarà il comunismo caro al buon Karl Marx (e a noi marxisti rivoluzionari). Sarà invece lo spettro, o meglio il fantasma, di quel partito – il Prc – che tante illusioni e aspettative aveva destato negli attivisti e che ha poi dilapidato un enorme patrimonio di militanza disperdendolo nella costante ricerca dell’accordo negoziale con la borghesia (di cui la lista Tsipras costituisce il triste epilogo).
Un programma di classe rivoluzionario. Un’alternativa socialista
In Italia non sarà possibile, a causa di una normativa restrittiva, presentare una candidatura classista e che costituisca una reale alternativa alle diverse varianti borghesi in campo. Nondimeno, le elezioni costituiscono per i marxisti rivoluzionari – anche quando non possono parteciparvi – la tribuna per propagandare il proprio programma. E anche le prossime europee, dunque, rappresenteranno l’occasione per il Pdac di presentare il programma che, come Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale, proporremo in altri Paesi in cui invece i nostri partiti fratelli potranno, grazie a una diversa legislazione, concorrere alle elezioni del 25 maggio.
Un programma che, per rompere realmente la spirale di tagli, diminuzioni dei salari e controriforme pensionistiche e del lavoro, propone di mettere in discussione, attraverso la rottura e la distruzione dell’Ue e l’uscita dall’euro, le necessità più profonde del capitale imperialista e la divisione del lavoro nel continente. Un programma che si scontra direttamente con gli imperialismi europei proponendo il rifiuto del pagamento del debito pubblico, l’espropriazione delle banche, il monopolio del commercio estero, la scala mobile delle ore di lavoro a parità di salario, la nazionalizzazione dei settori e delle imprese strategiche senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, l’abolizione di tutte le leggi e i trattati xenofobi e razzisti per un’integrazione reale e un’uguaglianza salariale e di diritti sindacali e politici, la fine di tutte le missioni imperialiste fuori dall’Europa e il ritiro delle truppe dai Paesi aggrediti, con lo scioglimento della Nato e lo smantellamento delle sue basi.
Un programma, infine, che, rifiutando la caricatura della “unità europea” sotto il segno dell’imperialismo (che invece la lista Tsipras difende), non scade nella difesa delle piccole patrie nazionali, ma anzi persegue il disegno rivoluzionario di una libera federazione degli Stati socialisti d’Europa.
Note(1) È importante prestare attenzione alla sequenza delle date, per comprendere meglio cosa è davvero accaduto nella vicenda che ci apprestiamo a raccontare.
(2) Ripresa dalla rivista Micromega (
 http://temi.repubblica.it/micromega-online/barbara-spinelli-con-tsipras-contro-leuropa-dellausterita/ ).
(3) Pubblicata anche nella rivista Micromega (
 http://temi.repubblica.it/micromega-online/flores-darcais-%E2%80%9Calle-elezioni-europee-una-lista-della-societa-civile-con-tsipras%E2%80%9D/?fb_action_ids=10201143533415921&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582).
(4) Ripresa sempre dalla rivista Micromega alla pagina web 
http://temi.repubblica.it/micromega-online/camilleri-lista-tsipras-una-speranza-per-cambiare-l%E2%80%99europa-e-unire-le-forze-vive-della-sinistra%E2%80%9D/ .
(5) È sempre Alfonso Gianni a scrivere sulla sua pagina Facebook: “Del resto quando parlammo alla delegazione di Syriza in visita ufficiale alle forze politiche italiane, … fummo molto chiari (Musacchio, Viale ed io) su due punti: lista di cittadinanza (ovvero il contrario di Cambiare si può) e non semplice allargamento del Prc a esterni; tentativi di allargamento della lista a esponenti del mondo liberal italiano anche se non strettamente di sinistra”.
(6) 
Http://www.listatsipras.eu/chi-siamo/l-appello.html .
(7) All’esito della consultazione on line, è poi stato deciso simbolo e nome della lista, che è stata chiamata “L’altra Europa con Tsipras”. In ogni caso, almeno la terza ragione esposta da Revelli rendeva fin troppo scoperta l’intenzione della lista di guardare a settori dell’elettorato grillino.
(8)Http://www.comunistiitaliani.it/modules.php?op=modload&name=news&file=article&sid=9238&mode=thread&order=0&thold=0.
(9) E che poi, visto lo scandalo montante, i “garanti” sono stati costretti a escludere dalla lista.
(10) Anche in questo caso limitandosi a minimizzare parlando soltanto di “contraddizioni ed errori” (Documento approvato dal Cpn del 16/3/2014).
(11) È il caso di Antonia Battaglia, esponente di spicco dell’ambientalismo tarantino e pugliese, che si è trovata candidata fianco a fianco con uomini della nomenclatura di Vendola, coinvolto – com’è noto – nello scandalo Ilva, tra i quali Dino Di Palma, uomo forte del bassolinismo campano e legato alle vicende della catastrofica situazione dei rifiuti nella regione.
(12) V. nota precedente.
(13) 
Http://www2.rifondazione.it/primapagina/?p=10793 .
(14) Mentre scriviamo, viene dato l’annuncio delle chiusura anche dell’edizione on line di Liberazione, dopo la scomparsa dell’edizione cartacea: sulla pagina 
http://liberazione.it/ (fino a che non chiuderanno anche quella!) stanno intanto volando gli stracci fra la segreteria del partito e la direzione del giornale.

