"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Papa Francesco riceve il presidente onorario di DHI (Dignitatis Humanae Institute) Cardinal Martino (foto DHI)
Cronologia epistolare.
01/10/2014 (missiva
non presente) Il Cardinal Martino
(DHI) scrive all’Abate di Casamari
Silverio Buttarazzi, per chiedere l'affidamento della Certosa di
Trisulti a favore della DHI. In questa fase la
Certosa è ancora nella disponibilità della Congregazione Cistercense di Casamari, che però ha deciso di
riconsegnarla al Demanio.
09/10/2014 (documento
presente) L’Abate di Casamari
Silverio Buttarazzi risponde alla
missiva del Cardinal Martino (DHI) del 01/10/2014.Nella lettera l’Abate fa presente che non è nelle condizioni di
indicare un ente subentrante in quanto la certosa tornerà ad altro soggetto (il
demanio). Ma lo stesso Abate suggerisce di contattare il Vescovo di Alatri-Anagni
,diocesi nella quale ricade la certosa, Lorenzo Loppa già informato dell’intenzione
della Congregazione Cistercense di Casamari sulla volontà di cedere il complesso.
16/10/2014 (missiva
non presente) Il Cardinal Martino (DHI)scrive al vescovo di Anagni-AlatriLorenzo Loppa Martino, illustra le
finalità di DHI al Vescovo e il progetto per acquisire la Certosa.
24/10/2014 (missiva
presente) Il Vescovo di Anagni-AlatriLorenzo Loppa, risponde al Cardinal Martino(DHI).
Lorenzo Loppa accorda il suo sostegno alla DHI, ma deve tener conto anche
del parere dell’Abate di Casamari Silverio Buttarazzi .
19/11/2014 (missiva presente)
Il Vescovo di Anagni-Alatri
Lorenzo Loppa, scrive all’Abate di Casamari Silverio Buttarazzi.Nella missiva Lorenzo Loppa si
dice contento che l’attività della Certosa possa continuare sotto la gestione
della DHI (già da per fatta l’acquisizione?), tanto che ha fatto sapere alla stessa DHI di poter contare sul suo sostegno. Ovviamente, conclude la lettera, “tenuto conto anche del Vostro Parere ( di Buttarazzi)e della Vostra disponibilità”.(La disponibilità e il parere positivo dell’Abate di Casamari è una
inevitabile conseguenza.)
25/06/2015 (missiva presente)
Lettera del Cardinal Martino (DHI)
a Papa Bergoglio Il Cardinal
Martino esibendo l’esplicito consenso da parte del Vescovo Loppa e dell’Abate
Buttarazzi in favore della gestione
della Certosa da parte di DHI, chiede al
Papa di intercedere presso il ministro dei Beni Culturali Franceschiniaffinchè conceda la Certosa di Trisulti, ritornata di proprietà demaniale, alla stessa
DHI.
Il 28/10/2016 Viene
emesso il bando dal MiBACT per l’affidamento in gestionea privati di alcuni siti museali del
demaniofra cui la certosadi Trisulti. Al bando aderisce l’Accademia
Nazionale delle Arti (Castello di Petronio di Tdi) e la DHI, che, guarda caso, nel giugno 2017si aggiudica la gara.
Il contenuto delle missive intercorse fra il Cardinal Martino, l'Abate Buttarazzi, il Vescovo Loppa e il Papa è visibile cliccando
Buon anno 2019 iniziamo con entusiasmo c’è il governo del cambiamento!
Manovra 2019: stangata sulle tasse locali:
Stangata in arrivo per cittadini e imprese. Secondo la Cgia dal 2019 gli italiani rischiano di pagare almeno 1 miliardo in più, a seguito della rimozione del blocco delle aliquote dei tributi locali introdotta nella manovra di Bilancio. Governo del cambiamento? Non proprio in questo caso…. La gente soffre….. e chi se ne frega direbbe Salvini non vi basta la sicurezza, i porti chiusi e che potretesparare al primo che entra nel vostro giardino, con poco più di 132 euro per il rilascio del porto d' arma per difesa personale,(Una volta ottenuta, la licenza vale cinque anni, ma ogni anno bisogna presentare la domanda per il rinnovo :i costi complessivi tra tasse e certificati possono superare i 350 euro, ndr)!?.
