dichiarazione della Lit-Quarta Internazionale
Pubblichiamo di seguito l’appello, Lit-Quarta Internazionale, che invita ad una massiccia partecipazione allo sciopero che ormai da anni viene convocato per la Giornata internazionale della donna. In Italia è però ormai certo che questo appello andrà disatteso non per «cattiva» volontà, ma per lo stop pretestuoso imposto dalla Commissione di garanzia sugli scioperi che ha invitato in maniera formale le segreterie nazionali dei sindacati di base che avevano proclamato lo sciopero, ad astenersi. La richiesta della Commissione, formalmente non è un vero divieto, ma prevede l’adozione di misure disciplinari verso singoli lavoratori o sigle che decidano di non uniformarsi a quanto disposto. Lo scorso 24 febbraio, considerato lo stato di emergenza per il coronavirus, la Commissione aveva già chiesto che non venissero effettuate astensioni dal lavoro dal 25 febbraio al 31 marzo 2020.
Il peso dell’emergenza si sta scaricando soprattutto sulle donne proletarie rendendo così ancora una volta evidente le difficoltà sociali ed economiche contro cui lottiamo ogni giorno normalmente.
Non è una novità che ci sono ambiti professionali cosiddetti «femminilizzati», cioè con una componente occupazionale femminile molto elevata: istruzione, sanità, servizi alla persona e di pulizia sono ambiti lavorativi in cui gli occupati sono per 2/3 donne. Nelle regioni in cui l’emergenza coronavirus è stata più pressante, le donne hanno subito ricadute importanti sia come lavoratrici sia come donne alle quali viene delegata la gestione della cura familiare e del lavoro domestico: la chiusura delle scuole e/o la limitazione dei servizi alla persona se da un lato ha causato importanti danni economici (a volte la perdita del posto di lavoro), dall’altro, in mancanza di soluzioni alternative accessibili e gratuite molte donne sono rimaste a casa con i/le bambini/e, le persone anziane o malate più esposte agli effetti del virus. Da settimane, le operatrici sanitarie e le infermiere lavorano senza sosta a parità di salario. Le lavoratrici domestiche e di cura, soprattutto migranti, rischiano in modo significativo in cambio di salari da fame, le lavoratrici dei servizi di pulizia fanno turni sfiancanti per garantire l’igiene di ambienti pubblici e privati.
L’allarmismo con cui è stata gestita l’emergenza coronavirus e la clausura forzata che ne è conseguita per molte donne proletarie, ha determinato un aumento dei casi di violenza domestica, degli episodi di razzismo e di lgbtfobia.
Come Pdac (Partito d'Alternativa Comunista) vogliamo ricordare l'esempio di migliaia di donne che in tutto il mondo stanno scendendo in piazza rispondendo alla chiamata allo sciopero internazionale delle donne e dicendo ad alta voce «Basta violenza, maschilismo ed attacchi ai nostri diritti». La lotta contro il maschilismo fa parte della serie di lotte che stiamo affrontando contro il sistema e i governi capitalisti, e siamo convinte che la lotta per la fine della violenza sulle donne e per l'emancipazione di tutti settori oppressi deve essere quotidianamente presente nelle manifestazioni, cioè, deve essere assunta da tutta la classe lavoratrice. Per questo, pur con tutte le limitazioni necessarie a tutelare la salute delle proletarie e dei proletari, pensiamo che l’8 marzo 2020 non debba passare in silenzio: solo con l’unità di tutti i proletari sarà possibile abbattere questo sistema verso un mondo dove poter essere davvero «socialmente uguali, umanamente diverse e totalmente libere».
Dichiarazione Lit-Quarta Internazionale
Noi donne ci alziamo, combattiamo, organizziamo barricate e ci mobilitiamo in molti angoli del mondo. Sconfiggiamo i pregiudizi e le paure, e così con i pugni chiusi scendiamo nelle strade del Cile, della Colombia, dell'India, della Turchia, di Hong Kong, dell'Ecuador, di Portorico, della Palestina, della Bolivia, della Francia, dell'Iraq e di altre parti del mondo.
Sono lotte molto diverse tra loro, ma in tutte, come donne lavoratrici, anche noi siamo protagoniste e combattiamo insieme alla popolazione che si mobilita contro i governi e il sistema capitalista, contro il maschilismo e lo sfruttamento. Le nostre stesse richieste si pongono come urgenti, le esprimiamo in ognuna di queste lotte, e chiediamo che le masse che scendono in strada se ne approprino.
