Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

venerdì 8 febbraio 2013

2 febbraio No padroni Day a Maranello

Coordinamento "No Austerity"


 La sala prenotata a Maranello per il secondo appuntamento di No Austerity - organizzato questa volta con la collaborazione del Coordinamento in sostegno delle lotte delle cooperative - era troppo piccola: molti dei presenti hanno dovuto assistere al dibattito in piedi. Il risultato, in termini di partecipazione, è andato al di là delle nostre aspettative. Ma non è questo l'elemento più importante: la proposta di unire e coordinare le esperienze di lotta su una piattaforma di classe è stata accolta e condivisa da tanti lavoratori e realtà di lotta del territorio emiliano e delle regioni del nord.
 
Le relazioni iniziali e le proposte di No Austerity
 
L'assemblea del 2 febbraio è stata organizzata non a caso a Maranello (Mo), città simbolo dell'industria automobilistica, proprio nei giorni in cui Montezemolo presentava al mondo il nuovo modello della Ferrari. Tra i promotori di No Austerity ci sono, infatti, anche gli operai in lotta della Ferrari di Maranello: i delegati Fiom (che oggi non hanno più diritto alla rappresentanza in fabbrica) e la neonata Cub in Ferrari. Il dibattito è stato introdotto da Paolo Ventrella, delegato Fiom in Ferrari, che ha spiegato l'importanza di No Austerity, rimarcando la necessità di estendere e rafforzare questo coordinamento. Ventrella si è anche soffermato sugli effetti deleteri del contratto Fiat (che è stato applicato anche in Ferrari) e del contratto aziendale nella sua fabbrica: aumento dei ritmi di lavoro, disciplinamento in fabbrica, discriminazione (attraverso decurtazioni salariali) di chi si ammala e delle donne che vanno in maternità. Ha concluso il suo intervento con un appello alle realtà sindacali, politiche e di lotta rappresentate in sala ad aderire a No Austerity e con un appello più generale a rafforzare questo importante strumento di coordinamento delle lotte. 
Dopo l'intervento di Paolo, è stata data la parola a Mohamed Arafat, in rappresentanza del Coordinamento in sostegno delle lotte delle cooperative. L'intervento di Arafat, egiziano, tra i principali protagonisti delle lotte dei lavoratori del settore della logistica (Arafat è il portavoce della lotta dei facchini dell'Ikea di Piacenza), ha suscitato molto entusiasmo e strappato numerosi applausi. Arafat ha raccontato la dura lotta dei lavoratori delle cooperative, in gran parte immigrati, che, organizzandosi con il Si.Cobas, sono riusciti, partendo da una situazione di pesante ricatto e supersfruttamento, a mettere in difficoltà i padroni. Arafat ha spiegato che la loro forza è stata quella di non accettare nessun compromesso al ribasso, di non piegare la testa di fronte alle minacce ma di rispondere a chi faceva loro la guerra con un'altra guerra, la guerra di classe. Già oggi i lavoratori della logistica, grazie a questo atteggiamento combattivo, hanno conseguito importanti risultati. Arafat ha sottolineato a sua volta l'importanza di un più stretto coordinamento delle lotte dei lavoratori di diversi settori.
Dopo Arafat, è intervenuto Davide Molinari, che è stato invitato ad intervenire all'assemblea in rappresentanza del Collettivo Autonomo Studentesco di Modena. No Austerity, infatti, fin dalla sua fondazione, ha posto l'esigenza di coordinare le lotte dei lavoratori con quelle degli studenti che hanno dato vita, in questi anni, ad alcuni dei momenti di conflitto più duri e significativi. Molinari ha raccontato la loro esperienza di lotta, sia a livello locale che nazionale, citando ad esempio esperienze di resistenza popolare come quella della Val di Susa.
Infine, prima del dibattito, Fabiana Stefanoni nel suo intervento ha sottolineato l'importanza di No Austerity e della giornata del 2 febbraio a Maranello, non ha caso chiamata "No padroni day": una giornata che è stata pensata in contrapposizione a quanto è avvenuto, nei giorni precedenti, a Grugliasco, dove i padroni (Marchionne e Montezemolo) sono stati applauditi dagli operai, sollecitati dai dirigenti della Fiom. A Maranello, invece, gli operai contestano i padroni perché No Austerity si basa su una discriminante di classe, cioè sulla consapevolezza che lavoratori e padroni hanno interessi contrapposti: tanto più in questo momento storico caratterizzato da una profonda crisi del sistema, i padroni mirano a ridurre al minimo i diritti dei lavoratori per incrementare i propri profitti, ed è quello che sta accadendo anche in Fiat.
Infine, la Stefanoni, a nome del Coordinamento nazionale di No Austerity, ha posto alla discussione dell'assemblea alcune proposte:
 
1. costruire una prossima assemblea di No Austerity ad Avellino insieme con gli operai della Irisbus (di cui è stato letto e molto applaudito il saluto);
2. partecipare alle prossime iniziative di lotta degli operai delle cooperative, portando una solidarietà concreta ai lavoratori;
3. promuove iniziative cittadine a sostegno degli operai della Fiat (che a Modena sono più di 5000, tra Ferrari, Fiat-Cnh, Maserati);
4. attivarsi per promuovere la partecipazione all'incontro sindacale internazionale di Parigi del 22, 23, 24 marzo, promosso da 60 organizzazioni del sindacalismo combattivo di tutto il mondo.
 
Un dibattito vivace e nuove adesioni
 
Il dibattito a Maranello è stato vivace, con più di venti interventi che hanno portato un contributo sia all'elaborazione del percorso di No Austerity sia allo sviluppo di nuovi percorsi di collaborazione. Significative le nuove adesioni a No Austerity dal territorio modenese: lavoratori e lavoratrici della Cooperativa Gulliver, della scuola, delle fabbriche di Modena e Maranello, immigrati delle zone terremotate, ecc.
Ma le nuove adesioni non sono venute solo da Modena: sono intervenuti in assemblea, dando il loro sostegno a No Austerity, anche immigrati dei coordinamenti di lotta del Veneto, precari del Coordinamento Scuola di Mantova (questi ultimi hanno proposto un ordine del giorno in solidarietà degli operai della cartiera Burgo), lavoratori immigrati di Piacenza (molto applaudito l'intervento di Fouad, tra i protagonisti delle lotta all'Ikea), ecc. In sala erano presenti - e molti di loro sono intervenuti - anche compagni in rappresentanza di realtà di lotta e sindacali che già hanno aderito, in occasione della prima assemblea a Cassina de Pecchi, al coordinamento delle lotte: operai della Ferrari, membri del direttivo della Cub di Vicenza, Moustapha Wagne ed Ejeh del Coordinamento Migranti di Verona, dirigenti della Fiom di Cremona, attivisti della Rete 28 aprile, studenti del Collettivo Studenti Scuola Pubblica, operai Fiom e Cub di Bergamo e della Cub di Parma, studenti dei collettivi bolognesi.
Sono poi intervenuti nel dibattito, portando il loro saluto all'assemblea e ponendosi in dialogo con No Austerity, anche delegati Fiom e attivisti della Maserati e della Fiat Cnh di Modena. Presenti in sala anche compagni della Toscana e in particolare rappresentanti del movimento antagonista fiorentino (a cui No Austerity ha proposto un percorso di collaborazione), compagni del movimento antagonista modenese (Centri sociale Guernica e Libera), operai dell'Acciaieria Arvedi di Cremona.
Tra le organizzazioni politiche presenti e che sono intervenute, ricordiamo Alternativa Comunista (che ha ribadito la sua adesione a No Austerity), la Lista Civica Maranello (che, insieme al Codacons di Modena, ha dato la sua disponibilità alla collaborazione), il circolo Gramsci del Prc di Modena (che invece ha dichiarato la sua indisponibilità ad aderire a No Austerity per imprecisate divergenze politiche: ai compagni del Prc di Modena in vari interventi è stato chiesto di mettere da parte atteggiamenti di chiusura e di portare invece il loro contributo alla costruzione di No Austerity).
Sono stati letti due importanti saluti arrivati all'assemblea, da parte di compagni che non hanno potuto partecipare per ragioni di distanza ma che hanno fatto sentire la loro presenza da lontano con due calorose lettere di saluto: la già citata lettera degli operai di Resistenza Operaia Irisbus di Avellino e il saluto del Coordinamento Pugliese Lavoratori in Lotta.
 