Redditi di pensione:
Sopra tre volte la pensione minima lorda la perequazione al costo della vita dei redditi da pensione sarà ampiamente penalizzato dal 70% al 40 % rispetto il tasso inflattivo ufficiale (pari a 1,1%) che è già una significativa sottostima dell’incremento reale del costo della vita e quindi cresce l’impoverimento della maggior parte degli italiani…..La sentenza della Consulta parla chiaro ma il Governo del cambiamento la ignora e ribadisce: Per 3 anni sarà tagliato l’adeguamento delle pensioni oltre i 1.522 euro al mese (3 volte il minimo). L’indicizzazione piena ci sarà solo per le pensioni fino a 1.522 euro.
Incremento generalizzato di tutte le bollette dei servizi di utenza elettrica, gas…..meglio non parlarne.. tutte sopra 1,1%!
Ma c’è la web tax a salvarci……..3% di tassazione per chi ha un giro d’affari e ricavi sopra 750 milioni di euro!
E tu che non hai un giro d’affari di 750 milioni di euro? Sei fortunato non paghi la web tax!
Avete ancora entusiasmo? Avete un gilet jaune da qualche parte?
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha denunciato subito gli aspetti di
incostituzionalità che rendono inaccettabile il c.d. “decreto sicurezza”, ora L.132/2018, che
tenta di forzare la Costituzione contro i diritti fondamentali delle persone, per di più rendendo
più difficile la convivenza fra i cittadini italiani ed una popolazione di stranieri privi di ogni
mezzo di sostentamento, che resteranno in Italia e verranno spinti in un’illegalità forzata.
Questa revisione legislativa si accompagna contestualmente ad atti del Governo che
contrastano e violano apertamente gli obblighi nascenti dal diritto internazionale del mare,
vietando l'approdo alle navi che salvano i naufraghi nel Mediterraneo centrale e il loro
soccorso, con la conseguenza che nel corso del 2018 si è avuto un drastico incremento del
tasso dei morti in mare (oltre 2.000 vittime).
E’ di eccezionale gravità che 49 migranti siano costretti a vagare nel Mediterraneo da 14 giorni
senza la possibilità di essere soccorsi e di ottenere un approdo sicuro, che non può essere il
ritorno nei lager libici. Il nostro paese ha il dovere di essere in prima fila nel soccorso di questi
esseri umani abbandonati a sé stessi. La grettezza e la chiusura delle posizioni del governo
sono inaccettabili.
Le decisioni del governo e in particolare parti significative della normativa “sicurezza”
contrastano con i valori che la Costituzione ha inscindibilmente inserito nell’ordinamento
giuridico.
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale condivide e appoggia pienamente la
resistenza dei sindaci volta a respingere gli effetti perversi della normativa “sicurezza” sui diritti
delle persone in nome dei valori della Costituzione.
Il sindaco di Palermo ha dato disposizione agli uffici comunali di sospenderne l’applicazione
nella parte in cui vieta l’iscrizione dei migranti nei registri anagrafici, denunciandone la natura
di “provvedimento disumano e criminogeno”.
Questa posizione, condivisa e appoggiata da altri sindaci, apre un’importante contraddizione
tra i valori della Costituzione e una politica ed una legislazione fondate sul disprezzo dei diritti
umani. Per questo è indispensabile che prima possibile la Corte Costituzionale sia messa nelle
condizioni di giudicare la legittimità costituzionale della legge 132/2018.
E’ importante ribadire che nella legalità costituzionale non c’è posto per norme “disumane e
criminogene” che ricordano le leggi razziali; i responsabili della programmata omissione di
soccorso nel Mediterraneo centrale dovranno rispondere delle loro condotte.
A tutti gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale ATA
A tutte le associazioni in difesa della scuola pubblica statale
A tutte le persone legate ai valori dell’unità della scuola e della Repubblica
Proposta di costruire insieme una
Conferenza Nazionale per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione del sistema scolastico
Il 15 ottobre scorso, durante il convegno che si è tenuto a Torino in occasione delle giornate nazionali di mobilitazione attorno all’ “Appello per la scuola pubblica”, un tema ha fatto irruzione nel dibattito: il pericolo imminente della regionalizzazione del sistema scolastico in Veneto, con la Lombardia e l’Emilia Romagna che si preparerebbero a seguire la stessa strada. Il 21 dicembre, il Consiglio dei Ministri ha presentato il progetto di “autonomia differenziata”, compiendo così il primo passo allarmante in questa direzione.
Tutti possono comprendere la gravità di questo nuovo attacco alla scuola pubblica statale, un attacco che riguarda più in generale l’unità del nostro Paese, delle conquiste e dei diritti.
