"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Il Segretario Prc della Provincia di Frosinone Paolo Ceccano
Abdesselem El Danaf, operaio egiziano di 53 anni e padre di
cinque figli, è morto alle 23.45 del 14 settembre nella sede piacentina del
corriere espresso Gls mentre scioperava per il mancato rispetto degli accordi
per le assunzioni a tempo determinato di 13 colleghi precari.
Questa notizia ci sgomenta sotto il profilo umano ma anche
politico e sociale.
Quando si muore perché si difende il proprio posto di
lavoro, la deriva sociale è preoccupante, ogni argine della civiltà si è rotto
e la barbarie rischia di prevalere. Ed è doloroso rilevare che la maggior parte
dei media ha perfettamente sorvolato la notizia. E’ stata una svista? O si
tratta di un cambiamento della sensibilità sociale che questo paese sembra stia
perdendo di giorno in giorno.
Noi ne parliamo per essere vicini alla famiglia e ai
compagni di Abdesselem, per difendere il
diritto al lavoro, il diritto alla mobilitazione dei lavoratori, per la
civiltà.
Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza - per il Comunismo (CARC)
Per farla finita con il capitalismo dobbiamo costruire il socialismo.
Gli operai e i lavoratori che alimentano la resistenza contro i padroni, quelli che hanno la bandiera rossa nel cuore, quelli che non sono rassegnati, quelli che remano contro la corrente del senso comune delle “libertà di mercato” e dei “legittimi interessi dei padroni” possono e devono contribuire alla costruzione della rivoluzione socialista. Noi ci rivolgiamo principalmente a loro. I padroni non hanno riguardi e sempre meno ne avranno. Noi abbiamo da perdere solo le catene e abbiamo un mondo da conquistare. Usiamo ogni lotta di resistenza, ogni battaglia e ogni mobilitazione per costruire un nuovo sistema economico e sociale, organizzato e gestito dai lavoratori.
Abd Elsalam Ahmed Eldanf è stato ucciso,
schiacciato da un TIR che ha forzato un picchetto durante uno sciopero alla GLS di Piacenza, sotto gli occhi “distratti” delle forze di polizia (presenti per difendere gli interessi dei padroni) e con i dirigenti dell’azienda che aizzavano l’autista. E’ l’emblema dello stato in cui versano il paese e la società. Dimostra concretamente come e quanto gli apparati e le istituzioni dello Stato sono al servizio della borghesia e dei padroni.
“Nessuna protesta”,
dice la Procura di Piacenza: “al momento dell’omicidio non era in corso alcuno sciopero, si è trattato di un incidente stradale”. Nella migliore tradizione delle cosche mafiose lancia un messaggio trasversale, col sangue di un operaio in lotta ancora in terra, a tutti gli operai, a tutti i lavoratori a tutte le masse popolari: “Abd Elsalam è stato ucciso perché scioperava, ma noi non abbiamo visto niente, Abd Elsalam è morto per una fatalità”. Ecco la dimostrazione che non esiste (e non può esistere nella società borghese) lo Stato al di sopra delle classi, ma esiste lo stato borghese come strumento della lotta di classe: non esistono “i cittadini”, “l’interesse comune”, “la legge al di sopra delle parti”; esiste lo Stato borghese, esistono i suoi apparati, le sue istituzioni ed esiste la sua legge (in certi casi applicata, in altri aggirata, in altri ancora violata a seconda di chi si trova a giudicare) che sono uno strumento in mano ai ricchi, ai padroni, ai capitalisti e al clero per combattere la loro guerra contro gli operai e le masse popolari.
Abd Elsalam è stato ucciso
perché pretendeva il rispetto di accordi che i padroni stavano violando, il rispetto di condizioni di lavoro e del diritto a un lavoro dignitoso. E’ stato ucciso mentre il Jobs Act di Renzi e Marchionne mostra i suoi frutti (licenziamenti, precarietà diffusa, ricatti); mentre è in corso la battaglia contro la riforma della Costituzione e per l’applicazione delle sue parti progressiste che i vertici della Repubblica Pontificia hanno sempre e sistematicamente violato; mentre è in corso una battaglia decisiva per difendere quanto rimane del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro e per estenderlo a tutte le categorie (nella logistica è ordinaria amministrazione che non sia applicato). Abd Elsalam è stato ucciso e la sua morte si aggiunge alle migliaia di chi muore per “incidenti” sul lavoro, per il terremoto, per i continui disastri ambientali, per la malasanità, ecc. Questi morti sono gli effetti della sottomissione del nostro Paese alla Comunità Internazionale degli imperialisti e ai suoi agenti locali (Renzi & C.), artefici delle speculazioni su lavoro, ambiente e territori, dello smantellamento della scuola e della sanità pubblica, delle privatizzazioni e smantellamento dei servizi e delle speculazioni immobiliari che stanno portando alla rovina milioni di persone. Per ognuna di queste “emergenze” , si accendono altrettanti focolai di ribellione e di lotta in tutto il paese, cresce il distacco e il disprezzo delle masse popolari contro i padroni e le loro istituzioni. Chiedere o pretendere che qualche anima pia della classe dominante (il Papa o uno “più a sinistra” di Renzi) inverta il corso delle cose significa illudersi che il boia possa essere clemente.
L’omicidio di Abd Elsalam è uno squarcio che deve fare riflettere.
Per prima cosa sul fatto che il suo omicidio e i tentativi di insabbiamento della procura di Piacenza non sono una dimostrazione di forza, ma di vigliaccheria e debolezza della classe dominante. Il governo dà mano libera a padroni grandi e piccoli e i padroni non si fanno scrupoli ad alzare il livello dello scontro: Marchionne ha aperto la strada alla FIAT (ora FCA) e a ruota tutti lo seguono. Ma alzare il livello dello scontro, scendere nel campo della criminalità aperta e conclamata (preludio al terrorismo organizzato dei padroni contro gli operai e le masse popolari) è una strada rischiosa per la classe dominante. Scelse quella via agli inizi del secolo scorso con il fascismo, ma l’impresa si è trasformata, nel giro di pochi anni, in una disfatta che ha rischiato di costargli tutto. In secondo luogo, nella lotta fra le classi, qualunque classe dominante (storicamente superata) opprime la classe che prenderà il suo posto alla direzione della società. E’ successo alle forze feudali che hanno represso, oppresso e perseguitato la borghesia dalla quale sono state soppiantate con le rivoluzioni borghesi; succede con la borghesia imperialista che perseguita, opprime e reprime la classe operaia che la soppianterà con la rivoluzione socialista. I tempi che viviamo sono quelli in cui la classe operaia è chiamata a sovvertire l’ordine borghese, imporre un suo ordine e costruire una società nuova e superiore. O questa strada si schiude, e i comunisti hanno il compito di schiuderla, perseguirla, percorrerla farla percorrere agli operai e al resto delle masse popolari organizzate, oppure la classe dominante porterà il paese alla guerra: guerra fra poveri e guerra fra stati e paesi. In terzo luogo, le lotte per rivendicare migliori condizioni di vita e di lavoro sono legittime, giuste e necessarie, ma dobbiamo considerare che i loro risultati sono parziali e transitori: se gli operai non instaurano il socialismo i padroni torneranno sistematicamente alla carica per riprendersi quello che avevano dovuto cedere, per riprendersi anche gli interessi. Questa è la storia delle lotte rivendicative e della lotta di classe in Italia negli ultimi 50 anni, l’inversione di rotta fu inaugurata ufficialmente da Giorgio Benvenuto (segretario generale della UIL) negli anni ’70 del secolo scorso “è arrivato il momento in cui gli operai devono restituire una parte di quello che hanno conquistato”.