Le decisioni dell'assemblea
 
Ribadendo l'importanza della democrazia nell'organizzazione della discussione all'interno di No Austerity, l'assemblea di Maranello si è conclusa con la votazione di alcune proposte (che sono state approvate all'unanimità), alcune delle quali presentate nella relazione della Stefanoni, altre emerse nel corso del dibattito:
 
1) organizzare una prossima assemblea di No Austerity ad Avellino, insieme con gli operai della Fiat-Irisbus e cercando di coinvolgere le realtà di lotta (operaie, studentesche e di movimento) del territorio campano e del sud;
2) portare sostegno e solidarietà attiva alle iniziative di lotta dei lavoratori delle cooperative (di cui daremo comunicazione anche sul nostro sito), sia partecipando ai picchetti e alle manifestazioni che verranno organizzati nei prossimi mesi sia sostenendo la cassa di resistenza per le lotte delle cooperative.
3) Sono stati poi approvati, sempre all'unanimità, quattro ordini del giorno: uno in solidarietà ai lavoratori del gruppo Fiat di Modena e contro la discriminazione salariale in Ferrari; un ordine del giorno in solidarietà agli operai della cartiera Burgo di Mantova (che rischiano il licenziamento di massa), un ordine del giorno (proposto dai rappresentanti del Collettivo Scuola Pubblica di Vicenza) di partecipazione e sostegno alla giornata di mobilitazione nazionale studentesca del 15 febbraio, infine un ordine del giorno in solidarietà con gli immigrati terremotati della bassa modenese.
L'assemblea di Maranello ci ha confermato ancora una volta della necessità urgente di un organismo di coordinamento delle lotte come No Austerity, al fine di unificare dalla base, rafforzare e rendere vincenti le nostre lotte.
Per questo, facciamo appello a tutti i lavoratori, agli immigrati, agli studenti, alle organizzazioni sindacali, politiche e di lotta a contribuire alla costruzione di No Austerity. Uniti si vince!
 
 

GLI ORDINI DEL GIORNO
APPROVATI ALL'UNANIMITA'
 
Ordine del giorno sugli operai del gruppo Fiat di ModenaL'assemblea esprime la propria solidarietà ai lavoratori del gruppo Fiat di Modena, che hanno subito l'accordo Fiat nonostante la bocciatura del contratto da parte non solo dei delegati della Fiom ma persino degli stessi delegati di Fim e Uilm. In modo particolare condanniamo il meccanismo di discriminazione salariale frutto di un accordo in Ferrari tra Montezemolo e Fim e Uilm, accordo che prevede un taglio salariale ai danni di chi si ammala, di chi si infortuna, di chi usufruisce della legge 104. Una discriminazione salariale che colpisce in modo infame anche le donne in maternità obbligatoria, che vengono considerate dal contratto aziendale Ferrari delle "assenteiste".
 
Ordine del giorno sugli operai della cartiera Burgo di MantovaDa tre settimane è iniziata la lotta dei 180 operai della cartiera Burgo di Mantova che, come una doccia fredda, hanno ricevuto la notizia dell'imminente chiusura dell'azienda. Dopo tre inutili incontri con le rappresentanze sindacali e istituzionali, hanno visto sfumare la speranza di tenere aperta la fabbrica che dalla settimana prossima chiuderà i cancelli. Le stesse organizzazioni sindacali si sono dimostrate inequivocabilmente conniventi con i padroni, cercando di sedare quegli operai che hanno compreso quanto sia inevitabile una radicalizzazione della lotta e hanno proposto l'occupazione della fabbrica. L'assemblea di No Austerity esprime la propria solidarietà agli operai della Burgo e condivide la necessità di occupare la fabbrica e radicalizzare la lotta.
 
Ordine del giorno sulla manifestazione studentesca del 15 febbraio Ancora una volta ci si prepara a scendere in piazza e ancora una volta sono gli studenti che autonomamente hanno convocato una giornata di mobilitazione nazionale alla vigilia delle elezioni, venerdì 15 febbraio 2013. In quella giornata saranno tante le piazze italiane invase da studentesse e studenti che non vedono nella farsa delle urne la possibilità di uscire dalla crisi. Dai cortei del 5 e 12 Ottobre, passando dallo sciopero europeo del 14 Novembre e arrivando alla giornata del 6 Dicembre, gli studenti si sono fatti sentire contro l'austerità e le riforme scolastiche promulgate dagli ultimi governi succedutisi (sia centrosinistra che centrodestra che tecnici). Non avendo ancora raggiunto l’obiettivo, si ritorna nelle strade e il Coordinamento No Austerity è affianco a tutti gli studenti che scenderanno in piazza. Siamo solidali e complici con la lotta delle giovani generazioni, una lotta per una scuola e un’università pubbliche che garantiscano a tutti gli studenti un diritto allo studio che oggi viene in gran parte negato. La nostra lotta è anche la lotta degli studenti in quanto futuri disoccupati o, nella migliore delle ipotesi, futuri precari da sfruttare. Per questo appoggiamo la giornata di mobilitazione nazionale studentesca del 15 febbraio 2013. Lavoratori e studenti uniti nella lotta!
 
Ordine del giorno sugli immigrati delle zone terremotate No Austerity esprime la propria solidarietà a Samuel Anane (lavoratore del Ghana immigrato a Concordia in provincia di Modena) e a tutti gli altri immigrati che, come lui, sono costretti a vivere nelle zone terremotate in condizioni disumane. Si tratta di immigrati che, oltre ad aver perso il posto di lavoro dopo il crollo delle fabbriche e oltre a essere privi di un tetto, oggi sono ai limiti della sopravvivenza e rischiano di diventare clandestini. A tutto questo si aggiunge un clima di pesante razzismo: nelle zone terremotate spesso gli immigrati diventando i capri espiatori di una situazione che, al di là della catastrofe naturale, è stata aggravata dagli interessi di un pugno di capitalisti senza scrupoli, che hanno costruito case e fabbriche di cartapesta.  

Il TAR blocca i rifiuti di Roma diretti a Colfelice


RETE PER LA TUTELA DELLA VALLE DEL SACCO – RAGGIO VERDE


“Salutiamo con soddisfazione la decisione del TAR Lazio, che ha accolto oggi la richiesta di sospensiva sulle prescrizioni del Decreto Clini volte a risolvere l’emergenza rifiuti della Capitale utilizzando l’impiantistica delle province presentata dal Comune di Albano, Provincia di Frosinone e SAF” – così Alberto Valleriani, presidente, e Francesco Bearzi, coordinatore provinciale Frosinone della Rete per la Tutela della Valle del Sacco. “Si evita così un carico ambientale ulteriormente insostenibile per l’area gravitante intorno al TMB di Colfelice, gestito da SAF. Peraltro, insieme all’associazione Raggio Verde, abbiamo avviato l’azione conoscitiva volta a stabilire se la qualità del cdr prodotto e l’idoneità del trattamento sia adeguatamente verificata dall’ente preposto, ARPA Frosinone. C’è invece poco da gioire per le conseguenze dell’emergenza, da addebitarsi alle istituzioni che per anni e anni hanno fatto di tutto per produrne le condizioni”.

Valle del Sacco, 8 febbraio 2013 

Che fretta c'è? Rinviate alla prossima legislatura la discussione sui rifiuti nei cementifici

Rete per la tutela della Valle del Sacco

Dalle mailing list nazionali è partita una mail a chi nella Commissione della Camera dovrà decidere sul regolamento dei Combustibili Solidi Secondari (CSS) da utilizzare nei cementifici, quindi anche Colleferro.
Di sotto il testo in cui modificare le generalità di chi invia. 

