Paolo Maddalena
Il MES nacque
da un Trattato intergovernativo il 2 febbraio 2012, quando ci si accorse che la
disposizione dell’articolo 123 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Trattato di Lisbona),
secondo il quale: “è vietato agli Stati membri e alla BCE di salvare Stati
Europei in difficoltà”, aveva prodotto effetti negativi per l’intera zona euro.
Un motivo, dunque, egoistico, secondo lo stile neoliberista e non solidaristico,
che ispira da tempo l’azione dell’UE. Si pensò di dare a detto Trattato
intergovernativo anche l’appoggio dell’Unione, ma senza trattarlo come facente
parte del “diritto europeo”, con una aggiunta all’art. 136 del Trattato di
Lisbona, del seguente tenore: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono
istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per
salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme”. Insomma a favore
degli Stati forti e dei poteri forti.
Nostro
compito è stabilire se l’attuale “revisione “del Trattato intergovernativo
giovi o non all’Italia.
Prescindendo
dalla storia, ben nota, di questo meccanismo (nascita nel 2012, proposta di
“Regolamento” nel 2017 da parte della Commissione per far entrare detto
Trattato nel “diritto Europeo, fallimento di questo tentativo e convergenza verso una semplice “revisione”
del MES) , ciò che oggi ci interessa è lo stato della discussione e la risposta
che noi dobbiamo dare.
In proposito
è da ricordare che Camera e Senato, il 19 giugno 2019, hanno invitato il
governo a “non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano
per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali
e di sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia
pronunciato, e, in particolare, di opporsi ad assetti normativi che finiscano
di costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti e
automatici”. E’ da sottolineare, inoltre che il Presidente del Consiglio Conte
ha dichiarato che l’Italia “non può concedere sul fronte del MES senza ottenere
anche sugli altri fronti”.
Il grosso
pericolo sta nel fatto che questa “revisione” si inserisce in un processo di
“decomposizione” del “Diritto vigente”, facendo in modo che gli stessi
strumenti usati per crearlo (le leggi dei Parlamenti), provvedano ora a
distruggerlo con l’approvazione di leggi evidentemente incostituzionali. La
istituzione del MES si pone chiaramente in questa direzione, soprattutto perché
prevede la “immunità” penale, civile e amministrativa dei suoi componenti. Il
Diritto non può ammettere immunità, poiché il suo cardine è “l’eguaglianza
economica e sociale” di tutti i cittadini. Eliminato questo cardine, i poteri
forti faranno in modo che essi siano al di sopra del Diritto, siano
effettivamente “Sovrani”. E, una volta distrutta la “sovranità” degli Stati,
nessuno potrà contrastarli. Saranno essi “la legge vivente”, che impone ai
sudditi la propria volontà. E non può sottacersi che la politica seguita
dall’Unione Europea, insieme con il Fondo Monetario Internazionale, va proprio
in questa direzione, avvantaggiando i forti sui deboli e gli Stati forti sugli
Stati deboli, come nel caso in esame.
Questa finalità distruttrice dell’eguaglianza,
e quindi della stessa civiltà, è dimostrata anche dal fatto che la istituzione
del MES prevede due linee di credito, che vanno proprio nella direzione sopra
indicata:
a)
“assistenza finanziaria precauzionale”,
riguardanti i Paesi (forti) con situazione finanziaria solida e con un debito
sostenibile”, assistenza che si concede a seguito di una “lettera di intenti”;
b)
“concessione di credito soggetto a condizioni
rafforzate” (tra i quali rientrerebbe
l’Italia), da concedere mediante un ”memorandum di intesa”, secondo criteri da
stabilirsi da parte del MES e della Commissione Europea.
Il Ministro dello
sviluppo economico Patuanelli, palesando
convincimenti neoliberisti, si è sbracciato nel far ritenere che il “testo non
presenta profili critici per l’Italia” e che sarebbe opportuno concentrare
l’attenzione su altri aspetti del citato pacchetto, e in particolare
sull’introduzione di una “garanzia comune” dei depositi e sulle sue condizioni,
che non devono essere penalizzanti per l’Italia. Si tratta in particolare della
“garanzia comune” (back stop) al “Fondo di risoluzione unico delle banche”,
sotto forma di una linea di credito rotativo. Tale “garanzia comune” (back
stop) dovrebbe “sostituire” “l’attuale strumento di ricapitalizzazione diretta”
delle istituzioni finanziarie. Si tratterebbe di una soluzione che
anticiperebbe il completamento
“dell’Unione bancaria” (che, secondo noi) metterebbe la nostra finanza
interamente nelle mani dei Paesi forti, togliendoci ulteriori spazi di
sovranità). Infine, secondo il Ministro Gualtieri il testo revisionato
escluderebbe che il MES si occupi di “politica economica” dei Paesi membri
(invece è vero il contrario).