Non lasciamoci ingannare dal governo dei padroni!

Piattaforma Comunista


Non lasciamoci ingannare dal governo dei padroni! La dichiarazione del pescecane Marchionne - “pieno sostegno a Renzi"– getta piena luce sulla natura di classe del governo Renzi. Le sue misure sono neoliberismo sfrenato e reazione antioperaia, tutte interne alla politica di austerità e competitività, alle direttive UE-BCE-FMI. Il grosso degli stanziamenti va agli industriali: 82,6 mld. fra trasferimenti statali e riduzione costi energetici, che si aggiungono a quelli già regalati dai governi precedenti. C’è la riduzione delle tasse dei padroni, con un'imposta sulle rendite finanziarie. Difficile credere che i capitali finanziari saranno colpiti da questo governo. Quanto alla lotta all’evasione e alla patrimoniale, sono semplicemente sparite dall’agenda politica! Poi ci sono i provvedimenti definiti “perfetti” dagli industriali: estensione del precariato (contratti a termine a ripetizione e senza causale) e dell’apprendistato, cioè aumento dello sfruttamento per i giovani, che non avranno più un impiego sicuro. Si abbattono le normative sulla CIG e l’indennità di disoccupazione, fino a legalizzare il lavoro nero. E ai lavoratori impoveriti da sei anni di crisi? Ecco la promessa di una mancia per tappargli la bocca e procedere alla demolizione delle loro conquiste e diritti, tra cui l’art. 18. Lo sgravio fiscale annunciato – che non copre neanche lontanamente quanto si è perso - proviene dai tagli ai servizi sociali, dalla dismissione del patrimonio pubblico, dalle privatizzazioni, dal blocco dei contratti e dagli esuberi dei lavoratori pubblici. Per i pensionati che fanno la fame va anche peggio, perché non ricevono nulla. E mentre si trovano decine e decine di miliardi per banche e padroni, ancora non si trova 1 mld. per gli operai in cassa integrazione in deroga! L’atteggiamento di Renzi nel confronti del movimento sindacale (“saranno contro di noi? ce ne faremo una ragione”) è di scontro aperto. Chi pensa sia solo una bega con i vertici sindacali collaborazionisti - che lo applaudono felici di essere stati “ascoltati”- non ha capito che ad essere sotto attacco è il sindacato in quanto indispensabile organizzazione di massa dei lavoratori. Parallelamente alle misure antioperaie, avanzano una legge elettorale antidemocratica, la soppressione del bicameralismo e del voto di fiducia del senato, per varare governi stabili e ferrei, che prendano decisioni antipopolari incisive e rapide. Si passa così a una Repubblica presidenziale autoritaria, secondo le esigenze del capitale finanziario. Riuscirà l’ambizioso Renzi a rilanciare il declinante imperialismo italiano? E’ il caso di leggere le parole di un grande segretario fiorentino che nel “Principe” disprezzava quei governanti che si lanciano in grandi imprese senza avere forze proprie e alleanze solide per realizzarle. Renzi non ha né le une, né le altre. E’ un sottoprodotto del marciume imperialista, il rappresentante di una classe che ha esaurito il suo ruolo storico, di un partito allo sfascio come il PD, e come principale alleato ha un delinquente piduista. La soluzione dei problemi che affliggono il nostro paese non passa per gli illusionisti. Si avrà solo rovesciando i rapporti di classe e avviandoci su una strada di benessere sociale e di pace, in cui non ci sarà più spazio per la schiavitù salariale. Perciò dobbiamo agire con indipendenza di classe e combattere fin da subito il governo Renzi nelle fabbriche, nei posti di lavoro, nelle scuole, nelle piazze, impedendogli di avanzare nel suo disegno antioperaio e reazionario. Rafforziamo l’organizzazione di classe col fronte unico, costruiamo Comitati operai! Prepariamoci a scendere uniti in piazza! Avanti nella lotta per il Partito comunista del proletariato, locomotiva della coscienza, dell’organizzazione e della lotta per un vero Governo operaio!


