Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 2 settembre 2022

Taglio dei parlamentari e modifica della Costituzione, la deriva autocratica è alle porte?

 

Jacopo Ricci  2022 LEFT




Chi si è battuto per il no al referendum costituzionale del 2020 aveva ragione: ora, la riduzione del numero degli eletti produrrà un effetto maggioritario a tutto vantaggio delle destre portando alla delegittimazione ulteriore della rappresentanza parlamentare

Avevamo ragione, ma avremmo preferito avere torto.

Avevamo ragione quando decidemmo di batterci in una dura battaglia contro i media mainstream e contro tutte le principali forze politiche per contrastare il taglio dei parlamentari promosso dal Movimento 5 Stelle.

Avevamo ragione quando, isolati e additati come profeti di sventura, sommessamente facevamo presente che la riduzione del numero dei parlamentari avrebbe ingenerato un effetto ulteriormente maggioritario sul sistema elettorale, determinando un innalzamento implicito della soglia di sbarramento e una dote in seggi più generosa per le coalizioni in grado di conseguire la maggioranza relativa dei voti.

Avevamo ragione quando, in un angolo, sostenevamo che il taglio avrebbe consentito alle destre di accentuare l’esito numerico di una vittoria già scontata rendendo plausibile il conseguimento di un numero di seggi idoneo a consentire la modifica della Costituzione senza necessità di ricorrere al successivo voto referendario.

Avevamo ragione quando vedevamo nel taglio del numero dei parlamentari la prima avvisaglia di un’onda più grande, antiparlamentare, contraria alla cultura del costituzionalismo democratico, che si sarebbe abbattuta sull’Italia e sulle sue istituzioni già fragili.

Avevamo ragione quando rimproveravamo al Partito democratico guidato da Nicola Zingaretti di assecondare un processo di modifica strutturale degli assetti istituzionali solo per omaggio ad un governo e a una alleanza legati alle contingenze, un governo che sarebbe caduto dopo soli un anno e cinque mesi, un’alleanza che avrebbe resistito, per forza d’inerzia, per meno di due anni.

Avevamo ragione quando, in più di sei milioni, ci recammo al seggio per segnalare contestualmente un disagio e un senso di appartenenza alla cultura costituzionale italiana.

Avevamo ragione quando decidemmo di manifestare, il nostro dissenso a costo di passare per “quelli che difendevano le poltrone”. Ora di poltrona, rischia di restarne soltanto una: quella del decisore unico, dell’amministratore delegato della Repubblica Italiana che le destre vorranno introdurre modificando la Costituzione del 1948 a colpi di maggioranza. Ora il rischio di una deriva autocratica e cesarista, di una svolta gaullista, di un superamento non soltanto sul piano fattuale ma anche su quello giuridico del parlamentarismo nato dalla Resistenza, è più attuale e concreto che mai.

In piena onestà, non si può far finta di credere che la delegittimazione del Parlamento derivante dal contingentamento della rappresentanza politica per un risibile risparmio di spesa non abbia contribuito a creare i presupposti giuridico-culturali per la messa in discussione della stessa forma di governo parlamentare. Contrastare una tendenza all’avvitamento del sistema istituzionale ed impedire lo stravolgimento delle istituzioni democratiche saranno le sfide più difficili che saremo chiamati a intraprendere nella prossima legislatura, senza garanzie di buona riuscita. Anche questa volta ci additeranno come profeti di sventura. Speriamo solo, stavolta sul serio, di avere torto.


*L’autore: Jacopo Ricci è portavoce nazionale di Nostra – Attuare la Costituzione

mercoledì 31 agosto 2022

Legge Truffa 4.0 Uno schiaffo alla Costituzione e alla partecipazione democratica.

 Luciano Granieri



Ciò che emerge chiaramente dalla seguente trattazione è che tutta l’impalcatura che sorregge il dispositivo elettorale è una grossa presa in giro, è una truffa ordita, per altro, da legislatori del tutto digiuni, consapevolmente o inconsapevolmente, del dettato costituzionale. Anzi dietro questo vero e proprio complotto c’è il desiderio di evitare che la libera espressione dei cittadini possa sovvertire un sistema consolidato messo a guardia degli interessi del capitale. Questo si declinerà in modo diverso, a seconda di chi vincerà le elezioni, ma nella sostanza eserciterà le stesse prerogative

Analizziamo punto per punto le fasi della truffa.