Certo, regionalizzare la scuola vorrebbe dire portare un nuovo colpo micidiale al diritto all’istruzione uguale per tutti, ai titoli di studio, ai contratti degli insegnanti e del personale. Ma la scuola della Repubblica, con la sua unità, con il suo territorio culturale omogeneo dal nord al sud del Paese, rappresenta qualcosa di ancora più importante: un collante contro le spinte alla divisione che emergono con sempre maggior forza negli ultimi decenni.
Di fronte a questo pericolo il convegno del 15 ottobre ha lanciato un primo appello.
Ora pensiamo che non ci sia un minuto da perdere e che sia necessario rilanciare con un’iniziativa che unisca il mondo della scuola e tutta la società per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione dell’istruzione.
Tutti sanno che cosa abbia significato la regionalizzazione della formazione professionale e, guardando oltre la scuola, della Sanità. D’altra parte, proprio nella conferenza di Torino abbiamo avuto modo di conoscere i danni che la regionalizzazione dell’istruzione in Trentino-Adige sta procurando.
E’ per queste ragioni che proponiamo a tutti gli insegnanti, i dirigenti, il personale della scuola, le associazioni, ma più in generale a tutti i cittadini legati all’unità della Repubblica e alla difesa della scuola pubblica statale di costruire insieme una Conferenza Nazionale per il ritiro di qualunque progetto di regionalizzazione del sistema scolastico, più o meno marcato, in Veneto come altrove.
In un momento così grave e importante, nulla può impedire di unirci su questo tema, per discutere, smascherare l’operazione e prendere iniziative concrete.
Noi siamo certi che la coscienza dell’importanza dell’unità della scuola della Repubblica sia viva in tutta la popolazione, in tutte le città e i comuni, fino ai più piccoli paesi o villaggi.
Certi dunque che si possa costruire insieme, possibilmente nel Veneto dove il pericolo è più imminente, un evento che sappia incidere sulla situazione, restiamo in attesa di un vostro riscontro.
Lorenzo Varaldo, dirigente scolastico, coordinatore “Manifesto dei 500”, Torino
Rossella Latempa, insegnante, promotrice “Appello per la scuola pubblica”, Verona
Il 5 gennaio di
quarant’anni fa moriva Charlie Mingus, musicista poliedrico, sensibile, irascibile,
magmatico, una caleidoscopica macchinajazzistica. Contrabbassista, ma anche pianista ed artista a tutto tondo, l'importanza che Mingus rivestì nella storia del jazz non fu solo musicale ma
anche politica. Il be bop negli anni ’40
aveva segnato una rivoluzione espressiva scaturita da un moto di ribellione
alle prevaricazioni che i neri, musicisti e non, stavano subendo dalla
borghesia bianca . Charlie Parker, Dizzy e tutti gli altri rimasero però nel campo strettamente musicale, anche se i
loro atteggiamenti da palco erano significativamente politici. Con Sonny Rollins e Max Roach Mingus fu il primo musicista a impegnarsi nella lotta
per i diritti civili del popolo nero e
non solo. La sua azione di forte
contrapposizione si rivolse in generale
verso i potenti, fu il primo musicista ad usare il termine “fascista”. Ciò si deve in particolare alle sue origine sociali che fin dall’infanzia generarono in lui una situazione psicologica particolare.
Un bastardo più bastardo degli altri
Il titolo del suo libro autobiografico Beneath the Underdog (Al di sotto di un bastardo) è
emblematico nel descriverne le predisposizioni.
Charles Mingus era un “negro
giallo”aveva nelle sue vene sangue
messicano e pellerossa. Nacque nel 1922
a Nogales in Arizona, al confine con il Messico, città in cui oggi passa il
muro di Trump voluto per chiudere il
passaggio agli immigrati messicani. Crebbe
nel ghetto nero di Watts in California dove la segregazione razziale fu
sempre ferocissima. Mingus si considerava un “bastardo
più bastardo degli altri”, più chiaro dei neri, ma non abbastanza slavato da poter essere accettato dai bianchi. Riuscì a collaborare con tutti i più celebrati jazzisti attraversando
le varie tappe che la musica
afroamericana percorse nella storia degli Stati Uniti. A diciannove anni suono
con Armstrong , forse il jazzman più “zio
tomistico” della storia. Passò dal
clarinettista di Ellington, Barney Bigard alle orchestre di rhythm and blues .