Questo 8 marzo non sarà soltanto un giorno di commemorazione, non sarà un giorno per celebrare le donne che sono in posizioni di governo, che non hanno nulla da spartire con le donne che soffrono per le difficoltà del capitale. Questo prossimo 8 marzo deve avere lo stesso spirito che viaggia per il mondo, dal Cile a Hong Kong, e contagiare chiunque non sia ancora stato coinvolto. Questo 8 marzo deve essere un giorno di lotta e di rivoluzione! Come Lit-CI ci metteremo a disposizione di questo compito in tutti i luoghi in cui ci troviamo.
Da alcuni anni ormai diversi settori femministi chiamano ad uno sciopero delle donne in questo giorno. È un bene che le donne prendano questo strumento di lotta dalla classe operaia, lo rendano internazionale e reclamino per i diritti delle donne lavoratrici, delle giovani e delle ragazze.
Nel 1910 la Conferenza internazionale delle donne socialiste propose di fare dell'8 marzo una giornata di lotta mondiale di tutta la classe operaia per ottenere diritti come il voto e l'uguaglianza e per la liberazione di tutte le donne lavoratrici dall'oppressione e dallo sfruttamento, ma questa giornata non riuscì a diventare internazionale fino a quando le lavoratrici tessili di San Pietroburgo iniziarono lo sciopero per la rivoluzione operaia del 1917 che dalla Russia avrebbe avuto un impatto su tutto il mondo.
Oggi più che mai, c’è questa necessità che l'8M sia di nuovo un giorno di lotta, un giorno che dovrebbe far parte del piano di lotta di tutti gli sfruttati e gli oppressi, non vogliamo che in quel giorno combattano solo le donne, vogliamo e abbiamo bisogno di uno sciopero generale per la vita delle donne e per le loro rivendicazioni, che sono una parte fondamentale della lotta di tutta la classe lavoratrice per un sistema socialista, senza oppressione e senza sfruttamento. Le difficoltà che abbiamo sofferto all'inizio del XX secolo sono ancora presenti, e in alcuni casi stanno peggiorando.
I femminicidi continuano ad aumentare in tutto il mondo, gli stupri, le molestie sessuali e i rapimenti per traffico di donne sono all’ordine del giorno. Abbiamo dovuto cantare in diverse lingue «Lo stupratore sei tu» per mettere sullo scenario mondiale la violenza sessuale, simbolica ed economica che subiamo.
Ci violano con le pensioni da fame e vogliono costringerci a lavorare fino alla morte. Le riforme del lavoro cercano di assoggettarci ancora di più, le giovani donne perdono l'accesso all'istruzione, la vita è precaria e il nostro lavoro è instabile. Quelle di noi che sono nere, migranti, indigene o diverse soffrono la crudeltà in tutte le sue forme e sono discriminate sul lavoro.
Vogliamo porre fine ai crimini d'odio, diciamo basta alla Lgbtifobia e chiediamo una quota di lavoro transgender. È dovere dei governi allontanare le donne dal flagello della prostituzione e invece di «regolarla» in modo che i magnaccia aumentino i loro profitti, dovrebbero garantire lavoro a tutte. In questa società capitalista, oltre ad essere sfruttate, molte di noi subiscono oppressione, molestie e violenza maschilista sul posto di lavoro, solo perché sono donne. Ma lungi dall'accontentarci, lottiamo per condizioni di lavoro dignitose. Il nostro corpo e la nostra sessualità non sono in vendita! Non siamo merce!
Il grido per il diritto di scegliere il momento della maternità sta diventando sempre più urgente e, grazie alla lotta, si sta rafforzando in molti luoghi del mondo. Pañuelazos e azioni per le strade chiedono l'aborto libero e legale, chiedono anche che non ci siano più arresti per aborto e che l'educazione sessuale sia obbligatoria e non sessista in tutte le scuole. C'è un bisogno urgente di un sistema sanitario universale e gratuito. Non vogliamo controlli da parte dei genitori, morti per aborti clandestini o donne costrette ad affittare il proprio utero per nutrirsi. Vogliamo che tutte le chiese siano separate dagli Stati.