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Oggetto: Che fretta c'è? Rinviate alla prossima legislatura la discussione sui rifiuti nei cementifici
Stimati commissari,
in vista della riunione del prossimo 11 febbraio, nella quale sarete chiamati ad esprimere un parere in merito allo"Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale"
v'invito a considerare che:
·  il provvedimento viene giustificato con la "continua crescita della quantità di rifiuti [che] costituisce un problema ambientale e territoriale comune a tutti i paesi industrializzati, ma con connotati più gravi per l’Italia e, in particolare, per alcune aree del nostro Paese che fanno ancora ampio ricorso allo smaltimento in discariche, di cui molte fra l’altro in via di esaurimento", mentre i dati dell'Ispra certificano che i rifiuti solidi urbani prodotti in Italia nel 2010 sono inferiori a quelli prodotti nel 2006, con un ulteriore calo nel 2012 legato alla situazione di crisi attualmente in atto;
·  la destinazione dei rifiuti a pratiche di incenerimento è contraria alla recente raccomandazione del Parlamento europeo (A7-0161/2012, adottata a Maggio 2012) di rispettare la gerarchia dei rifiuti e di intraprendere con decisione, entro il prossimo decennio, la strada dell’abbandono delle pratiche di incenerimento di materie recuperabili in altro modo;
·  attraverso la trasformazione in CSS, i rifiuti solidi urbani, per cui vige il principio della gestione e della "chiusura del ciclo" a livello territoriale, vengono trasformati in rifiuti speciali, il cui sistema di tracciabilità,Sistri, è ancora un miraggio, un problema evidenziato anche nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse;
·  i cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti con e senza l’uso dei rifiuti come combustibile e i limiti di legge per le emissioni di questi impianti sono enormemente più permissivi e soggetti a deroghe rispetto a quelli degli inceneritori classici; ad esempio, considerando solo gli NOx, per un inceneritore il limite di legge è 200 mg/Nmc, mentre per un cementificio è tra 500 e 1800mg/Nmc;
·  la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare in merito alla emissione di diossine/composti organici clorurati e metalli pesanti. La produzione di diossine è direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti bruciati. Da un'analisi comparata dei decreti legislativi 152/2006 e 133/2005, inoltre, risulta che il limite per le diossine passa da 0,1 nanogrammi/mc negli inceneritori a 0,01 milligrammi/mc nei cementifici;
·  nella prossima legislatura potrebbe essere approvato il ddl promosso dal ministro dell'Agricoltura Mario Catania in merito al contenimento del consumo di suolo agricolo, che comporta, tra l'altro, una moratoria triennale rispetto all'edificazione di nuovi terreni agricoli, con una conseguente riduzione del fabbisogno di cemento pro-capite e quindi dell'attività dei cementifici, e ciò potrebbe comportare un'auspicabile nuova configurazione dell'intero comparto produttivo;
per quanto sopra esposto vi chiedo di esprimere un parere negativo, e di far pressione sull'esecutivo affinché il provvedimento venga discusso in maniera più ampia durante la prossima legislatura.
Luogo:
Data:
Firma:


Indirizzi mail a cui inviare
A:


Cc:



giovedì 7 febbraio 2013

Aspettando "Trane"

a cura di Luciano Granieri

dal libro "Stasera jazz" di Arrigo Polillo.


"  ll quartetto di John Coltrane con McCoy Tyner, Elivin Jones e Jimmy Garrison, venne per la seconda volta a Milano nell’ottobre del 1963. Le emozioni cominciarono subito all’aeroporto, quando ci accorgemmo che fra i passeggeri appena arrivati da Amsterdam non c’era –contrariamente alle previsioni – proprio nessuno che assomigliasse a Coltrane e compagni. Avevamo purtroppo poco tempo a disposizione: l’aereo che avrebbe dovuto portare i nostri eroi era atterrato a Linate verso le due e mezzo del pomeriggio, e il primo dei due concerti sarebbe dovuto cominciare due ore dopo.
Accertato che il successivo aereo da Amsterdam  sarebbe arrivato verso e cinque e mezza, prendemmo le misure necessarie per fronteggiare la difficile situazione: uno di noi corse in teatro per essere pronto a comunicare al pubblico quanto gli avremmo fatto sapere per telefono: e cioè che l’inizio del concerto sarebbe stato posticipato all’ora x, oppure che sarebbe strato annullato. Gli altri, fra cui io, rimasero all’aeroporto per cercare di sapere in anticipo se fra i passeggeri del successivo volo ci fossero i nostri amici, e per poi accompagnarli al teatro. Fu Barazzetta che, valendosi di sue conoscenze, riuscì ad ottenere ciò che ci venia dichiarato impossibile, e cioè farsi confermare  - quando già l’aereo era in volo –  che su di esso viaggiavano i Signori John Coltrane  e C. (Ricordo ancora chiarissimamente l’emozione con cui apprendemmo al telefono ch i quattro passeggeri da noi ricercati erano in volo verso Milano…). Come Dio volle, i nostri atterrarono a Linate. Li caricai sulla macchina e mi avviai a tutta velocità verso  teatro, dove il pubblico, tenuto al corrente di quanto stava succedendo, era in paziente attesa da n paio d’ore (nessuno aveva chiesto l rimborso del biglietto, che pure avevamo offerto: per Trane valeva la pena aspettare..). Mentre guidavo i miei nervi erano tanto tesi che ebbi un lapsus: invece di dire che il  pubblico stava aspettando da ore (hours) in teatro, dissi ai quattro che aspettava da anni (years), otenendo come risposta una fragorosa risata che mi rivelò che, fra i cinque uomini che si pigiavano nell’automobile, l’unico veramente preoccupato ero io. Po feci a Coltrane questo discorsetto: “Ormai non c’è tempo per un intervallo sufficientemente lungo per andare al ristorante, fra un concerto e l’altrp. Al massimo possiamo fare un intervallo di mezz’ora durante il quale potrete mangiare delle bistecche  che faremo portare in camerino”. Mi confortò tranquillo “Okay”: evidentemente il nostro si immedesimava nella situazione, anche se sembrava calmissimo.
Arrivato in teatro divenne ancora più calmo: si cambiò d’abito (suonava sempre in smoking) con grande lentezza, fece un po’ di toilette, e poi si rilassò per alcuni minuti; e i sui uomni feero altrettanto. In quel modo si perse un’altra mezz’ora e si arrivò alle sete. E’ vano aspettarsi da un musicista di jazz americano dei movimenti affrettati prima del concerto; alcuni minuti di relax (a base di sigarette più o meno “pesanti”) prima di suonare sembrano assolutamente indispensabili.
Ma torniamo a Trane e i suoi. Quella sera ci regalarono dello splendido jazz suonando quasi senza soluzione di continuità per più di quattro ore. Ci fu il previsto intervallo di mezz’ora per la bistecchina in camerino, ma per il resto: non-stop. Se si pensa che un assolo di Coltrane poteva continuare senza interruzione per tre quarti d’ora si può avere un’idea del tour de force a cui i quattro si sottoposero.
Eppure alla fine dei due concerti, il leggendario sassofonista sembrava fresco esattamente come era in principio. Come allora (quanto tempo era passato dal primo My favourite things della giornata? A me sembrava un’eternità) rispondeva quietamente, con un dolce, paziente sprriso sulle labbra, a qualunque domanda gli venisse rivolta. Era un uomo “serafico”: qesto è l’aggettivo giusto. Proprio il contrario della sua musica, tumultuosa, ubriacante.
Quel sorriso mi diede il coraggio di rivolgergli alcune domande formali nella speranza di ottenere risposte sufficienti per cavarne un’intervista. Poi però troncai corto, perché provai della compassione per gli altri  tre uomini  che, dopo aver fatto un viaggio da Amsterdam a Milano e aver dato due concerti di fila, il tutto nel giro di sei ore o giù di lì, avevano il diritto di andare a dormire. Tuttavia feci in tempo  a ottenere qualche riposta, e la ricordo bene. Tra l’altro rammento la scarsa importanza che Coltrane annetteva a un suo  disco che a me pareva ottimo, Olè Cotrane, e ricordo soprattutto l’incredibile modestia di cui, con ogni sua risposta dava prova. A un certo punto mi disse di avere un contratto con la Impulse che lo obbligava a registrare tre LP all’anno. “E’ un problema serio” mi disse a questo proposito. “ Per registrare tre dischi bisogna  avere inventato tanta di quella musica! Nei dischi bisogna mettere solo il meglio di quanto si è inventato e suonato durante l’anno, e i non so proprio come farò…”  Rividi l’ultima volta Coltrane, ancora con i sui tre amici , al Festival del jazz di Juan les Pins, nel luglio del 1965. Gli sentii suonare un magnifico A Love Supreme (era la prima volta che ascoltavo da lui questo pezzo oggi famoso, perché allora il disco non era ancora arrivato in Italia) e poi andai fra le quinte a salutarlo e a congratularmi con lui. “Guarda chi c’è” disse a Tyner, col sorrisetto serafico che conoscevo già. E’ inutile aggiungere che, nonostante l’impegnativa impresa (A Love Supreme durava circa  tre quarti d’ora), era fresco come una rosa."
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Vogliamo proporre a tutti gli appassionati di jazz e ai nostri naviganti le gesta dei quattro personaggi protagonisti del racconto di Polillo. I video che seguono infatti vedono, John Coltrane –sax tenore e soprano, McCoy Tyner - pianoforte, Elvin Jones – batteria e Jimmy Garrison al contrabbasso,  impegnati nell’esecuzione di tre brani emblematici della poetica jazzistica del quartetto. Il set fu registrato a San Francisco nel dicembre del 1963  e faceva parte di un ciclo televisivo prodotto dal giornalista e critico musicale Ralph J.Glesason, denominato Jazz Casual. I brani in questione sono “Afro Blue” scritto da Mongo Santamaria, un pezzo in tre quarti. Una struttura ritmica molto congeniale al quartetto del sassofonista di Hamlet North Carolina, basti pensare che la stessa forma ritmica  è la base di My Favoirute Things il brano tratto dall’omonimo valzer di Roger e Hammerstein,  utilizzato come colonna sonora di “Tutti insieme appassionatamente”, che segnò uno dei capolavori assoluti di Coltane. L’improvvisazione che Coltrane sviluppa in Afro Blue, prima con il soprano e poi con il tenore,  è costruita secondo la logica modale.  Un  linguaggio che sposta il fluire della melodia al di fuori del contesto definito dagli accordi.  Segue “Alabama” una composizione dello stesso Coltrane, un brano dall’atmosfera mistica, austera. Dopo l’enunciazione del tema, l’improvvisazione si snoda uscendo dal recinto  degli accordi per svilupparsi ancora una volta su un binario modale. Il terzo pezzo è Impression,  sempre di Coltrane. Una favolosa cavalcata improvvisativa in cui tutti i musicisti si esprimono su livelli straordinari. McCoy Tyner sfodera una assolo straordinario, grappoli di note si susseguono in modo brillante. La mano sinistra sfodera un  tocco poderoso, sempre alla scoperta di nuove armonie, e la  destra è impegnata a impreziosire il tutto con arpeggi veloci e finissimi. Impressionante è la parte in cui restano soli Coltrane e Jones a rincorrersi con brillanti suggestioni. Elvin Jones è immenso mostra una libertà ritmica inusitata, intensa, capace di fondersi perfettamente con l’esuberanza improvvisativa di Coltrane, l’assolo di Garrison è una perla, il suo contrabbasso sembra a tratti un’orchestra.  Ascoltando questi tre brani si può facilmente intuire la ragione per cui il pubblico di Milano rinunciò a farsi rimborsare il biglietto e attese pazientemente due ore per l’esibizione del quartetto di Coltrane. John Coltrane, pur nella tranquillità e mitezza del suo carattere, riuscì ad esprimere una musica dalla forte connotazione politica   e di lotta per i diritti sociali e civili dei neri e di tutte le categorie sociali emarginate . Il suo stile, forgiato dall’esperienza del Rythm and Blues, del Be Bop, dall’aver avuto compagni di viaggio come Miles Davis e Thelonius Monk  e dall’improvviszione modale, evoca i canti di lavoro degli schiavi neri e la rabbia che esplodeva nei ghetti. Non c’è dubbio che Cotrane fu il degno continuatore di quella rivoluzione espressiva iniziata da Charlie Parker.
Good  Vibrations.

