E’ ormai passata una settimana dalle attesissime elezioni politiche in Grecia, che hanno decretato come vincitore Antonis Samaras, leader di Nea Dimokratia (centrodestra) con oltre il 30% dei consensi. Si va dunque verso l’ennesimo governo di “unità nazionale” che vedrà insieme in coalizione il centrodestra con i "socialisti" del Pasok, e all’opposizione i nazisti di Alba Dorata (diventato quarto partito del Paese) e i “radicali di sinistra” di Syriza (il cui leader, Alexis Tsipras, ha mancato la vittoria elettorale di pochissimi punti percentuale). E proprio su Syriza, decantata sia dalla sinistra governista nostrana che da molti luminari della borghesia “perbene” come la salvezza dell’Europa, vogliamo concentrarci in questo breve articolo, analizzandone il programma e portando alla luce le enormi contraddizioni che attraversano questa coalizione “genericamente” di sinistra (nata come fronte elettorale nel 2004 e composta da varie organizzazioni tra cui Synaspismos, Coalizione della Sinistra dei Movimenti e Ecologia)
Uscire dall’euro e dall’Unione Europea? Ma anche no! (parola di Alexis Tsipras) La contraddizione più evidente che balza subito agli occhi è la dichiarazione di Tsipras a favore della permanenza della Grecia nella Ue e nella zona euro. Infatti da un lato il programma di Syriza è incentrato sulla "rinegoziazione" e "sospensione" del debito pubblico; dall’altro invece si dichiara favorevole a rimanere nelle stesse logiche economiche e politiche che hanno causato quello stesso debito e che lo rendono “non negoziabile”.
Le parole della Merkel a questo proposito sono chiare: la Grecia potrà rimanere nell’euro se e solo se accetta le condizioni che le sono state imposte, e la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, ha affermato che “le masse popolari greche dovranno fare più sforzi”, e che questo sarà “il prezzo da pagare per rimanere nell’eurozona” (il pizzo da dare alle banche tedesche per rimanere nel club dei Paesi “forti”). Questo chiarisce molto: anche una Syriza al governo con il programma di Tsipras avrebbe significato la continuazione dei piani di austerità, proprio perché una vera svolta politica non è possibile se non si esce dalle logiche imperialiste dell’Unione europea, cosa che il gruppo dirigente di Syriza non è assolutamente intenzionato a fare.
Ma ormai le elezioni sono acqua passata e Syriza si appresta a diventare il principale partito di opposizione. Ma quale opposizione? “Una opposizione leale”, precisa Tsipras per chi non lo avesse ancora capito, che tradotto in un linguaggio più comprensibile vuol dire che Syriza farà la parte della brava opposizione in Parlamento e da argine di sinistra nelle piazze. Mentre Tsipras tranquillizza la borghesia imperialista, le squadracce naziste danno la caccia agli immigrati (Patrasso) e presidiano interi quartieri alleandosi con la polizia per preservare l’ordine pubblico (come è successo all’indomani delle elezioni).
Un programma riformista e diluito che non rappresenta i lavoratori “Realizzare un audit del debito pubblico; rinegoziare gli interessi e sospendere i pagamenti fino a quando l’economia si sarà ripresa e tornino la crescita e l’occupazione; esigere dalla Ue un cambiamento nel ruolo della Bce perché finanzi direttamente gli Stati e i programmi di investimento pubblico” (1). Questi sono solo alcuni dei principali punti programmatici di Syriza, ma bastano per rendersi conto della profonda ipocrisia che si nasconde dietro questa organizzazione.
Syriza non è “radicale” semplicemente perché non ha il coraggio di andare alla radice del problema, non mette minimamente in discussione né l’essenza stessa del debito pubblico (il cui pagamento viene solo differito), né il carattere di classe dell’Ue e della Bce (organi sovranazionali dell’imperialismo e per questo non modificabili né trasformabili gradualmente). E’ sensato credere che la Bce cambi la sua funzione (che coincide con la sua stessa essenza) solamente perché lo si esige a parole? Oltretutto Syriza, con questa politica, finisce per consegnare all’estrema destra di Alba dorata la bandiera della rottura con l’euro e con l’Ue, poiché non lascia che due opzioni: restare nell’euro e nell’Ue (giustificandolo con questa vuota retorica circa un preteso processo costituente che dovrebbe riformare istituzione irriformabili, armonizzando socialmente l’Ue dall’alto) o aprire la strada al nazionalismo autarchico dei nazisti e alla loro politica xenofoba.
Ma Syriza scarta un’altra alternativa, in realtà l’unica che possa offrire una soluzione favorevole alla crisi storica del capitalismo europeo: quella che nel Manifesto delle sezioni europee della Lit abbiamo riassunto così: “rompere con l’euro e l’Ue, demolire questo embrione antidemocratico e antisociale del capitale finanziario che è l’Ue e sventolare la bandiera della solidarietà internazionalista e della lotta per una nuova Europa, quella dei lavoratori e delle masse popolari, quella degli Stati Uniti Socialisti d’Europa” (2).