Costruire l’alternativa al capitalismo, il socialismo.
Onore a Abd Elsalam, assassinato mentre difendeva, praticandoli, i diritti conquistati con le lotte dei decenni passati. Per onorare il suo contributo alla lotta di classe, per combattere la stessa lotta, operai e lavoratori in tutte le parti d’Italia e di diverse organizzazioni sindacali si sono mobilitati, si stanno mobilitando e continueranno a farlo. La sua generosità e la sua solidarietà siano di esempio affinché in ogni azienda privata si costituiscano organizzazioni operaie che si occupano dell’azienda (con lotte rivendicative e imparando a gestire senza il padrone i processi di produzione) e che escono dall’azienda (lotta politica, far valere l’organizzazione, l’esperienza di lotta, il prestigio e il peso della classe operaia anche fuori) per costruire, indipendentemente dalle tessere sindacali, una rete di solidarietà e iniziativa comune con le mille forme di organizzazione che le masse popolari promuovono nei territori. Occuparsi dell’azienda e uscire dall’azienda è il primo passo nel processo di costruzione dal basso del nuovo potere per far valere ciò che è legittimo per gli interessi delle masse popolari, anche se per le autorità e le istituzioni della classe dominante è illegale. E’ la base materiale per imporre ai vertici della Repubblica Pontificia un governo di emergenza della classe operaia e delle masse popolari organizzate (il Governo di Blocco Popolare) e avanzare nella costruzione della rivoluzione socialista.
La situazione della Libia e del suo popolo, è sempre più drammatica. Il 28 agosto scorso Emergency , ha annunciato di dover interrompere, per ragioni di sicurezza, le attività sanitarie e di dover abbandonare l’ospedale di Gernada, nell’est della Libia. L’associazione aveva offerto scorte di medicinali sia a Zintane sia a Misurata ma nemmeno l’equidistanza ha potuto essere la soluzione per poter lavorare e fornire aiuto ad una popolazione stremata. Ovunque nel Paese, ha denunciato Emergency, mancano le risorse e il personale necessario a offrire assistenza di base e specialistica, anche per le fasce più vulnerabili della popolazione, come i bambini. L’assistenza ai feriti, che secondo i dati dell’Oms ( Organizzazione mondiale della sanità) sarebbero stati oltre 20 mila solo negli ultimi mesi, non può essere garantita “in un momento in cui gli ospedali vengono perfino bombardati” come ha dichiarato Gino Strada, il medico fondatore di Emergency. Un Paese, la Libia, ricco di petrolio, ricco di gas, un Paese dove gli scontri e le guerre, il sangue versato e il terrore negli occhi dei bambini orfani hanno, come mandanti di questo orrore, i nomi di avventurieri, di jihadisti, di capi di numerose tribù locali spesso in lotta fra loro ma, soprattutto, il nome del capitalismo occidentale e delle sue criminali guerre imperialiste. In Libia gli interessi del capitalismo dei vari Stati sono evidenti: il capitalismo italiano con l’Eni è in Tripolitania con tre giacimenti di petrolio e due di gas; il capitalismo della Gran Bretagna con la British Petroleum è presente nella regione centro-orientale, quello francese della Total è nella zona di Sirte e di al-Sharara. A questi si aggiungono la Repsol (Spagna), Wintershall (Germania) Occidental, Conoco Phillips, Marathon, Hess (Stati Uniti), Suncor e Petro-Canada (Canada),OMV (Austria)…
La Sicilia base militare contro la Libia nella guerra dell’imperialismo statunitense ed italiano
Nel mese di agosto l’aviazione degli Stati Uniti ha compiuto una serie di attacchi aerei ufficialmente contro obiettivi della Stato Islamico, a Sirte, e dichiarando che i bombardamenti sono stati effettuati su richiesta del governo locale di Fayez al Sarray, governo sostenuto dall’Onu. Fra le alte cariche militari Usa è trapelata la notizia della possibilità che i bombardamenti di agosto possano essere ripetuti più avanti. Risulta chiaro come gli Stati Uniti mirino ad aumentare il vantaggio per il proprio capitalismo in una zona ricca di petrolio e gas da sfruttare, cercando di sottrarre potere ad altri Paesi che controllano già parti dei giacimenti. La difesa dei profitti è fatta anche attraverso appoggi militari, o promesse d’appoggio, alle diverse fazioni della Libia e ai vari personaggi ambiziosi e corrotti, appoggi che continuano a mutare a seconda delle convenienze politiche e che riguardano, non tanto i diritti umani o la sopravvivenza della popolazione civile, bensì le immense risorse petrolifere e di gas. In Italia il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha dichiarato che le operazioni non hanno interessato l’Italia né dal punto di vista della logistica né per il sorvolo del territorio nazionale, ma una parte della stampa italiana ha denunciato che alla prima ondata di bombardamenti su Sirte aveva preso parte anche un drone Usa Reaper decollato dalla base di Sigonella, in Sicilia. Per il ministro Pinotti l’operazione Usa si è sviluppata “…in piena coerenza con la risoluzione delle Nazioni unite numero 2259 del 2015 e in esito a una specifica richiesta di supporto formulata dal legittimo governo libico per il contrasto all’Isis nell’area di Sirte…” e che “”. “l’azione militare americana non prevede l’utilizzo di forze a terra..” , inoltre Pinotti ha affermato che “…l’Italia è pronta a considerare positivamente l’eventuale utilizzo delle basi italiane e il sorvolo per le operazioni aeree degli alleati impegnati nel conflitto in Libia su richiesta del governo di accordo nazionale libico”. Nonostante il Presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, del Partito Democratico, continui a porre un’attenzione ossessiva ad evitare che la parola “guerra” sia associata al suo governo, nonostante la “schizofrenia” di dichiarazioni con le quali candida l’Italia per un pieno coinvolgimento e un “ruolo guida” nel Mediterraneo e al contempo ostenti un atteggiamento d’estraneità alle operazioni miliari, la realtà è che il governo Renzi, che si appoggia ad una base elettorale in cui emergono attivamente come bacino di voti numerose associazioni che si richiamano al pacifismo e all’anti-razzismo ( spesso ricevendone un cospicuo riconoscimento finanziario in termini di contributi, di sedi, d’incarichi in questa o quella Fondazione) è, con buona pace di quella fetta del suo sempre più esiguo elettorato pacifista o vagamente di sinistra, un governo di guerra come lo sono stati i governi precedenti, come lo sono stati, solo per citarne due su tutti, quello di Berlusconi e quello di Prodi . La base scelta per i bombardamenti sulla Libia è la più grande isola dell’Italia e del Mediterraneo, la Sicilia. Su chi ha deciso e chi dovrebbe decidere se l’Italia debba o no partecipare a questa guerra, su la “legalità” o meno di questa guerra, come di quelle precedenti, è un tema che non ci appassiona. Ex Jugoslavia, Irak, Afghanistan, aumento delle spese militari, costruzioni di basi di guerra Nato e Usa in territorio italiano, e così via, sono stati l’occasione di estenuanti raccolte di firme, interrogazioni parlamentari, referendum, o appelli alla Costituzione italiana ( sempre rispettata nei passaggi sulla sacralità della proprietà privata dei mezzi di produzione e sempre carta stracciata nei passaggi di ripudio alla guerra ). Si è spesa tanta energia di migliaia e migliaia di sinceri e onesti attivisti che in centinaia di movimenti e comitati, negli anni, si sono opposti alla guerra e sono spesso caduti nella trappola dei ricorsi ai tribunali borghesi, ricorsi che sono serviti solo per svuotare le piazze e fare tornare gli attivisti a casa, in attesa del pronunciamento di un magistrato “illuminato”, senza considerare che le istituzioni sono la sovrastruttura del sistema e sono lo strumento della sua governabilità e del suo mantenimento. E non è stato un caso, infatti, che, proprio il 5 agosto scorso, il Tribunale del riesame di Catania, confermando il dissequestro delle antenne Muos , ha risposto “Presente” alla guerra, come hanno denunciato attivisti siciliano “No Muos”. Il Tribunale ha fatto così seguito al pronunciamento del maggio scorso in cui il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana (CGA), cedeva alle pressioni del governo Usa e italiano. Una sentenza, quella del Tribunale di Catania, che ha dato ragione ai profitti delle classi dominanti e che sacrifica il popolo siciliano ad offrire la sua bellissima terra come avamposto di sofferenza e morte per popoli vicini.
