Umberto Baldocchi
Bisogna ormai ammettere che iniziativa potenzialmente opportuna, ma purtroppo insufficiente, è stata quella di chiedere la sottoscrizione di un documento di fedeltà alla Costituzione ai candidati alle elezioni dei partiti più vicini all’area dei Comitati che hanno difeso la Costituzione. Al di là delle dichiarazioni pronte di fedeltà poi il confronto elettorale è andato avanti per una strada che sempre meno ha avuto a che fare con l’attuazione ed anche con la difesa dei valori costituzionali per quasi tutte le forze politiche in campo. Ma anche chi non ha prodotto proposte poco realizzabili e demagogiche ( come invece ha fatto la Destra ), o poco chiare e confuse ( come hano fatto i 5 stelle), cioè gli “altri” ( la parte più vicina ai Comitati) hanno presentato proposte minimaliste e simboliche, che non incidono sulla realtà, oppure proposte piuttosto generiche ed onnicomprensive di difesa dei valori costituzionali. Nessuna forza politica ha “tenuto il punto”, ha cioè costretto a toccare i punti essenziali della vera agenda politica ( quella che si aprirà il 5 marzo). Che non sta tanto nel sapere chi governerà, ma nel sapere cosa farà chi governa. Ciò che si è evitato accuratamente è stato proprio il principale elemento attorno a cui confrontarsi, il problema dei problemi, quello del reperimento delle risorse, ovvero il problema dei vincoli interni ed internazionali esistenti. Quello che chiama in causa le regole europee- la “democrazia” europea- e la Commissione che, non a caso, ha cominciato a lanciare avvertimenti non molto rassicuranti.
Nessuna forza politica lo ha fatto? Se escludiamo chi propone l’ “uscita dall’ Europa” che è slogan non proposta, una forza politica ha affrontato il problema. Lo ha fatto la Lista Bonino-Tabacci, + Europa, una lista che ha un programma chiaro, dettagliato, ben costruito.
Per caso ho trovato il programma su Internet. Ne ho letto alcune parti e sono rimasto allibito. Quasi da non credere a ciò che si legge. Le richieste del documento della JP Morgan del 2013 in confronto sono richieste timide e moderate. Fake news? Programma finto? Mi augurerei di sì, ma purtroppo credo sia vero il contrario. Eccone un piccolo stralcio tratto da: Programma di + Europa, pag. 8, Capitolo + Sostenibilità, Debito e spesa pubblica:
“Il debito pubblico italiano, stabilizzatosi negli ultimi anni intorno al 132% del prodotto interno lordo, è diventato una zavorra insostenibile per l’economia del paese. La spesa per interessi, pari a 66 miliardi nel 2016 (circa l’8% del totale delle spese), è un macigno nel bilancio dello Stato che determina uno spiazzamento delle risorse nell’economia. Inoltre, l’elevato stock di debito rappresenta una minaccia per la stabilità dell’intera area dell’euro e uno dei principali ostacoli al processo di integrazione delle politiche di bilancio a livello europeo.
Per affrontare il problema proponiamo il congelamento della spesa pubblica in termini nominali per la durata della prossima legislatura insieme a una rimodulazione delle tasse con taglio delle aliquote sui redditi di persone e imprese e riduzione della spesa fiscale: in tal modo si realizzerebbe una redistribuzione di risorse dal pubblico al privato e dalle rendite all’economia produttiva. Congelare la spesa nominale significa fissarne un limite invalicabile per cinque anni, il che comporta una riduzione della spesa stessa misurata sul PIL se inflazione e crescita economica sono positive. Occorre quindi tagliare uscite correnti e agevolazioni fiscali per compensare l’aumento inerziale dei costi delle pensioni, intervenendo sulla spesa corrente sulla base delle linee guida degli ex commissari alla spending review. Tra i sussidi da tagliare, molti dei quali sotto forma di spese fiscali, includiamo quelli dannosi all’ambiente e quelli non giustificabili da fallimenti del mercato né da politiche organiche per la competitività. La lotta all’evasione deve proseguire, con il vincolo di destinarne i proventi alla riduzione delle imposte e non all’alimentazione di nuova spesa corrente”
Se questo è davvero il programma di + Europa, alcune cose mi sembrano chiare.
La COSTITUZIONE ITALIANA è di nuovo sotto attacco, nei suoi principi essenziali. Ma questa volta nel silenzio di tutti, e non in nome del mercato, della governabilità, della stabilità, dell’ordine, del capitalismo, delle grandi banche, ma in nome dell’ Europa, o di ciò che si vuole far passare per Europa, e per UE, nel mondo del nuovo “pensiero unico europeista”. La Costituzione è attaccata stavolta in nome di valori che appartengono alla sinistra, a chi è antifascista, a chi è federalista e democratico, più che alla destra, in nome di valori che richiamano altre epoche storiche, altri leader politici, e successi economici e sociali veri, non successi percepibili solo attraverso raffinati indicatori statistici confezionati allo scopo.
