Le rovine
"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"
Buenaventura Durruti
lunedì 31 dicembre 2018
domenica 30 dicembre 2018
Trisulti, la marcia per la Certosa bene comune
Luciano Granieri Potere al Popolo di Frosinone
Dal febbraio scorso la Certosa di Trisulti è gestita da
un’associazione privata la “Dingitatis Huamnae Institute”. Tale organizzazione è finanziata da Steve Bannon ex timoniere delle politiche di ultra destra del Presidente Trump, collocato ancora più a destra dell’inquilino della Casa Bianca
. Alla guida della DHI Bannon ha
insediato l’ultraconservatore britannico
Benjamin Harnwell “Il più intelligente ragazzo che abbiamo a Roma un tipo tosto”, così lo definisce Bannon
sul sito dell’associazione. La DHI ha vinto il bando di concessione emesso dal
Ministero per i beni e le attività culturali nella precedente legislatura quando ministro era
Dario Franceschini del Pd. Il canone d’affitto concordato è di 100mila euro l’anno. La finalità doveva essere la tutela e la salvaguardia del bene. Ad
incarico acquisito, invece la
DHI ha chiaramente dichiarato di voler
fare della Certosa un luogo di
formazione “di gladiatori guerrieri della
cultura giudaico-cristiana occidentale”,così la definisce Harnwell in un
articolo del Washington Post del 25
dicembre scorso. Un’accademia che, secondo il presidente dell’associazione, possa formare i prossimi Salvini ed Orban.
Naturalmente da quando la DHI ha preso possesso della Certosa si paga per entrare e finanche per
respirare. Mi pare ce ne fosse abbastanza per scendere in piazza.
La marcia: chi c'era, chi non c'era ma c'era lo stesso
Infatti sabato 29 dicembre, finalmente, si è svolta una marcia di protesta con
partenza da Collepardo e arrivo alla Certosa, proprio per contestare un iter che toglie alla popolazione,
cattolica e non cattolica, la libera fruizione di un bene dello
Stato e ne insedia una scuola politica
basata su disvalori del tutto contrari ai principi della Costituzione. La manifestazione è stata organizzata dalle Comunità Solidali di
Frosinone, la cui portavoce è la ex consigliera regionale Daniela Bianchi e ha
visto la partecipazione di alcune associazioni del cattolicesimo sociale fra cui
“Il Cammino di San Benedetto” con il suo ideatore Simone Frignani, oltre a
movimenti ambientalisti locali e nazionali , fra i quali Legambiente e
l’associazione Sylvatica rappresentata dal Presidente Riccardo Copiz.
C’era
anche l’ANPI di Frosinone con il suo
presidente Simone Campioni ed altri iscritti. Hanno partecipato diverse forze
politiche, ma rigorosamente in incognito. Come è noto la politica è una cosa
sporca, per cui meglio non spaventare l’immacolato viandante pellegrino . Comunque Sinistra
Italiana era presente con il segretario nazionale e deputato Nicola Fratoianni, oltre al coordinatore regionale Marco Maddalena,
insieme a loro alcuni esponenti locali
di Possibile (Annarosa Frate, Armando Mirabella). Potere al Popolo ha
partecipato con il sottoscritto e Maria Lucia Giovannangelo, si sono aggiunti per il dibattito svoltosi dopo la marcia,
Giuseppe Guerrera e Carla Corsetti del
coordinamento nazionale di PaP, nonché segretario nazionale di Democrazia Atea. Ah dimenticavo cerano anche esponenti
del Pd , fra i quali la presidente del
circolo di Frosinone Alessandra Maggiani. Ma come! La colpa di sto’ casino
non è stata di un ministro del Pd? Certo, ma i militanti sono diversi
dall’oligarchia partitica, almeno credo, ma la questione non mi appassiona.
Un
paesaggio straordinario baciato dal sole ha reso i quasi sei chilometri di salita
necessari a raggiungere la Certosa
estremamente piacevoli. Come in tutte le manifestazioni ci si confronta
si discute, insomma si fa politica nonostante tutti i divieti e le prese di
distanze. La partecipazione è stata soddisfacente, circa 300 persone più due
asinelli, un pappagallo e svariati cani fra cui la star dei social, Celestino.
Arrivati in vetta, dopo le foto di rito agli striscioni, Mr. Benjamin Harnwell, presidente della DHL, ci ha fatto entrare gratis, è bene precisarlo, per scambiare alcune opinioni con
il popolo manifestante. L’eco mediatica è stato notevole, oltre a TV , giornali nazionali e locali abbiamo notato la
presenza della giornalista Constanze Ruescher corrispondente di Die Welt, ospite
abituale della trasmissione Propaganda
Live.
Maria Lucia con Constanze |
Dibattito pubblico o consiglio parrocchiale?
L’incontro con Mr. Benjamin si è
rinnovato nel corso del dibattito organizzato nel pomeriggio dai promotori
della marcia presso la sala consiliare di Collepardo. Anche qui ,alla presenza
del sindaco Mauro Bussiglieri officiante in
qualità di padrone di casa, ma spettatore neutrale - tale si è dichiarato - i
discorsi politici erano banditi. L’obiettivo era quello di avanzare proposte per una fruibilità più diffusa della Certosa .
A chi? All’addestratore dei gladiatori della cultura giudaico cristiana? Dalle
nostre parti si direbbe “bbono fiate!!!”.
Infatti durante la prima parte del dibattito sembrava di assistere ad un
consiglio parrocchiale, o per lo meno a
quello che io immagino sia un consiglio parrocchiale , non avendo mai frequentato assise di questo tipo.
L’oggetto del contendere era relativo alle funzioni religiose. Una messa è
gratis, quella delle 9,00. Potrebbe, di grazia, Monk Benji concedere qualche
altra messa senza pagare? Ai Collepardesi l’accesso alla chiesa è sempre
gratuito, ma bisogna che partecipino a tutte le messe, altrimenti si perde il
bonus fedeltà. E ai pellegrini niente?
Quelli che errano con rinnovata fede per il cammino di San Benedetto pure
devono pagare per entrare? E quelli che
fanno altri cammini, tipo Santiago di
Compostela e lo compravano con tanto di contapassi legati ai piedi li vogliamo
far pagare? E gli invitati dei matrimoni che si celebrano in Certosa, perché
devono scucire l’obolo per testimoniare la felicità degli sposi? Mr Benjamin si è mostrato ben disposto all’ascolto, e ad
accondiscendere a qualcuna di queste richieste. Bene allora la seduta su può
togliere. Tutto risolto? Nel consiglio parrocchiale forse, ma nel contesto
civile e sociale non è risolto un bel niente.
E allora bisogna parlare di
politica. Risulta che il ministero dei
beni e le attività culturali, guidato dall’allora ministro del Pd Franceschini,
a fronte di un bando a quanto pare ineccepibile, non sia stato altrettanto irreprensibile
nel giudicare l’appropriatezza dei requisiti dei proclamati vincitori. Ma ci
sono altre incongruenze clamorose. Benjamin Harnwell da tre anni almeno frequentava il comprensorio
di Trisulti, a suo dire per verificare la convenienza o meno di rispondere alla
gara che il MIBACT ha, o avrebbe emesso,
visto che parliamo di tre anni addietro. Dunque Harnwell e Bannon già sapevano che il ministero avrebbe indetto
una gara per la gestione della certosa? Forse
la loro fede li rende veggenti ?
