Luciano Granieri
Siamo in vista una consultazione referendaria nella quale si
chiede di dar corso all’ennesimo
tentativo di cambiare la Costituzione con
l’obiettivo di limitare
la partecipazione dei cittadini alla
politica del paese attraverso il depotenziamento della rappresentanza parlamentare. Non è la prima e, temo, non
sarà l’ultima se la riforma, come auspico e spero, verrà respinta. Perché JP Morgan, e con essa tutte le congregazioni finanziario-speculative, non finiranno mai di spingere per
modificare quelle Costituzioni che non prevedono un potere di diretta
emanazione governativa e oligarchica. Sistemi
in cui i governi sono veri e propri
organi esecutivi di quelle lobby
finanziarie di cui la banca Morgan fa parte.
Le prerogative legislative e di
controllo esercitate dal Parlamento sono un vecchio retaggio socialista derivato
dalla lotta partigiana, orpelli superati dal fatto, secondo i padroni della
finanza, che il pericolo autoritario non
esiste più. La cosa grave è che la stessa
storia ce la raccontano i fautori della
riduzione del numero dei parlamentari, secondo i quali, certi pericoli sul
ritorno di fascismi e derive dittatoriali sono ormai solo fantasmi che agitano i sonni di vecchi
nostalgici del socialismo reale, o peggio, del comunismo. Quindi non c’è da preoccuparsi, un Parlamento più snello non metterà mai in pericolo la tenuta democratica del Paese, questa è la sciagurata tesi.
Dunque siamo impegnati nuovamente portare avanti una campagna
referendaria per chiedere ai cittadini di respingere, votando No alla riduzione
del numero dei parlamentari, l’ennesimo attacco alla Carta. Francamente ne avremmo
anche abbastanza, ma tant’è.
Ci siamo impegnati già nel 2016 contro la Deforma
Costituzionale voluta da Renzi e fortunatamente bocciata dagli italiani. E mi
sento di affermare che la campagna referendaria di oggi è ancora più complicata perché è difficile controbattere a
degli slogan. Contro il dispositivo di
Renzi c’era la possibilità di argomentare. Infatti, per quanto deformanti, in quel
disegno c’erano contenuti. Ce li ricordiamo: il Senato non elettivo con la riduzione del numero dei Senatori a 100, le dinamiche della funzione legislativa in cui le
competenze fra Camera e Senato erano
definite in modo confuso e astruso, o la modifica del ruolo delle Regioni,
oltre che una legge elettorale come l’Italicum subito bocciato dalla Corte
Costituzionale. Del resto è dal
referendum Segni sul maggioritario che ogni forza assurta al soglio
governativo propone, di volta in volta una legge elettorale che faccia al proprio
comodo, creando confusione e vulnus gravissimi alla partecipazione democratica.
Nella Riforma Costituzionale odierna, c’è il vuoto. Nel
controbattere alle ragioni del Si al taglio dei Parlamentari si ha
l’impressione di dire delle ovvietà dettate dalla pura logica,
non c’è necessita di industriarsi in studi particolari per smontare un attacco
ancora più virulento, perché sostenuto da “futili motivi” per esercitare un gergo
giudiziario.
Non è un caso che spesso nelle tribune di confronto fra i sostenitori del
No e quelli del Si questi ultimi non si
presentano neanche. Al risparmio dei
costi che la riduzione dei Parlamentari potrebbe realizzare, non ci crede più
nessuno, infatti mi sembra una motivazione quasi del tutto scomparsa fra quelle
poste alla giustificazione del taglio. E’ facile dimostrare come, riducendo
gli emolumenti di Deputati e Senatori, si otterrebbe un risparmio maggiore
e per giunta con legge ordinaria.
L’ultima teoria che viene avanti concerne la
rappresentanza. Secondo i fautori del Si oggi la rappresentanza non sarebbe assicurata perché i rappresentanti eletti, a causa del loro numero eccessivo e della loro inettitudine, non riuscirebbero a
produrre quell’attività legislativa, in termini qualitativi e quantitativi, per
la quale hanno ricevuto il mandato dai
propri elettori. Cioè il tuo
rappresentante non ti rappresenta perché va in Parlamento solo a scaldare la
poltrona e fare i propri interessi. Dunque
non c’è rappresentanza oggi, ma ci sarà, se vince il Si, con un numero inferiore di parlamentari più efficienti e meno litigiosi.
