Le rovine

"Le rovine non le temiamo. Erediteremo la terra. La borghesia dovrà farlo a pezzi il suo mondo, prima di uscire dalla scena della storia. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi, e questo mondo, ogni momento che passa, cresce. Sta crescendo, proprio adesso che io sto parlando con te"

Buenaventura Durruti

lunedì 18 ottobre 2021

E' scomparso Franco Cerri una leggenda del jazz mondiale

 Luciano Granieri

E' morto stamattina il chitarrista Franco Cerri . Aveva 95 anni. Ne ha dato notizia il pianista  Enrico Intra che con   Cerri  ha condiviso  mezzo secolo di Jazz in Italia e nel mondo. Da Django Reinhardt a Charlie Christian, Franco Cerri  ha percorso tutte le strade della chitarra jazz ed oltre, suonando con tutti i migliori jazzisti mondiali da Billie Holiday a Dizzi Gillespie, a Chet Baker, oltre a tutti i jazzisti italiani da Kramer a Rava. Lo vogliamo ricordare riproponendo alcune sue riflessioni su  partner musicale di sempre, Enrico Intra e sulla evoluzione stilistica del jazz. 

Che la terra ti sia lieve Franco. ci mancherai.



Racconta Franco Cerri...

«Eravamo e siamo rimasti diversi» racconta Cerri parlando di Intra, «io sono tonale. Già il be-bop, al primo incontro, mi aveva un po’ frastornato. Figuriamoci il free, un altro mondo. C’era stato un concerto al Lirico, il gruppo di Miles Davis con John Coltrane al sassofono e gli appassionati milanesi si erano divisi. Alcuni ne erano usciti entusiasti, altri poco convinti. Io capivo che si trattava di musica di altissima qualità ma facevo fatica a digerirla, avevo bisogno di tempo. Enrico, invece, assorbiva tutto, si sentiva a suo agio in tutto ciò che ci arrivava di nuovo, come accadeva ad Enrico Rava, a Massimo Urbani, a Giorgio Gaslini e ad altri ancora. Io faccio musica come se scrivessi un racconto, ho bisogno di seguire una certa logica, il free spezza ogni cosa, sconvolge i temi, li disperde in tante schegge; un’operazione molto intellettuale, nella quale non mi ritrovavo. Ciononostante, o forse proprio per questo, le nostre due nature riuscivano a conciliarsi. Sentivo che Enrico a volte doveva tenere a freno la fantasia, così come io cercavo di adeguarmi, mi sentivo demodé e volevo allargare il mio panorama. Eppure le nostre due nature finivano per conciliarsi. E più avanti nel tempo avevamo formato un Quartetto, con Azzolini al basso e Gilberto Cuppini alla batteria, che dura ancora, sia pure cambiando a volte basso e batteria, Lucio Terzano e poi Marco Vaggi, Paolo Pellegatti e Tony Arco. Una sera Cuppini non era arrivato a Lecce. Avevamo pensato di far saltare l’esibizione, poi Enrico aveva detto: suoniamo in Trio, come Art Tatum, come Oscar Peterson e ci eravamo resi conto che anche così la musica funzionava"


   


 


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