Ma
torniamo al maledetto bando. In esso non si fa menzione di alcun tipo di
accademia nè di scuola politica. Chi ha in gestione il bene demaniale deve
assolvere all’unico compito di mantenerlo e valorizzarlo. Non mi pare corretto
quindi assegnare un incarico a chi non si limiti a compiere attività inerenti esclusivamente alle finalità
della concessione, in particolare se
introduce accademie o scuole che diffondano dottrine teocratiche e integraliste
contrarie ai principi della Costituzione
laica e repubblicana . Altro requisito: per aggiudicarsi il bando bisognava dimostrare di aver valorizzato un
sito religioso, privato o pubblico, negli ultimi 5 anni . Requisito soddisfatto secondo Mr. Benjamin. La DHI si è occupata della
chiesetta privata di San Nicola a Civita, dotandola di un piccolo sito museale.
Sito di cui non si ha traccia, a parte la nomina del direttore che pare sia la
figlia di un assessore. Una valorizzazione che sta nel libro dei sogni.
Quindi non solo la DHI non avrebbe avuto i requisiti per vincere la gara, ma dalla
gara è stato escluso un partecipante in
modo, secondo alcuni, un po’ troppo
frettoloso. l'Accademia
Nazionale delle Arti del Castello Petroro di Todi, Comunità di monaci e laici
appartenenti a Chiese Cristiane ortodosse, aveva proposto la propria
candidatura rigettata per la presentazione di una documentazione non
idonea. Qui il discorso si fa ulteriormente politico! La proposta avanzata e
condivisa dai rappresentanti di Potere al
Popolo presenti è precisa e tutta politica. Verificare in termini giuridici la correttezza della valutazione effettuata
dal MIBACT sui requisiti proposti dalla
DHI e, in caso di incongruenze, rescindere il contratto di concessione che per
altro non risulta ancora firmato. Inoltre ricorrere alla Corte Costituzionale
per la palese incostituzionalità delle bestialità che si vuole inculcare ad
eventuali studenti , e per il mancato rispetto dell’art. 41 della
Carta per il quale l’attività privata, (quella che DHI intende intraprendere all’interno della certosa) non può svolgersi
in contrasto con l’utilità sociale (ovvero la possibilità di tutti i cittadini,
Collepardesi e non, cattolici, islamici, buddisti, non credenti, di usufruire
liberamente di un bene dello Stato) . Inoltre
sarebbe opportuno interessare la Corte dei Conti per verificare se una
concessione per l’usufrutto e la gestione di un bene come la Certosa di
Trisulti, a solo 100mila euro l’anno, non
prefiguri un danno erariale.
L’assise si è conclusa con l’irata reazione di
Benjamin Harnwell alla messa in evidenza da
parte di Carla Corsetti del
carattere nazista della scuola che si vuole insidiare nella Certosa.
Nonostante tutti i giornali, compresi quelli americani, riportino dichiarazioni
di Mr. Benjamin in merito al carattere populistico di estrema destra
dell’indottrinamento che si vuole instillare fra le mura della certosa, Harnwell
ha rinnegato tale evidenza con violenza zittendo la rappresentante di Potere al
Popolo . Alla fine del parapiglia creato dalla discussione , la riunione si è
chiusa con l’accordo per un’ulteriore convocazione a marzo.
Benjamin Harnwell foto WP |
Conclusioni
Il dibattito politico ha
rischiato, e rischia, di mandare a
“meretrici” il consiglio parrocchiale.
Infatti Harnwell, a seguito delle accuse ricevute, non
sarà più disponibile a partecipare ad alcuna altra riunione e a concedere
aperture né ai Collepardesi, né ai camminatori, né a chiunque altro. Anche noi
come Potere al Popolo, portatori di valori democratici e solidali, siamo per questo convinti di non dover essere più disponibili
al confronto con personaggi di siffatta formazione politico-religiosa,
sicuramente in antitesi alla nostra, il cui solo scopo è quello di formare una
futura classe dirigente (dei piccoli Salvini e Orban) acritica, completamente
asservita alle loro idee disumane e antidemocratiche.
L'intervento di Carla Corsetti
giovedì 27 dicembre 2018
Ciociari, brutti,sporchi, cattivi e assetati
Luciano Granieri Potere al Popolo Frosinone
Come siamo cattivi noi Ciociari!!! Siamo cattivi e fuori
legge. Chi lo afferma? Acea, oltre che le istituzioni. Siamo cattivi perché osiamo
non pagare bollette idriche vessatorie dove un metro cubo d’acqua a volte è fatturato 20 euro. Siamo fuori legge perché, anche se chiediamo il rispetto degli esiti referendari - quando nel giugno
2011 26 milioni di cittadini deliberarono
che sull’acqua non si può fare profitto
- oggi non è la Costituzione che conta
ma la legge del mercato quella, cioè,
che noi infrangiamo.
Per la legge del mercato - che ha avuto il conforto del
Consiglio di Stato attraverso un
pronunciamento del 2017 nel quali si sancì
che l’acqua è un bene di rilevanza economica - i Ciociari sono degli avanzi di galera. Talmente fuori legge da essere oggetto di un decreto speciale
emanato nel 2016 dall’allora ministro
delle finanze Padoan per cui solo per noi discendenti dei Volsci non pagare le bollette Acea è reato penale e comporta il distacco del contatore.
Le forze politiche hanno cercato di
rabbonirci, quando non di fregarci, e di sfruttare la nostra rabbia per biechi
scopi elettorali. Lo ha fatto il Pd
quando la sua maggioranza in Regione approvò la legge 5 sulla gestione pubblica del
servizio idrico rimasta però lettera
morta vista la mancata promulgazione dei
decreti attuativi. Lo ha fatto il Movimento 5 Stelle quando è stata eletta sindaco di Roma, e quindi maggiore
azionista di Acea, la sua esponete Virginia Raggi.
Nonostante la promessa di cambiare il
management della multiutility e di pubblicizzare l’azienda, ha dimenticato che la prima stella delle 5 era
quella dell’acqua pubblica . Oggi gli
azionisti continuano a spartirsi dividendi milionari e l’acqua a fuoriuscire
senza controllo da una rete obsoleta a malandata . In realtà la sindaca un po’
di buona volontà ce l’aveva messa ponendo a capo di Acea un suo uomo di fiducia
, tale Luca Lanzalone , uno talmente abile da essere coinvolto, secondo l’accusa,
in un affare di mazzette in combutta con
il costruttore Parnasi per lo stadio della Roma.
Il destino dei fuori legge ciociari, quindi, non resta che quello della difesa dei propri contatori e
della piazza, per reclamare l’illegale rispetto di un esito referendario
plebiscitario. Una rivendicazione destinata a cadere nel vuoto? Probabilmente si .
Ma forse non tutto è
perduto. Proprio il Parlamento del cambiamento potrebbe avere l’occasione di
ristabilire la sovranità, più che popolare, sancita con i referendum del 2011.
Il 25 ottobre scorso è iniziata la discussione presso la Commissione Ambiente
della Camera della legge recante “Disposizioni in materia di gestione pubblica
e partecipativa del ciclo integrale delle acque” Non è altro che il testo
aggiornato della legge d’iniziativa popolare presentato nel 2007 dal Forum
Italiano dei Movimenti per l’Acqua a sostegno della quale furono raccolte 400.000 firme.