Giova ricordare a costoro che negli
ultimi 12 anni il Parlamento ha approvato oltre
68 leggi l’anno, più di una legge a settimana. Non si può quindi parlare di
scarsa produttività, anche se il termine è improprio perché le Camere non sono
un’azienda. Il guaio è che l’80%
di tali leggi è imposto dal Governo di turno con
decreti urgenti, spesso omnicomprensivi, dai contenuti, a volte sconosciuti
avulsi dalla ratio della norma. In questi casi il Parlamento è costretto semplicemente a
ratificare i dispositivi, vittima del ricatto sulla tenuta del governo e sulla
mancanza di governabilità, una parola che non sopporto. Io vorrei contribuire a governare, non voglio essere governabile e quindi governato.
Per altro lo stesso Governo è inadempiente nell’emanare i decreti attuativi delle leggi. Proprio per questo è sempre
l’Esecutivo responsabile del cattivo funzionamento della
Pubblica
Amminstrazione, non mettendola in grado di applicare le norme, proprio per
la mancanza dei decreti attuativi e le
direttive necessarie per renderle, per
l’appunto esecutive. Il Parlamento
in tutto ciò c’entra poco. Anzi proprio per rafforzare il
controllo sul Governo, responsabile dei disastri, le prerogative delle Camere andrebbero riaffermate e rafforzate. E ciò non si ottiene con la diminuzione del numero dei
Parlamentari.
Potrei dilungarmi sulla disgustosa operazione di far passare tutti
i Deputati e i Senatori come inetti e
corrotti, citando, di volta in volta, i vari assenteisti che tutti conosciamo. Ma chiedo a lor signori: siamo così certi che con la riduzione degli inquilini
del Parlamento a rimanere senza scranno saranno assenteisti e corrotti? Io temo
che con le attuali modalità di selezione dei candidati, a non accedere alle
poltrone saranno proprio i più onesti e capaci.
Infatti ad ottenere la
candidatura “sicura” saranno sempre di più i fedeli ai capobastone delle varie
consorterie elettorali.
Un’altra stupidaggine avanzata dai promotori del Si riguarda il fatto che cambiare la Costituzione
non sarebbe altro che il primo passo
verso un piano di riforme complessivo, di carattere legislativo, utile a rendere più incisivo e funzionale
la riduzione del numero dei parlamentari.
“Intanto cambiamo la costituzione o poi penseremo al resto”,questo è il
messaggio fuorviante e fallace. E chi
dovrebbe pensarci al resto Di Maio? O una riffa sulla piattaforma Rousseau? Scusate ma non mi fido.
Vorrei chiudere con l’elemento che più mi
fa arrabbiare e indignare. E cioè che la Costituzione, quel documento
giudicato il più bello del mondo, frutto del sangue versato dei partigiani, sia
diventato il cavillo di un contratto privatistico stipulato
con disprezzo istituzionale fra Lega e M5S per dare vita a quello sciagurato
governo che tanti disastri ha prodotto e che l’attuale esecutivo non ha
corretto.
La Lega concedeva ai 5S di
stravolgere la Costituzione, con la diminuzione del numero dei Parlamentari, in
cambio otteneva il via libera sull’autonomia differenziata per le Regioni,
altro colpo gravissimo all’integrità unitaria
del Paese. La Costituzione, ridotta a semplice clausola di un accordo privato,
per giunta reiterato e rinnovato dal nuovo contraente, il Pd (Costituzione in
cambio di Governo) è un’insulto e uno sfregio a quanti si sono battuti per la
libertà del nostro Paese. Costoro andrebbero denunciati per vilipendio alla
base fondante del nostro Stato Democratico.
Auspico fortemente e per questo
continuerò ad impegnarmi fino alla fine della campagna referendaria, che, come accadde nel 2016, anche stavolta
prevalga il No, che sia respinto l’ennesimo attacco reazionario alla Carta. E
mi piace pensare che ciò possa avvenire non per motivi di bassa lega, tipo “si vota No per creare la crisi di
governo o per affossare i 5S”, ma perché i cittadini Italiani sono convinti che
la Costituzione italiana sia veramente la più bella del mondo, e che non debba
essere minata nelle sua fondamenta solidamente basate sulla partecipazione
democratica e sull’assicurazione della piena dignità sociale ad ogni cittadino.
Del resto da Berlusconi, a Renzi tutte le riforme andate a referendum sono
state bocciate dal “POPOLO”. Auspico, spero, e ne sono persino convinto, che
anche stavolta sarà così. Votiamo No.