Luciano Granieri
Strani a volte sono i casi della vita. Il nove agosto scorso
sono stato invitato dal movimento RESTA
di Serrone a partecipare ad un convegno sulla grave crisi ambientale che
colpisce la Valle del Sacco. Proprio in quelle ore stava prendendo forma la crisi di governo con Salvini che staccava
la spina all’esecutivo giallo-verde. Due
eventi che in realtà non hanno nulla in comune, o non dovrebbero averlo, ma
pensandoci bene sono il risultato di evoluzioni simili.
Crisi Valle del Sacco 1:
la prima area Sin
Nel 2005, a seguito dell’avvelenamento di alcune mucche
stramazzate a terra senza vita dopo aver bevuto l’acqua del fiume , la Valle del Sacco assurse alle cronache nazionali. Si gridò subito all’emergenza
ambientale che non doveva avere colore politico. Esponenti sia di destra che di sinistra, si
affollarono in convegni simposi e consulti
con sanitari ambientalisti ed associazioni. La zona venne qualificata come SIN (Sito
d’interesse Nazionale per l’inquinamento) cioè lo Stato avrebbe dovuto stanziare un po’ di soldi per la bonifica, ma
dopo tanto clamore, nessuno si peritò di andare a controllare le fonti
inquinanti, i cui maggiori responsabili pare fossero imprese senza scrupoli, ma guai a toccarle.
Crisi governo 1: La presa del potere del Caudillo con i fascisti
Sul fronte della
politica nazionale il 1994 fu l’anno della discesa in campo di Berlusconi. Quello delle leggi ad personam, del
conflitto d’interesse dello sdoganamento dei fascisti. Si gridò all’emergenza
democratica! Al pericolo di una nuova dittatura tutte le forze, così dette, democratiche si mobilitarono in una sorta di novello
CLN per ristabilire i principi democratici calpestati del Ras di Arcore. All’allarme di deriva autoritaria si aggregò anche la
Lega di Bossi che, in piena legislatura, disarcionò Berlusconi favorendo, con
la desistenza, la presidenza del
consiglio Dini, primo esempio di governo tecnico sostenuto da tutti, ex
comunisti del Pds compresi. Un esecutivo di quelli lacrime e sangue tanto amato dalla
UE. Non a caso fu proprio Dini a menare il promo fendente ai pensionati trasformando il sistema previdenziale da
retributivo a contributivo.
Crisi governo 2: La rivincita democratica, primo governo Prodi
La mobilitazione
contro lo spauracchio liberal fascista berlusconiano portò alla vittoria del Centro Sinistra a
guida Prodi grazie anche all’appoggio di Rifondazione. Purtroppo però di legge
sul conflitto d’interesse, neanche l’ombra,
né furono toccate più di tanto le norme ad personam. Addirittura il presidente della Camera Luciano Violante dell’allora Pds, nel suo discorso d’insediamento dette un’impressionante lezione di buonismo antifascista invocando comprensione per i ragazzi di Salò.
Giovani da capire perché in quel marasma, quando tutto stava precipitando, era
normale che alcun giovani si
schierassero con i Partigiani, ed altri
con i Repubblichini. Il fascista Fini applaudì convinto. Nel 1997 lo stesso
governo di emergenza democratica targato centro-sinistra vara la legge Treu .
S’introduce il lavoro in affitto, si allarga l’uso dei contratti a termine e a tempo parziale, una
norma molto gradita dai padroni, evidentemente.
Crisi governo 3: La costituzione secondo D’Alema
L’edizione successiva dell’esecutivo di centro-sinistra,
questa volta a guida D’Alema, addirittura s’incarica di scrivere una riforma costituzionale proprio
con Silvio Berlusconi, quello accusato di attentare alla democrazia nel 1994.
Crisi Valle del Sacco 2: Arriva il SIR
Tornando alla Valle del Sacco si va avanti con continui
avvelenamenti di acqua aria e suolo, ci si barcamena fra depuratori che non
funzionano, urbanizzazioni selvagge e
insediamento d’industrie a Rischio Incidente Rilevante fino a che, nel 2013, il
ministro Clini declassa la Valle da Sito d’Interesse Nazionale a Sito d’interesse Regionale, ossia
la bonifica si farà con i soldi della Regione. Altra mobilitazione generale
contro l’emergenza ambiente. Si presentano progetti di riqualificazione cui non
viene dato seguito, intanto impianti destinati a bruciare scarti di auto,
cementifici, ed ogni sorta di robaccia inquinante continua a martoriare aria,
acqua e suolo.
Crisi governo 4: Emergenza Democratica ma non troppo.