Luciano Granieri


A voi il referendum, ai lavoratori la lotta di classe!


di Adriano Lotito
(candidato premier per Alternativa Comunista)

Ecco ci risiamo! Gli ideologi di una presunta "democrazia popolare" ci spiegano che devono essere i “cittadini” a “decidere le regole del lavoro e dei licenziamenti” (Travaglio), dimenticando forse l’esito reale del referendum su acqua e nucleare dello scorso anno. E così, eccoci qua a parlare nuovamente di referendum, questa volta sui temi del lavoro. Lo scorso mese il comitato referendario ha depositato le firme raccolte per i due quesiti referendari alla Corte di Cassazione. Questi due quesiti hanno l’obiettivo di ripristinare l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori nella sua versione originale e di abrogare l’art.8 del decreto-legge n.138 (la manovra Sacconi dell’estate 2011). Dal momento che riteniamo la verità essere sempre rivoluzionaria, abbiamo la premura di schiarire la confusione di queste eminenze del clero intellettuale ed evitare che si producano altri equivoci in grado di sviare il conflitto sociale verso mete compatibili con l’ordine di cose esistente.

La sconfitta del percorso referendario del giugno 2011 Il referendum “vittorioso” del giugno 2011 è stato palesemente calpestato da amministrazioni e governi regionali, come dimostrano le tariffe sull’acqua rimaste invariate nella Puglia di Vendola, e occultato negli ultimi decreti sulle liberalizzazioni del governo Monti. E' un fatto! Ma leggiamo direttamente cosa c’è scritto sul Forum dei movimenti per l’acqua bene comune, che il 25 e 26 gennaio ha lanciato una mobilitazione nazionale contro il nuovo metodo tariffario dell’acqua: “Il 28 Dicembre 2012 l'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas ha approvato il nuovo Metodo Tariffario Transitorio 2012-2013 per il Servizio idrico Integrato sancendo, nei fatti, la negazione dei Referendum del giugno 2011, con cui 27 milioni di cittadini italiani si erano espressi per una gestione dell'acqua che fosse pubblica e fuori dalle logiche di mercato. Già il Governo Berlusconi, solo due mesi dopo i referendum, aveva varato un decreto che, reintroducendo sostanzialmente la stessa norma abrogata, avrebbe portato alla privatizzazione dei servizi pubblici locali. Tale decreto è stato poi dichiarato incostituzionale. In egual modo l'Autorità vara una tariffa che nega, nello specifico, il secondo referendum sulla remunerazione del capitale e lascia che si possano fare profitti sull'acqua, cambiando semplicemente la denominazione in “costo della risorsa finanziaria”, ma non la sostanza: profitti garantiti in bolletta” (1).
Se passiamo al nucleare, pochi sono a conoscenza del fatto che anche dopo il referendum del 1987, e ancora dopo quello del 2011,  in Italia sono rimasti in servizio 4 reattori nucleari (due in provincia di Milano, uno in provincia di Roma e uno a Pavia) (2). Il nostro Paese è ancora lontano dall’essere denuclearizzato. Diversi siti fanno i conti con una quantità di scorie radioattive che complessivamente si aggira sui 60-100mila metri cubi. I lavoratori italiani pagano ancora il nucleare in bolletta: per lo smantellamento delle scorie radioattive i contribuenti pagano circa 300-400 milioni di euro ogni anno (3).