mercoledì 19 marzo 2014

Piloni: a volte ritornano

Luciano Granieri

I piloni questi sconosciuti. Ogni tanto nella martoriata storia urbanistica di Frosinone spuntano fuori opere di riqualificazione della città,  riempiono le pagine dei giornali , poi ritornano nell’oblio . E’ il caso dei Piloni, cioè il progetto di trasformazione delle storiche arcata di Via De Gasperi in spazi adibiti ad esercizi commerciali (gli ennesimi destinati a rimanere vuoti). Non  sfugge a nessuno che in Via Aldo Moro, uno dopo l’altro le attività commerciali stanno chiudendo e i nuovi negozi edificati in Piazzale De Matthaeis sono desolatamente vuoti, a parte un lotto occupato dalla Deutsch Bank. 

In realtà un’ opera  di consolidamento  di quella parte della città sarebbe assolutamente necessaria. Sotto le arcate di Via De Gasperi impera il degrado e l’umidità sta corrodendo le mura. Suggerirei, magari, di ricavare in quegli spazi botteghe artigiane con annesse scuole di formazione  per tramandare  lavori la cui maestria si  perde nella notte di tempi. Potrebbe essere un buona base per rilanciare l’artigianato legato alle tradizioni locali. 

Ma non è la destinazione d’uso delle arcate a preoccupare, bensì il reale espletamento dei rilievi tecnici e di sicurezza necessari  per la realizzazione dell'opera.  Quando in piena giunta Marini si procedette a scegliere la ditta Piloni Srl come impresa incaricata a realizzare, in project financing, l’opera di riqualificazione delle arcate di Via De Gasperi, il Comune ricevette dal Genio Civile una risposta fortemente critica sulla realizzazione del progetto presentato dalla Piloni srl.

Nel documento che alleghiamo, datato luglio 2011, l’ufficio tecnico della Regione indicava le seguenti criticità: Chiarimento della categoria topografica T1 o T4. Nel progetto sono riportate entrambi, quando invece deve essere specificato, o T1 o T4. Infatti  in un caso (T1) sono necessarie della analisi aggiuntive per determinare la risposta sismica nell’altro (T4)  tali rilevamenti non sono richiesti.  Manca anche la microzonazione sismica (MS) ossia la qualificazione delle potenzialità sismiche di ogni parte della città, in quanto le zone del territorio non sono sismicamente omogenee . E’ un’analisi fondamentale non solo per la zona dei Piloni ma per tutta la città. Mi risulta che a Frosinone manchi   totalmente. 