Ippocrate con la divisa della Folgore
Di pochi giorni fa è la notizia che le forze armate libiche del generale Khalifa Haftar di Tobruk del Libyan National Army (che controlla la Libia orientale e che ha l’appoggio di Stati stranieri, come l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti), hanno conquistato, praticamente senza combattere, il controllo dei porti petroliferi di Sidra e Ras Lanuf, porti dai quali viene esportato il petrolio libico, sottraendone il controllo al governo di “unità nazionale” di Sarraj sostenuto dall'Onu. Sembra che le guardie che dovevano proteggere i siti petroliferi abbiano rinunciato a qualsiasi resistenza e non abbiano aperto il fuoco. Il governo di Sarraj ha annunciato una controffensiva per la riconquista dei porti petroliferi. In queste ore mentre scriviamo, dopo l’informativa dei ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, si sta discutendo alla commissione Camera le risoluzioni dei gruppi parlamentari (al Senato hanno già votato) sulla nuova operazione italiana in Libia e intanto partono dall’Italia 100 paracadutisti del 186esimo reggimento della Folgore. Il costo totale dell’operazione saranno circa 10 milioni di euro, che verranno stanziati nel decreto e che si aggiungono ai “500mila euro già stanziati dal governo italiano per le operazioni di sminamento umanitario a Sirte”. La nuova guerra targata imperialismo italiano si chiama missione ‘Ippocrate’ e, ancora una volta come nelle guerre che l’hanno preceduta, si ammanta di umanità. E’ una missione “umanitaria”, sottolinea a più riprese Pinotti. Missione chiamata ‘Ippocrate’, dal nome del padre della medicina, proprio per cercare di occultarne il carattere militare . “65 tra medici e infermieri, 135 a fare da supporto logistico tra manutenzione dei mezzi, comunicazione, amministrazione, mensa, ecc; 100 come force protection”, cioè i parà. Sempre Pinotti ammette “la situazione sul terreno è molto instabile: non si può dire che Haftar abbia il controllo sulla Mezzaluna petrolifera, né che non lo abbia. Diciamo che ci sono dei contrasti…”
I contrasti si chiamano pozzi petroliferi, terminal di gas e interessi dell’Eni. L’Italia è in guerra, quindi, anche sul terreno e anche se ufficialmente i militari italiani andranno per umanità, per costruire un ospedale a Misurata, non per fare la guerra.
Unità di classe per il pane, il lavoro e la pace
Nel frattempo continua l’afflusso di profughi, di minori non accompagnati, di donne in gravidanza che cercano disperatamente un futuro sfidando un mare che il cimitero simbolo dell’orrore, della fame, della guerra, dell’ingiustizia del capitalismo odierno. Il denaro che potrebbe servire per costruire nel nostro Paese ospedali, scuole, case antisismiche, consultori familiari, mense per lavoratori e studenti, sono veicolati per salvare i profitti dei banchieri e per costruire, e vendere nel mondo, armi di distruzione di massa. E’ necessario costruire e rafforzare una reale opposizione alla guerra, che abbia come obiettivi lo smantellamento del Muos in Sicilia, la chiusura delle basi Usa-Nato nel nostro territorio, che denunci senza tentennamenti come i piani imperialistici di guerra rappresentano solo l’interesse dei profitti di pochi e che la politica di guerra si appoggia sullo sfruttamento della maggioranza della popolazione mondiale come succede quotidianamente nell’Unione europea e come succede in Italia dove il governo Renzi ha scatenato una guerra sociale contro i lavoratori e i settori popolari del nostro Paese. Gli interessi capitalistici statunitensi ed italiani sono opposti a quelli della classe lavoratrice siciliana ed italiana, e questa contraddizione è la medesima in tutti i Paesi del mondo. Solo nelle lotte contro gli attacchi dei vari governi è possibile costruire una resistenza contro la guerra e l’imbarbarimento della società. I lavoratori del Nord Africa e del Medio Oriente sono oggi in Italia all’avanguardia delle lotte nel settore della logistica come in Francia i lavoratori immigrati lottano a fianco dei lavoratori francesi contro la riforma del lavoro. Ed è proprio di queste ore la tragica notizia dell'omicidio a Piacenza di un operaio in lotta durante un presidio. Solo nell’unità delle lotte della nostra classe potrà sorgere una reale opposizione al razzismo e a tutte le guerre imperialiste.
In- luogo del tradizionale “Cantine aperte”, a Frosinone si terrà l’evento “Tombe aperte”.
E’ la nuova trovata del Comune del Capoluogo, che per confermare la qualifica di
Ente degli effetti speciali, in occasione della tradizionale commemorazione dei
defunti del 2 novembre , presenterà la suggestiva manifestazione concernete
l’apertura delle tombe in tutto il cimitero.
A partire dagli ultimi giorni di ottobre ogni tomba o loculo verrà scoperchiato
in modo da consentire ai congiunti dei
cari estinti di verificare l’integrità, o il degrado, delle casse mortuarie, di provvedere alla cura
del sepolcro, e rendere il sito
funerario lindo e pinto rimuovendo ragnatele e sporcizia .
E’ un evento che fa
parte del programma “trasparenza
necrofila”, Un modo inequivocabile per
comunicare che la Giunta Ottaviani è estremamente rispettosa del culto dei
morti. E’ quasi tutto pronto per lo svolgimento del solenne evento.
Uno degli
ultimi problemi rimasti sul tappeto è l’illuminazione delle tombe aperte. Nel
senso che non si capisce quali siano i reali titolari dei loculi. In linea teorica, ogni sito funerario dovrebbe
avere la precisa titolarità delle lampade votive. Ma in relazione a questa tematica gli addetti del Comune hanno fatto un po’ di
confusione. Per cui il bollettino per il
pagamento della luce perpetua della tomba di tale Spaziani Silverio di
Frosinone è arrivata a Brambilla
Ambrogio residente in Piazzale Maciachini, 25 Milano. Il quale, con
un certo disappunto,ha esclamato alla ricezione del bollettino di pagamento:
“Ma chi è sto’ pirla di un morto e dove cazzo
sta Frosinone?”
La faccenda dell’illuminazione non è questione di poco conto. Infatti le luminarie da
inserire all’interno delle tombe aperte sono elemento decisivo per la buona
riuscita della kermesse. Ma non avendo il Comune i fondi necessari per
illuminare a dovere le location
funerarie la soluzione messa in campo sarebbe stata quella di addebitare l’importo della luce agli
intestatari delle tombe. Con la confusione
sull’attribuzione della proprietà dei siti mortuari, sarà difficile
convincere tale Brambilla Ambrogio,
residente in Milano a pagare un surplus di corrente per valorizzare la cassa di
Spaziani Silverio deceduto a Frosinone .
La soluzione di questo problema è ancora in
alto mare. Ma si tratta di quisquilie.
All’interno del cimitero di Frosinone, già sono attive le prime sperimentazioni.