Lo stesso testo, depositato nella scorsa legislatura con l’appoggio
dell’intergruppo parlamentare per l’acqua
bene comune, è stato riproposto, debitamente aggiornato, anche in
questa legislatura firmato da diversi parlamentari 5 Stelle. La proposta di legge prevede che il
nostro Paese debba dotarsi di un quadro
legislativo unitario sul governo delle risorse idriche definite come bene comune, con l’introduzione di
modelli di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico.
Ovviamente le grandi lobby dell’acqua e dell’energia
(Hera, Iren, A2A e per l’appunto Acea), che negli ultimi sei anni hanno
distribuito ai propri azionisti 3 miliardi di dividendi, stanno facendo il
diavolo a quattro in tutte le sedi
istituzionali per impedire che la legge venga discussa ed approvata sottraendo alla
voracità del profitto un bene necessario
alla sopravvivenza.
Avrà il coraggio il M5S, oggi al governo, di mettersi contro le multinazionali dell’acqua,
oltre che i loro alleati leghisti visto che Salvini detiene 3.500 azioni di A2A?
Si tratta di realizzare due promesse spese in campagna elettorale: la gestione partecipata dell’acqua e la
certezza di esame e valutazione delle leggi d’iniziativa popolare da parte del
Parlamento.
Considerato che da quando è al governo il Movimento 5 Stelle, non
solo ha mandato a farsi friggere gran parte
dei buoni propositi abbondantemente profusi in campagna
elettorale, ma ha anche fatto carta straccia delle funzioni Parlamentari, non nutriamo molta fiducia. Se si esautora il Parlamento della sua
funzione legislativa, figuriamoci se tale prerogativa potrà essere concessa ad un’iniziativa popolare.
Dunque l’appello
che facciamo ai 26 milioni di cittadini che hanno votato per l’acqua pubblica è
quello di tornare nelle piazze a fare pressione su Parlamento e Governo affinchè la proposta di legge sulla
gestione del sistema idrico venga finalmente discussa e approvata. E’ un
appello che rivolgiamo soprattutto ai Ciociari che, qualora passasse il testo d’iniziativa
popolare , cesseranno di essere dei fuori legge senza Dio e non dovranno più
difendere con le unghie e con i denti i propri contatori, oltre che a tornare
in possesso di un bene necessario allo
sviluppo della dignità della persona umana.
FERMATEVI
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
Non possiamo sottovalutare quanto sta avvenendo nelle
istituzioni del nostro paese e neppure l'assenza di un vero confronto politico.
Il parlamento è ridotto a votificio, con l'uso di
decreti, voti di fiducia, testi sconosciuti votati a scatola chiusa come sta
accadendo sulla legge di bilancio.
Speravamo in una svolta dopo la deriva istituzionale
nella precedente legislatura e la vittoria del No nel referendum del 4 dicembre
2016. Invece il governo espresso dalla coalizione giallo-verde sta rifacendo
gli stessi errori, con un crescendo preoccupante.
Per riassumere in un concetto la nostra richiesta alla
nuova maggioranza:
Fermatevi !
Consentite un confronto politico di merito, non
prendetevi la grave responsabilità di continuare su una deriva, fin troppo in
continuità con gli errori precedenti, che porterebbe a mettere in discussione
aspetti centrali della nostra Costituzione e a creare un distacco ulteriore tra
rappresentati e rappresentati.
Sarebbe un grave errore rimettere al centro del
dibattito politico le modifiche della Costituzione. La Costituzione della
nostra repubblica, nata dalla Resistenza al nazifascismo, merita rispetto ed è
l'architrave del nostro assetto istituzionale. Singole modifiche della
Costituzione com'è previsto dall'articolo 138 sono possibili, ma non possono e
non debbono essere piegate a interessi di parte e ad esigenze momentanee.
La Costituzione è un bene comune a tutti noi, nessuno
può stravolgerla a proprio piacimento. Quando ci si è provato i cittadini hanno
respinto i tentativi di stravolgimento e se dovesse essere ancora necessario il
Coordinamento per la Democrazia Costituzionale è pronto, se necessario, a
rientrare in campo per impedire stravolgimenti costituzionali, fino ad
impegnarsi in campagne referendarie. Tutti farebbero bene a ricordare che
all'inizio del 2016 il No era dato al 20 % ma alla fine il voto No è arrivato
al 60% e il 4 dicembre 2016 ha vinto.
Chiediamo di fare conoscere le proposte di modifica
della Costituzione e di poterle discutere con il tempo necessario. In
particolare chiediamo di aprire una riflessione preventiva sulle proposte di
attuazione dell'attuale (nefasto) articolo 116 della Costituzione per bloccare
ogni tentativo di differenziare diritti fondamentali dei cittadini italiani per
regioni, pensiamo a salute, istruzione, ambiente, condizione di lavoro,
pensioni.
La trattativa in corso tra Governo e Lombardia,
Veneto, Emilia è del tutto nascosta ai cittadini. Chiediamo di conoscere, di
poter esprimere opinioni. Non solo noi ma tutti i cittadini italiani, avviando
una grande operazione di trasparenza. Questo va fatto ora perche' le decisioni
istituzionali rischiano di essere irreversibili.
Invece è necessario affrontare ora, senza ritardi, la
modifica della legge elettorale, che deve essere cambiata sulla base di due
principi: sostanziale rispetto della proporzionalità e garanzia che i cittadini
potranno scegliere direttamente tutti i deputati e i senatori chiudendo il
triste periodo dei nominati dall'alto.
lunedì 24 dicembre 2018
L'hub emergenziale
Il Comitato
“ Salviamo l’ Ospedale di Anagni “
Diritto alla Salute, Anagni
Viva, Comitato Osteria
della Fontana, Anagni Scuola Futura,
LegAmbiente Circolo di Anagni,
Comitato Residenti Colleferro,
Re.Tu.Va.Sa., Comitato S.
Bartolomeo,Comitato Ponte del
Papa.
La questione
sanitaria di Anagni è rimasta
sospesa in un limbo di incertezze. Ci sono iniziative in corso per le quali hanno
messo il loro impegno
istituzioni, associazioni e comitati ma finora i risultati non ci sono stati.
A risvegliare un po’ l’ attenzione sulla situazione ha
pensato, ancora una volta, l’ ex –assessore regionale, ora consigliere, Mauro Buschini, con un altro dei
suoi clamorosi annunci/proposta di
interventi volti al miglioramento
dell’ assistenza sanitaria ai cittadini
di Anagni e dei comuni limitrofi.
Ora si annuncia un “ hub” emergenziale ( bisogna
chiamarlo così per quell’ inguaribile provincialismo
linguistico-culturale che vieta alle
persone comuni di capire
subito di che si parla), cioè un
Centro di Emergenza (cioè un
parcheggio?), da realizzare nelle
adiacenze dell’ autostrada, che risolverebbe l’ esigenza
delle urgenze.
E’ l’amenità di fine anno che si aggiunge a quelle che ci
siamo sentiti raccontare in questi
anni di battaglie tra cittadini e istituzioni, provinciali e
regionali. Una per tutte: il Presidio Sanitario Ambientale (PRESA), tanto
dispendioso quanto inutile.