Perché si può affermare che è attaccata la Costituzione ed in particolare tutta la parte III, I Rapporti Economici, oltre al primo, al secondo ed al terzo articolo dei principi fondamentali ? Perché qui, a differenza di quanto fa la Destra, non ci si limita a promettere una generica flat tax il cui livello va regolato sulla sua compatibilità con gli altri vincoli costituzionali. La lista Bonino non ha la prudenza di Brunetta. Al principio della flat tax essa aggiunge serenamente ed esplicitamente un principio inusitato, che va oltre quello di pareggio di bilancio, cioè l’incredibile limite della spesa pubblica, che si vuol bloccare addirittura sui valori nominali- e quindi si vuol far diminuire in proporzione inversa all’indice di inflazione- e per un periodo quinquennale. Si introduce cioè un imnedito principio inderogabile che distrugge la vera inderogabilità costituzionale quella dell’articolo 2, quella dei doveri di solidarietà politica, economica e sociale che sono richiesti alla Repubblica. Si rovescia cioè la priorità costituzionale, modificando la variabile indipendente.
Ma la detassazione produce altri effetti a cascata che qui, onestamente, non si nascondono. Il taglio delle aliquote IRPEF e della tassazione alle imprese – da cui dovrebbe rinascere miracolosamente l’occupazione secondo le fallimentari ricette monetariste, come se la crisi nascesse dal lato dell’offerta e non da quello della domanda - renderà inevitabile- si ammette- la “redistribuzione delle risorse dal pubblico al privato”, cioè la svendita massiccia dei settori non ancora privatizzati- scuola, sanità, imprese appetibili, beni demaniali , beni patrimoniali pubblici disponibili e indisponibili ecc.- la cui gestione corrente potrebbe diventare insostenibile, perché stretta tra l’incudine e il martello, tra blocco della spesa e taglio delle tasse. Si potrà finalmente attaccare , come chiede il Fiscal Compact, che non è ancora diritto europeo- e ciò forse inquieta Juncker- lo stock del debito pubblico, secondo il dogma indiscutibile- un dogma pare accettato da tutti- per cui il gap tra il livello attuale del rapporto debito/PIL e il 60% va ridotto di un ventesimo l’anno. E l’ Italia si potrà comportare come l’artigiano impoverito ed oberato di debiti che, per pagare il debito arretrato, vende tutti i suoi strumenti di lavoro.
Il taglio delle aliquote IRPEF dovrebbe certo magicamente spostare risorse “dalle rendite all’economia produttiva”, anche se qui non si spiega cosa potrebbe davvero garantirlo, nel caso che le “rendite” offrano quella remunerazione che l’economia produttiva non può fornire di fronte alle diminuite capacità di spesa, cioè di fronte all’impoverimento complessivo del paese. Diminuire la spesa di uno stato non è infatti come diminuire le spese della nota “casalinga di Voghera”; nel caso della casalinga di Voghera si consegue un risparmio e si accantona denaro, se c’è un reddito in famiglia, nel caso dello Stato meno spesa vale meno reddito, cioè meno soldi per tutti, meno risparmio.
Tutto questo causerà un aumento dei costi pensionistici, ovviamente a pensioni inalterate e senza modifiche alla legge Fornero, anche qui gli estensori del programma sono piuttosto realisti. Per loro però non c’è problema, il rimedio è a portata di mano : basta tagliare “uscite correnti e agevolazioni fiscali” e il gioco è fatto. Se mancano i soldi per le pensioni cioè si possono usare le detrazioni per spese sanitarie della popolazione “ricca”,cioè quella dotata di abitazione propria che non sia una capanna. Ed il sistema funziona. Si aiutano gli ultimi prelevando risorse dai “penultimi”, magari giustificando il tutto con la manipolazione di una citazione evangelica, per la verità in questo caso un po’ difficile da trovare. Quali articoli della Costituzione si salvano allora da questo assalto all’arma bianca? Difficile dirlo.
Altre risorse- come avviare nuovi investimenti ?- si potranno reperire “tagliando i sussidi”. Ma, attenzione, non tutti i sussidi. Qualche sussidio va salvaguardato. Vanno salvaguardati quelli che sono “giustificati” dai “fallimenti di mercato” e dalle “politiche per la competitività”, cioè quelli che servono a salvare banche fallite o a elargire sconti fiscali a imprenditori che non avrebbero altro modo per rimanere nel mercato, perché non in grado di “competere”.