Il programma pilota, riguarda i loculi ricavati nel sottoscala degli ingressi
laterali. Buche realizzati in metallo a
cui si stanno praticando le prime
aperture per dare inizio al programma “tombe aperte”. Aut Frosinone, primo e
unico fra i media locali, è riuscito ad entrare in anteprima in due di queste
tombe . Nel video che segue accompagniamo tutti i fan del blog in questa
inconsueta esplorazione necrofila .
Buona Visione.
Mi rendo conto che l’ironia dell’intervento pubblicato qui
sopra, potrebbe risultare urticante, e suscitare l’indignazione di molte
persone. Ma più forte dovrebbe essere la rabbia di chi non accetta di vedere un
luogo, dedicato al solenne culto dei
morti, ad una tradizione culturale profonda che accompagna il genere
umano da millenni, lasciato abbandonato a se stesso. Dietro la bella facciata dell’ingresso
principale, si nasconde sporcizia, degrado e decadenza. Vedere loculi talmente disfatti da rendere visibili le casse al
loro interno, è vergognoso per l’amministrazione
comunale e offensivo nei confronti dei parenti dei defunti . Senza contare l’odore
nauseabondo che queste macerie emanano
soprattutto nelle ore più calde della
giornata. Non è più sostenibile per la popolazione di Frosinone una politica
comunale schiava del panem et circenses,
anzi solo del circenses . Non è più tollerabile che
sotto la facciata del festival dei conservatori, delle varie sbicchierate di piazza, dei fiori
nella aiuole delle rotatorie, si celi il degrado sociale economico e culturale
più profondo . Se invece di affidare l’incarico della manutenzione del cimitero a ineffabili cooperative
come la Nexus con compensi principeschi ,
si fosse lasciata l’incombenza agli addetti della Multisrevizi, privati del
loro lavoro prezioso in nome della
privatizzazione dei servizi, forse oggi
avremmo un luogo meno tetro e degradato
per ricordare i nostri morti e qualche
soldo in più a disposizione della collettività.
Chi il diciotto febbraio sminuiva, dando credito alle panzane sulla regolarità del voto, il fatto che tredici anni dopo l’inizio della tragedia l’assemblea dei sindaci avesse messo finalmente in mora per la prima volta ACEA ATO 5 S.p.A., oggi spara a tutta pagina il fatto che il gestore si difende assumendo le sue asserite ragioni come verità di cui la parte pubblica viene chiamata a rispondere.
Di questa sedicente informazione fatta di mistificazione a senso unico non dovremmo semplicemente curarci se non fosse lo strumento utile e necessario alla politica locale per giungere all’ennesimo misfatto predisposto dietro le risse da pollaio tra Partito Democratico e Forza Italia.
Cerchiamo allora di fare un minimo di chiarezza.
Che ACEA ATO 5 S.p.A. presentasse le proprie controdeduzioni era ovvio e scontato (tutti hanno il diritto di difendersi).
Il fatto che le abbia presentate non significa affatto che siano fondate.
Per fare questo è necessario prendere le contestazioni fatte dall’Autorità d’Ambito, confrontarle con le controdeduzioni presentate dal gestore ed esaminare la documentazione comprovante le affermazioni della parti.
Dunque, allo stato, nulla è mutato rispetto a 48 ore fa e solo dopo la procedura appena accennata sarà possibile valutare il reale stato dell’arte della vicenda “messa in mora”.
Pubblicare a tutta pagina come dirimenti gli scritti difensivi del gestore può servire solo a pilotare la gestione della vicenda verso la soluzione gradita al privato, togliendo peraltro le castagne dal fuoco ad una Segreteria Tecnica e ad una Consulta dei Sindaci – dove siedono oltre a Pompeo gli stessi sindaci che in Assemblea dei Sindaci innalzano gli stendardi della propria parte politica (Partito Democratico e Forza Italia!), e che in questi sei mesi tutto hanno fatto meno che agire nell’interesse dei cittadini.
Infatti, qualora ACEA ATO 5 S.p.A. si dovesse trovare in condizioni di potersi considerare “adempiente” rispetto alla messa in mora, Segreteria Tecnica e Consulta dei Sindaci dovrebbero essere chiamati a rispondere di quanto segue:
Come comitato, senza utilizzare la demagogia di qualche supporter di precise parti politiche, uso a fare cagnara e da claque e nelle riunioni, abbiamo fatto presente, anche con documenti formalmente trasmessi come:
- la messa in mora decisa il 18 febbraio doveva venire integrata con le ulteriori e storiche inadempienze del gestore, non legate alla questione degli investimenti (foglia di fico con cui i sindaci si sono giustificati per aver fatto passare le tariffe folli che subiamo senza attivare prima la procedura ex art. 34), ma legate ai normali costi operativi che il gestore ha sempre incassato e che sono facilmente desumibili nella convenzione di gestione, ovvero il famoso contratto che ci incatena sino al 2032.
- il comportamento del gestore doveva essere regolato in modo che cessassero le vessazioni degli utenti attraverso la modifica della Carta dei Servizi (che non deve essere concordata col gestore!), e con l’Otuc che aveva formalmente approvato la proposta di modifica in tal senso.
In questi sei mesi nulla in questo senso è stato fatto, anzi, l’unica cosa su cui si è esercitata la Segreteria Tecnica è stata quella di predisporre una proposta di tariffa per il 2016 che di fatto individuava in ACEA ATO 5 S.p.A. il miglior gestore possibile e riconosceva, posticipandone solo l’incasso, gli ulteriori conguagli pretesi dal gestore.
A questo punto è evidente come l’attendibilità e la buona fede dei tecnici della Segreteria Tecnica non sono ulteriormente riconoscibili e non ci fideremo delle relative valutazioni sulla vicenda.
Se i tecnici, gli amministratori e le parti politiche, pensano di fare i compari al banchetto delle tre carte e la pallina è già sotto il bicchiere di ACEA, sappiano che i cittadini non abbasseranno la testa
E' giusto pagare la tariffa intera per lo smaltimento dei rifiuti, quando tale servizio non viene svolto in conformità a quanto la ditta erogatrice ha indicato nel capitolato d'appalto? Evidentemente no. Ciò oltre ad essere la conseguenza di un discorso logico è anche specificato nell'articolo 24 del Regolamento per l'applicazione della tassa sui rifiuti Tari. In base a questa normativa, a fronte di comprovate inadempienze da parte del gestore, nel svolgere correttamente il suo servizio, il cittadino deve un tributo pari solo al 20% dell'importo della tariffa. Il caso sopra specificato si è verificato e probabilmente si sta ancora verificando a Frosinone. Lo abbiamo accertato in particolar modo per gli obbiettivi di raccolta differenziata, indicati dal gestore nel capitolato, lungi dall'essere raggiunti. Per questo motivo è stato redatto un documento da inviare al Comune di Frosinone, in cui il cittadino rivendica il proprio diritto a corrispondere il 20% dell'importo totale della tariffa. Tale modulo, nel quale è spiegata chiaramente la natura delle inadempienze, va debitamente compilato e allegato alla ricevuta di pagamento del modello F24 insieme ad una copia del documento d'identità . Per pagare l'F24 con la tariffa decurtata, è necessario procurarsi un modello vuoto, è possibile reperirlo presso gli uffici postali, compilarlo copiando gli stessi codici tributo presenti nella modulistica inviata dal Comune modificando il solo importo della tariffa.
Certi di offrire un servizio alla comunità di Frosinone pubblichiamo di seguito la lettera. E' sufficiente copiarla e incollarla su un foglio word compilandola con i propri dati.
Luciano Granieri.
