Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 13 febbraio 2012

Grecia:Approvate le misure anti-operaie. Ma la lotta continua

di F.R.



Qualche giornale borghese stamattina titola sui "black bloc" che starebbero bruciando mezza Atene. Ma poi negli articoli sono gli stessi inviati (almeno quelli minimamente corretti) a dover ammettere che la battaglia di piazza, ieri, intorno al parlamento, ha coinvolto decine di migliaia di manifestanti. Altro che black bloc!
Peraltro le immagini dei tg non lasciano spazio a dubbi. Nonostante le violentissime cariche delle bande armate del padronato, i manifestanti hanno resistito per ore: anche grazie alla capacità di dare vita a un minimo di servizio d'ordine in grado di difendere il corteo e persino, in vari momenti, di far retrocedere la polizia.
All'interno del parlamento, più che mai simbolo del potere di classe della borghesia, tra scoppi e incendi si è infine approvato il nuovo pacchetto di misure anti-operaie voluto dalla troika. Altri tagli stipendi, riduzione del salario minimo, licenziamenti di massa anche nel pubblico impiego, ancora tagli alle pensioni, tagli a quel poco che resta di servizio pubblico, privatizzazione di tutto, dall'acqua al gas.
Giorgio Napolitano, esprimendo ad alta voce quanto pensano gli impauriti politici borghesi di tutta Europa, ha affermato: "L'Italia non è la Grecia". Una frase che suona più come un esorcismo che come un ragionamento. Lo stesso esorcismo ben poco efficace con cui i governi imperialisti commentavano un anno fa l'esplodere delle rivoluzioni arabe. L'Egitto non è la Tunisia; e poi: la Libia non è l'Egitto. E così via. Peccato per loro che mentre ripetevano queste parole inutili, la rivoluzione incendiasse decine di Paesi, a partire da quelli giudicati più saldi.
I lavoratori e i giovani che vogliono lottare contro l'attacco durissimo con cui i padroni cercano di recuperare i loro profitti, scaricando sulle masse i costi della loro crisi, devono allora rovesciare la frase di Napolitano: fare in Italia come in Grecia! Cioè unificare e sviluppare le lotte contro il governo Monti, fratello gemello del governo Papademos di Atene.
Ma l'ammirazione e il rispetto per quella massa che ieri si scagliava contro il parlamento borghese non deve farci dimenticare il problema vero che riguarda la Grecia come l'Italia come l'Egitto e ogni altro Paese. Il problema di costruire nel vivo delle lotte altre direzioni politiche e sindacali. Anzi: la Grecia è proprio la conferma più evidente che le lotte, per quanto coraggiose, per quanto radicali, per quanto estese, non bastano.
Le burocrazie sindacali, in Grecia come da noi, fanno di tutto per impedire uno sbocco vittorioso per i lavoratori. Certo, in Grecia anche i sindacati più burocratizzati hanno proclamato un elevato numero di scioperi generali: ma lo fanno esclusivamente nel tentativo di non perdere il controllo del movimento; seguono la lotta, quando possono la frammentano; sicuramente non la guidano verso un'ascesa. Lo stesso modo con cui interviene nel movimento, a livello politico, la sinistra riformista e governista: dagli stalinisti del KKE (i cui militanti in varie occasioni hanno fatto da servizio d'ordine a difesa del parlamento) a Syriza (coalizione di Synaspismos con altre sigle minori). Stanno nelle lotte non per portarle al loro logico sviluppo ma per sfruttarne la forza in vista di una loro futura crescita elettorale.
Ecco perché serve invece un sindacato che non frammenti la lotta. Servono strutture di coordinamento democratico e nazionale della lotta. Serve soprattutto costruire quel partito rivoluzionario che manca tanto in Grecia come in Italia. Cioè quell'organizzazione della avanguardia che è indispensabile per battere lo Stato della borghesia senza farsi paralizzare dalle quinte colonne della borghesia nel movimento. Senza una simile organizzazione - è l'esperienza degli ultimi due secoli a dimostrarcelo - nessuna lotta potrà avanzare realmente, né potrà scavalcare i mille ostacoli frapposti e indirizzarsi verso l'unico sbocco realmente vincente: la conquista del potere da parte dei lavoratori. Uno sbocco non all'ordine del giorno qui da noi, dove ancora siamo in una fase arretrata della risposta all'attacco del governo: ma uno sbocco che certo non più una fantasia ad Atene, dove diviene sempre più evidente a larghi settori di massa che l'unico modo per fermare la guerra sociale della borghesia è attaccare il suo governo, il suo parlamento, le sue istituzioni, i suoi palazzi. C'è bisogno di un piano operaio alternativo a quello della borghesia, basato sull'esproprio del grande capitale. Per fare questo è necessario che il potere passi da quel parlamento accerchiato dalle fiamme alla piazza in lotta. Solo un partito rivoluzionario può riuscire in questo compito, che aprirebbe la via ad altre vittorie operaie nel resto d'Europa. In questo senso, oggi più che mai la lotta delle masse in Grecia è la nostra lotta, la lotta di tutti gli sfruttati d'Europa.

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