Riguardo ai temi del lavoro, invece di rivendicare a gran voce l’abolizione dei contratti precari e la stabilizzazione di tutti i lavoratori, si limita a “spingere per contratti a tempo indeterminato per limitare il susseguirsi della precarietà” (sicuramente il padronato sarà stato impaurito da parole tanto infuocate).
I fan di Syriza, per difendere il loro indifendibile simulacro, si appelleranno allora alla nazionalizzazione delle banche e delle industrie che effettivamente è prevista dal programma della coalizione: peccato che la nazionalizzazione senza una conseguente gestione operaia e dunque socialista, finisce per diventare quella statizzazione (con conseguente lottizzazione dei posti, crescita dei privilegi e della burocrazia) di cui abbiamo fatto una ricca esperienza anche qui in Italia e che da man forte alla retorica del “privato” contro la lentezza e l’inefficacia del “pubblico”.
E come la mettiamo con la repressione delle lotte operaie per mano di polizia e nazisti? Ci si aspetterebbe un appello per l’autodifesa delle lotte a partire dal picchettaggio delle fabbriche occupate e l’organizzazione di squadre di difesa in grado di respingere gli attacchi e far avanzare la lotta (come hanno ben fatto i minatori spagnoli difendendosi addirittura con lanciarazzi rudimentali e cacciando la polizia). Purtroppo anche qui l’onesto simpatizzante di Syriza si troverà davanti un’amara delusione: la soluzione presentata da Tsipras è piuttosto quella di “smilitarizzare la guardia costiera” e “cambiare i corsi per poliziotti in modo da mettere in primo piano i temi sociali come l’immigrazione, le droghe o l’inclusione sociale” (mentre i manifestanti arrestati negli scorsi mesi stanno facendo lo sciopero della fame nelle carceri).
L’altro punto infuocato della campagna elettorale di questi mesi è stato quello relativo alle politiche sull’immigrazione: i governi che si sono succeduti negli scorsi anni hanno costruito numerosi centri di detenzione per immigrati alla pari di quanto è stato fatto in Italia con i Cpt prima (votati dal centrosinistra e da Rifondazione Comunista) e con i Cie dopo (ad opera del centrodestra). Anche su questo tema Syriza ha la risposta pronta: non chiudere i lager per immigrati, bensì “garantire i diritti umani” ai reclusi, avvalorando la logica esclusiva che considera l’immigrato il “nemico” da rinchiudere (in queste ultime settimane abbiamo assistito a veri e propri pogrom e rastrellamenti nel pieno centro di Atene).
Si potrebbe continuare per molto ancora, elencando tutti i temi sui quali Syriza ha dimostrato di non costituire una reale alternativa a questo sistema, ma per motivi di spazio ci fermiamo qui. Pensiamo sia sufficiente a dimostrare che tra le aspirazioni e le necessità dei lavoratori greci da un lato, e il programma di Syriza dall’altro, c’è un abisso gigantesco.
Lo stesso abisso che c'è tra le esigenze delle masse proletarie e i programmi degli estimatori nostrani di Tsipras: i vari Vendola, Ferrero, ecc.
Serve un programma di classe per uscire dal capitalismo!Quale dunque la soluzione per salvare dalla catastrofe la classe operaia greca? Come Lega Internazionale dei Lavoratori abbiamo lanciato in questi mesi una piattaforma di rivendicazioni di classe che si demarca chiaramente dalle posizioni ambigue di Syriza e del Kke (il partito stalinista). Un programma che prevede la requisizione senza indennizzo delle fabbriche e la gestione operaia delle imprese secondo una pianificazione democratica che vada incontro ai bisogni dei lavoratori, il monopolio statale del commercio estero, la creazione di una banca unica che possa garantire credito a buon mercato per le masse popolari in difficoltà, l’abolizione dei contratti precari, la scala mobile delle ore di lavoro (per dividere il lavoro tra tutti); tutte rivendicazioni che presuppongono ovviamente la rottura netta con l’euro, il rifiuto del pagamento del debito alle banche tedesche e francesi e l’uscita dall’Unione europea.
I rivoluzionari devono anche in Grecia sfidare Syriza e il resto della sinistra a costituire un governo su un chiaro programma di rottura con il capitalismo. E' anche questo un modo per favorire la comprensione di più larghi settori di massa della reale natura della sinistra riformista e dell'esigenza di costruire una nuova direzione del movimento operaio, una direzione realmente basata su un programma operaio, che sostituisca le direzioni capitolarde della sinistra vecchia e nuova.
Non si tratta peraltro di un’alternativa limitata alla sola Grecia: la soluzione della crisi o è internazionalista o non è (a differenza di quanto dicono gli stalinisti del Kke). Per questo motivo sosteniamo la parola d’ordine degli Stati Uniti Socialisti d’Europa, per la costruzione di un governo dei lavoratori e per i lavoratori su scala internazionale. Per il socialismo, contro la barbarie del capitale!
Note1) http://www.syriza.gr/
2) dal Manifesto del Coordinamento delle sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori – Quarta Internazionale, pubblicato sul nostro sito web.