Alla proposta di Buschini ha risposto il Sindaco Natalia in termini molto
netti e chiari, sottolineando
come ad
Anagni serva la riapertura del Pronto
Soccorso.
Il Comitato per l’
Ospedale ribadisce che la richiesta del
Pronto Soccorso, il mantenimento degli impegni sottoscritti dalla ASL nel piano Aziendale vanno rispettati. Non c’ è da
aggiungere altro.
L’ impegno di tutti va
in questa direzione. Nessuno, Comitati e associazioni, intende arretrare
rispetto a questa linea.
Il nostro
obiettivo, comunque, resta sempre il Pronto Soccorso e la realizzazione dei cinque punti della delibera dei sindaci del
2016!
domenica 23 dicembre 2018
Riflessioni sulla conferenza stampa della asl –Tempi di attesa - 19.12.2018
Francesco Notarcola – Coordinatore di CittadinanzattivaTDM – Componente dell’Osservatorio sui tempi di attesa della asl di Frosinone
La
conferenza stampa, indetta dalla dirigenza generale, allo scopo di illustrare
la pianificazione adottata per ridurre le liste d’attesa inerenti alla
diagnostica per immagini ha evidenziato:
a) L’importanza di una pressante
e quasi quotidiana denuncia di Cittadinanzattiva TDM e delle sue iniziative
pubbliche, che hanno costretto, finalmente la dirigenza asl a uscire allo
scoperto adottando i primi provvedimenti;
b)
Un ulteriore spostamento del pubblico verso il privato;
c)
Una notevole insufficienza dirigenziale della asl ne’ alcuna chiarezza in
merito ad eventuali responsabilità personali dei dirigenti in base a quanto
dichiarato in conferenza;
d)
La umiliazione professionale dei medici e degli operatori delle UOC di
radiologia.
Il
dott/sig. Maurizio
Nicolini, consulente incaricato di mettere a
punto detto piano, ha esposto, SENZA PRESENTARE UNA RELAZIONE SCRITTA, le
azioni che il gruppo manageriale della Asl, guidato dal commissario
straordinario Luigi Macchitella, avrebbe adottato a ben tre anni dal suo insediamento. Ecco gli annunci: .
1)
Sostituzione o nuova fornitura “in affitto”
del parco ecografi per N. 6 ecografi . Frosinone avrà un ecografo di alta
fascia. Primo passo ma assolutamente insufficiente, considerando che nello”
Spaziani” il reparto di Chirurgia ha un ecografo rotto da mesi e che in quello
di Medicina l’ecografo è obsoleto;
2)
Frosinone ha un nuovo primario ma Cassino e Sora restano ex art.18.
L’applicazione di questo articolo genera un contenzioso che costa centinaia di
migliaia di euro;
3) I turni di lavoro
saranno dalle ore 8 alle ore 14 e dalle ore 14 alle ore 20 per tutti gli
operatori. Quanto
sopra, previsto dal decreto regionale dell’aprile 17, è applicato un anno e 8
mesi dopo;
Dopo tre anni di permanenza alla direzione generale, il Commissario, ha dovuto chiamare un consulente, di
cui non si conosce ne’ il relativo contratto firmato in data 18 10 2018 ne’ il
relativo costo per il 2018 e 2019, per accorgersi, dopo tre anni, dell’ovvio. E cioe’ che
occorreva :
a) Armonizzare i turni d’impiego di
radiologi, tecnici, infermieri dedicati.
b) Adeguare i tempi di esame alla media
regionale con conseguente risparmio di spese per straordinari, pari ad un importo quantificato superiore ai 300 mila euro l’anno
, dopo aver pubblicamente dichiarato una carenza di una trentina di radiologi ?. Ma perché mai solo oggi la Asl si rende conte del
monte ore in straordinario pagato, quando negli anni passati si e’ utilizzato,
a 60 euro/ora, personale dipendente della Regione Campania? Personale che
ancora viene utilizzato in altre branche specialistiche per esempio a Cassino ?
c) Perche’ approntare un piano di formazione ,senza specificarne le relative
spese , per i tecnici di radiologia di cui , a detta della direzione
generale, l’80% non sarebbe in grado di gestire le macchine così dette pesanti (
TAC e RMN ), ossia le apparecchiature che prevedono maggior
utilizzo di mezzi di contrasto, quando
sono anni che i laureati in “tecnica sanitaria di radiologia medica “ escono
gia’ formati per dette competenze? Il problema potrebbe in gran parte essere
dipendente dall’eta’ media avanzata del personale e a fine carriera?
d) Uniformare , in attesa della mitologica
futura scheda-tessera informatica sanitaria del cittadino , le
agende CUP al sistema informativo per la diagnostica per immagini RIS. Oggi il radiologo che riceve il paziente deve
riscrivere la cartella clinica ex novo con perdite di tempo non certo utili a
ridurre la lungaggine dell’esame ma soprattutto con mancata possibilita’ di
valutarne la congruità, valutare i precedenti e la storia clinica del paziente
ma anche differenziare il paziente ricoverato meno collaborante e con multiple
problematiche sanitarie.
e) Accesso solo tramite sistema CUP alla disponibilità di esame delle
strutture private accreditate per limitare sia la perdita di tempo per il
paziente ma anche per i controlli incrociati degli esami prenotati ed
effettuati e sulla loro CONGRUITA’
nel principio che Il
CUP ( struttura pubblica) e’ al servizio del privato ma
il privato convenzionato viene programmato ed e’ soggetto al controllo del
pubblico.
f) Destinare gli esami di routine alle
strutture territoriali, lasciando alla UOC gli esami più complessi piuttosto che delegare alle strutture private accreditate un numero
maggiore di esami . Perché ad oggi non ne
svolgono già abbastanza?
g) Adeguamento ed uniformita’
del consenso informato
h) Valutazione dei reali
carichi di lavoro delle diverse figure professionali con adeguamento al
tempario regionale assumendo le figure carenti tramite concorsi, sempre
promessi, dopo espletata la mobilità, evitando contratti bimestrali a partite
iva di per se’ limitativi di qualsivoglia reale e seria programmazione .
Altre
delucidazioni in merito al servizio le ha fornite il nuovo primario della UOC
di radiologia dott. Germano Scevola, radiologo interventista. Il quale ha
annunciato l’assunzione a tempo indeterminato tramite concorso di nuovi
radiologi in modo da evitare il ricorso a prestazioni per incarico
straordinario notoriamente anche più costose. (Delibera della asl per assunzioni radiologi bocciata
dalla Regione con conseguente nuova ripresentazione il 18/12/2018 ,di una nuova
delibera per soli 4 radiologi -in presenza anche di personale in
prossimo pensionamento - e inizio di una nuova trafila sperando di non rivedere il
“ping pong regione-asl della precedente delibera)
Oltre
l’affitto degli ecografi la asl si doterà di moderni macchinari per LA TAC E LA
RMN che oggi mancano o forse più correttamente sono con il tempo diventati
obsoleti .
Insomma entro febbraio 2019 il sistema riassorbirà le
liste d’attesa e funzionerà meglio .
Perché ad oggi funziona peggio, o non funziona proprio?
Le liste di attesa sono una camera oscura. Di tutto
quanto detto non c’e’ stato fornito alcun documento scritto inerente le
coperture economiche, le modalità, il numero e la tipologia del personale da
assumere, i protocolli con gli Enti convenzionati, ecc.