Nel 1948 era nell’orchestra di Lionel Hampton, un musicista che più allineato
non poteva essere, e solo verso la fine della parabola di Charlie Parker, nel
1953, riuscì ad esprimersi con il sassofonista di Kansas
City.
Il maestro Duke Ellington
La particolarità del
contrabbassista pellerossa stava nel
fatto che, a differenza dei suoi colleghi, più che Parker ebbe come stella
polare Duke Ellington. Apprezzava il sound delle orchestre ellingtoniane che cercò di rielaborare in modo del tutto
originale. Per anni la sigla delle sue esibizioni concertistiche fu ” Take The A Train. Riuscì pure a suonare nell’orchestra del Duca,fra il 1952 ed il 1953 ma a causa
del suo carattere impulsivo ebbe a che dire con l’altrettanto impulsivo
portoricano Jaun Tizol , arrangiatore e
trombonista dell’orchestra. Il
contrabbassista di Nogales ebbe l’ardire di trasporre ad un ottava superiore l’assolo
di contrabbasso con l’archetto che Tizol
aveva scritto per lui. Ciò per renderlo
più “cantabile” alla stregua di un’esecuzione di violoncello. La cosa non piacque all’arrangiatore di Ellington,
il quale accusò Mingus di “essere come il
resto dei neri della banda, cioè di non saper leggere la musica”La colluttazione
seguita a questa dichiarazione, portò Tizol ad aggredire Mingus con un
coltello, e Mingus, schivata la coltellata, a spaccare la sedia di Tizol con un
ascia. Per il mite e rassicurante Ellington, un atteggiamento del genere non
poteva proprio essere tollerato. Costrinse
Mingus a dimettersi dall’orchestra. La
formazione tecnico strumentale di
Mingus, pur incardinandosi nello swing, grazie ai suoi primi maestri, Red
Callender su tutti, usufruì di una robusta influenza classica. Fra i suoi
maestri figurò Herman Reinshagen, primo
contrabbassista dell’orchestra filarmonica di New York . Partendo da un linguaggio così
particolarmente formato Mingus era
sempre in cerca di nuove idee, concezioni armoniche, ma anche di talenti. Per
svincolarsi dai compromessi imposti dalle case discografiche dei bianchi, con
Max Roach , diede vita ad una piccola etichetta la Debut
attraverso la quale registrò il famoso concerto al Massey Hall di
Toronto con Parker, Gillespie, Powell e
lo stesso Roach. La casa fallì quasi
subito, le difficoltà delle imprese
costituite dai neri erano indicibili, per cui quelle straordinarie incisioni furono rilevate dalla Fantasy.
Quasi sconfitto dal razzismo
Le sue capacità tecniche emersero presto in particolare all’interno del trio con i
bianchi Red Norvo, al vibrafono e Tal
Farlow alla chitarra la cui collaborazione
, nel 49’, lo indusse a trasferirsi a
New York. Nonostante l’indubbia capacità
tecnica Mingus trovò enormi difficoltà ad imporsi soprattutto per i pregiudizi
razziali. Lui nero fra due musicisti
bianchi dovette subire diversi soprusi ed ingiustizie. Ad esempio quando Il trio riuscì ad ottenere
un ingaggio per una importante trasmissione televisiva, durante le prove, uno
dei produttori disse che Mingus non avrebbe potuto suonare perché nero . I
gruppi interrazziali non erano graditi agli spettatori razzisti ed ipocriti
dell’epoca. La disillusione e la delusione fu tale da convincerlo ad abbandonare la musica. Fu
Charlie Parker a tirarlo fuori dall’ufficio postale in cui aveva trovato un
modesto lavoro per rilanciarlo nel panorama jazzistico mondiale che lo vide
protagonista fino alla metà degli anni ’70. I suoi brani raggiunsero altissimi valori artistici e furono il frutto
di un’iniziativa che nell’epoca della massima diffusione del jazz bianco
californiano, suonò veramente rivoluzionaria. Mingus costituì il “Jazz Workshop” (laboratorio del jazz) che, con il trascorrere
degli anni, divenne prima “Composer Workshop” ed infine “Jazz Composer
Workshop” I Workshops furono per Mingus il “mezzo” per realizzare le sue idee
musicali. Li usava così come Ellington usava
la sua orchestra. Erano dei veri e
propri laboratori nei quali ci si confrontava, si dibatteva, si cercava insomma
di creare una musica veramente diversa che avesse come elemento fondante il
collettivo.