Continuiamo ad essere schiave delle faccende domestiche, i piani di aggiustamento e di austerità dei governi, sia di destra che di «sinistra», continuano a porre sempre più compiti di cura sulle nostre spalle. Vogliamo che si rompa con la romanticizzazione di questi compiti e che ci siano politiche e finanziamenti specifici per impedirci di lavorare 4-6 ore in più rispetto agli uomini. Abbiamo bisogno di avere un'assistenza pubblica e gratuita per i bambini ovunque, pagata dai datori di lavoro.
Vediamo i governi di destra che cercano di ridurre i nostri diritti, di trattare la nostra vita e quella dei lavoratori come semplice merce, ma non crediamo che l'obiettivo di questa giornata sia la lotta contro un «fascismo emergente». Al contrario, crediamo che le donne e le persone si stiano sollevando e stiano rispondendo alle politiche da fame e di repressione di ogni tipo di governo, sia di destra come di quelli che si definiscono «di sinistra». La rivoluzione cilena, la resistenza palestinese, le lotte in Francia o in India, persino la resistenza al colpo di Stato in Bolivia dimostrano che noi e le masse popolari possiamo e dobbiamo scendere in piazza.
Dove ci alziamo, ci reprimono e cercano di farci tacere, questo 8M andremo a denunciare la repressione, a dire che non tollereremo più l'uso della violenza sessuale come forma di tortura. Andremo a chiedere l'immediato rilascio di tutti i prigionieri politici.
La nostra lotta è parte della lotta della classe operaia e delle masse popolari, le nostre richieste devono essere sollevate da tutti coloro che soffrono e lottano contro le difficoltà del capitale, per questo crediamo che uno sciopero femminista solo di donne non sia sufficiente, che divida le forze, vogliamo che il mondo si batta per i nostri diritti, vogliamo uno sciopero generale per le donne.
Crediamo che i sindacati e le centrali sindacali nel mondo debbano rompere l'inerzia e mettere la loro forza al nostro servizio. Saranno le donne lavoratrici, le donne povere e le giovani donne ad essere in prima linea questo 8 marzo, a discutere le richieste e le necessità, ma la lotta deve essere di tutti. Siamo convinte che sia imperativo lottare contro il maschilismo in queste organizzazioni e nella stessa classe operaia, affinché le lavoratrici possano unirsi alla lotta comune in condizioni migliori. Abbiamo bisogno che gli uomini della nostra classe sostengano le nostre rivendicazioni e vengano con noi a rafforzare questa lotta, perché fa parte della lotta più generale di tutti gli sfruttati e gli oppressi contro questo sistema e i suoi governi.
Nonostante l'Onu e molti settori del femminismo vogliano farci credere nella possibilità di porre fine a tutte le nostre oppressioni sotto il capitalismo dando potere alle donne della borghesia, la realtà è che anche questa data, dichiarata Giornata internazionale della donna, è emersa per la prima volta come un movimento di base di donne immigrate che lavoravano nelle fabbriche tessili di New York e che hanno organizzato scioperi e azioni di massa per migliorare le loro condizioni di lavoro e ottenere il diritto alla rappresentanza sindacale.
Questo 8 marzo vogliamo che sia un giorno di lotta e di rivoluzione, vogliamo che la nostra forza si faccia sentire nel mondo e diciamo che, così come dobbiamo essere in prima linea nelle lotte contro l'ultra-destra, i governi e i capitalisti, non ci lasciamo ingannare dalle posizioni che una minoranza di donne raggiunge nei governi o nelle aziende. Anche se alcune rompono il cosiddetto «soffitto di vetro», la maggior parte di noi è ancora attaccata a un pavimento sempre più appiccicoso, che ci impedisce di muoverci. Né dobbiamo permettere di essere messe a tacere da trappole parlamentari o da attacchi repressivi. Noi saremo lì e chiederemo che ovunque si convochino uno sciopero generale e giornate di protesta per i nostri diritti.
La Lit-Quarta Internazionale sarà in prima fila in questa lotta e noi faremo tutti gli sforzi per prepararla, perché oltre ad essere un diritto umano di primo ordine, la lotta per la liberazione delle donne fa parte della nostra lotta quotidiana per la costruzione di un mondo socialista dove, come ha detto Rosa Luxemburg, «siamo socialmente uguali, umanamente diverse e totalmente libere».