Il nuovo referendum sul “lavoro”: il ricorso illusorio alla “iniziativa popolare”Oltretutto c’è da considerare che il referendum dell’anno scorso aveva un carattere chiaramente interclassista, dal momento che bere acqua a prezzi ragionevoli e vivere in uno spazio non radioattivo è un interesse comune agli operai come ai padroni. Diverso significato ha un referendum che a parole pretende di essere "di classe": è un referendum perdente in partenza, come già fu nel caso del referendum sull'estensione dell'art. 18, perché è illusorio (e truffaldino) dire che la maggioranza dell'elettorato si pronuncerà a difesa dell'articolo 18, anche per i mezzi che ha a disposizione la borghesia per contrastare l'esito del referendum stesso.
Le forti potenzialità espresse dal voto del 12 e 13 giugno 2011 sono state forse organizzate in una lotta prolungata e di massa che continuasse aldilà del voto referendario? Domanda retorica, certo che no! Perché non sarebbe stato nell’interesse di quelle forze politiche che hanno organizzato (pilotato) la campagna referendaria. Quel referendum è servito, ma non alle masse popolari schiacciate da crisi e privatizzazioni, non al movimento di base che in quei giorni volantinava per le strade di tutto il Paese, bensì è servito a rilanciare mediaticamente quelle forze riformiste (Sel e Rifondazione) e populiste (Idv), in vista delle amministrative di Milano e Napoli (che infatti videro il “successo” di Pisapia e De Magistris).
Oggi come ieri quelle stesse forze lanciano il referendum sui temi del lavoro; oggi come ieri il progetto referendario non mira a realizzare gli interessi reali dei lavoratori e delle lavoratrici, ma serve unicamente al rilancio elettorale della socialdemocrazia in vista delle prossime elezioni politiche; oggi come ieri la giusta rabbia sociale delle masse viene deviata, calpestata e strumentalizzata dalle burocrazie di partiti (e movimenti) per una poltrona al prossimo governo (Vendola), per una misera percentuale elettorale (Ferrero) o per un briciolo di visibilità mediatica. Per la conservazione di qualche privilegio (concreto  o astratto che sia) queste forze sono disposte ancora una volta a nutrire le masse popolari di false illusioni nei confronti degli istituti formali della democrazia borghese.

Contro gli attacchi al mondo del lavoro, solo la lotta paga! Ma non è con una crocetta sul Sì che si respingono gli attacchi alla classe lavoratrice, ma organizzando una lotta di massa ad oltranza, costruendo lo sciopero generale, bloccando totalmente la produzione, occupando fabbriche, scuole e università; in altri termini: lottando per rovesciare questo assetto istituzionale compatibile con le logiche di mercato e per costruire un governo dei lavoratori e per i lavoratori! Un progetto (rivoluzionario) che né Vendola, né Ferrero (ma certo neppure il sedicente "trotskista" Ferrando) sono intenzionati a costruire! Non è con i referendum che si respingono gli attacchi della Troika, del governo Monti e dei padroni, ma con le lotte e le mobilitazioni di massa! Il nostro impegno va quindi prima di tutto nella costruzione delle lotte dei lavoratori che anche nel nostro Paese si vanno diffondendo pur tra i mille ostacoli rappresentati dai giochi di prestigio della sinistra politica e sindacale. Lotte che vogliamo costruire in un rapporto unitario anche con quegli attivisti della sinistra che in buona fede si sono impegnati nella raccolta di firme per il referendum, con intenzioni soggettive opposte ai burocrati che il referendum hanno promosso.
A voi il referendum, ai lavoratori la lotta di classe!
 
 
 

mercoledì 6 febbraio 2013

L'Imu e il non voto dei poveri

Mario Pianta, fonte http://www.sbilanciamoci.info/


Metà degli italiani poveri non vota. Secondo l’ultimo sondaggio Swg (1), l’area del non voto viene data al 30%, ma sale al 45% tra chi ha un reddito basso. E, tra chi vota, la lista di Beppe Grillo ottiene il 18% dei consensi. Altre rilevazioni danno percentuali ancora superiori per non voto e indecisi, che potrebbero ridursi all’avvicinarsi delle urne. Alle scorse elezioni politiche i non votanti sono stati il 20%; se l’affluenza al voto restasse la stessa, ci sono – secondo Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore – sette milioni di indecisi che decideranno l’esito del voto. 
La composizione del non voto è importante; i giovani questa volta sembrano più decisi a votare (soprattutto Bersani e Grillo) che in passato. Tra i più lontani dalla rappresentanza politica sono invece i “perdenti”: gli italiani impoveriti dalla crisi, più vulnerabili, con minor istruzione. Oggi un italiano su sei vorrebbe lavorare ma è senza occupazione, un dipendente su quattro è precario, la produzione industriale è caduta del 25%.
È soprattutto a quest’area che si è rivolto domenica scorsa Silvio Berlusconi con la sua proposta di rimborsare l'Imu sulla prima casa: la promessa di una mancia di qualche centinaio di euro per famiglie che non arrivano a fine mese, quando i veri vantaggi andrebbero ai ricchi con le case di valore. Berlusconi ha parlato di 4 miliardi di entrate per l'Imu sulla prima casa (sui 24 miliardi di gettito totale) che potrebbero essere finanziate dai 25-30 miliardi di possibili entrate per l'accordo con la Svizzera per la tassazione dei capitali esportati clandestinamente. Brunetta ha aggiunto che la Cassa depositi e prestiti potrebbe anticipare i soldi del rimborso 2013 (in attesa dell’accordo con Berna) e, per i prossimi anni, ha proposto nuovi giochi d’azzardo e tasse su alcol e sigarette per compensare le minori entrate Imu. Al diffuso bisogno di una redistribuzione di reddito, di una “restituzione” da parte del fisco, la destra offre questa risposta illusoria, e Berlusconi promette un nuovo condono fiscale che, ancora una volta, sarebbe un favore ai più ricchi e agli evasori.
La risposta del centro sinistra dev’essere quella di una redistribuzione effettiva. Un esempio? Con gli stessi 4 miliardi, si potrebbero azzerare le tasse su chi guadagna meno di mille euro lordi al mese per lavoro dipendente. Ci sono 4 milioni e 300 mila contribuenti che nel 2011 (su redditi 2010) hanno pagato imposte dirette sul lavoro dipendente, con redditi lordi che vanno da zero a 15 mila euro, versando al fisco 3,6 miliardi di euro. Sono questi i “working poor” di casa nostra, giovani precari, donne part-time, cassintegrati a rischio disoccupazione. Rappresentano una parte rilevante dei 7 milioni di elettori ancora indecisi. Hanno bisogno di una proposta politica che li riguardi, di una prospettiva di lavoro e di reddito. Un altro esempio? Con i soldi dell'accordo con la Svizzera – come sostiene Sbilanciamoci!(www.sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Le-cose-da-fare-nei-primi-cento-giorni-16334) 
– si potrebbe rilanciare l'economia e creare subito 50 mila posti di lavoro in produzioni “verdi”.

Difendiamo la nostra dignità, il nostro territorio, il nostro futuro e quello dei nostri figli

Francesco Notarcola


Dal 1990 ad oggi i governi regionali e nazionali di centro-destra e di centro-sinistra hanno fatto terra bruciata del nostro territorio e delle nostre risorse, con la complicità di una classe dirigente locale che ha coperto e difeso l’immobilità e l’indifferenza dei poteri rispetto ad un processo di deindustrializzazione e di disgregazione sociale senza precedenti. Mentre la Valle del Sacco ci restituiva i frutti di una devastazione ambientale, ampia e profonda, che ha contaminato e ucciso animali e piante e messo a rischio la salute umana con l’aumento delle patologie oncologiche, al territorio ed alle popolazioni della Ciociaria e del Cassinate hanno tolto tutto: ospedali, scuole, posti di lavoro, gestione pubblica dell’acqua, Banca d’Italia, Distretto militare, Centro di addestramento reclute, Uffici postali periferici, ecc. ecc.
Ora, siccome siamo stati buoni e bravi, vogliono regalarci 450-500 tonnellate di rifiuti al giorno, vale a dire 4500-5000 quintali di monnezza  prodotta dalla Capitale e dal Vaticano.
QUESTO E’ TROPPO. Dopo aver assassinato la Valle del Sacco, in nome del potere e del profitto, vogliono assassinare anche la Valle del Liri e mettere in ginocchio l’intera provincia.  Da Colleferro al Castellaccio di Paliano, da Anagni a Colfelice, da Roccasecca a San Vittore del Lazio vogliono continuare  ad appestare terra,  acqua ed aria.
Occorre dire BASTA ad ogni costo.
Dire NO ai rifiuti di Roma significa chiedere il rilancio economico-sociale, civile e culturale del nostro territorio che ha bellezze e risorse naturali incomparabili, da salvaguardare e da valorizzare perchè rappresentano un patrimonio che può garantire la  crescita e lo  sviluppo.
Certo è  che queste bellezze e queste risorse non hanno una vocazione monnezzaria e di discarica.
L’Incapacità a gestire i rifiuti dal parte del Comune   e della Provincia di Roma non la possiamo e non la dobbiamo pagare noi.
La monnezza di Roma la scaricassero in Piazza del Campidoglio, o a Piazza San Pietro, oppure davanti alle Piazze di  Palazzo Madama e di  Montecitorio,  siti più consoni a questo uso.
L’esercito dei candidati al Parlamento, alla Presidenza della Regione  ed al Consiglio regionale del Lazio cosa intende fare per scongiurare questa calamità che sta per abbattersi sulla nostra testa?
A tutti loro noi proponiamo di chiedere un incontro urgente con il Governo e con  il  Presidente del Consiglio.
Ai Sindaci e ai Consiglieri provinciali l’onore e   l’onere di organizzare la rivolta delle coscienze per imporre un cambiamento radicale della politica, per difendere la nostra dignità e per favorire le possibilità di crescita e di rilancio del nostro territorio e delle sue popolazioni.
Per questo occorre dare una risposta coraggiosa, di massa, univoca e senza tentennamenti. Da San Vittore del Lazio a Colleferro scendiamo tutti sulla Casilina a bordo di ogni automezzo in grado di muoversi ( auto, trattori, veicoli commerciali e da trasporto di ogni tipo, ecc.) e andiamo a Roma a far sentire la nostra voce per rivendicare dignità e lavoro, rispetto e progresso.
Se non ci sarà una risposta forte la monnezza arriverà e non per colpa altrui.
E’ ora di decidere. Le sole parole non servono più.