Nel 2001 grazie all’”efficacia” del Fronte
di Liberazione Nazionale targato Prodi-D’Alema, rivince Berlusconi, con
Fini , quello che aveva applaudito il discorso di Violante, a gestire la
mattanza del G8 di Genova . Stavolta l’emergenza democratica, pur invocata, è meno sentita anche in presenza del massacro
genovese , tanto che la legislatura targata Arcore dura
fino alla fine naturale del mandato fra veline, letterine e festini a luci
rosse . La successiva vittoria del centro sinistra, con il Prodi Bis, dura solo
due anni affossata dalla piccata e offesa reazione del Democristiano Mastella - organismo politicamente modificabile, transitante da destra a sinistra e viceversa - offeso per essere stato indagato per affari di
corruzione.
Crisi governo 5: Non emergenza
democratica ma sporca questione di soldi.
Ritorna l’emergenza democratica , come logico, nel 2008 a
comandare è ancora Berlusconi, che questa
volta cadrà non per la paura di una deriva autoritaria , ma per un diktat della
UE. Già nel 2010, a causa dello strappo di Fini, il governo Berlusconi non
aveva maggioranza, ma per la stabilità dei mercati una crisi di governo era una iattura .
Fu il presidente Napolitano rinviando
sine die la verifica dell’esistenza di una maggioranza , che consentì
a Berlusconi di fare campagna acquisti in campo avverso. Scilipoti , il
pittoresco Razzi ed altri parlamentari dell’opposizione passarono con il Cavaliere consentendo la sua sopravvivenza. Che tuttavia non durò molto . Berlusconi cadde per mano
dello spread, arma con la quale comunità finanziaria e la UE tolsero di mezzo
un premier diventato improvvisamente pericoloso per i mercati. Non fu
un’emergenza democratica ma quella dei conti a defenestrare il Cavaliere e a consegnare Palazzo Chigi a Mario Monti - altro tecnico affamatore di popolo - votato da tutti: dal Pd a Forza Italia in una
salvifica alleanza pronta ad avvallare la devastazione sociale che, in nome del
pareggio di bilancio (votato anche dalla Lega nel 2012) il professore impose
all’Italia. Fu in questo periodo che cominciò ad avere successo il Movimento 5
Stelle raccogliendo l’insoddisfazione e la rabbia di una cittadinanza prostrata.
Crisi governoi 6: La non vittoria del Pd.
Gridando proprio all’inciucio il Movimento 5 Stelle riuscì a
rendere parziale la vittoria della coalizione, a guida Pd, nelle elezioni del
2013. Cominciò la scalata di Renzi il quale, prima vinse la segreteria Pd con
il trucco delle primarie aperte , poi
scalò la presidenza del consiglio,
facendo fuori il primo inquilino di Palazzo Chigi di quel governo, Enrico Letta. Iniziò
una vera e propria deriva anti sociale:
Jobs Act, con l’abolizione dell’art.18, aumento della precarietà del lavoro con
il decreto Poletti, riforma della Rai che diventava strumento di propaganda del
governo, istruzione svenduta ai capitali
privati con la buona
scuola, ed infine Il decreto Minniti
-ordito dall’esecutivo Gentiloni fedele replica di Renzi -nel frattempo
disarcionato dalla sconfitta del refrendum costituzionale. Decreto che regalava soldi
alla Libia in cambio dell’impegno di carcerare e torturare gli immigrati per
non farli partire. Già si demonizzavano le Ong.
Crisi Valle del Sacco 3: La politica dell’incenerimento e
delle discariche
Renzi fa danni anche nella Valle del Sacco. Nel piano
sblocca Italia gli inceneritori rientrano nel
novero delle aziende di preminente interesse economico, per cui possono essere installati senza Valutazione d’Impatto
ambientale. Zingaretti coglie al volo l’occasione di favorire le lobby
dell’incenerimento e comincia a
pianificare l’insediamento d’inceneritori in tutta la Valle del Sacco, prevede di attivare i termovalorizzatori di Colleferro, proposito bloccato dalla sollevazione popolare, per questo tarda a
redigere il piano rifiuti, scaduto nel 2012. Nel frattempo le discariche
abusive arrivano a 27 nella provincia di Frosinone. L’ambiente non ha colore
politico, ha quello della monnezza su cui fanno affari, non disturbati da alcun
colore politico, appunto le maggiori multi utility.
Crisi Valle del Sacco: 4 Schiuma, incendi e nuovo Sin
L’emergenza continua . A dicembre 2018 il Sacco
viene invaso da una fetida schiuma bianca. E’ ancora una volta allarme. Si
organizzano ronde per scoprire il folle inquinatore, ma nessuno si sogna di controllare
gli impianti di depurazione della grandi aziende, o di capire perché i depuratori urbani di
Acea non funzionano, guai a disturbare i grandi interessi privati. Nel
frattempo la Valle del Sacco e tornata ad essere Sito d’interesse Nazionale con
lo stanziamento di 53 milioni di euro per la bonifica.Non si fa in
tempo a respirare, non solo metaforicamente. La Mecoris, azienda che stiva, tratta e ricicla rifiuti, va a fuoco.