COMUNE DI FROSINONE
Piazza VI Dicembre 03100 FROSINONE
Al Dirigente del Settore Ambiente e Dirigente Settore Finanze
E p.c. Al Sindaco LL.SS.
Il sottoscritto _____________________________nato a ___________
il _______C.F. _______________________con residenza in Frosinone, ________________________________________________________
Visto l’articolo 24 del Regolamento per l’applicazione della tassa sui rifiuti Tari, nel quale si specifica che “il tributo è dovuto nella misura del 20% della tariffa nei periodi di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento”, Preso atto della insufficiente e peraltro mai progressiva raccolta differenziata rispetto ai livelli annunciati nel Capitolato Speciale d’appalto SERVIZI DI RACCOLTA E TRASPORTO DEI RIFIUTI URBANI ED ASSIMILATI, NETTEZZA URBANA ED AFFINI, con il quale l’Ente corrisponde alla ditta vincitrice del bando oltre 5 milioni di euro annui per un totale di oltre 26milioni di euro per la messa in atto dei seguenti adempimenti:
• effettuazione della raccolta differenziata, generale e porta a porta;
• edificazione di un’isola ecologica permanente;
• raggiungimento, entro il terzo anno di gestione, del 65% di raccolta differenziata attraverso un percorso che prevede il raggiungimento del 50% nel primo anno ed il 60% nel secondo;
Considerato in realtà che la ditta vincitrice dell’ultimo bando si occupa dei rifiuti della città sin dall’anno 2009 avendo, in deroga ed in applicazione del principio di continuità, provveduto ugualmente ad occuparsi di rifiuti negli anni successivi e che il 18% di differenziata del 2011, descritto nel capitolato d’appalto, è il frutto dunque dell’attività dell’attuale gestore;
Visto che le performance di differenziata che la suddetta ditta ha realizzato dal momento in cui ha iniziato l’attività per il Comune sono: (dati ufficiali Istat): nel 2009 per il 15,3% sul totale dei rifiuti raccolti, nel 2010 al 16,8%, nel 2011 al 17,8%, nel 2012 al 17,3% (con regressione rispetto al dato dell’anno precedente);
Considerato che il capitolato prevede specifiche e certe penali per il mancato raggiungimento di tali obiettivi. In particolare tali sanzioni consistono nel pagamento rapportato al singolo esercizio finanziario di raccolta, da un minimo di 20 mila euro ad un massimo di 30 mila euro per ogni punto percentuale di differenza fra il risultato raggiunto e l’obbiettivo indicato;
Preso atto che l’art. 14 dello Statuto Comunale, in tema di Politiche sociali e sanitarie recita “Il Comune pone al centro della propria azione amministrativa la tutela della persona. Concorre a garantire, nell’ambito delle sue competenze, il diritto alla salute”.
Considerato che il territorio di Frosinone, come notoriamente riconosciuto dai dati ufficiali, risulta fortemente inquinato e che tale situazione dovrebbe a maggior ragione risultare destinataria del dispendio di un maggior impegno da parte degli organi di indirizzo politico della città, soprattutto in ordine ad un maggior livello di raccolta differenziata e ad un reale e proficuo riciclo dei materiali selezionati,
Ravvisata l’incapacità, protrattasi negli anni, nell’assunzione di iniziative concrete finalizzate all'incremento della raccolta differenziata dei rifiuti, nonostante la vigenza in tal senso di specifici obblighi sanciti a carico dei comuni da svariate disposizioni legislative, nonché l’obbligo giuridico di dare piena attuazione ai capitolati dei vari bandi per la raccolta rifiuti, contemplanti anche l’erogazione di specifiche sanzioni, peraltro a tutt’oggi mai applicate ;
Considerato pertanto che tale situazione comporta un ingiustificato costo per la causale della “tariffa smaltimento rifiuti”, nonché per il mancato conferimento, presso gli impianti di produzione del combustibile derivato da rifiuti, del materiale che avrebbe potuto essere destinato alla raccolta differenziata, con conseguente aggravio dei costi componenti la tariffa;
Tenendo infine presente che il Regolamento Anticorruzione comunale richiama una particolare attenzione nella scelta del contraente per l’affidamento di servizi, sul presupposto che l’utilizzo dell'incenerimento può generare logiche speculative alternative agli obblighi di raccolta differenziata,
Il sottoscritto in applicazione del “mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti nella parte della raccolta differenziata e di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento” allega il pagamento del 20%
dell’importo complessivo della Tari, come da Avviso n._________ del __________. Frosinone, Si allega documento e ricevuta di pagamento.
E’ istruttivo
constatare come i "giornaloni" filo governativi abbiano giudicato inopportuna
l’esternazione dell’ambasciatore
Usa in Italia, John Philips, a supporto
del Si al referendum costituzionale .
Non sfiora minimamente ai media asserviti al capital - riformismo che la sovranità appartiene al popolo, come sancito
dall’art.1 della Costituzione. Prescrizione fondante della prima parte della
Carta, che i nuovi cialtroni costituzionalisti giurano di
non voler modificare, ma che alle ragioni del liberismo finanziario
internazionale possono sacrificare ben volentieri .
Ciò che si contesta
all’ambasciatore americano non è il merito della dichiarazione , ma la schiettezza
con cui descrive gli impedimenti che deriverebbero dalla vittoria del No
al pieno dispiegamento degli interessi dell’imperialismo americano e della
comunità speculativo-finanziaria mondiale. Norma basilare del riformismo
post-moderno è quella secondo cui, dietro un effimero impegno per la promozione
sociale e civile della gente comune, si
cela la difesa degli interessi del capitalismo finanziario. Per cui se si
afferma, sic et simpliciter , la verità, cioè
che la vittoria del No potrebbe costituire un impedimento agli interessi
dell’imperialismo americano e della speculazione finanziaria in Italia, si fa un danno alla causa. Molto più produttivo, in termini di comunicazione, asservire alle ragioni del Si
il solenne invito a cena che il presidente americano uscente Obama ha rivolto al Blair
“de noantri” Matteo Renzi.
Scherzi del
destino hanno voluto che alle esternazioni temerarie dell’ambasciatore
americano si siano associate la valutazione dell’agenzia di rating Fitch, secondo cui l’affermazione del No “potrebbe
determinare uno shock negativo per l’economia e l’affidabilità del debito
italiano”. Dunque le dichiarazioni dell’ambasciatore Usa, unite a quelle di Fitch, sommate a quanto già espresso
da J.P. Morgn e da Goldman Sachs, includendo i favori di Confindustria e
Marchionne, mostrano una mappa precisa di quale sia la natura dell’endorsement a
favore delle riforme costituzionali, partorite dalla triade Renzi-Boschi-Verdini. Se a queste
aggiungiamo il gradimento della Germania
e delle Nazioni interessate a imporre gli interessi economici del capitalismo
europeo, il quadro diventa ancora più
chiaro.
Risultano evidenti gli interessi dell’imperialismo americano scottato del
fallimento del TTIP causato dal governo tedesco. La
Germania , a differenza dell’Italia, in nome della supremazia atlantica non è
disposta a sottomettere le proprie risorse produttive ai diktat delle multinazionali USA. Se non è possibile imporre la supremazia sovranazionale degli interessi delle mega lobby sui diritti umani, civili e
sociali delle popolazioni europee, così come stabilito nel TTIP, almeno che gli
ordinamenti dei singoli Stati si liberino di quei lacci e lacciuoli inseriti nelle CostiTuzioni antifasciste che
consentono una pur minima ingerenza
democratica al pieno sviluppo della speculazione finanziaria.