OSSERVATORIO della asl sui
tempi di attesa: prima riunione 17 sett. Richiesta dati. Ad oggi niente. Che
cosa si osserva e si valuta senza dati ?
sabato 22 dicembre 2018
Caro Babbo Natale
Mario Zorzetto
Caro Babbo Natale,
era il 23 dicembre 1978 quando venni alla luce in un’aula parlamentare in un clima di grande consenso. Mentre tu preparavi la slitta, il mio atto di nascita N. 833 sanciva che dovevo “promuovere, mantenere e recuperare la salute fisica e psichica di tutta la popolazione”, nel rispetto dell’uguaglianza e della libertà di tutte le persone.
Venni alla luce in un’aula parlamentare accolto da un grande consenso. Ben 381 persone mi aiutarono a nascere, mentre 77 non volevano arrivassi al mondo e 7 si lavarono le mani come Pilato.
Purtroppo, nonostante la mia giovane età, oggi sono sempre più pieno di acciacchi, depresso e sfiancato da non aver nemmeno la forza di spegnere le candeline. Ora mi giungono informazioni che mi vogliono anche “regionalizzare” per tutelare la salute in modo differenziato e per escludere qualcuno…. ma io non sono nato per questo, al contrario sono venuto per includere tutti anche gli ultimi . Aiutami a combattere l’epidemia del regionalismo differenziato, un virus molto contagioso che rischia di assestare il colpo finale all’universalismo integrato nel mio DNA..
Ho solo 40 anni di onorato servizio, ti chiedo un solo grande regalo: vorrei un patto politico in grado di rilanciare il mio valore sociale, perché la salute delle persone viene prima di tutto e rappresenta una leva fondamentale per lo sviluppo economico del Paese. Sì lo so, caro Babbo Natale, si tratta proprio di un regalo enorme che non potrebbe mai passare da nessun camino. Ma sai bene che puoi lasciarlo dove vuoi perché io da 40 anni sono sempre sveglio 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per tutelare la salute di 60 milioni di persone. Ho curato con grande competenza professionale, straordinaria umanità e, soprattutto, senza alcuna richiesta di polizza assicurativa o carta di credito senza chiedere a nessuno il titolo di studio, il colore politico, la sua fede religiosa o il colore della pelle.
SSN
Freddie Hubbard come nasce il blues da un effetto larsen.
Luciano Granieri
Roma teatro Olimpico, siamo all’inizio degli anni ’80 ,(
inverno 81 o ’82) non ricordo bene. Grande serata di jazz. Sul palco uno
scintillante quintetto. Il trombettista ha appena finito una ballad, posa il
suo flicorno vicino al microfono per prendere la tromba. Sta per portare il
suo strumento alla bocca quando da un amplificatore esce un acuto effetto larsen. Lo strumentista si
blocca rimane per 10 secondi in una specie di trance poi soffia nel suo strumento una nota uguale a
quella del larsen , batte il quattro con il piede e i musicisti che l’accompagnano si buttano con lui in un blues mozzafiato.
Improvvisazione pura nata sul fischio di un amplificatore. Questo è il blues,
questo è il jazz .
Il trombettista in
questione era il funambolico Freddie Hubbard, insieme a lui Harlod Land al sax
tenore, Billy Child al pianoforte a alle tastiere, Larry Klein al basso , e l’incredibile
Steve Houghton alla batteria. Ebbi occasione di vedere Freddie Hubbard due volte in quegli anni, oltre
che a Roma anche a Pescara, ed ogni
volta sono uscito dal concerto con un rinnovato amore per il jazz grazie alla
sua musica che mi era entrata nel sangue, nelle ossa, in ogni cellula del
mio corpo.
Sono passati dieci anni da quando Freddie ci ha lasciato,
moriva infatti il 29 dicembre del 2008. Nella grande e variegata storia del
jazz il trombettista di Indianapolis figura come il genio dell’Hard Bop. Uno
stile nato negli anni ’50 come rilancio della creatività nera in contrasto al revisionismo west coast bianco.
L’Hard Bop si
liberava dall’assillo tipico dei boppers di stravolgere l’armonia semplice
delle canzonette di Brodway, anzi si liberava proprio dall’assillo dei giri
armonici . Due o tre accordi al massimo, poi tanto blues e soul su cui
costruire voli improvvisativi spericolati a volte più veloci e complessi di
quelli suonati da Parker e compagni.
Genio dell’Hard Bop dunque? Sicuramente ma
è una qualifica molto riduttiva. Ornette Coleman lo volle al suo fianco quando incise nel 1960
quel manifesto della new thing che fu “Free Jazz”, ma suonò anche con Coltrane all’epoca
di Ascension . Possiamo quindi affermare che Hubbard ebbe un ruolo preminente
anche nella stagione del free jazz, sia quello più viscerale di Coleman che l’altro
più spirituale di Coltrane.
Sostituì un immusonito Miles Davis nel gruppo
con Herbie Hancock, Wayne Shorter, Tony Williams, Ron Carter,dunque fu linfa rivitalizzante del grande quintetto
scoperto proprio da Miles. Lo ritroviamo alle
prese anche con il jazz-rock, il funky.
Insomma un musicista poliedrico, dalla fiammeggiante verve improvvisativa tecnicamente preziosa ed emotivamente coinvolgente.
Insomma 10 anni fa è scomparso un musicista di cui gli appassionati di jazz sentono
ancora la mancanza perché, al di la di
ogni valutazione che si possa fare della sua arte, quando un trombettista
riesce a suscitare profonde emozioni da
un semplice effetto larsen significa che è un grande musicista.
venerdì 21 dicembre 2018
Nubi sempre più scure sull’economia capitalistica
Alberto Madoglio
Certamente nessuno si aspettava che dalla crisi del 2007/2008 si potesse uscire tornando ai livelli di crescita del cosiddetto trentennio d’oro (quello che convenzionalmente inizia con la fine della Seconda guerra mondiale e termina con la prima grande crisi globale agli inizi degli anni 70 del secolo scorso): tanto è vero che una delle descrizioni più in voga negli ultimi tempi circa il futuro dell’economia mondiale segnala il rischio di entrare in una “stagnazione secolare”. Teoria per certi versi semplicistica ma che trova una base di verità nell’accentuazione di tratti essenziali dell’economia capitalistica: riduzione del tasso di profitto, crescita sempre più rallentata della produttività del lavoro, idem per la crescita degli investimenti lordi nel settore manifatturiero. Questi ultimi due indici segnalano un trend di durata pluridecennale, come indicano dati dell’Ocse e della Banca Mondiale, ed esprimono un giudizio definitivo sui vari progetti che diversi soggetti del mondo dell’economia, della politica e del sindacato in Italia avanzano da un po' di tempo, spacciandoli come la panacea di tutti i mali in cui si dibatte l’economia del Belpaese.
Recessione, nient’altro che recessione
Tuttavia alcuni dati hanno sorpreso, e non poco, anche i più ottimisti tra gli analisti delle dinamiche globali dell’economia.
