Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

mercoledì 26 novembre 2014

EMILIA ROMAGNA E CALABRIA, IL VOTO REGIONALE NEL TEMPO DELLA CRISI

Fabrizio Burattini. Fonte Sinistra Anticapitalista

Su una cosa (e una sola) siamo d’accordo con Matteo Renzi, cioè sul fatto che lo sconvolgente tasso di astensione registrato nelle elezioni regionali di ieri in Emilia Romagna e in Calabria deve far riflettere tutte le forze politiche.
In Emilia Romagna, REGIONE nota non SOLO per la sua tradizionale “colorazione” politica, ma anche per il diffuso “senso civico”, sui 3.460.402 elettori, se ne sono recati alle urne solo 1.254.916 (1.053.643 in meno rispetto alle europee di maggio, 1.416.666 in meno rispetto alle politiche di febbraio 2013, 1.045.469 rispetto alle regionali del 2010).
Tasso di astensione sconvolgente anche se largamente previsto e prevedibile. Proprio perché tutte le forze politiche, perlomeno quelle principali, con il loro comportamento l’hanno provocato e per certi versi ricercato.
La considerazione di Renzi sarebbe sincera se non si accompagnasse ad una ipocrita fanfara di vittoria e alla sua tradizionale sicumera dell’ “andiamo avanti”. Addirittura di ritenerlo un dato secondario rispetto al successo del PD.
A questo proposito occorrerebbe ricordare che la soglia di partecipazione di almeno il 50% dell’elettorato viene ritenuta come necessaria per dichiarare validi gli effetti di un voto referendario, mentre sembrerebbe legittimo governare per 5 anni una REGIONE“forti” SOLO di meno della metà del 37,67 degli elettori chiamati ad esprimersi. E’ proprio il caso di dire: “due pesi e due misure”…
Infatti la vittoria del PD in Emilia Romagna, oramai può dirsi, si basa prevalentemente, se non unicamente, sul consolidato sistema di potere che dirige quella REGIONE. I voti raccolti da Bonaccini (poco più che 600.000), infatti, oramai non canalizzano più neanche il voto di opinione raccolto da Renzi nelle europee di sei mesi fa., né, tanto meno; il voto organizzato di massa che raccoglieva la sinistra un tempo nella “regione più rossa d’Italia”.
In Calabria, Oliverio, con i suoi 484.261 voti, raccoglie poco di più di quanto raccolse lo screditato Loriero nel 2010, e può presentare il proprio risultato come plebiscitario (61,42%) solo per il parallelo crollo del centrodestra che raccoglie poco più di un quarto dei voti di 4 anni fa.
Dunque, se le dichiarazioni di Renzi e dei suoi fossero oneste, si dovrebbe riconoscere che il QUESTE elezioni il PD (e il governo) non raccoglie affatto un’ondata di consenso, ma una delusione e un dissenso di massa, rappresentato da quei 680.537 voti persi in soli sei mesi (dalle europee ad oggi). Anche rispetto al risultato raccolto quattro anni fa da Vasco Errani (1.197,789 voti) Bonaccini dimezza i consensi.
Anche l’altro “trionfatore” di QUESTE elezioni, il “Salvini emiliano”, il leghista Alan Fabbri, raccoglie 374.653 voti, meno della metà degli 844.915 ottenuti dal centrodestra nel 2010. E lo stesso risultato di LISTA della Lega Nord, con i suoi 232.318, cala di 56.283 rispetto ai 288.601 raccolti nel 2010, non mettendo neanche a frutto l’effetto di trascinamento dell’avere il “candidato presidente” della coalizione, anche se aumenta significativamente rispetto al risultato delle europee.
Questi risultati del PD e della Lega andrebbero ulteriormente ridimensionati ricordando il grande sostegno mediatico che in queste settimane il sistema informativo ha offerto da un lato a Renzi e al “suo” PD e, dall’altro, a Salvini, ormai indicato come unica opposizione.
Non varrebbe neanche la pena di parlare del risultato di Forza Italia (100.113 voti rispetto ai 518.108 del 2010), se non per sottolineare il punto della sua parabola.
Per quanto riguarda il M5S sembra consolidare il suo “zoccolo duro” di circa 160.000 voti emiliano romagnoli (per l’esattezza 161.056 nelle regionali 2010 e 167.022 ieri, anche se vista l’astensione valgono quasi il doppio percentualmente) con lo sgonfiamento rispetto all’eccezionale risultato delle politiche 2013 (658.475 voti), già ridimensionatosi significativamente in occasione delle europee (443.936).
Una riflessione sarà peraltro necessaria anche nell’ambito della sinistra che in Emilia Romagna positivamente tiene e riesce ad eleggere un consigliere regionale, ma non capitalizza nulla dell’ondata di rifiuto e di disaffezione dalla politica tradizionale, e neanche dello “sgonfiamento” dei voti “grillini”. In qualche modo, nonostante alcune scelte più positive degli ultimi tempi, resta che la sinistra non riesce tuttora a scrollarsi di dosso quella omologazione al mondo politico tradizionale accumulatasi in lunghi anni di politiche sbagliate.
La Lista Tsipras in quella regione ottenne alle europee 93.914 voti, che, si sono riversati quasi intatti per 50.208 nella lista “L’Altra Emilia Romagna” e per 38.743 sulla lista di SEL (in coalizione con il PD), mantenendo anche qui uno “zoccolo” di voti simile a quello raccolto dalle liste delle Federazione della Sinistra e di SEL, entrambe allora in coalizione con il PD di Vasco Errani nel 2010 (96.641). Tutto comunque senza nessun paragone possibile con i 235.223 suffragi raccolti alle politiche del 2006 dalle liste PRC e PdCI.
Ma la riflessione per la sinistra è ancor più necessaria se si guarda ai risultati calabresi, dove la lista “L’Altra Calabria” non solo non capitalizza il dissenso diffuso, raccogliendo solo 10.536 voti, ma vede sfuggirle verso SEL e le liste in coalizione con il PD gran parte dei 31.524 ottenuti sei mesi fa alle europee con la Lista Tsipras, restando ampiamente al di sotto dei 41.520 voti confluiti sul PRC calabrese nelle regionali 2010 e per fino molto meno dei 27.337 voti che in quella regione ottenne la “Lista Ingroia” a febbraio 2013.
La riflessione che la sinistra dovrà fare si intreccia anche con la positiva, seppur iniziale ripresa di conflittualità sociale che la durezza delle politiche dominanti sta imponendo anche in Italia. E’ là soprattutto, molto più che nella ossessione elettoralistica, che ben presto crea subalternità e dipendenza istituzionalistica, che va ricercata la strada per un vero rilancio.

Nessun commento:

Posta un commento