E’ ciò che si
intende perseguire con l’approvazione di
una riforma costituzionale che assegna al Governo il potere legislativo, esautorando da questa prerogativa sancita nella Costituzione antifascista, il
Parlamento, espressione (si fa per
dire) della sovranità popolare.
Posso dare ragione
a chi mi accusa di essere troppo ideologicamente schierato Ma non posso fare a meno di ricordare che agenzie di rating come Fitch, banche d’affari come Goldman Sachs, J.P. Morgan, oggi
indebitamente schierate a favore della riforma Renzi-Boschi-Verdini, sono state protagoniste della devastante crisi
finanziaria del 2008 cresciuta a colpi di bolle speculativei, mutui subprime,
derivati e titoli tossici. Una sciagura epocale le cui conseguenze sono ancora oggi pagate a caro prezzo dalle
popolazioni europee. Senza contare che i rimedi basati
sull’iniezione di ulteriori dosi di ultraliberismo, anziché curare, hanno
peggiorato la situazione aumentando le disuguaglianze sociali. Né posso
esimermi dal ricordare che la stessa Troika, congiuntamente alla Germania e ai
suoi alleati nord europei , favorevoli alla
riforma Renzi-Boschi-Verdini , sono stati responsabile del feroce depauperamento dei
cittadini Greci, ai quali non è rimasto più nulla.
Dunque lo schieramento a
chiaro. A favore del Si gli organismi speculativi finanziari, le grandi banche
d’affari, l’imperialismo americano che necessita di uno Stato zerbino per far rientrare, dalla
finestra dello sfaldamento delle
prerogative democratiche susseguenti alla
deforma costituzionale, una versione soft del TTIP. A favore del No
chi vuole difendere il pieno sviluppo della persona umana, contro il pieno
sviluppo della speculazione finanziaria.
E’ inutile prendersela con l’ambasciatore
John Philips, anzi bisogna ringraziarlo perché la sua maldestra esternazione ha
contribuito, ove fosse ancora necessario, a identificare il nauseante coacervo
di forze speculative, lobby finanziarie, e grandi multinazionali che propugnano la vittoria del Si e la
definitiva abdicazione democratica della nostra collettività. E’ dunque
altrettanto chiaro che votare No alla riforma costituzionale va oltre la
semplice bocciatura di un dispositivo confuso e pasticciato, tutt’altro che
condiviso, ma significa fermare gli
sporchi giochi speculativi che il mondo della finanza e delle multinazionali
metterà in atto sulla nostra pelle.
I primi due mesi della nuova amministrazione di Roma Capitale, aldilà della pressione mediatica e politica senza precedenti a cui è stata e continua ad essere sottoposta, stanno dimostrando alcuni deficit strutturali del Movimento 5Stelle.
Il primo e più evidente deficit consiste nella mancanza di una visione sistemica della città. Senza questa visione, non si accede all’idea di città come sistema complesso con differenti dislocazioni dei poteri (rendita fondiaria e immobiliare, sistema bancario e finanziario, multiutility in borsa come Acea, partecipate come Atac e Ama, governo, prefettura e questura, Vaticano, solo per citare i più evidenti) e si rischia di cadere nell’errore di pensare che l’aver preso il governo della città coincida con l’aver preso il potere nella stessa.
Due sono le immediate conseguenze di questo equivoco.
La prima è che si pensi che con la vittoria elettorale il più sia stato compiuto e che si tratti ora solo di amministrare meglio delle precedenti esperienze di governo. L’idea che la squadra di governo debba essere scelta attraverso i curriculum e le competenze tecniche astrae totalmente il governo della città dai terreni del conflitto e della partecipazione, ovvero dalla politica in quanto tale, e la
direzione delle scelte viene affidata ad una somma di competenze individuali, di per sé immaginate come oggettive e neutrali rispetto alle contraddizioni della città.
La seconda conseguenza è che, paradossalmente, siano proprio i 5Stelle a diventare gli ultimi epigoni della democrazia rappresentativa e i detrattori della partecipazione diretta e dal basso.
Perché se si avesse consapevolezza di come l’aver preso il governo non coincida con l’aver preso il potere, si avrebbe immediata evidenza di come, per poter trasformare la città, sia necessario promuovere la partecipazione diretta dei cittadini, delle fasce sociali escluse, delle esperienze di autoorganizzazione, in modo da poter contrastare la pressione dei poteri forti della città.
Se questa consapevolezza manca, il passo a ritenersi portavoce dei cittadini e a riassumerne le esigenze in quanto eletti dagli stessi diviene immediato: se i cittadini si sono espressi con le elezioni, perché dunque chiamarli in campo quando hanno già chi ne porta la voce?
Il secondo deficit consiste nella mancanza di un’analisi sui concetti di legalità/illegalità e sul fenomeno della corruzione e del clientelismo. L’ancorarsi ad un’idea astratta di legalità da parte dei 5Stelle fa loro dimenticare che a Roma si può legalmente devastare il territorio, permettendo ai costruttori di determinare in base alle loro scelte di profitto la conformazione dell’assetto urbanistico della città, mentre illegalmente si possono restituire alla città spazi e immobili abbandonati autoproducendo servizi, cultura e socialità.
La medesima astrattezza consente di evitare ogni riflessione sui beni comuni e sui servizi pubblici, rifugiandosi nella legalità del bando di appalto degli stessi: come se Mafia Capitale non avesse preso la città attraverso la vittoria a regolari bandi dell’ente locale e come se beni comuni e servizi debbano essere naturalmente messi sul mercato, con l’unica avvertenza di avvisare l’autorità anti-corruzione per un parere sulle modalità.
Il terzo deficit consiste nella mancanza di un’analisi sulla contrapposizione fra vincoli finanziari dettati dalle politiche liberiste e risposta ai bisogni della città. L’idea che il governo efficiente della città si misuri sulla stabilità dei conti e sul contenimento delle spese rimuove totalmente l’utilizzo ideologico del debito come strumento per l’espropriazione sociale e dunque la necessità di una lotta partecipata dalla città contro i vincoli imposti dallo stesso e per l’affermazione dell’insopprimibilità dei bisogni individuali e sociali degli abitanti della stessa. La radicale ristrutturazione del debito non può che essere una battaglia politica di trasformazione della città, e non un operazione tecnica di compatibilità tra gli attori coinvolti (città, governo, banche, costruttori).
Quelli descritti sono deficit importanti, anche perché, al momento, paiono strutturali; ovvero, non facilmente, né in breve tempo superabili. Per questo, un ruolo fondamentale nei prossimi mesi lo devono giocare i movimenti sociali attivi nella città.
Siamo di fronte ad un’amministrazione che, con tutti i gravi limiti sopra descritti, non è l’espressione dei poteri forti della città e su alcuni temi –vedi il NO alle Olimpiadi- si appresta a rovesciare la tovaglia di una tavola imbandita da tempo.
Ma se la partita del futuro della città rimane affidata al confronto fra un’amministrazione quantomeno in stato confusionale e le lobby finanziarie e immobiliari è facile prevederne già da ora il risultato finale.
Altri scenari si aprirebbero se le reti sociali e di movimento attive nella città operassero uno scatto sul proprio percorso: urge una presa di parola e di piazza, dentro ogni quartiere e dentro la città.
Di questo, a mio avviso, dovranno discutere a breve le reti sociali romane, a partire dal percorso Decide Roma/ Decide la città.
I Comitati
direttivi per il No nel referendum costituzionale e contro l'Italicum, riuniti
insieme, esprimono piena solidarietà al Presidente dell'Anpi Carlo Smuraglia
che ha giustamente e correttamente difeso il valore politico e morale dell'Anpi
contro attacchi inaccettabili, sintomo di un ulteriore imbarbarimento del clima
politico.