Ospedale di Frosinone, malati senza acqua


Francesco Notarcola – Presidente Consulta associazioni Capoluogo, Renato Galluzzi – Coordinatore Cittadinanzattiva –Tribunale per i  diritti del  malato, Antonio Marino – Presidente AIPA, Sandro Compagno – Presidente Associazione diritto alla salute –DAS-

Dal 12 gennaio c.a. ai cittadini-pazienti ricoverati negli ospedali della provincia di  Frosinone è stata tolta  la bottiglia di acqua ( ½ litro) che veniva distribuita ai due pasti.
Per il nosocomio del Capoluogo la notizia è stata annunciata con un comunicato emesso in data 11 gennaio u.s. a firma dell’Economo.
Lo staff dirigenziale della ASL  non ha avuto il coraggio  di emettere un comunicato  per informare i cittadini-pazienti e i loro familiari, le associazioni, i sindaci, la popolazione  con l’indicazione del numero della delibera e delle motivazioni.
La suddetta lettera dell’Economato dice soltanto che “ …in applicazione delle linee guida di cui all’art. 15 comma 13 del DL 95/2012,  “spendine rewiew” a partire dal 12 gennaio 2013 non si procederà più alla distribuzione dell’acqua.”
Sottolineiamo che la legge “ Spendine rewiew”, proposta dal governo Monti, è stata approvata e votata da PD,PDL,UDC,
L’esercito dei candidati al Parlamento Italiano ed al Consiglio regionale non si è accorto di nulla e nessuno ha elevato la bensì minima protesta. Il fatto grave e vergognoso è  che nemmeno i Sindaci, a cominciare da quello del Capoluogo che è anche il Presidente della conferenza locale della sanità, hanno fatto sentire la loro voce.
In una ASL dove gli sprechi sono enormi (contenzioso, spese legali, acquisto prestazioni aggiuntive, straordinario, insufficiente   verifica dell’appropriatezza dei ricoveri e delle cure prestate dalle strutture sanitarie convenzionate, irrazionale uso delle risorse umane e strutturali, ecc.) l’unica cosa che si va a tagliare l’acqua ai ricoverati nell’ospedale.
A solo titolo indicativo degli sprechi, vogliamo ricordare che è stata lasciata inutilizzata dal 2010 nell’ex Ospedale Umberto I del Capoluogo una TAC fino al 3/12/2012. Da questa data è stata trasferita a Sora  ove giace ammucchiata in qualche locale.
Questa TAC poteva eseguire se funzionante  300 esami al mese. Circa 7200 cittadini non hanno potuto eseguire  tempestivamente un esame di risonanza in questi due anni tenuto conto che si incassano, per questo tipo di esame, 61 euro di ticket, la ASL ha perso in due anni 532.000 euro.
Per eliminare la vergognosa decisione che ha tolto la bottiglietta d’acqua chiediamo  l’immediato intervento dei Sindaci, del Presidente f.f. dell’Amministrazione provinciale e di tutti i candidati alla Camera dei deputati, al Senato ed  alla Presidenza della Regione  Lazio. 

lunedì 4 febbraio 2013

Mauro Bottini: il trio diventa quartetto

Luciano Granieri


 Dopo più di due anni dal primo incontro con l’ensemble di MAURO BOTTINI IN QUEL DI ITHACA a Frosinone  torno a riascoltare volentieri il trio del sassofonista e clarinettista originario di Alatri che nel frattempo è diventato quartetto. Infatti a  Matteo Nizzardo,  organo Hammond e a Cristiano Coraggio batteria si è aggiunto il potente e talentuoso bassista Marco Massimi. Mi rincresce commentare  l’eccellente performance del quartetto -realizzata il 18 gennaio scorso  in quel di Serrone presso il ristorante “Du Casette” - per interposto “You Tube” e non direttamente. Sinceramente invidio un po’ coloro i quali hanno potuto partecipare al concerto,  deve essere stata una serata di gran bella musica. Del resto c’era da aspettarselo. Infatti la propulsione ritmica e la sensibilità improvvisativa del gruppo erano  già eccellenti due anni fa, ciò nonostante riascoltare il quartetto impreziosito anche dall’apporto di Marco Massimi è stata  un’esperienza nuova e interessante. Il brano del video  è “Flower Shop”, un blues scritto dallo stesso Bottini, inciso nel 2010 e inserito nel CD “Self Portrait”. Protagonisti di quelle registrazioni oltre a Mauro anche fior di musicisti come Paolo Tombolesi al piano, Stefano Micarelli alla chitarra, Massimo Manzi alla batteria e Massimo Moriconi al contrabbasso e al basso elettrico. L’esecuzione del brano  in questione è scintillante.  Mauro al  sax tenore  è sorprendente nell’unire un fraseggio estremamente blusey con una straordinaria pulizia del suono. Emotività ed eleganza sono elementi che fanno dell’improvvisazione di Bottini  un piccolo eccellente saggio di fervida vena creativa e di ottima tecnica. Ancora più sorprendente la prestazione di Matteo Nizzardo. Liberato dall’incombenza di eseguire anche le linee di basso, la creatività e l’esuberanza del giovane tastierista prorompono in un’improvvisazione coinvolgente ed entusiasmante. Notevoli i progressi di Cristiano Coraggio, il vero motore pulsante del gruppo, ma anche pronto a proporre soluzioni ritmiche complesse degne del miglior Elvin Jones. Piacevole la sorpresa di Marco Massimi. Un bassista energico e fluido, il suo assolo è veramente degno di nota. Ciò che emerge nell’ascoltare questa interpretazione di Flower Shop è il divertimento che ogni musicista mostra di provare nell’improvvisare , uno stato  che inevitabilmente coinvolge anche il pubblico, del locale ma anche della rete. Questo è un elemento fondamentale , perché quando i musicisti sono dotati e si divertono a suonare il risultato non può che essere straordinario.
Good Vibrations.


Grande il Capitano

da una segnalazione di Sandro Medici


Ennesimo gesto di solidarietà da parte di Francesco Totti. Stavolta il capitano ha sostenuto con un gesto simbolico "La locanda dei girasoli" un ristorante nel quartiere del Quadraro gestito da ragazzi affetti da sindrome di Down e a rischio chiusura. Negli studi della trasmissione televisiva 'Domenica 5' è intervenuto Simone, uno dei ragazzi che gestisce il locale in zona Tuscolana, che ha ricevuto in regalo una maglia autografata del numero 10 giallorosso.