Calo del Pil in Giappone, Germania, Svezia e Svizzera, per citare solo alcuni casi. Rallentamento marcato negli Usa, a causa della fine della spinta propulsiva degli sgravi fiscali varati dall’amministrazione Trump. Prospettive di crescita più vicine al 5 che al 6% per la Cina, come ricordato in una trasmissione del 14 dicembre andata in onda sulla radio del Sole24Ore, organo della Confindustria (nella stessa, sempre per l’Impero di Mezzo, si accennava a un forte rallentamento nella vendita di autovetture: trattandosi del maggior mercato globale, è chiaro che ciò non potrà non avere ripercussioni in tutto il globo): cifre senza dubbio impensabili per le più mature economie imperialiste ma tutt’altro che rassicuranti per la nuova potenza industriale globale.
Anche per economie che presentano tassi di crescita di tutto rispetto, si evidenzia che in molti casi si tratta di sviluppo non omogeneo, dovuto in alcuni casi solo a un settore dell’economia, e che si basa su manodopera poco specializzata e quindi difficilmente reindirizzabile a nuove mansioni nel caso in cui il settore trainante vada in crisi (vedi l’articolo “Ungheria mercato del lavoro troppo tirato: arriva le legge schiavitù”, apparso sul sito phastidio.net).
Questa situazione sta avendo delle ripercussioni anche sul versate politico e sociale. Impasse riguardo il tema della Brexit, col rischio di una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea in un modo che gli osservatori chiamano “disordinato” e che farebbe cadere il Paese in una pesantissima recessione. Sconfitta alle elezioni regionali dei partiti che formano la Grosse Koalition in Germania (Cdu e Spd) a vantaggio della destra estrema dell’Afd e del centro sinistra moderato dei Verdi. Batosta storica dei socialisti del Psoe nella loro roccaforte in Andalusia, a vantaggio di una formazione xenofoba e nostalgica del franchismo come Vox. Vittoria di Bolsonaro in Brasile.
Ma gli “sconquassi” non si limitano al versante “sovrastrutturale”, né possono essere definiti come il segnale di una tendenza “reazionaria“ a livello dello scontro di classe: tutt’altro. In verità, come la nostra Internazionale sostiene da tempo, siamo in una situazione di forte "polarizzazione" e instabilità. Infatti, nonostante Bolsonaro, continuano in Brasile le lotte e gli scioperi operai. In Albania ci sono imponenti manifestazioni degli studenti universitari. In Ungheria assistiamo a importanti proteste contro la sopra citata legge schiavitù. I casi di Albania e Ungheria provano che anche quando l’economia cresce, lo fa sulle spalle dei lavoratori e dei giovani, che di questa prosperità non vedono che le briciole, quando le vedono.
Il caso più eclatante è quello che sta scuotendo da un mese a questa parte una delle maggiori potenze imperialiste mondiali: la Francia. Come il Brasile del 2013, una decisione del governo Macron che di per sé non era nulla di eclatante (l’aumento delle tasse sulla benzina di qualche centesimo, in Brasile l’aumento del biglietto del bus nella città di San Paolo) è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di un malcontento che si accumulava da anni. Il movimento dei gilet gialli ha letteralmente infiammato il Paese, costretto Macron a una frettolosa marcia indietro e al varo di alcune misure per cercare di placare gli animi. Non sappiamo se tutto ciò servirà allo scopo. Certo il progetto politico di Macron è definitivamente fallito dopo solo un anno, la crisi di regime potrebbe entrare in un vortice senza uscita, e la Francia ci insegna che solo con forme di lotte radicali si può non solo avanzare verso una diversa prospettiva sociale ma anche ottenere, nell'immediato, risultati parziali.
Tuttavia alcuni dati hanno sorpreso, e non poco, anche i più ottimisti tra gli analisti delle dinamiche globali dell’economia.
Calo del Pil in Giappone, Germania, Svezia e Svizzera, per citare solo alcuni casi. Rallentamento marcato negli Usa, a causa della fine della spinta propulsiva degli sgravi fiscali varati dall’amministrazione Trump. Prospettive di crescita più vicine al 5 che al 6% per la Cina, come ricordato in una trasmissione del 14 dicembre andata in onda sulla radio del Sole24Ore, organo della Confindustria (nella stessa, sempre per l’Impero di Mezzo, si accennava a un forte rallentamento nella vendita di autovetture: trattandosi del maggior mercato globale, è chiaro che ciò non potrà non avere ripercussioni in tutto il globo): cifre senza dubbio impensabili per le più mature economie imperialiste ma tutt’altro che rassicuranti per la nuova potenza industriale globale.
Anche per economie che presentano tassi di crescita di tutto rispetto, si evidenzia che in molti casi si tratta di sviluppo non omogeneo, dovuto in alcuni casi solo a un settore dell’economia, e che si basa su manodopera poco specializzata e quindi difficilmente reindirizzabile a nuove mansioni nel caso in cui il settore trainante vada in crisi (vedi l’articolo “Ungheria mercato del lavoro troppo tirato: arriva le legge schiavitù”, apparso sul sito phastidio.net).
Questa situazione sta avendo delle ripercussioni anche sul versate politico e sociale. Impasse riguardo il tema della Brexit, col rischio di una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea in un modo che gli osservatori chiamano “disordinato” e che farebbe cadere il Paese in una pesantissima recessione. Sconfitta alle elezioni regionali dei partiti che formano la Grosse Koalition in Germania (Cdu e Spd) a vantaggio della destra estrema dell’Afd e del centro sinistra moderato dei Verdi. Batosta storica dei socialisti del Psoe nella loro roccaforte in Andalusia, a vantaggio di una formazione xenofoba e nostalgica del franchismo come Vox. Vittoria di Bolsonaro in Brasile.
Ma gli “sconquassi” non si limitano al versante “sovrastrutturale”, né possono essere definiti come il segnale di una tendenza “reazionaria“ a livello dello scontro di classe: tutt’altro. In verità, come la nostra Internazionale sostiene da tempo, siamo in una situazione di forte "polarizzazione" e instabilità. Infatti, nonostante Bolsonaro, continuano in Brasile le lotte e gli scioperi operai. In Albania ci sono imponenti manifestazioni degli studenti universitari. In Ungheria assistiamo a importanti proteste contro la sopra citata legge schiavitù. I casi di Albania e Ungheria provano che anche quando l’economia cresce, lo fa sulle spalle dei lavoratori e dei giovani, che di questa prosperità non vedono che le briciole, quando le vedono.
Il caso più eclatante è quello che sta scuotendo da un mese a questa parte una delle maggiori potenze imperialiste mondiali: la Francia. Come il Brasile del 2013, una decisione del governo Macron che di per sé non era nulla di eclatante (l’aumento delle tasse sulla benzina di qualche centesimo, in Brasile l’aumento del biglietto del bus nella città di San Paolo) è stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso di un malcontento che si accumulava da anni. Il movimento dei gilet gialli ha letteralmente infiammato il Paese, costretto Macron a una frettolosa marcia indietro e al varo di alcune misure per cercare di placare gli animi. Non sappiamo se tutto ciò servirà allo scopo. Certo il progetto politico di Macron è definitivamente fallito dopo solo un anno, la crisi di regime potrebbe entrare in un vortice senza uscita, e la Francia ci insegna che solo con forme di lotte radicali si può non solo avanzare verso una diversa prospettiva sociale ma anche ottenere, nell'immediato, risultati parziali.