L’impianto situato a pochi metri dall’ospedale di Frosinone, invade la città
con fumi tossici. Si strilla ancora una volta all’emergenza, salvo poi scoprire
che la Mecoris ha avuto l’autorizzazione nel 2016 ad operare in una zona gravemente inquinata, da regione, provincia e
comune di Frosinone che non si è nemmeno presentato alla conferenza dei
servizi. Dopo un consiglio comunale tumultuoso con i cittadini infuriati, vari
simposi e convegni, convocazioni delle associazioni ambientaliste da parte del sindaco leghista e del consigliere provinciale con delega
all’ambiante, si è giunti alla
conclusione che, in fin dei conti, l’incendio non è stato così nocivo, i dati
Arpa lo confermano. Quindi non è così grave ignorare quante siano le aziende RIR (Rischio incidente rilevante)
operanti nel territorio, quante quelle ricadenti sotto la direttiva Seveso. Non si sa nulla a partire da come saranno
gestiti i fondi per la bonifica. Ovviamente
di andare a trovare e sanzionare chi inquina non se ne parla proprio…….. to be continued alla prossima emergenza.
Crisi governo 7: Il dittatore del libero Stato di Papeete Beach
Torniamo ai governi, arriviamo all’oggi. Questa volta
l’esecutivo giallo-verde non cade per una mobilitazione sinceramente
democratica contro il despota Salvini, traghettato al potere dall’insipienza
dei 5 Stelle, ma dalla voglia del “Truce” di avocare a se pieni
ed insindacabili poteri, senza le palle
al piede di alleati di governo inaffidabili, opposizioni , ma soprattutto senza
i vincoli della tutela democratica
identificati nella Costituzione. Forte del consenso elettorale ottenuto alle
Europee e dall’ulteriore possibile plebiscito
proveniente dai sondaggi, il Capitano
del Rosario crede di avere podestà su
tutto e tutti anche sul presidente del Consiglio Conte il quale,
secondo lui, dopo le sue intimidatorie
esternazione proferite sui social sulla
volontà di staccare la spina per capitalizzare il consenso nelle urne, doveva intimorito
presentarsi dimissionario al Presidente della Repubblica.
Ma il premier lo bugera riferendo in Senato per rendere trasparente la crisi e
costringendo la Lega a presentare la mozione di sfiducia, poi ritirata, nel tentativo di
evirare la catastrofe . La mossa di
Conte (vedi Mattarella) spiazza, e di fatto disintegra, i propositi totalitari di Salvini, il quale senza i soldi del ministero degli interni non può
gestire tutto l’armamentario di propaganda che lo ha portato al successo, né
firmare ordinanze contro le Ong. Si staglia all’orizzonte l’ennesimo governo di
emergenza democratica, con M5S, Pd, Leu , + Europa , magari guidato da un altro famelico tecnico
quale l’uscente governatore della Bce Mario Draghi. O forse no.... Alla fine nulla
cambia. To be continued………alla
prossima emergenza democratica.
La verità è che nessuna crisi, né quella della Valle del
Sacco, né quella di governo avrà mai una soluzione nelle attuali condizioni. Ci troviamo di fronte a due
blocchi sociali: una parte collaterale
alle grandi banche, alla comunità
finanziaria -che ha nella UE la massima espressione di governo basato sulle
politiche di austerity - incarnata dal Pd. Dall’altra un corpaccione granitico
di imprenditori incattiviti, astiosi contro ogni forma di solidarietà sociale, i
nemici dei neri, degli zingari, dei gay, delle tasse, quelli del “meno stato e più
impresa” quelli dei "fascisti brava gente" , rappresentati della Lega, Fdi e Forza Italia. I cinque stelle? Possono stare sia di qua che
di la è un’entità flessibile che prende posizioni in base a ciò che conviene
alla Casaleggio Associati . I due blocchi,
nonostante mostrino di combattersi , sono tutt'e due funzionali agli interesse dei grandi capitali. Entrambi sono attivi nel trasferire ricchezza
dai redditi di lavoro a quelli della finanza.
Se questo è, le crisi, sia quella
della Valle del Sacco, che del governo non
avranno mai soluzione, o meglio a pagare
saranno sempre i cittadini più deboli Allora sarebbe il caso di mettere in campo un altro
blocco sociale quello che una volta si raggruppava attorno a ciò che oggi è considerata un’utopia ma che
dovrebbe tornare realtà. La realtà socialista. E’ fondamentale rimettere in campo una
prospettiva anticapitalista, oggi cancellata dai radar della politica, per
trasformare il To be continued in To
be…….stopped.