Aureliade (Roma-Cagliari 2-4)

Kansas City 1927


Aurelio Marco Tullio Abelardo Antunes Coimbra Limonov Ruzzle Andreazzoli, meglio noto come Aurelio Andreazzoli dal giorno in cui Taddei gli dedicò un dribbling sbagliato con relativo avvitamento di caviglie durante una partita di Champions, nasce tra Massa e Carrara il 5 novembre 1953, su un blocco di marmo.

Di famiglia umile ma cazzuta, il piccolo Aurelio Marco Tullio Abelardo Antunes Coimbra Limonov Ruzzle s'appassiona da subito al giuoco del calcio grazie alla clandestina frequentazione di Corrado Orrico, chiacchierato massese di tredici anni più grande di lui, che di lì a qualche anno il fato avrebbe voluto allenatore dell'Ambrosiana Inter. I genitori tentano senza esito di ostacolare quella pericolosa amicizia fatta di spinelli, Aldo Spinelli, canzoni di Piero Ciampi, escavazioni e sovrapposizioni di blocchi di marmo, ma dati gli eccellenti risultati scolastici frutto di un'innata predisposizione per la matematica e le geometrie, abbozzano e fanno pippa.

Iniziato precocemente alle gioie del sesso, del fumo e dell'alcol (conosciute tutte in un’unica notte grazie a una prostituta russa di nome Hulk), Andreazzoli è già uomo di calcio a 11 anni, allorché, come narra la leggenda che avrebbe plasmato l’immaginario delle giovani leve locali che nel suo culto cresceranno (Evani, Coda, Francini, Lorieri e l’indimenticato Cristiano Zanetti), Aurelio si presenta al campo della Massese con il volto insolitamente ricoperto di ispida peluria. E’ febbraio, il carnevale impazza, ma il burbero tecnico della scuola calcio Giovanni Pascoli Footbal Club è omofobo uomo d'altri tempi intollerante a quelle che lui chiama "frocerie".
Giustappostosi al giovane Aurelio ecc. ecc., con un colpo secco prova a strapparne la peluria pensandola posticcia. Un rigagnolo di sangue zampilla dal bulbo sotto al mento del piccolo Andreazzoli. La sua è barba vera. Aurelio è già uomo.

E un uomo di calcio, per quanto giovane, spesso è un uomo in pericolo.

Corre l’anno 1964, il Brasile ha vinto i mondiali di calcio da due anni, l’entusiasmo popolare è alle stelle, ma la federazione e ancora più in alto il governo sanno che tutto ciò non può durare a lungo. Occorre programmare, per vincere ancora. Ondate di calciatori verdeoro dalla scarsa levatura tecnica ma dall’infallibile fiuto per il bel calcio invadono il vecchio continente pronti a riferire al governo patrio. L’obiettivo è chiaro: di talento ce n’è da vendere, la disciplina europea è ciò che manca per il definitivo salto di qualità. Servono struttura, severità, metodo. Ben presto le attenzioni si concentrano sul giovane Andreazzoli.

Nei quotidiani dell’epoca, solo un trafiletto. “Il rapimento del piccolo Aurelio tiene Massa col fiato sospeso”. Dopo pochi giorni, il silenzio. Un silenzio che Brasilia ha pagato profumatamente.

Il viaggio non è breve. Per sfuggire ai controlli aeroportuali gli 007 sudamericani optano per un cargo battente bandiera boema, non senza difficoltà, dato che nessuno sa come sia fatta. Durante i 25 giorni di navigazione, Aurelio non si scompone: non chiede della mamma, non chiede giocattoli, non fa domande. Chiede solo tre cose: una lavagna, un gesso, e un pallone. Ottenuti gli strumenti del mestiere inizia a fare ciò per cui è nato: insegnare calcio. Di lì a pochi anni, quei marinai avrebbero giocato nei più prestigiosi club del mondo.

Un bambino a bordo, più piccolo di un anno di Aurelio, intelligente più della media dei suoi coetanei, lo osserva e metabolizza, poi un giorno, vinti i timori, gli chiede: “Ma perchè se abbiamo quasi la stessa età tu hai già la barba e io no?”
“Tu sei curioso, questo farà di te un grande uomo, asseconda la tua curiosità, e poi metti in pratica ciò che hai imparato su questa nave. Qual è il tuo nome?”
“Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, e voglio avere anche io la barba”.
“Ah però, anche tu genitori stronzi eh? Da oggi sarai solo Socrates, e quando avrai la barba lasciala crescere, così che io ti possa riconoscere nel mondo”.

Degli anni brasiliani di Andreazzoli non si hanno cronache ufficiali, ma vangeli apocrifi e diari trafugati raccontano di lezioni di tattica alla fine delle quali giovani calciatori piangono abbracciandosi, di schemi per i calci piazzati intagliati nel legno dell’Amazzonia e spediti sino ai confini dello stato, di diagonali tramandate oralmente e a passi di capoeira di villaggio in villaggio.

Il tempo passa, Aurelio insegna, i risultati, inderogabilmente, arrivano: nel 1970, il Brasile è nuovamente campione del mondo. Sono passati sei anni, “O Màgico” è ormai un culto clandestino in tutto il paese, nessuno sa il suo nome, tutti lo amano, ma lui sa che il suo tempo lì è ormai concluso: è ora di nuove sfide, avrebbe compiuto la maggiore età in Europa.

Dal Brasile migra in Bolivia, dove apprende i segreti del fuorigioco d’altura e delle uscite dei portieri sudamericani gravemente prive di gravità; dalla Bolivia arriva in Colombia, dove lo precede la fama e lo aspettano i narcotrafficanti del cartello di Zuniga i quali, informati dai colleghi rapitori brasiliani, gli dicono Senor Andrea, facci vincere el mundial pure a nosotros e te riempimos d’oro e de coca. Ma Aurelio insegna calcio per vocazione e non per vil denaro, non accetta e viene sequestrato per 8 mesi e 8 giorni, fino al giorno in cui un giovane bimbo dalla criniera bizzarra messo a guardia del prigioniero, lo libera di nascosto. Carlos Valderrama, intervistato sulla vicenda anni e anni dopo, confesserà: “quell’uomo mi ha insegnato tutto. Un giorno, portandogli del guacamole per colazione, guardandomi nei baffi me lo spalmò in testa e mi disse: “solo con questo colore di capelli potrai farti notare su un campo di calcio. Di guacamole mi tinsi e da calciatore mi finsi. Senza di lui non sarei quello che sono”.

Nascosto in un viaggio di rifornimento a ritroso dei guerriglieri del cartello di Asprilla, Aurelio torna finalmente nel vecchio continente, in Olanda. Siamo nel 71, il mondo è dei giovani, ma i 18 anni di Aurelio sono come quelli dei cani, ognuno ne vale almeno sette.
Ruzzle Andreazzoli impara il fiammingo in tre settimane durante le quali compra marijuana da un bullo locale di nome Johan, campione del mondo di palleggi in corsa. Il carisma del massese è tale che il capellone locale improvvidamente lo sfida ma al quattordicesimo palleggio viene colpito da cacarella fulminante e molla. “Aurelio mi si avvicinò, e invece di umiliarmi mi accarezzò la testa proprio mentre ormai mi stavo per cacare addosso; tutto si bloccò, quel che era già liquido tornò solido, mi sentii di nuovo forte e invincibile, grazie a quell’uomo venuto dal nulla cui regalai tutto il fumo che avevo e il 14 sulle spalle per tutta la vita”.
Dopo qualche anno l’Olanda insegnerà calcio totale a tutto il mondo sfiorando la Coppa Rimet. Nessuno tra i commentatori internazionali capisce quale sia il ruolo giocato nell’imperiosa ascesa orange dal terzo fratello dei fratelli Van De Kerkhof. Nessuno tranne tutta l’Olanda. Che sa e saluta commossa Aurelio Van De Kerkhof, una notte d’inverno, dal porto di Rotterdam.