L'Anpi è
un'associazione che merita rispetto perché ricorda a ciascuno di noi i
sacrifici occorsi per conquistare una società con regole democratiche alla cui
base c’è la Costituzione della nostra Repubblica che oggi si vorrebbe
manomettere pesantemente, al punto da cambiarne, in profondità, il carattere
parlamentare con il concorso dell'Italicum.
Del resto
sono note le pressioni, in particolare di settori della finanza internazionale,
per ottenere modifiche degli assetti democratici nella direzione di un
accentramento dei poteri di decisione nelle mani del governo.
Governabilità
e rappresentanza dei cittadini debbono avere un equilibrio, fino ad oggi ben
risolto dalla Costituzione, che si vorrebbe invece stravolgere con leggerezza,
imboccando una via da cui sarebbe difficile tornare indietro.
Il problema,
come ha ricordato giustamente l'Anpi, non è il cambiamento della Costituzione. Il
problema è se e come il cambiamento si risolva in un accentramento dei poteri dell’esecutivo
a danno del Parlamento.
In tal caso
è essenziale che il cambiamento venga bloccato da un secco No delle italiane e
degli italiani.
Ci conforta
la ferma posizione dell'Anpi che non solo apprezziamo ma sosterremo con
determinazione.
Ieri il Teatro San Carlo era circondato da centinaia di donne e uomini delle forze dell'ordine per la presenza del Presidente del Consiglio. Questa è l'immagine costante che accompagna il premier nei suoi spostamenti pubblici. Mai vista tanta contestazione sociale così diffusa in tutto il Paese nei confronti di un premier. Utilizzo di migliaia di persone delle forze dell'ordine ogni settimana. Ieri Renzi in teatro era anche marcato stretto ed accompagnato, potremmo dire scortato, dal Commissario su Bagnoli Salvo Nastasi che non lo mollava un attimo ed aveva molta cura e premura nel presentargli tante autorevoli personalità. Un gran cerimoniere senza dubbio. In tutto questo scenario ieri anche una Consigliera Comunale, Eleonora De Majo, in Galleria Umberto è stata colpita negli scontri tra attivisti sociali - che contestavano duramente Renzi - e le forze dell'ordine. Sono immagini che non ci piacciono. Napoli ogni giorno nel conflitto sociale individua mediazioni apprezzabili con il contributo di tutti. Quando c'è il premier tutto cambia. Pezzi di città vengono militarmente occupati. A Napoli il livello di cooperazione istituzionale è di alto livello. Ed abbiamo grandissimo apprezzamento per le donne e gli uomini delle forze dell'ordine che ogni giorno operano in una città complicatissima in condizioni difficili anche con carenza di mezzi e personale. Centri sociali e movimenti sono per noi elemento costituivo del riscatto della nostra città. La non violenza e la declinazione pacifista è la strada che la città ha preso senza esitazione. La repressione constatiamo è molto dura quando Renzi si muove. Il dissenso politico, istituzionale e sociale che il premier non tollera, non può essere represso con eccesso di durezza. In questo momento esprimiamo solidarietà ai feriti ed in particolare alla Consigliera De Majo.
Nel 2017, a Frosinone, ci saranno le elezioni comunali.
Una stagione lunga venti anni ha visto alternarsi al governo
della Città un centro sinistra, sostenuto da forze di destra (15 anni); un centro destra (5 anni) che ha sprofondato il Capoluogo nell’abbandono, nel
degrado e nel caos.
Sulla città e sui
cittadini potrebbe abbattersi, ancora una volta, il solito tsunami.
Un pugno di notabili, peraltro sempre gli stessi, dietro i soliti partiti di destra e di
sinistra faranno incetta di avvocati, di
medici, di ingegneri, di architetti , di
imprenditori palazzinari e di quanti abbiano un “pacchetto” di clienti, per
ottenere un posto in prima fila in Consiglio Comunale, dove restare in
silenzio religioso.
Infatti, in questi 20 anni, tutte le GESTIONI della cosa
pubblica , comunque denominate, sono state al servizio delle potenti famiglie
locali e dei paesi vicini, che hanno aggredito e saccheggiato il territorio con
la speculazione edilizia ed altro.
Queste impure
alleanze tra politica ed affari, hanno ridotto Frosinone in uno stato pietoso.
Questo modo di
gestire la Città ha distrutto tesori enormi di cultura e di storia, impedendo l’avvio
di uno sviluppo democratico e civile,
economico ed occupazionale di Frosinone e dei comuni limitrofi.
I capi bastone dei soliti partiti, in gara tra loro,
continueranno ad accaparrarsi candidati tra le famiglie
“numerose”, puntando a mettere in piedi il numero più alto possibile di liste
elettorali.
Se ancora una volta, anche nel 2017, succederà tutto questo,
il voto sarà quello di clienti e familiari, al massimo
di amici. Certamente non quello di
cittadini.
Eppure il risultato di questo ricorrente tsunami è già sotto
gli occhi di tutti.
Frosinone è in fondo a tutte le classifiche sulla qualità
della vita ed è uno dei posti dove si vive peggio in Italia. Una piccola città che non è a misura d’uomo
ma è a misura di affare e malaffare.
In questi decenni
l’associazionismo cittadino, erede e sostenitore del raggruppamento
civico “ Frosinone bene comune”, che ebbe il consenso di migliaia di elettori, ha
condotto, senza soluzione di continuità,
grandi battaglie progressiste e
democratiche , conquistandosi un ruolo
di primo piano nella difesa dei diritti costituzionali dei cittadini ( Lavoro,
sanità, scuola, cultura, servizi sociali, gestione idrica, archeologia, ecc.)
In tutti questi momenti
i sindaci, le giunte e i consiglieri in carica si sono schierati sempre
contro le proposte e gli obbiettivi richiesti ed avanzati dai cittadini e dal
popolo del Capoluogo. Non solo. Essi hanno operato per contrastare ed annullare
la vita ed il ruolo delle associazioni fino a cancellare, di fatto, la Consulta comunale, voluta e istituita con
delibera consiliare.
Chi in questi anni si è impegnato in prima persona, dalla
sanità all’acqua, dal lavoro ai rifiuti, cittadino tra i cittadini, a difesa
dei diritti delle persone e con l’idea di una città finalmente a misura d’uomo;
chi in questi anni si è scontrato con il
muro di gomma di istituzioni sorde ai diritti ed ai bisogni dei cittadini, non
può che auspicare che nel 2017 non si ripeta, come una sorta di castigo divino,
quanto avvenuto nel passato.
Ma auspicare non basta.
Perché queste elezioni comunali del 2017 cadono al termine
di un processo di cosiddetta riforma delle autonomie locali che nella sostanza
e nella forma svuota le concrete possibilità per le comunità di governare il
proprio territorio, di scegliere cosa sia giusto e cosa sia sbagliato.
Le politiche di bilancio adottate da tutti i governi,
sedicenti di destra e di sinistra, hanno scaricato il debito sui territori
strangolando le amministrazioni.
Le cosiddette riforme, svuotano e trasformano i comuni in stazioni
appalti in cui gli stessi contratti, i capitolati tecnici, i costi e le tariffe
sono decise altrove, da “autorità” non elette da nessuno, pagate dai gestori e
sotto il diretto controllo della Presidenza del Consiglio.
Ma denunciare i meccanismi perversi e niente affatto democratici delle
elezioni, auspicare un cambiamento non può bastare.
Le elezioni di
Frosinone, per il ruolo che ha o che dovrebbe avere il Capoluogo, hanno un
rilevante valore politico provinciale e regionale. Basta
pensare alla gestione del Servizio idrico Integrato, alla sanità, ai
rifiuti, ecc. Una gestione democratica, partecipata e condivisa, sarà un
messaggio di rinnovamento della politica e del modo di gestire la cosa pubblica
per tutti i comuni.
