Sono Comunista , marxista leninista, sposo in
pieno i principi della 4° internazionale Trotskista. Come tale considero Stalin una delle peggiori piaghe per
la realizzazione dell’ideologia
comunista. Sono per la condivisione dei mezzi di produzione e non per la loro
statalizzazione.
Dunque non potrei
sopportare la visione di un ipotetico tizio che indossasse una maglietta con la scritta “Gulagland”. Mi farebbe ribrezzo, lo prenderei a botte. Immaginate
se oggi un pisquano qualunque con
indosso una t-shirt del genere, facesse bella mostra di se sui social. Apriti cielo! Dagli ai comunisti! Il pericolo
rosso è ancora tra noi! Salvini armerebbe la sua nuova crociata , pronto ad integrare il decreto
sicurezza con misure ancora più dure verso i centri sociale e le zecche
rosse. L’indignazione fluirebbe severa
negli ambienti politici, in quelli dell’informazione, in gran parte
dell’opinione pubblica . E sarebbe
giusto così.
Non sorprende più di tanto, invece, la foto di una tizia (vera in carne ed ossa- molto più in carne che in
ossa) con in dosso una maglietta griffata “Auscwitzland”. La povera signora, in gita goliardica presso la tomba di
Mussolini, e la sua sguaiata maglietta,
hanno invaso in modo virale i social media. In verità qualcuno si è risentito,
forse anche indignato, ma la faccenda per lo più è passata ,al meglio, come una
goliardata , al peggio, come la
celebrazione di un drammatico momento
storico, che solo ai più stolti ed
ignoranti, può sembrare fulgido.
La turgida vena razzista, oggi tanto di moda, che
impreziosisce le pagine Fb e Twitter di
tanti sciagurati, aizzati dall’odio sovranista, trova nella simbologia
criminale del ventennio, con annesse deportazioni e genocidi, una sorta di
legittimazione scritta perfino nella storia. Qualcuno si scandalizza è vero, invoca
il rispetto delle varie leggi (Scelba,Mancino,Fiano) ma poi alla fine cade
tutto nel vuoto.
Francamente mi sarei stufato, di certe barbare esaltazioni, di
inopportune giustificazioni, di colpevoli sottovalutazioni. Sono stanco di
sentire che il 25 aprile e il 2 giugno sono due ricorrenze divisive. Chi dividono? I cittadini italiani, tutti,
quelli nati qui, o giunti da noi provenienti da altre parti del mondo, basano il loro essere italiani, in modo assolutamente
unitario, sulla Costituzione scaturita da
quel 25 aprile e sulla forma che la Carta ha impresso ai rapporti sociali della
nostra collettività. Chi si sente escluso da ciò che il 25 aprile e il 2 giugno
evocano, semplicemente non è cittadino italiano,
anche se nato Italia. Negare questo
significa negare la storia.
Allora forse un po’ di stalinismo non sarebbe fuori
luogo. Il suffragio universale, ad esempio, è una straordinaria conquista, ma
considerata l’ignoranza e l’irresponsabilità di certo elettorato, istituiamo
una lista elettorale cui necessariamente bisogna inscriversi per votare. Per
accedere alla lista ed ottenere la tessera bisogna sostenere un piccolo esame
di storia, educazione civica e diritto
costituzionale, una cosa semplice a livello di scuola media.
Se non si conoscono i fondamenti sociali,
politici e culturali della nostra Repubblica è fortemente salutare che non si
vada a votare. Un parlamento o ancora peggio un governo che nel corso del suo
mandato promulghi più di tre leggi che
presentino elementi d’incostituzionalità accertati dalla Corte Costituzionale, va sciolto dal Presidente della Repubblica , e ai propri componenti deve essere
interdetta l’attività politica.
E’ vero che la Costituzione consente a tutti i
cittadini il diritto di partecipare alla vita politica. A tutti i cittadini per l’appunto. E coloro i quali non conoscono la natura
solidaristica posta alla base della collettività, o non accettano che l’Italia sia
antifascista, non sono cittadini e come
tale non possono esprimersi su qualcosa che non vivono e non conoscono. Basta
con il “prima i dittatori italiani”
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