Ancora un porto, ancora una nave, ancora un incontro. Nel viaggio che conduce a Genova, Auruzzle incontra un uomo pensieroso, lo avvicina e inizia a parlargli. Le ore passano come minuti, dopo tanti anni è bello confrontarsi di nuovo con un italiano seppur bofonchiante, un allenatore per giunta, una brava persona, alla quale durante la conversazione insegna anche un gioco di carte: lo scopone scientifico. Aurelio, che non subisce il destino ma lo plasma con pacata determinazione, capisce che è ora di tornare a casa, di aiutare quell’uomo a coronare il sogno suo e di una nazione.
“Enzo, lavorerò con te”.
Bearzot scende dalla nave sorridendo, felice.
E’ la particella elementare del big bang di gioia che, qualche anno dopo, in una torrida notte di luglio si propagherà dalla Spagna all’Italia sancito dal triplice “Campioni del Mondo” che Nando Martellini aveva segnato su un taccuino qualche mese prima, su suggerimento di un uomo di Massa, durante un caffè.Sul volo che riporta la Nazionale a casa, nella storica partita a carte con il Presidente della Repubblica, Bearzot ricorda i consigli di quella notte sulla nave e vince. Pertini chiede al Ct chi gli abbia insegnato a giocare così, l’allenatore indica un uomo in fondo all’aereo. Da quel giorno tutti gli inquilini del Quirinale si sono avvalsi dei consigli di Aurelio Andreazzoli nelle ore più buie della nostra Repubblica.

Ombra dell’ennesimo trionfo, a 29 anni, Aurelio fa perdere le sue tracce. Mezzo mondo del calcio lo vorrebbe su una panchina, l’altro mezzo vorrebbe sapere chi è per riuscire almeno a proporglielo. Lui, vampiro della fama, fugge dalla luce dei riflettori e, semplicemente, svanisce.

Biografie non autorizzate hanno fantasticato ogni possibile scenario per questo buco di vent’anni, dal padre di famiglia al rivoluzionario accanto ai deboli di ogni parte del pianeta, dall’esilio all’ibernazione, dal viaggio nel tempo allo studio di nuove discipline, ipotesi, quest’ultima, che gode di maggiore credito. Ingegneria, elettronica, chimica, medicina: è plausibile immaginare che ognuno degli oggetti che popolano la nostra quotidianità debba dire grazie all’intelletto di un uomo che ha dedicato la sua vita agli altri.

In molti pensano che Bora Milutinovic, in realtà, altri non sia che Aurelio Andreazzoli sotto mentite spoglie, ma il Milutinovic smentisce più volte in tutte le lingue del mondo, ma soprattutto perde troppo spesso per essere Aurelio.

Evitato il disastro mondiale legato al rischio Millenium Bug, riconosciuta la paternità di un giovane nerd australiano di nome Julianassange che minaccia di rivelare al mondo i segreti della sua scomparsa, Andreazzoli entra nel nuovo millennio con un desiderio antico e sempre nuovo: insegnare calcio.

In una splendida giornata primaverile, durante uno dei suoi consueti giri solitari in spider, accuditi e curati come ogni giorno alcuni randagi malati e consegnati alla giustizia due evasi, Aurelio vede un uomo alle prese con una macchina in panne. Si ferma, lo aiuta, ovviamente individua il guasto e risolve.
“Piacere, Luciano. Grazie per avermi aiutato” tende la mano rincuorato l’automobilista.
“Ho appena iniziato ad aiutarti, non dovrai mai ringraziarmi, Luciano”.

E’ l’inizio di una nuova avventura, prima nella fredda Udine, poi, ritenutosi soddisfatto di aver portato una squadra in Champions League per la prima volta nella sua storia, a Roma.

Andreazzoli diventa rapidamente l’eminenza grigia dell’epopea spallettiana, ma le luci della ribalta, anche per motivi di riflessi, sono tutte per Luciano. Aurelio ne soffre, Taddei gli dedica la finta sbagliata ma non basta a risollevarne il morale.La sua autostima tocca livelli talmente bassi da soffrire la presenza del quasi omonimo Andreolli.
Aurelio s’incupisce, chiede espressamente alla società “o me o Andreolli””, viene accontentato ma si chiude lo stesso in se stesso trovando rifugio nelle letture del giovane Stalin, per meglio capire le quali comincia a studiare il cirillico.
E’ lì che si consuma la rottura del sodalizio con Luciano, che temendo le intuizioni del collega, decide di anticiparne le mosse lasciando lui e la Roma al suo destino per volare in Russia ad insegnare il calcio imparato da Aurelio.

Presi i giusti contatti con i mecenati e la mala locali, vinti un paio di scudetti, Luciano pensa al suo amico abbandonato a Trigoria e lo richiama a sé. “Ciao Aurelio, vieni da noi, si beve e si tromba, si tromba e si beve. Ho pure fatto comprare Hulk apposta per te!”. Aurelio sviene per la commozione e rifiuta la proposta di incontrare di nuovo colei che lo sverginò adolescente.

Aurelio diventa inconsapevolmente amico di ogni rosa, e prima che lui stesso se ne accorga è già il dipendente non giocatore di Trigoria con più anni di anzianità romanista alle spalle. Andreazzoli detto “la chioccia di marmo”, supera il periodo di mobbing con cui un vendicativo e pavido Ranieri lo vessa obbligandolo a comunicare a Totti e De Rossi di dover uscire tra un tempo e l’altro di un derby compromesso, e torna ufficialmente a fare capolino nello staff tecnico con il ruolo di “tempera gessi per le linee del campo B” nei primi mesi di gestione americana.Luis Enrique e Tonin Llorente ci mettono poco a capire che quell’uomo ha una marcia in più, motivo per cui lo nominano “responsabile delle marce delle mountain bike da fotografare e  postare su twitter”, emarginandolo dal golfo mistico delle decisioni tecniche.

Lui, che con le mani in mano non ci sa stare, passa il tempo presso la carrozzeria di famiglia di un nuovo amico.
"Roberto, io sono homo faber, tu l'hai capito e mi hai aiutato in questo momento difficile, mi ricorderò di te".
"Più che altro sssss..... ssss... sei manodopera gggg... gggg... gratis, però figurate, ssss... sss.. sei pure così saggio che è mpiacere Au... au... areu....".
“Aurelio”.
“Ecco, appunto”.

Insomma, tutti gli vogliono bene, tutti lo salutano, tutti lo omaggiano e gli portano rispetto, ma nessuno gli chiede espressamente di fare il suo vero lavoro: insegnare calcio.

Il destino dell’uomo sembra segnato, finché un giorno tutto cambia.James Pallotta, memore delle figure di merda di Tom Di Benedetto, chiede espressamente di imparare calcio, nel senso delle regole. Tutti si fingono malati, tutti tranne Aurelio, che comincia a impartire al manager doppie sedute di ripetizioni private.

Il miracolo avviene, Pallotta capisce e ordina: il prossimo allenatore della Roma sarà Aurelio Andreazzoli. Ma bisogna procedere a fari spenti, la preda è ghiotta, il mondo potrebbe ricordarsi all’improvviso di quell’uomo capace di cambiare la vita di milioni di persone per poi scomparire. Ci vuole cautela, averlo non sarà facile.

Ma quando una società è forte, unita e compatta, non c’è obiettivo che sia impossibile.

Zeman, aziendalista, fondamentalista e zemaniano fino all’autolesionismo, riesce a far peggio di Luis Enrique.
La rosa, stimata come migliore di quella dell’anno scorso, riesce a sembrare peggiore.
Sabatini e Baldini usano a cazzo parole con molte sillabe riuscendo a sembrare più storditi dell’anno precedente, ma lo fanno talmente bene che a un certo punto riesce credibile pure la manovra di depistaggio che porta Baldini a New York a simulare interesse per Guardiola.
Gli americani sembrano meno autorevoli di Pippo e Pluto, le peggio radio tornano a ruggire e gracchiare, i tifosi riprendono a insultarsi e a dividersi in orfani e vedove, sognatori e pragmatisti, vittime di complotti di palazzo e amanti di filologia romanza.
Kansas City 1927, infine, nun fa più ride.

L’operazione funziona, il mondo ci casca, è il momento di agire.

Uno scarno comunicato rivela la notizia che tutti aspettavamo: Aurelio Andreazzoli è il nuovo allenatore della Roma, finalmente.

Corete, scappate, ariva lo squadrone giallorosso.

Giallorosso.