Quello che è certo è che
il Parlamento ci ha visto bene e che il
Governo dimostra la sua debolezza nei confronti dell’Europa.
Restando sul piano del
sistema economico vigente, dunque, il MES è da respingere, poiché, entrando noi
nella seconda “linea di credito”, aumentiamo il nostro “debito”, e, quindi, le
conseguenti “privatizzazioni “ e “svendite” del “patrimonio pubblico”, il quale
costituisce un “elemento strutturale” della “essenza”dello “Stato comunità” e
della “sovranità” del Popolo.
Si pensi, ad esempio,
che l’attuale Sistema economico dà via libera a Società di investimenti come la
Black Rock, la quale ha un patrimonio di 6000 miliardi di euro e dispone di un
sistema di analisi, detto ALADDIN, capace di effettuare 200 milioni di calcoli
in una settimana, per valutare i dati economici finanziari, ed è capace di
calcolare ogni secondo il valore di azioni, di valute estere, di titoli di
credito, in miliardi di portafogli di investimento. In questo modo le sue
“scommesse vanno a colpo sicuro” e non
corrono alcun rischio. Detta Società è l’esempio più calzante della
“dannosità” dell’attuale sistema economico predatorio neoliberista”, il quale
dà la possibilità ai più potenti, non di produrre beni, ma di “rastrellare” i
beni esistenti, senza compiere nessun lavoro, anzi provocando la perdita di
lavoro a migliaia e migliaia di lavoratori onesti. Questo è intollerabile e
tale sistema va eliminato. Non è una impresa facile, ma possibile. E votare
contro il MES significa cominciare a
prendere coscienza di questo globale e angoscioso problema.
Dobbiamo avvertire
subito, tuttavia, che l’attuale
“sistema economico predatorio neoliberista”, che dà così tanto spazio alla
“speculazione”, è contro la nostra Costituzione e che tutte le leggi che sono
state emanate in suo favore, vanno portate alla Corte costituzionale per il
loro annullamento, facendo valere il “potere negativo del Popolo sovrano”, del
quale, come è noto, parlava Dossetti, uno dei più influenti Padri Costituenti.
Il MES, al’incontrario, dà un forte impulso alla
realizzazione del “sistema economico predatorio e speculativo”, voluto dal “pensiero neoliberista”, il cui fine ultimo è
la distruzione del “patrimonio pubblico” e la “privatizzazione” di tutto, in
modo che venga distrutta la “Comunità politica e l’uomo diventi uno “schiavo”
dei poteri forti.
A differenza del
“pensiero Keynesiano” e del relativo “sistema economico produttivo”, che segue
la “Natura” e la “solidarietà”, predicando la distribuzione della ricchezza
alla base della piramide sociale, nonché l’intervento dello Stato (cioè di
tutti i lavoratori) nell’economia, il pensiero “neoliberista vuole la ricchezza
nelle mani di pochi, tra questi una forte “concorrenza” e “vieta l’intervento
dello Stato nell’economia”, lasciando peraltro campo libero alla “speculazione”
. Suo erroneo presupposto, come ha
lucidamente posto in evidenza Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato sì”, è “lo sviluppo illimitato”, in base
al quale si giustificherebbe il “consumismo”, cioè il fatto che i beni prodotti
devono continuamente essere “consumati” (prescindendo dal fatto che le risorse
sono limitate), per rendere “continua” “l’accumulazione del danaro”, eretto
come fine ultimo del mercato generale, libero e globalizzato. Dunque,
tutto nel mercato. Ma il
mercato non ci concepisce come “persone”, ma unicamente come “consumatori” e “produttori”,
incatenati in quel circolo vizioso senza via d’uscita, dove se non si consuma
non si produce e si crea disoccupazione. Quindi siamo invitati a un “consumo forzato” dove il
consumo non è la fine di un prodotto”, ma “il suo fine”. Insomma ogni
prodotto ha in sé il dispositivo della propria “autodistruzione” per non
interrompere la “circolarità consumo-produzione” che è essenziale al mercato.
L’effetto è stato quello di erigere il “mercato a legge universale degli scambi”,
che ha avuto come conseguenza che il “danaro”, da “mezzo” per soddisfare i
bisogni e produrre i beni, è diventato “il fine ultimo”, per conseguire il
quale, si vedrà di volta in volta se soddisfare i bisogni e in che misura
produrre i beni e mantenere l’occupazione. Si è verificata una “eterogenesi dei
fini”. E noi che oltre il mercato abbiamo anche i “diritti umani”, facciamo
prevalere il primo sui secondi. Così le nostre società vanno in rovina (questo
è l’avviso di Umberto Galimberti).
