Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

martedì 8 dicembre 2020

No all'indigestione da biodigestori

Rigenerare Frosinone



 SALUTE O PROFITTO?


E’ in atto nel nostro territorio: La Valle del Sacco (zona Sin per l’emergenza ambientale) una sorta di assalto alla diligenza per riempire la “Seveso del Sud” di biodegestori anaerobici. Un esercito di impianti pronti a trattare circa 500 mila tonnellate di rifiuti organici. La faccenda è venuta alla luce in modo eclatante quando si è appreso che è in valutazione presso la Regione Lazio il progetto per la costruzione di un ennesimo biodigestore anaerobico presentato dalla società “Maestrale” del gruppo Turriziani.

                                        L’impianto dovrebbe sorgere in una zona vicina all’uscita dell’autostrada nell’area di competenza dall’Asi di Frosinone (Agenzia per lo sviluppo Industriale). L’obiettivo di queste attività è generare, dallo smaltimento dei rifiuti organici, energia, attraverso la produzione di biogas, e concime per l’agricoltura attraverso gli scarti del procedimento. Detta così sembrerebbe un’ottima cosa.

 Non vogliamo addentrarci in trattazioni tecniche, ampiamente spiegate dalle associazioni cittadine in un senso e nell’altro. E’ il sistema che privilegia il profitto alla salute a dover essere respinto, tra l’altro in un territorio già fortemente compromesso e il cui ciclo dei rifiuti è oggetto di pesante presenza di dubbiose società i cui vertici entrano e escono dalle patrie galere, mentre i cittadini silenti pagano tributi a servizi mai effettuati. Su questi punti bisogna ricucire il tavolo della “società civile” senza rincorrersi in una gara a chi avrebbe più titoli per trattare il tema o a chi avrebbe scheletri nell’armadio.

 Per completezza d’informazione aggiungiamo che l’impianto in questione è tarato per trattare 50.000 tonnellate di rifiuti all’anno, quando Frosinone ne produce 3.500, e la Provincia intera 42.000. Senza contare che tutte gli altri progetti in piedi, e in attesa di autorizzazione dalla Regione Lazio: Recall Patrica, quelli che interessano il comprensorio di Anagni, Roccasecca e Colfelice con accordi fra Saxa Gres e Saf, l’Air green di Ferentino; questi sono pronti a trattare le 500 mila tonnellate già citate.

 Salta immediatamente agli occhi la sproporzione fra il bisogno di smaltimento di organico della città di Frosinone (3.500) con l’impianto che si vuole costruire vicino all’autostrada (50.000). Fra la necessità di trattamento dell’intera Ciocaria (42.000 per 500 mila abitanti) e la disponibilità della batteria di biodigestori in attesa di essere realizzati nel territorio provinciale (500 mila buoni quindi per 5 milioni, l’intera popolazione della Regione Lazio!).

 Dunque la Ciociaria come immondezzaio del Lazio.

 Del resto un biodigestore anaerobico per garantire profitti non può essere sottodimensionato, anche perché dalla capacità di trattamento dipendono gli incentivi pubblici per le energie rinnovabili, e i contributi UE per l’economia circolare. Quindi tutto ciò non serve ai cittadini, ma al profitto di pochi industriali.

 Considerato che tutta questa attività si giustifica economicamente solo grazie ai contributi statali ed europei, cosa accadrebbe, o, ahimè, accadrà qualora il piano d’incentivazione dovesse interrompersi? Ci sarebbe, come già successo, la fuga di questi imprenditori verso nuovi lidi di profitti e al territorio rimarrebbero ulteriori enormi ecomostri inermi. A quel punto si interverrà con altri 50 e passa milioni di euro per la bonifica?

In realtà un biodigestore in sé potrebbe anche non essere così nocivo, a patto che tratti rifiuti ben caratterizzati, diciamo così, puri, usando un ossimoro, ma in 500mila tonnellate potrebbe entrare di tutto, anzi entrerà di tutto. Non si produrrà anidride carbonica, ma sicuramente tutta una serie di altre schifezze.

 L’insediamento di piccoli impianti, con una puntigliosa selezione della qualità dei substrati, e dunque dei relativi prodotti di scarto - concime di qualità in questo caso -, sistemi di trattamento rispondenti esclusivamente ai bisogni di un Comune o, al più, di qualche comune, potrebbero essere soluzioni plausibili. Soluzioni però oggi inammissibili, perché non garantirebbero i profitti che derivano dagli incentivi, dai tributi dei cittadini su cui graverebbe il costo del conferimento, dalla vendita dell’energia... Dunque percorsi impraticabili.

Ma impraticabile per chi? Per i capitani d’industria che cavalcano e depredano la Valle del Sacco. Allora sarebbe ora, secondo noi, che una volta tanto si considerasse prioritario l’interesse dei cittadini invece di tutelare la smania di profitto dei soliti noti.

 Pare che siano in arrivo 209 miliardi di Recovery Fund, per avere i quali ci consegneremo senza fiatare ai tecnocrati di Bruxelles. Di questi 77 dovrebbero essere spesi per la riconversione green. Chi decide la loro allocazione? Per difendere la salute di tutti o incrementare il profitto di pochi?

E’ indubbio quindi che si è contro un sistema che consegna la Valle del Sacco, nonostante il Sin, nonostante una cronica patologia da inquinamento, a sfruttatori di ogni risma: va da sé essere decisamente contro il biodigestore della “Maestrale”.

 Facciamo un appello ai Comuni, parte in causa come enti attivi compresi nell’ambito territoriale dall’ASI - fra cui Frosinone, zona a cui afferisce il biodigestore della “Maestrale” - affinché si adoperino per cambiare le norme tecniche di attuazione al PTR (Piano Territoriale Regolatore) dell’ASI, a cui si sono consegnati, senza colpo ferire. Sprovvisti come sono di piani regolatori qualificanti le destinazioni d’uso delle varie porzioni di territorio.

 In particolare ci riferiamo al comma C dell’art. 8 del PTR, in cui sono previste nel comprensorio zone per impianti tecnologici di smaltimento rifiuti. E soprattutto l’art.13 in cui il consorzio ASI ha la facoltà di concedere deroghe alle norme d’insediamento delle attività produttive ad alto impatto ambientale. Norme che il Comune interessato dall’insediamento in questione, avendo recepito il PTR, deve accettare obbligatoriamente. E come sappiamo, tutti gli enti comunali afferenti nel consorzio ASI hanno recepito tale piano con tanto di avvallo alla Valutazione Ambientale Strategica.

 Ha dunque un bel strillare il sindaco di Frosinone, e professare con forza la sua opposizione al biodigestore, se non si decide a invocare, insieme agli altri primi cittadini dei comuni compresi negli agglomerati ASI, cambiamenti sulle norme tecniche del PTR. Richiamare il principio di precauzione come primo responsabile della salute dei cittadini è cosa buona e giusta, ma inutile ai fini di una moratoria sull’insediamento di siti inquinanti nell’area cittadina.

Bisognava pensarci prima. Oggi si deve avere la forza, in quanto sindaci di paesi compresi nel consorzio, di imporre un deciso cambio di rotta nella gestione del territorio da parte dell’ASI, che ricordiamo è guidata da Francesco De Angelis, dirigente PD. A quanto pare nessuno, a parte urla e lamenti vari, ha avuto il coraggio di intraprendere questa azione dirompente.

Sarebbe ora di cominciare.


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