Iter di approvazione della legge incostituzionale.

Il Rosatellum è stato approvato con voti di fiducia dal governo Gentiloni nel 2017. L’articolo 72 della Costituzione precisa che le leggi in materia elettorale devono essere approvate per via ordinaria, non sono quindi previste procedure d’urgenza come il ricorso alla fiducia.

Il sistema di raccolta firme e l’obbligo di presentazione del certificato elettorale è incostituzionale oltre che illegittimo.

L’obbligo di di presentare il certificato di iscrizione alle liste elettorali, insieme con l'accettazione della candidatura è previsto dal dpr n. 361/1957 al suo art. 20. Ad oggi tale richiesta è illegittima perché il 2 settembre del 1990 è entrata in vigore la legge 7 agosto 1990, n. 241. in cui all’art.18 si specifica che il certificato di iscrizione alle liste elettorali, come tanti altri documenti inerenti la pubblica amministrazione può essere sostituito da una semplice autocertificazione.

Modifiche all’art.18 della legge n.241 sono state apportate dalle leggi 6 maggio 2015 n. 52 (Italikum), 3 novembre 2017 n. 165 (Rosatellum), 27 dicembre 2017 n. 205, e da ultimo dalla legge 30 giugno 2022 n. 84 di conversione del decreto-legge 4 maggio 2022 n. 41. Tuttavia, questi interventi non hanno mai toccato le norme obsolete dell'art. 20 del dpr, sull’obbligo della raccolta firme e la consegna del certificato elettorale, ma sono servite per esentare le formazioni presenti in Parlamento dalla raccolta firme, con criteri di volta in volta diversi e valevoli solo per la prima elezioni successive.

Tale produzione legislativa di parte , e a totale vantaggio di chi già occupa uno scranno parlamentare, viola il codice di buona condotta elettorale così come definito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con la sentenza definitiva 24 marzo 2020 della Sez. IV nel Ricorso n. 25560/13, Cegolea contro Romania.

L’ultima modifica sulla raccolta delle firme viene introdotta nel già citato decreto legge n. 41 del 4 maggio 2022 recante il seguente titolo: “disposizioni urgenti per lo svolgimento contestuale delle elezioni amministrative e dei referendum previsti dall'articolo 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2022, nonché' per l'applicazione di modalità operative, precauzionali e di sicurezza ai fini della raccolta del voto”. Norme dunque relative ai referendum e alle elezioni amministrative. Ma l’art. 6 bis inserito nello stesso decreto è intitolato “Dispositivo in materia di elezioni politiche” Che c’entra considerato che a maggio le elezioni politiche non erano minimamente in cantiere?

Tale dispositivo,recependo parzialmente le modifiche all’art. 18 della legge 241 si articola nel seguente modo: “Le disposizioni dell'articolo 18-bis, comma 2, primo periodo, del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, si applicano, per le prime elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica successive alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche ai partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 o che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale o abbiano concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all'1 per cento del totale”.

Come detto nel maggio del 2022 le Camere non erano state sciolte e le elezioni politiche non erano alla vista. Quindi oltre a non sussistere la motivazione dell’urgenza, è improprio inserire l’art. 6 in un decreto, che, fra l’altro, si occupa di tematiche diverse. Ma soprattutto non si rispetta l’art. 72 Cost. in base alla quale, come abbiamo visto, le leggi sui sistemi elettorali devono essere sempre approvate con procedimento ordinario.