La specificità italiana e il pozzo senza fondo
La situazione italiana si inserisce in questo quadro. Come altri, il Paese ha visto contrarsi il Pil nel terzo trimestre del 2018, e ormai quasi tutti prevedono un’altra riduzione per il quarto. Ciò significa che l’economia entrerà nella terza recessione nel giro di un decennio, fatto che non ha precedenti nella storia recente, se teniamo anche in considerazione che nei momenti di crescita di questo periodo l’Italia non è stata in grado di recuperare i livelli raggiunti nel 2008. Non è esagerato affermare che il Paese sia caduto in un pozzo del quale non si vede, né si sa se ci sia, il fondo.
Anche in questo caso le implicazioni sono state immediate.
Le promesse elettorali che hanno consentito a Lega e 5 Stelle di vincere alle elezioni dello scorso 4 marzo e poi di formare il governo, sono state nei fatti molto ridotte, se non azzerate.
La prima versione della manovra, che prevedeva un deficit del 2,4%, non rappresentava certo una svolta rispetto al passato, tanto che i vertici della borghesia tricolore erano molto cauti nel dare giudizi critici. Questo compito era lasciato ai loro mezzi di informazione e ai leader dei partiti che negli ultimi 20 anni sono stati i loro più degni rappresentanti. Le stesse critiche che erano arrivate da Bruxelles erano più legate alla battaglia politica tra “europeisti” e “sovranisti” che altro. Tuttavia quella versione originaria consentiva a Salvini e Di Maio di spacciare come moneta sonante le loro patacche elettorali.
Non appena però, ai primi di dicembre, sono diventati palesi i segnali di rallentamento dell’economia nazionale e mondiale, Confindustria, Quirinale, Banca d’Italia e le varie istituzioni europee hanno suonato la fine dei giochi e riportato governo e partiti della maggioranza all’ordine. Nel nuovo quadro nessuna concessione, seppur minima è ormai consentita.
Cancellazione della legge Fornero sulle pensioni e reddito di cittadinanza per tutti sono stati quasi completamente smontanti. Nel primo caso si tratterà (al netto di revisioni dell’ultimo minuto) di piccole modifiche con tanti e tali paletti che qualcuno l’ha definita una salvaguardia per gli esodati in versione large ma niente di più. Idem per il reddito di cittadinanza che non dovrebbe essere corrisposto, tra le altre cose, a chi ha la “fantastica” somma di 5.000 euro sul conto corrente. Basta poco per essere considerati benestanti.
Tutto questo dovrebbe essere finanziato con nuovi tagli lineari se necessario, l’aumento dell’Iva (tassa regressiva che colpisce i più poveri) nel 2020 (si parla di un aumento al 25% nel 2020 dell'aliquota oggi al 22% e nel 2021 al 26,5%!), blocco del rinnovo contrattuale per tre milioni di dipendenti pubblici, tagli alla scuola, santità, servizi pubblici locali e così via.
La situazione italiana si inserisce in questo quadro. Come altri, il Paese ha visto contrarsi il Pil nel terzo trimestre del 2018, e ormai quasi tutti prevedono un’altra riduzione per il quarto. Ciò significa che l’economia entrerà nella terza recessione nel giro di un decennio, fatto che non ha precedenti nella storia recente, se teniamo anche in considerazione che nei momenti di crescita di questo periodo l’Italia non è stata in grado di recuperare i livelli raggiunti nel 2008. Non è esagerato affermare che il Paese sia caduto in un pozzo del quale non si vede, né si sa se ci sia, il fondo.
Anche in questo caso le implicazioni sono state immediate.
Le promesse elettorali che hanno consentito a Lega e 5 Stelle di vincere alle elezioni dello scorso 4 marzo e poi di formare il governo, sono state nei fatti molto ridotte, se non azzerate.
La prima versione della manovra, che prevedeva un deficit del 2,4%, non rappresentava certo una svolta rispetto al passato, tanto che i vertici della borghesia tricolore erano molto cauti nel dare giudizi critici. Questo compito era lasciato ai loro mezzi di informazione e ai leader dei partiti che negli ultimi 20 anni sono stati i loro più degni rappresentanti. Le stesse critiche che erano arrivate da Bruxelles erano più legate alla battaglia politica tra “europeisti” e “sovranisti” che altro. Tuttavia quella versione originaria consentiva a Salvini e Di Maio di spacciare come moneta sonante le loro patacche elettorali.
Non appena però, ai primi di dicembre, sono diventati palesi i segnali di rallentamento dell’economia nazionale e mondiale, Confindustria, Quirinale, Banca d’Italia e le varie istituzioni europee hanno suonato la fine dei giochi e riportato governo e partiti della maggioranza all’ordine. Nel nuovo quadro nessuna concessione, seppur minima è ormai consentita.
Cancellazione della legge Fornero sulle pensioni e reddito di cittadinanza per tutti sono stati quasi completamente smontanti. Nel primo caso si tratterà (al netto di revisioni dell’ultimo minuto) di piccole modifiche con tanti e tali paletti che qualcuno l’ha definita una salvaguardia per gli esodati in versione large ma niente di più. Idem per il reddito di cittadinanza che non dovrebbe essere corrisposto, tra le altre cose, a chi ha la “fantastica” somma di 5.000 euro sul conto corrente. Basta poco per essere considerati benestanti.
Tutto questo dovrebbe essere finanziato con nuovi tagli lineari se necessario, l’aumento dell’Iva (tassa regressiva che colpisce i più poveri) nel 2020 (si parla di un aumento al 25% nel 2020 dell'aliquota oggi al 22% e nel 2021 al 26,5%!), blocco del rinnovo contrattuale per tre milioni di dipendenti pubblici, tagli alla scuola, santità, servizi pubblici locali e così via.
La “diversità” del governo sovranista si schianta contro il muro del capitale
È sempre azzardato fare previsioni ma crediamo che il combinato disposto di una nuova recessione e di una legge finanziaria in totale continuità col passato, segnino la fine dell’illusione del cambiamento, illusione rappresentata per alcuni in particolare dal Movimento 5 Stelle.
La realtà si è imposta sulla propaganda. Governare il capitalismo nell’interesse della borghesia e ascoltando le necessità dei lavoratori e delle classi subalterne della società è praticamente impossibile. Che si tratti di dare un reddito a chi ne è privo, consentire di andare in pensione dopo 40 anni di lavoro con un assegno dignitoso, bloccare opere inutili e disastrose per l’ambiente e causa di sfruttamento e corruzione, si scontra con la dura legge del mercato e del capitale.
Certo, al momento non ci sono segnali che la fiducia nel governo stia calando, ma l’esperienza ci insegna che ciò può avvenire rapidamente.
Non bisogna comunque limitarsi ad aspettare che passi il cadavere del nemico, comodamente adagiati sulla riva del fiume. Su una cosa concordiamo con l’ex ministro Bersani: non è detto che chi viene dopo di questi non sia peggio (intendendo un regime più marcatamente reazionario). Ha ragione. Chi crede che il fallimento dell’esperienza di governo gialloverde possa dare nuova linfa a un centrosinistra magari de-renzizzato o anche a un centrodestra classico, moderato e liberale, non ha capito quanto la crisi che ha colpito l’Italia sia stata profonda e quanto quella stagione di alternanza tra due schieramente borghesi classici non possa più ritornare.
Sarà come al solito la lotta di classe che determinerà il corso degli eventi. La Francia ha indicato la strada: non è vero che nelle società “mature” i lavoratori siano bene o male integrati nel sistema e che esplosioni rivoluzionarie siano cose del passato che solo qualche illuso può credere attuali. Né che serva un lungo, paziente e infinito sviluppo della coscienza per far sì che simili avvenimenti accadano.