Laboratori affollati e creativi
I Workshops mingusiani non
ebbero mai un organico fisso. A partire dal 1953 in essi si avvicendarono
jazzisti come il trombettista Thad Jones, trombonisti come Jimmy Knepper, un
numero notevole di sassofonisti da John La Porta, a Benny Golson a Pepper
Adams. Anche i pianisti furono di notevole spessore a cominciare dal quel Bill
Evans che nel 1959 dette vita con Miles Davis al capolavoro Kind of Blue, ma
anche Paul Bley, Horace Parlan ed altri offrirono un contributo estremamente
creativo . In relazione ai batteristi, a
parte Kenny Clarke, nessuno riuscì ad eguagliare la straordinaria dinamica
ritmica di Dannie Richmond. Un musicista entrato nel Workshop a 21 anni e mai
più uscito, accompagnando fino alla fine tutte le formazioni mingusiane. Nei
Workshops ebbero spazio anche strumenti particolari come il violoncello di
Jackson Wiley, l’oboe di Harry Schumann ma soprattutto il flauto e il clarino basso di
Eric Dolphy. Il critico Demètre Ioakimidis definì efficacemente la musica di
Mingus come : “ Una sfida sardonica
gettata contro l’ascoltatore”. Lo
stesso Mingus rivelò quale fosse la
sua precisa fonte ispiratrice: “Io non posso suonare questa musica se non penso ai pregiudizi, all’odio, alle
persecuzioni, a tutto quanto è iniquo. Quando ho finito di suonare io, di
solito penso. ‘ Gliel’ho detto, speriamo che mi abbiano ascoltato” .
La musica e la rivolta
Nonostante
queste prese di posizioni a chi gli chiedeva se davvero la
sua musica fosse espressione della rivolta dei neri negli Stati Uniti Mingus rispondeva: “L’arte non ha niente a che vedere con la politica e, in ogni caso, non
dovrebbe avere niente a che fare con essa”. Al di là delle dichiarazioni
tutto ciò che Mingus farà come uomo e
come musicista, si tradurrà sempre in azione "musical-politica”. L’esempio più
clamoroso è il brano Fables of Faubus una sprezzante pièce musicale dedicata con
sdegnoso atteggiamento insultante al governatore razzista dell’Arkansas Orval
Faubus. Le “favolette” raccontando di
quando il Faubus inviò la guardia nazionale per impedire il
legittimo accesso all’università ad alcuni ragazzi afroamericani, dopo che una sentenza della Corte Federale
aveva abolito il segregazionismo nei Campus. La reazione nera fu decisa tanto
che dovette intervenire anche il presidente Eisenhower, inviando l’esercito
federale per permettere l’accesso agli
studenti afroamericani. A Mingus veniva
molto naturale rilasciare dichiarazioni
politiche,disse una volta : “Io non sono
un nazista, certo ho sempre pensato che
non sarei capace di uccidere , anche se
ne ho avuto l’occasione quando hanno cercato di uccidere me , ma ora quando
Wallace (George Wallace governatore dell’Alabama che aveva tentato di
opporsi nel 1963 a tremila soldati inviati dal Presidente Kennedy a Birmingham per sostenere
la legalità dell’integrazione nelle scuole) dice uccidete tutti i neri , non
mi si chieda di restare li ad aspettare come fecero gli Ebrei al tempo
di Hitler; io posso andare ad ascoltarlo, ma con una bomba sotto la camicia , e
se ciò che dice non mi va bene io
accenderò una sigaretta e farò esplodere tutto”. Assumere Mingus come
simbolo della contestazione nera è abbastanza azzardato. Ma la determinazione
nell'esporre con forza le sue idee attraverso la musica significò moltissimo,
sia per lo sviluppo del jazz stesso che
per una parte della società americana vittima di ingiustizia e soprusi. Capolavori come Black Sanits and the Sinner Lady (con il sax alto del bianco
Charlie Mariano) e l’agghiacciante Meditation
on a Inner Peace , che concluse il ciclo mingusiano degli anni ’60,
furono esecuzioni probanti della lotta politica insita nelle sue note. Dunque 40 anni fa se ne andava un gigante non
solo della musica , ma anche di quel modo di
raccontare le vicende sociali e politiche di un intero popolo con il linguaggio
rivoluzionario del jazz. Chissà se musicisti e soprattutto politici di tale
spessore torneranno a nascere?