Nel progetto non è indicato che tipo di intervento urbanistico viene eseguito: se si tratta solo di opere di riqualificazione o di nuova edificazione, tecnicamente la cosa non è di poco conto. Per questi e per altri rilievi L’ufficio del genio civile Regionale rimandava in dietro il progetto. 

Oggi la giunta Ottaviani degli effetti speciali ripropone la faccenda  e annuncia che a breve partiranno i lavori. Alberto Pagliuca, della Piloni Srl, afferma di aver concluso l’iter burocratico e tecnico ed è pronto a prendere in consegna il sito dal Comune per mettere in moto le ruspe. Siamo sicuri? Le risposte che il genio civile attendeva non riguardavano cosucce di poco conto. 

Ad oggi , ripeto e credo di non sbagliare,  il Comune  non ha effettuato la microzonazione sismica e neanche le precedenti giunte mai hanno provveduto a questo monitoraggio, è un documento che Frosinone non ha mai posseduto. Se quanto allora richiesto dal Genio Civile non è stato prodotto  è meglio che il progetto torni nel cassetto, tanto una promessa in più o una in meno non cambia la vita del povero bistrattato cittadino frusinate.

 Di seguito il link al  post che pubblicammo  il 19 settembre 2011.

















































Ballarella di pace.

Luciano Granieri


Il racconto che segue , dalle molteplici licenze storiche,  è  molto liberamente ispirato al  capitolo “La Ita a Santu Sossio”  del bellissimo  libro “Le Ballarelle di Santa Francesca”  scritto dall’associazione culturale Bifolk. Un ringraziamento particolare va all’amico e signore delle zampogne e dell’organetto Dino Dell’Unto e al  gruppo musicale : I Bifolk.

Ninitto guardò il suo organetto adagiato su una cassapanca. Il suo fedele strumento dall’accordatura sorana come ogni 23 settembre era pronto  per la “Ita a Santu Sossu”.  All’indomani mattina presto  Ninitto, con un'altra decina di suoi amici suonatori di organetto, si sarebbe ritrovato nella Piazza di Santa Francesca, pronto per portare l’omaggio devoto delle ballarelle di Santa Francesca a San Sossio.  Un rito di devozione a cui i suonatori di organetto della contrada vicino a Veroli,  per nulla al mondo avrebbero rinunciato. Da Santa Francesca questi  partivano accompagnati da altri giovani compaesani  per arrivare a Castro dei Volsci in occasione della festa di San Sossio, un percorso  di cinque, sei ore attraverso le campagne  e le strade della contrada  “Vittoria”, del Giglio, di Ripi fino a Ceccano e da qui alla meta di Castro.  

La lunga marcia era accompagnata  da suono interrotto dell’organetto. Le ballarelle venivano eseguite senza soluzione di continuità con i suonatori che si davano il cambio nel dare voce al proprio organetto fino a San Sossio . Solo quando si era giunti sul luogo della festa era concesso un po’ di riposo. Un visita alla chiesa, una preghiera, ma subito dopo il suonatore più virtuoso riattaccava a suonare per  animare le danze.  La sequenza delle ballarelle proseguiva ininterrotta con i suonatori che si davano il cambio per  rifocillarsi con vino e capra al  sugo. Verso  la mezzanotte i suonatori di Santa Francesca riprendevano la via di casa e procedevano nella  marcia suonando ininterrottamente, così come avevano fatto  la mattina nel viaggio verso Castro.  Solo alle prime luci dell’alba si raggiungeva la piazza di Santa Francesca e qui si suonava l’ultima ballarella per chiedere la grazia a San Sossio.  