Figli e figliastri

L’art 6 bis, di cui sopra, è anche una cosiddetta legge-provvedimento” visto che si riferisce alla situazione precisa di alcune liste. Le leggi provvedimento sono illegittime per irragionevolezza e disparità di trattamento (vedi la recente sentenza cost. n. 186 del 2022). Inoltre, sempre per l’art.6, Potere al Popolo, che alle scorse elezioni ha ottenuto voti validi superiori all’1% concorrendo “alla determinazione della cifra elettorale di coalizione” avrebbe dovuto essere esentata dalla raccolta delle firme così come le formazioni con esso coalizzate (Rifondazione, ManifestA e DemA che costituiscono Unione Popolare). Ciò non è avvenuto, mentre altre liste autonome sono state ammesse. Questa disparità è stata giustificata con la discrezionalità del legislatore e con riferimento alla giurisprudenza costituzionale (Corte Costituzionale sentenza n. 48 del 2021, 394/2006, n. 84 del 1997, n. 83 del 1992 e n. 45 del 1967) di interpretazione dell’art. 51 Cost., per il quale le condizioni di eguaglianza del diritto di candidarsi è subordinato “ai requisiti stabiliti dalla legge”. Tuttavia, la discrezionalità del legislatore non può sconfinare nell’arbitrarietà e nell’irragionevolezza, ovvero nella disparità di trattamento, con violazione dell’art.3 della Costituzione che, ricordo, recita: “ Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale (quindi anche concorrere alle elezioni) e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.

E ancora, la legge esenta dalle firme : “….i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021 o che abbiano presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della CAMERA DEI DEPUTATI o alle ultime ELEZIONI DEI MEMBRI DEL PARLAMENTO EUROPEO” E il Senato se lo sono scordato? Il legislatore è a conoscenza che il nostro (per adesso in futuro chissà)è un sistema paritario fra Camera e Senato? Il Parlamento europeo vale più del Senato? O è un provvedimento ad hoc per fare rientrare il gruppo di Calenda ed affini?

Incostituzionalità del voto.

Se un elettore vota per il candidato al collegio uninominale, ma non intende accordare una preferenza ad una dei partiti presenti nel listino proporzionale ad esso collegato, questo si estende ugualmente alla formazione che in percentuale prende più voti. Se a me sta simpatico un candidato che si presenta nel maggioritario, per fatti miei personali, ma non ho intenzione di votare per i partiti a lui collegati nel proporzionale, perché comunque il mio voto espresso nel maggioritario deve incidere anche nel proporzionale? In pratica io delego la mia scelta nel listino plurinominale ad altri elettori che con le loro preferenze determinano il partito più votato nella coalizione. Il mio voto non sarà personale, perché nel plurinominale sarà condizionato dagli altri elettori, non sarà libero perché comunque andrà al partito più votato contro la mia volontà, tutto ciò in palese violazione dell’art. 48 della costituzione che afferma: “ Il voto è personale, libero ed uguale….” Va sottolineato che anche l’impossibilità, imposta dal sistema, di scegliere il candidato che si ritiene più meritevole di fiducia, con l’unica opzione di ratificare una candidatura calata dai partiti non rende il voto libero.

Cosa faro? (anche se la cosa potrebbe non interessare ad alcuno)

Mi  repelle partecipare a questo esercizio plebiscitario mascherato da democrazia. Mi verrebbe di andare a votare per Unione Popolare, per affinità ideologiche e perché, almeno loro, hanno rifiutato il gioco degli ammiccamenti e degli accorddicchi di bassa lega,  con i capi bastone  delle preferenze, pur di  evirare le firme ed elemosinare uno scranno in Parlamento.  I militanti di Unione popolare, pur di partecipare con il proprio  programma senza essere tiranneggiati dalle ragioni del voto utile,  si sono messi a raccogliere le firme in agosto con la gente in ferie, e sono riusciti a raggiungere l’obiettivo,  dimostrando che forse una via democratica, seppur piccola  è ancora aperta. Ma anche in questo caso l’obbligo di votare  candidati  in questa formazione nel mio collegio, che non ritengo consoni a rappresentarmi, senza poterne sceglierne  altri, mi frena molto.

Probabilmente praticherò l’astensionismo con le motivazioni del diniego fatte annotare dal segretario del seggio nel verbale. A me non va di essere preso in giro, soprattutto in relazione ad un esercizio alto quale dovrebbe essere il momento elettorale. Momento che, invece, una massa di burocrati, servi della irreversibilità della dittatura del mercato, sta derubricando a passerella di personaggi improponibili, attenti più all’eclatanza di annunci pubblicitari da propagandare sui social, piuttosto che a spiegare i propri programmi. 

Ma del resto chi glielo fa fare?. Di programmi per lo più irrealizzabili non frega nulla a nessuno, neanche a loro.