Senza unità tutto
ciò sarà vano
Ora occorre che i cittadini, a cominciare da coloro che,
cittadini tra i cittadini, sono impegnati nel concreto delle mille battaglie
che segnano le facce della qualità della vita, si assumano il compito di
costruire un’alternativa fondata sulla partecipazione diretta dei cittadini al
governo della città.
Governare una Città non è cosa facile per nessuno. E tanto
meno ci si può illudere di farcela con qualche persona esperta o con professionisti pur validi
e onesti. Serve costruire un sistema di partecipazione popolare ,
articolata nei quartieri e nei luoghi di lavoro che discuta, decida e sostenga
le scelte decisive del nuovo governo
locale.
E’ ora che nessuno
deleghi la propria rappresentanza a nessun notabile; che nessuno voti per fare
un favore al parente o all’amico; che nessuno si offra di fare numero per
assicurare a questo o a quel capo-bastone quella manciata di voti che spera di
raccattare.
L’idea è quella di aprire un dialogo tra tutte le
associazioni ed i liberi cittadini, in tutti i quartieri, in tutti gli ambiti
specifici, per costruire un programma di governo condiviso, scritto con i
cittadini e fondato sull’obiettivo di rendere Frosinone a misura d’uomo ed un posto
dove sia dignitoso vivere.
Significa individuare, insieme, dal basso, coloro che si
prodigano ad attuare nell’istituzione questo programma, non come delegati a
fare ma come terminali istituzionali dei cittadini e della loro volontà.
Significa immaginare un’amministrazione determinata – a
dispetto dei poteri forti e delle leggi ingiuste – a perseguire il bene comune
e la giustizia sociale.
Significa costruire un Consiglio Comunale ed una Giunta
Comunale espressione diretta dei cittadini, legati ad un programma fatto non di
promesse ma di obiettivi condivisi e programmati nel tempo e nello spazio di
cui rendere conto ai cittadini.
Significa costruire un’amministrazione di lotta che, a
dispetto dei poteri economici e dei governi … governi con i cittadini e per i
cittadini.
E’ evidente come questo percorso sia incompatibile con
l’attuale quadro politico ed istituzionale e non sia riducibile alle logiche
della politica politicante.
In un quadro totalmente estraneo alle vecchie logiche di
schieramento, gli unici valori
irrinunciabili sono quelli che accomunano tutte le associazioni che lavorano
nel sociale: solidarietà, democrazia, partecipazione, equità, integrazione,
accoglienza, giustizia sociale e pace.
Tutto ciò potrà essere realizzato se l’unità vincerà sulla
divisione, sulle ambizioni personali e di gruppo, per affermare gli interessi
generali della città di Frosinone e della sua popolazione.
Deve essere chiaro, questo percorso come unico obiettivo la
vittoria alle elezioni, la possibilità ora e subito di praticare il cambiamento.
E perché questa non sia solo una illusoria velleità è
necessario che tutti vi partecipino con la necessaria generosità delle proprie
idee la dove le idee degli altri divengono strumento di crescita personale e
collettiva.
Solo se sapremo dare carne e sangue a questa utopia potremo
vivere un sogno.
Il Comitato promotore (Associazioni e
cittadini riunitisi il 29 agosto e il 5
settembre 2016)
N.B. Le associazioni ed i cittadini che condividono questo comunicato-appello,
sono invitati a dare la loro adesione.
contatti: aut.frosinone@gmail.com
notarfranc31@libero.it
piafrate@libero.it
di seguito un video realizzato da Ciocieconleali Web TV, che ripercorre, in un allegro funerale, gran parte dei problemi di Frosinone e descrive con dei flash le nostre lotte.
Mercoledì
14 settembre alle ore 16 presso la Tenda in p.zza VI dicembre conferenza stampa
sulla gestione dei rifiuti a Frosinone.
I cittadini applicano
l’articolo 24 del Regolamento per l’applicazione della tassa sui rifiuti Tari,
nel quale si specifica che “il tributo è dovuto nella misura del 20% della
tariffa nei periodi di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti,
ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di
riferimento”
Preso atto della insufficiente e mai progressiva
raccolta differenziata rispetto ai livelli annunciati nel Capitolato Speciale
d’appalto SERVIZI DI RACCOLTA E TRASPORTO DEI RIFIUTI URBANI ED ASSIMILATI,
NETTEZZA URBANA ED AFFINI, dove è riportato che la società che gestisce il
servizio dal gennaio 2015 deve conformarsi nell’assicurare la raccolta dei
rifiuti. In tal senso l’Ente corrisponde alla ditta vincitrice del bando oltre
26milioni di euro per svolgere anche la raccolta differenziata, generale e
porta a porta; per l’edificazione di un’isola ecologica permanente; per
raggiungere entro il terzo anno di gestione il 65% di raccolta differenziata
attraverso un percorso che prevede l’ottenimento del 50% nel primo anno, il 60%
nel secondo;
Considerato in realtà che la ditta vincitrice dell’ultimo bando si occupa dei
rifiuti della città sin dall’anno 2008, avendo, in deroga e per il principio di
continuità, provveduto ugualmente ad occuparsi di rifiuti e che il 18% di
differenziata del 2011, descritto nel capitolato d’appalto, è il frutto dunque
dell’attività dell’attuale gestore, quello che entro tre anni, cioè entro il
2018 dovrà raggiungere il 65%;
Visto che le performance di differenziata che la suddetta ditta ha realizzato
in cui ha iniziato l’attività per il Comune, dati Istat, sono: nel 2009 la
differenziata era al 15,3%, nel 2010 al 16,8%, nel 2011 al 17,8% e nel 2012 si
ha una regressione al 17,3%;
Visto che il capitolato prevede delle sanzioni per il non raggiungimento di
tali obbiettivi. In particolare la società dovrà rimborsare ogni anno, da un
minimo di 20mila euro ad un massimo di 30mila euro per ogni punto percentuale
di differenza fra il risultato raggiunto e l’obbiettivo indicato;
Visto l’Art. 14 dello Statuto Comunale Politiche sociali e sanitarie “Il Comune
pone al centro della propria azione amministrativa la tutela della persona.
Concorre a garantire, nell’ambito delle sue competenze, il diritto alla salute”.
Considerato che il territorio di Frosinone è fortemente inquinato, e che ci si
dovrebbe impegnare maggiormente per una raccolta differenziata e per il
riciclo, e che la combustione dei rifiuti non è di per sé contrapposta o
alternativa, ma solo un eventuale anello finale della catena di smaltimento
evitando i trattamenti a caldo ovvero incenerimento tal quale o a valle di
separazione e produzione di CDR e conferimento diretto in discarica;
Vista la incapacità rilevata negli anni di assumere iniziative finalizzate
all'incremento della r.d. dei rifiuti nonostante vi fosse in tal senso
l'obbligo sancito a carico dei comuni anche da svariate disposizioni
legislative, sia di dare piena attuazione ai capitolati dei vari bandi per la
raccolta rifiuti;
Considerato quindi l’ingiustificato costo a titolo di “tariffa smaltimento
rifiuti” per il conferimento, presso gli impianti di produzione del
combustibile derivato da rifiuti, del materiale che avrebbe potuto essere
destinato alla raccolta differenziata;
Tenendo presente il Regolamento Anticorruzione che richiama una particolare
attenzione nella scelta del contraente per l’affidamento di servizi in virtù
del fatto che l’utilizzo dell'incenerimento può generare logiche speculative
alternative agli obblighi di raccolta differenziata,