Ninitto  guardò il suo organetto con grande tristezza e malinconia. Il giorno dopo la “Ita a Santu Sossu” non ci sarebbe stata.  Era infatti il 22 settembre del 1943. Dopo l’armistizio    la cose erano peggiorate. I Tedeschi , che si trovavano  in Italia,  ebbero l’ordine di combattere contro le truppe italiane in disfacimento e occupare ogni punto strategico.  Iniziarono rastrellamenti  delle colonne tedesche e dei repubblichini   contro la popolazione civile.   Secondo le direttive impartite il 16 settembre dal Comandante Supremo della Wermacht, Maresciallo Keitel, l’ordine  per i soldati tedeschi era quello di punire, terrorizzare, spogliare e depredare.  Il panico si diffuse.  Gran parte della  popolazione , in particolare gli uomini, scappava dai borghi  e dalle città per trovare rifugio in montagna e sfuggire ai rastrellamenti.  

Fu così anche a Santa Francesca. La grande Piazza era deserta : chi si era rifugiato in montagna, chi si era unito ad alcune frange di resistenza.  Ninitto, ormai settantenne, aveva vissuto la sua  tragedia  nel corso di un rastrellamento. Una colonna di S.S.  e fascisti aveva fatto irruzione a Santa Francesca.  Dopo la tragica morte della moglie Marietta ferita a morte da un repubblichino , Ninitto aveva dovuto assistere all’arresto dei figli Fiorenzo e Giuseppe, i quali rifiutandosi  di aderire alla Repubblica Sociale Italiana,  vennero caricati su un camion che si diresse verso una destinazione ignota.  Lui riuscì a salvarsi perche fu creduto morto. Dopo essersi  ribellato agli aggressori, infatti , fu da questi   aggredito e lasciato a terra apparentemente privo di vita. 

 Quel 23 settembre del 1943 San Sossio non avrebbe potuto ricevere la visita dei suonatori di organetto di Santa Francesca. Ninitto prese l’organetto  per riporlo dentro la cassapanca quando fu assalito da un moto di rabbia che si tramutò  in orgoglio. Quale alleato migliore di San Sossio poteva aiutare la popolazione di Santa Francesca  e di tutto il basso Lazio a sopravvivere a quella devastante tragedia? Chi se non San Sossio avrebbe potuto concedergli la grazia di rivedere i figli vivi?  E poi la forza della musica, l’energia deflagrante della ballarella, erano armi di resistenza pacifiche ma spietate, armi che assolutamente dovevano sparare. Ninitto la “Ita a Santu Sossu” l’avrebbe fata anche da solo, sfidando i rastrellamenti tedeschi e la bombe alleate che già stavano flagellando la zona di Cassino.  

All’alba del 23 settembre 1943 Ninitto e la sua macchina da guerra, l’organetto ad accordatura sorana, erano pronti all’azione. Iniziò la marcia verso  Castro in un scenario surreale. Il suono guizzante e prepotente del suo organetto era solitario, una voce in mezzo al deserto . Ninitto doveva continuare a suonare correndo il rischio  di non percepire rumori che l’avrebbero potuto avvertire dei pericoli. Giunse presso il Giglio senza accusare stanchezza né nei piedi, né nei polpastrelli che continuavano  volare si  i tasti dell’organetto. 

L’unico cruccio consisteva nel fatto che continuava ad eseguire ripetutamente una sola  ballarella, quella del suo quartiere.  A Santa Francesca, ogni contrada aveva la propria ballarella e nessun abitante  poteva eseguire un brano di una contrada  diversa da quella dove abitava.  Era una regola non scritta ma molto rispettata. Un sorta di copyright ferreo. Ma Ninnetto capì che quella era una Ita a Santu Sossio molto speciale. Era lui l’ambasciatore unico di pace di Santa Francesca, lui che portava il suono dell’organetto  in rappresentanza dei suonatori di tutte le altre contrade. Chiese scusa allora a Franco Giggetto, a Vituccio Salemella,  a Lu Paisano, a Ninone e agli altri suonatori  che erano  via da Santa Francesca, chi sui monti, chi recluso nel carcere di Frosinone, chi deportato in luoghi  sconosciuti.   E cominciò a suonare anche lo loro ballarelle.  