E’ utile, inoltre, tener
presente che le caratteristiche del “sistema economico predatorio neoliberista”
sono le seguenti:
a)
Sviluppo illimitato, senza tener conto della
limitatezza delle risorse.
b)
Il colpo di genio della “finanza creativa” che ha trasformato la “scommessa” in danaro
contante, come le cartolarizzazioni e i derivati, affidando la “produzione
della moneta” alle “banche” e producendo la “finanziarizzazione” dei mercati.
c)
Assoluta libertà dei mercati.
d)
Conquista delle Istituzioni economiche
internazionali e europee.
e)
Liberalizzazioni.
f)
Privatizzazioni.
g)
Svendite.
h)
Concessioni di servizi pubblici essenziali e
fonti di energia.
i)
Delocalizzazioni di imprese.
j)
Licenziamento di operai.
k)
Aumento del debito pubblico.
l)
Diminuzione delle spese.
m)
Rallentamento della circolazione monetaria.
n)
Austerity.
o)
Moneta presa a prestito.
p)
Perdita della sovranità monetaria.
q)
Perdita del patrimonio pubblico.
r)
Distruzione dello Stato comunità.
Si deve sottolineare,
tuttavia, che il “sistema economico predatorio neoliberista”, affermatosi in
periodo di crescita economica, adesso, in fase di decrescita, mostra tutti i
suoi difetti, ponendo in luce tutta la sua potenza distruttiva. L’esperienza che
i vari Stati Europei stanno vivendo nella difficile lotta contro il contagio
del corona virus dimostra quanto danno abbia apportato ai Paesi economicamente
meno forti, questo “sistema economico”, foriero di tante disuguaglianze e
egoismi, in contrasto evidente con i principi di solidarietà, dei quali pure
parlano, ma inutilmente, i Trattati Europei.
Nei confronti
dell’appena descritto sistema economico vigente, è evidente che Il MES assume
la funzione di un “tassello” per mantenere un equilibrio economico finanziario
che oramai mostra tutti i suoi limiti, ed è per questo che la guardinga Germania
ha già provveduto a stabilire che la sua “esposizione” ai rischi, nell’ambito
di questa Istituzione, non potrà andare oltre l’ammontare del suo contributo.
In fondo il MES è una
Super banca, che assume anch’esso dei rischi e che finirà di rifarsi sul
tracollo dei Paesi più deboli che accedono ai suoi finanziamenti.
D’altro canto,
trattandosi in pratica di una banca di investimento, il MES dovrà ricorrere
alla “speculazione”, al fatto antigiuridico che danneggia i poveri e
avvantaggia i ricchi.
I contratti aleatori (di assicurazione, compravendita di cosa
futura, rendita vitalizia, giuoco, scommessa) sono tutelati, se e in quanto non
producono effetti verso terzi, e non come i contratti di cartolarizzazione o di
derivati che producono gravi effetti su cittadini inconsapevoli. Né si
dimentichi che Il Bail in e la direttiva Bolkestein vanno proprio in questa
direzione.
Firmare il Trattato di
revisione del MES significa restare nell’ambito di questa insano sistema
economico predatorio neoliberista. Dunque non bisogna assolutamente firmarlo.
Quello che ci sentiamo
di chiedere alle Camere è una inversione di rotta su questo tema: anziché
insistere nell’elaborazione del dannoso sistema economico predatorio
neoliberista, esse dovrebbero agire per smontarlo pezzo per pezzo, votando
leggi che contraddicano tutte le caratteristiche di questo insano sistema, che
sopra abbiano elencate.
Pregiudiziale, a nostro
avviso, è dare una ”definizione costituzionalmente orientata” del concetto di
“proprietà privata”, di cui all’ormai obsoleto e giuridicamente scorretto art.
832 del codice civile, interpretandolo in modo conforme all’art. 42, comma 2,
Cost., secondo il quale “la proprietà privata” “è riconosciuta e garantita
dalla legge”, “allo scopo di assicurarne la funzione sociale”, e all’art. 41
Cost., secondo il quale le negoziazioni “non possono svolgersi contro l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla libertà, alla sicurezza, alla dignità
umana”. Si tratta di norme precettive e imperative, che consentono
l’annullamento dei contratti contrari all’utilità pubblica, ai sensi dell’art.
1418 del codice civile.