Niente insomma deve tornare nelle tasche dei cittadini o produrre servizi per i cittadini! Se non fosse ancora ben chiaro, si precisa che “i proventi della lotta all’evasione” devono andare alla detassazione e non alla spesa corrente.
Su tutto questo non mi sembra che i candidati vicini ai Comitati del NO dicano una sola parola. Per la verità anche il PD tace prudentemente, mirando evidentemente ad un fascia di elettorato diversa. E’ vero, non molti avranno letto questo “illuminante” programma, ma in una cosa la lista Bonino ha ragioni da vendere, nella centralità della questione europea. Questo probabilmente pagherà elettoralmente. Ed anche penalizzerà chi non lo ha fatto. Io non appartengo a coloro che ritengono gonzi gli Italiani al momento del voto. Credo che gli Italiani si sforzino di valutare, ovviamente sulla base degli strumenti che hanno.
Anche se si tratta di elezioni nazionali, l’ Europa era un argomento importante di cui discutere in campagna elettorale, se non altro per i vincoli che da essa derivano alle politiche interne e per l’intreccio ormai inscindibile tra sistemi politici nazionali e sistema UE. Ed anche perché il primo atto del nuovo governo sarà proprio il confronto con l’ Europa.
L’ UE è oggi in fortissime difficoltà, l’ UE ha meno popolarità dell’ euro, anche nei paesi come la Grecia. Le politiche europee di austerità sono fallite ed i loro stessi promotori ora chiedono cambiamenti “sociali”, Juncker stesso propone riforme , anche se si tratta di riforme che servono a consolidare i rapporti di forza vigenti ( come saranno le riforme dei Trattati con le “clausole passerella”) oppure a rafforzare il potere delle strutture finanziarie ( come sarebbe il ministro europeo dell’ economia e della finanza, in una UE in cui, come noto, sono competenza comune le finanze, ma non l’ economia) .
L’ UE è oggi , un ordine giuridico-politico senza vere politiche pubbliche, un sistema che genera un’entropia delle democrazie nazionali e si fonda sulla disconnessione tra responsabilità politica e rappresentanza democratica ( Bruxelles può imporre quello che i governi rappresentativi non possono imporre ). Di qui i nazionalismi più o meno xenofobi o razzisti che prosperano in Europa, di qui la fuga della “Brexit” e la ribellione della Catalogna, di qui i nuovi muri che sono favoriti dalla globalizzazione selvaggia, senza che l’ordine europeo trovi o cerchi di trovare gli strumenti per far valere lo Stato di diritto, per far valere i diritti ( un sistema di asilo comune come vorrebbero i trattati sembra irrealizzabile), per rafforzare o salvare la democrazia. In Italia poi la particolare debolezza di una politica senza potere genera il desiderio di un potere senza politica, che, purtroppo, proprio da noi, ha un modello esemplare nel fascismo e nella figura di Mussolini che per questo acquista incredibile e assurda “popolarità”. Un fascio-razzismo che non si può combattere solo con le manifestazioni che pure sono necessarie.
Il cuore del dibattito politico in Europa non è tra chi vuole l’ UE e chi non la vuole ( che pure è il lepenismo), non è tra europeisti e populisti ( questo è un “teatrino politico”), il vero e serio dibattito è tra chi vuole cambiare l’ Europa, mutualizzando ad esempio il debito pubblico e facendola finita con la demonizzazione di uno strumento essenziale per costruire lo Stato moderno ( appunto il debito pubblico) e chi vuole mantenere lo status quo, per non mettere a rischio le rendite finanziarie. Le proposte di Macron non sono le proposte della Merkel. L’ Italia, che evita di scegliere e di pronunciarsi e non solo di formulare una propria posizione autonoma, se prevalesse la scelta di più Europa ( e non quella di un’altra Europa) rischia di divenire l’ultimo vagone ( e quello più sgangherato ) del treno tedesco proprio nel momento in cui questo arranca ed è in difficoltà. Aiutare chi è in difficoltà può dare potere contrattuale maggiore? Forse sì, potrebbe essere questa una tentazione, ma questa strategia miope ha purtroppo precedenti tragici. La storia , è noto, non si ripete. O meglio, se si ripete, si ripete la seconda volta come farsa. Ripetere oggi l’austerità ultraliberista montiana-forneriana in versione Bonino-Tabacci sarebbe oggi una farsa disastrosa. Queste cose andrebbero dette agli elettori, cioè ai veri sovrani. Se si vuole ancora difendere la Costituzione.
Umberto Baldocchi