Mentre procedeva con fatica, con il sole,  insolitamente alto per una giornata di fine settembre,    si rese conto di non essere più solo. Mano mano che avanzava, diversi giovani gli si avvicinavano , cominciarono a ballare sulle note del suo organetto, lo sorreggevano  quando, fiaccato dalla stanchezza incespicava senza mai     smettere di suonare. I fascisti, i tedeschi, i rastrellamenti, sembravano un brutto sogno. La realtà in quel frangente era una oasi di festa, di condivisione, di autentica allegria, un’allegria che sapeva di ribellione. 

Il sole era alto nel cielo quando arrivarono nei pressi di Ripi.  La Casilina era li ad attenderli  con  le sue trappole di morte. Per quella via transitavano le colonne tedesche che andavano a rifornire le truppe asserragliate sulla linea Gustav.  Ninnetto, fiaccato ma risoluto, fece  segno ai suoi accompagnatori di nascondersi, mentre lui procedeva  suonando con le dita sanguinanti.  Da una curva sbucò  una colona di S.S. con due camionette  e diverse moto. Ninnetto da solo con il suo organetto, come Davide contro Golia, scagliò il sasso dalla sua fionda musicale. Attaccò  un ballarella a "gradignu" dal ritmo molto sostenuto  adatta al ballo sfrenato utilizzato nelle serate più allegre come in occasione della scartoccia (la pulitura del granturco) infatti gradignu vuol dire    granturco.  

La colonna si fermò i soldati imbracciarono i fucili pronti a far fuoco, ma le note secche e frenetiche l’ipnotizzarono. Ninnetto, stanco ma fiero, passò davanti ai soldati attoniti, incapaci di reagire.  Quando il capo pattuglia tornò in se e comandò di catturare l’incauto musicista,  Ninnetto era scomparso, si sentiva in lontananza l’eco dell’organetto. 

Scampato il pericolo i giovani accompagnatori si riunirono al vecchio suonatore che ormai trascinava le gambe.  Arrivò a San Sossio  Ninnetto senza mai smettere di suonare, pregò davanti alla chiesa deserta,  era quasi mezzanotte quando riprese la via di Casa. Era  stremato.  Durante il tragitto di ritorno alcuni compagni dovettero  caricarlo sulle spalle,  mentre lui continuava indefesso  a spandere nella notte i suoi fraseggi. Fortunatamente non fecero brutti incontri.  

Tornò a casa Ninnetto dopo aver suonato per 24 ore senza smettere mai.  Entrato stremato nella cucina trovò incredulo  i figli Fiorenzo e Giuseppe che erano riusciti a scappare.  I ragazzi raccontarono che dal carcere di Frosinone  alcuni prigionieri, fra cui loro, erano stati  trasferiti  ad Aquino e rinchiusi nel consorzio agrario, in attesa di essere caricati sui treni in partenza per il nord . Il consorzio agrario era collegato, tramite un raccordo, ad una casa che poteva essere raggiunta attraverso un passaggio sul tetto. I ragazzi insieme ad altri prigionieri tentarono la fuga correndo  il rischio di essere fulminati dalle sentinelle.  Riuscirono  brillantemente a dileguarsi e a raggiungere dopo diverse peripezie Santa Francesca.  Abbracciarono l’esausto ma felice  Ninnetto, il quale ebbe modo di apprezzare subito il regalo che San Sossio gli aveva fatto  trovare per ringraziarlo della sua lunga esibizione con l’organetto.


Dino Dell'Unto e i Bifolk eseguono una Ballarella.