No. La lotta di classe non è qualcosa del passato, che oggi al massimo può riguardare solo Paesi lontani, né che sia necessario chissà quale graduale accumulo di “coscienza e consapevolezza” per comprendere come la situazione attuale non sia più sostenibile. Siamo in un'epoca di cambi bruschi, di rapide esplosioni del conflitto.
Serve però costruire una direzione politica coerentemente anticapitalista e rivoluzionaria, un partito comunista, in grado di far sì che la prossima e inevitabile esplosione sociale sia quella che metta la parola fine a questo sistema barbaro e disumano. Potremo così correggere la previsione di Bersani: un cambio "in peggio". Ma per i padroni!
È sempre azzardato fare previsioni ma crediamo che il combinato disposto di una nuova recessione e di una legge finanziaria in totale continuità col passato, segnino la fine dell’illusione del cambiamento, illusione rappresentata per alcuni in particolare dal Movimento 5 Stelle.
La realtà si è imposta sulla propaganda. Governare il capitalismo nell’interesse della borghesia e ascoltando le necessità dei lavoratori e delle classi subalterne della società è praticamente impossibile. Che si tratti di dare un reddito a chi ne è privo, consentire di andare in pensione dopo 40 anni di lavoro con un assegno dignitoso, bloccare opere inutili e disastrose per l’ambiente e causa di sfruttamento e corruzione, si scontra con la dura legge del mercato e del capitale.
Certo, al momento non ci sono segnali che la fiducia nel governo stia calando, ma l’esperienza ci insegna che ciò può avvenire rapidamente.
Non bisogna comunque limitarsi ad aspettare che passi il cadavere del nemico, comodamente adagiati sulla riva del fiume. Su una cosa concordiamo con l’ex ministro Bersani: non è detto che chi viene dopo di questi non sia peggio (intendendo un regime più marcatamente reazionario). Ha ragione. Chi crede che il fallimento dell’esperienza di governo gialloverde possa dare nuova linfa a un centrosinistra magari de-renzizzato o anche a un centrodestra classico, moderato e liberale, non ha capito quanto la crisi che ha colpito l’Italia sia stata profonda e quanto quella stagione di alternanza tra due schieramente borghesi classici non possa più ritornare.
Sarà come al solito la lotta di classe che determinerà il corso degli eventi. La Francia ha indicato la strada: non è vero che nelle società “mature” i lavoratori siano bene o male integrati nel sistema e che esplosioni rivoluzionarie siano cose del passato che solo qualche illuso può credere attuali. Né che serva un lungo, paziente e infinito sviluppo della coscienza per far sì che simili avvenimenti accadano.
No. La lotta di classe non è qualcosa del passato, che oggi al massimo può riguardare solo Paesi lontani, né che sia necessario chissà quale graduale accumulo di “coscienza e consapevolezza” per comprendere come la situazione attuale non sia più sostenibile. Siamo in un'epoca di cambi bruschi, di rapide esplosioni del conflitto.
Serve però costruire una direzione politica coerentemente anticapitalista e rivoluzionaria, un partito comunista, in grado di far sì che la prossima e inevitabile esplosione sociale sia quella che metta la parola fine a questo sistema barbaro e disumano. Potremo così correggere la previsione di Bersani: un cambio "in peggio". Ma per i padroni!
Frosinone, qual'è la reale percentuale di raccolta differenziata?
Luciano Granieri
In base a quanto si è
appreso dall’edizione della 14,00 del
TGR regionale andato in onda martedì 18 dicembre,( clicca qui per vedere) l’ultimo rapporto di Legambiente sul
sistema rifiuti della Regione Lazio
evidenzia come il numero di comuni che
superano il 60% di raccolta differenziata aumenta costantemente.
Fra i
capoluoghi di provincia Viterbo è in testa con il 52,50%, segue Rieti 27,30% ,
Latina 23,80% e, buon ultimo Frosinone con il 15,20%. Dunque nonostante i
secchi colorati ornino case e palazzi il risultato rimane uno dei peggiori di
tutto il Lazio.
Nonostante l’odissea che
dal 2013 ha accompagnato la consiliatura
Ottaviani, con l’arresto dell’allora vice sindaco Fulvio De Santis per
il reato di corruzione, avendo, secondo l’accusa, pilotato la gara d’appalto per lo smaltimento
dei rifiuti in favore della società
Sangalli.
Nonostante la riconferma dell’
incarico in sede di procedura emergenziale alla stessa Sangalli, pur non avendo
questa i requisiti di moralità richiesti, con il successivo pronunciamento del
TAR che ha sconfessato quell’affidamento cedendolo alla ricorrente De Vizia.
Nonostante un costo del servizio accollato ai cittadini frusinati per
oltre 26 milioni di euro.
I risultati per la differenziata sono ancora al palo.
Eppure nel capitolato d’appalto del 2013
si leggeva che la performance era già al
18% risultato che, secondo fonti
comunali, è schizzato improvvisamente al 70% con la prima comparsa dei secchi
colorati. Rispetto al 17,79% raggiunto nel 2017,checchè se ne dica in giunta, il Comune è andato indietro attestandosi al
15,20%.
Come mai? Viene il sospetto che
a fare la differenziata siano solo i cittadini all’interno delle proprie case, poi i rifiuti, una volta raccolti, finiscano
tutti nello stesso calderone. Forse quello della Saf? Perché è evidente che con
l’aumento della raccolta differenziata, l’impianto di Colfelice avrà sempre
meno rifiuti da trattare, con l’impossibilità di recuperare i costi
d’esercizio.
Non a caso i vertici
dell’azienda, cui azionista è anche il
comune di Frosinone oltre che cliente (potenza del capitalismo!), hanno accettato di buon grado di lavorare i rifiuti provenienti dal TMB del Nuovo
Salario di Roma messo fuori uso da un incendio.
Se non ricordiamo male nel piano economico finanziario, approvato con deliberazione
di consiglio n.12 del 4/4/18, si raddoppia l’importo per l’annualità 2018 da
5milioni di euro (come da appalto del 2015) a 10milioni senza alcun apparente motivazione . Non solo
ma nel documento risulta accresciuto l’investimento per lo
smaltimento dell’indifferenziato . Una stima del tutto fuori luogo se era in
programma l’avvio della raccolta porta a porta anche per la zona bassa della
città.
Allora o il piano citato è stato redatto con pressapochismo ,
oppure la comparsa dei nuovi secchi per la differenziata non è altro che un
gettare fumo negli occhi per celare chissà
quali accordi non meglio identificati, forse con il management Saf? .
Del
resto è notorio come sulle aziende partecipate dagli enti locali e sugli
organismi intermedi si giochino le più sordide
trattative politiche. Diceva il poeta: a
pensare male si fa peccato ma a volte ci si azzecca. Noi speriamo vivamente di
aver pensato male, ma come cittadini
esigiamo che fra una inaugurazione e l’altra del parco del Matusa, fra un taglio di nastro e una sbicchierata, il sindaco e i suoi consiglieri rendano
contano di questa situazione, così come spieghino perché da tempo immemore non
convocano la consulta dei sindaci per la sanità e perché non partecipano al
coordinamento dei comuni per la Valle del Sacco.
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